Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 21-02-2012, n. 2503 Lavoro straordinario e notturno

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Teramo con sentenza dell’11.12.2003 accoglieva parzialmente la domanda proposta da P.E. nei confronti della Autotrasporti d’Eustachio srl relativa al lavoro straordinario prestato, condannando la società al pagamento della somma di Euro 21.468,02.

Sull’appello della detta società, la Corte di appello di L’Aquila con sentenza del 22.1.2009, previa rinnovazione della CTU, in parziale riforma della appellata sentenza condannava l’appellante al pagamento a titolo di lavoro straordinario della minor somma di Euro 20,636,19.

La Corte territoriale osservava che, trattandosi di trasporto internazionale e visto che i testi escussi avevano solo genericamente confermato la tesi del P., si doveva ritenere il lavoro svolto dal ricorrente come a carattere discontinuo e conseguentemente era applicabile l’art. 11 CCNL in ordine al conteggio del dovuto. Il CTU aveva, sulla base dei dischi cronotachigrafi disponibili per un periodo di 8 mesi, accertato la ricorrenza del lavoro straordinario pervenendo alla minor somma prima ricordata.

Ricorre l’Autotrasporti d’Eustachio srl con un motivo; resiste il P. con controricorso.

Motivi della decisione

Nell’unico motivo si allega l’omessa ed insufficiente motivazione della sentenza impugnata e la violazione e falsa applicazione di norme di diritto.

Si era esteso all’arco di 44 mesi quanto era stato provato solo per gli otto mesi indicati dai dischi cronotachigrafi che coprivano solo il 18% del periodo. La società peraltro non era tenuta a conservare i dischi cronotachigrafici anche per il residuo periodo.

Il ricorso va dichiarato inammissibile in quanto, nonostante la sentenza impugnata sia stata depositata il 10. 2.2009 e quindi prima dell’entrata in vigore della novella che ha abrogato la norma di cui all’art. 366 bis c.p.c. (solo per i ricorsi depositati avverso sentenze pubblicate in data successiva al detto momento di entrata in vigore della nuova normativa) , non è stato formulato nè il quesito di diritto, nè la sintesi riassuntiva prevista al capoverso della medesima norma, la cui omissione è in entrambi i casi sanzionata con l’inammissibilità del motivo. Questa Corte ha avuto modo di precisare che " l’art. 366-bis cod. proc. civ., nel prescrivere le modalità di formulazione dei motivi del ricorso in cassazione, comporta, ai fini della declaratoria di inammissibilità del ricorso medesimo, una diversa valutazione da parte del giudice di legittimità a seconda che si sia in presenza dei motivi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, ovvero del motivo previsto dal n. 5 della stessa disposizione. Nel primo caso ciascuna censura deve, all’esito della sua illustrazione, tradursi in un quesito di diritto, la cui enunciazione (e formalità espressiva) va funzionalizzata, come attestato dall’art. 384 cod. proc. civ., all’enunciazione del principio di diritto ovvero a "dieta" giurisprudenziali su questioni di diritto di particolare importanza, mentre, ove venga in rilievo il motivo di cui all’art. 360 cod. proc. civ., n. 5 (il cui oggetto riguarda il solo "iter" argomentativo della decisione impugnata), è richiesta una illustrazione che, pur libera da rigidità formali, si deve concretizzare in una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso – in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria – ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione" (Cass. n. 4556/2009). Nel caso in esame oltre alla mancata formulazione di uno specifico motivo di diritto, le varie doglianze concernenti la motivazione della sentenza e la valutazione della prove non sono state riassunte in una esposizione sintetica ed univoca delle ragioni per cui si ritiene contraddittoria o insufficiente la decisione, anzi argomentazioni di diritto e deduzioni di fatto sono esposte senza una chiara distinzione di piano.

Le spese di lite, in favore della parte intimata, seguono la soccombenza e vanno liquidate come al dispositivo della presente sentenza.

P.Q.M.

La Corte:

dichiara inammissibile il ricorso, condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 40,00, per esborsi ed in Euro 2.500,00 per onorati di avvocato, oltre IVA, CPA e spese generali da distrarsi in favore dei difensori avv.ti Francesco Mastromauro e Giovanni Mechelli.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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