Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 06-07-2011) 30-09-2011, n. 35655

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con ordinanza, deliberata il 14 ottobre 2010, il Tribunale di Reggio di Calabria, deliberando in funzione di giudice distrettuale del riesame delle ordinanze che dispongono misure coercitive, ha confermato l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari di quello stesso tribunale, emessa il 4 agosto 2010, di applicazione della misura coercitiva della custodia cautelare in carcere, nei confronti di F.D., indagato per il delitto di associazione di tipo mafioso denominata "’ndrangheta", in relazione alla partecipazione dello stesso alla "locale di Grotteria", capeggiata da B.C..

A ragione della decisione – e per quanto ancora interessa nel presente giudizio, prospettandosi in ricorso solo una questione di adeguatezza della misura, a ragione della ritenuta insussistenza di eccezionali esigenze cautelari – il tribunale evidenziava che il compendio indiziario era costituito da copiose emergenze di intercettazioni di conversazioni, concernenti le attività della cosca, intercorse tra l’indagato e altri sodali, testualmente riportate e diffusamente illustrate, da cui emergeva che il F., durante la latitanza di B.C. (protrattasi dal 27 settembre 2007 al 1 agosto 2008) aveva rivestito, in seno al gruppo criminale di appartenenza, il ruolo "di capo-locale", partecipando "attivamente" alle riunioni dei vertici delle vicine cosche locali (in particolare quelle di Marina di Gioiosa Jonica, di Gioiosa Jonica e di Siderno) alle quali, talora, avevano partecipato anche esponenti politici regionali; curando di dirimere "le controversie tra gli associati "; aveva esercitato la propria influenza e prestigio – derivategli anche dall’età avanzata, essendo nato nel febbraio del 1935 – su altri consociati ed in particolare su P.P. F. detto compare S., capo della locale di Cornano, operante in Lombardia.

In particolare, proprio il ruolo direttivo ricoperto dall’indagato in seno alla "’ndrangheta", la particolare "riverenza e rispetto" riservata alla sua persona dagli altri consociati, unitamente alle ragioni rappresentate sul punto nell’ordinanza cautelare ed espressamente richiamate, inducevano i giudici del riesame a ritenere superata la presunzione di ridotta pericolosità sociale ricollegata dal legislatore al superamento del settantesimo anno di età ( art. 275 c.p.p., comma 4) e sussistente, per contro, uno spiccatissimo ed allarmante rilievo dei pericoli ai quali fa riferimento l’art. 274 cod. proc. pen., precisando, quanto alle condizioni di salute dell’indagato asseritamene "Incompatibili" con lo stato di detenzione, come da allegata documentazione medica, che la circostanza non poteva costituire motivo di censura contro l’ordinanza applicativa della misura cautelare, ma andava semmai fatta valere in sede di richiesta di revoca o sostituzione della misura applicata (in termini Sez. 6, Sentenza n. 1613 del 30/09/2002, dep. il 15/01/2003, Rv. 223231, imp. Capogna, nonchè Sez. 5, Sentenza n. 48093 del 08/10/2009, dep. 16/12/2009, Rv. 245530, imp. Castorina).

2. – Avverso l’indicata ordinanza il difensore di F.D. ha proposto ricorso per cassazione, deducendone l’illegittimità per violazione di legge e vizio di motivazione, avendo i giudici del riesame motivato in maniera del tutto insufficiente in ordine all’adeguatezza esclusiva della misura applicata, facendo ricorso a formule di stile, incongruamente ravvisando "eccezionali esigenze cautelari", nonostante l’età avanzata dell’indagato e la dedotta circostanza, documentalmente provata, che lo stesso era affetto da gravissime patologie, anche degenerative delle funzioni intellettive, come il parkinsonismo.

Motivi della decisione

1. – L’impugnazione proposta nell’interesse di F.D. è inammissibile perchè basata su motivi manifestamente infondati.

Le censure prospettate in ricorso con riferimento alle esigenze cautelari e all’adeguatezza della misura, ripropongono infatti, nel presente giudizio, del tutto genericamente, delle questioni già esaminate e decise dai giudici del riesame, con motivazione adeguata ed immune da vizi logici o giuridici. In particolare, se è vero, come dedotto dal ricorrente, che la presunzione di pericolosità attenuata istituita dall’aet. 275 cod. proc. pen., comma 4, escludendo l’applicabilità della custodia in carcere nei confronti di chi ha superato l’età di settanta anni prevale su quella opposta del medesimo art. 275, comma 3, sicchè il mantenimento dello stato di custodia carceraria di ultrasettantenne presuppone la sussistenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza (Sez. 1, n. 1438 del 27/11/2008, Froncillo), nel caso in esame, tuttavia, il provvedimento impugnato ha appunto in concreto valutato, in termini di eccezionale rilevanza, le esigenze cautelari che sostenevano la necessità della custodia cautelare in carcere per F.D., osservando che siffatta particolare ed elevatissima condizione di pericolosità, non altrimenti contenibile, emergeva:

– dalla qualità dell’indagato di soggetto che rivestiva "un ruolo direttivo in seno alla ‘ndrangheta " ed in particolare di capo del locale di Grotteria;

– dal dinamismo non comune che caratterizzava le sue condotte e segnatamente la sua partecipazione ad incontri dei vertici delle "vicine cosche locali", curando di dirimere le "controversie insorte tra gli associati";

– dalla sua capacità, per grado e autorevolezza, di esercitare la propria influenza e prestigio, su altri associati, operanti anche all’esterno della realtà calabrese, coerente con il particolare valore decisionale collegato, nell’organizzazione mafiosa, al suo ruolo di "anziano" (il valore della anzianità essendo d’altronde riconosciuto espressamente nel summit mafioso svoltosi il 19 agosto 2009). Quanto poi alla documentazione sanitaria (relazione medica di parte) prodotta dalla difesa nel corso dell’udienza, la valutazione del Tribunale, secondo cui, in presenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza atte a giustificare l’adozione della custodia cautelare in carcere, le condizioni di salute dell’indagato asseritamene incompatibili con lo stato di detenzione "non possono costituire motivo di censura contro l’ordinanza impositiva della misura coercitiva, ma debbono essere fatte eventualmente valere davanti al giudice competente ex art. 279 cod. proc. pen., in sede di richiesta di revoca o di sostituzione della misura, formulata ai sensi dell’art. 299 cod. proc. pen.", risulta affermazione non censurabile in questa sede in quanto del tutto logica e pienamente aderente a principi di diritto da tempo affermati da questa Corte (in tal senso, oltre a Sez. 5, Sentenza n. 48093 dell’8/10/2009, dep. il 16/12/2009, Rv. 245530, imp. Castorina, citata nell’ordinanza, si veda ex multis, Sez. 6, Sentenza n. 1613 del 30/09/2002, dep. il 15/01/2003, Rv. 223231, imp. Capogna).

2. – Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente, per legge, al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Dispone trasmettersi a cura della cancelleria copia del provvedimento al Direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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