Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 21-02-2012, n. 2501 Licenziamento disciplinare

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato il 24.11. 2008 la spa Conceria Alba proponeva appello contro la sentenza del Tribunale di Firenze del 6 marzo/23 maggio 2008, che aveva dichiarato illegittimo il licenziamento intimato dalla Società al proprio dipendente, F.R., con lettera 24.10.2006, ordinando alla stessa di reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro con condanna al risarcimento dei danno nella misura della retribuzione globale di fatto spettante dal 1 novembre 2007 sino alla data della effettiva reintegrazione nel posto di lavoro e con il versamento dei relativi contributi previdenziali ed assistenziali.

Al riguardo, la società appellante censurava la sentenza impugnata per avere il Tribunale giudicato nullo il licenziamento in esame per mancato rispetto della procedura garantista di cui alla L. 20 maggio 1970, n. 300, art. 7.

Deduceva la Conceria Alba SpA che il lavoratore – nella fattispecie – aveva ricevuto ritualmente la contestazione degli addebiti ed aveva avuto il tempo necessario per far pervenire al datore le proprie giustificazioni.

Lamentava, inoltre, l’appellante che il Tribunale non avesse adeguatamente considerato, nella valutazione del danno, l’"aliunde perceptum", e cioè, in concreto, la circostanza che F.R. avesse trovato altra occupazione nel frattempo.

Concludeva per la riforma della sentenza impugnata e per il rigetto della domanda avanzata in primo grado dal lavoratore. L’appellato resisteva al gravame.

Con sentenza del 22 maggio-25 giugno 2009, l’adita Corte d’appello di Firenze, ritenuto, sulla base del materiale probatorio acquisito, che il F., ricevuto l’addebito disciplinare il 20/10/2006, non aveva potuto fruire dei cinque giorni di legge per presentare le proprie difese, confermava l’illegittimità del licenziamento.

Tuttavia, in parziale riforma della impugnata decisione in ordine all’incidenza dell’aliunde perceptum sul risarcimento del danno, condannava la SPA Conceria Alba al pagamento della retribuzione globale di fatto in favore di F.R. – L. n. 300 del 1970, ex art. 18, comma 4 – per il periodo dal 1.11.2007 fino alla data di effettiva corresponsione della indennità di cui allo stesso art. 18, comma 5, (a seguito della opzione fatta dal lavoratore in data 10.6.2008), con detrazione dal complessivo importo dovuto dell’aliunde perceptum quantificato, per il periodo come sopra delimitato, in complessivi euro 12.878,68, confermando nel resto le sentenza impugnata.

Per la cassazione di tale pronuncia ricorre la Conceria Alba S.p.A. con nove motivi, depositando anche memoria ex art. 378 c.p.c..

Resiste F.R. con controricorso.

Motivi della decisione

Va preliminarmente puntualizzato che il licenziamento intimato dalla Conceria Alba al proprio dipendente F.R. – per essere questo rimasto coinvolto in un diverbio litigioso, seguito da vie di fatto, con un collega di lavoro -, è stato ritenuto dai Giudici di merito illegittimo,non essendo stato rispettato il termine di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 7, in quanto la lettera di avvio del procedimento disciplinare era stata ricevuta in data 20/10/2006 e, pertanto, non era interamente intercorso il termine di cinque giorni rispetto alla lettera irrogativa del licenziamento, ricevuta dal lavoratore in data 24/10/2006.

Punto controverso della questione riguarda il giorno in cui la raccomandata di contestazione disciplinare è giunta a conoscenza del F., contestando la società l’interpretazione della documentazione acquisita e la ricostruzione dei fatti operata in proposito dai Giudici di primo e secondo grado.

Tanto chiarito, con il primo mezzo di impugnazione la società ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., comma 1 e dell’art. 2700 c.c., deducendo che "se l’agente postale dichiara di avere consegnato una raccomandata ad un soggetto in un certo luogo ed in una certa data, a meno che il destinatario non impugni con querela di falso l’atto, il Giudice è vincolato alle risultanze, senza poterle nè interpretare nè ammettere prove contrarie poichè tale dichiarazione ha il valore dell’atto pubblico ex art. 2700 c.c.". Poichè, afferma la società ricorrente, "sull’avviso di ricevimento prodotto dalla Conceria Alba vi compare la firma leggibile del sig. F.R., il luogo di ricezione (via (OMISSIS)) e la data 17.10.2006", il giudice di merito avrebbe dovuto recepire dette risultanze senza svolgere alcuna ulteriore indagine.

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., comma 1 e art. 2702 c.c., deducendo che l’avviso di ricevimento, anche se privo dell’efficacia probatoria dell’atto pubblico, costituirebbe pur sempre una scrittura privata con la conseguenza che la Corte di Appello avrebbe errato nel mettere in contestazione "gli elementi che compaiono sull’avviso di ricevimento …".

Col terzo motivo di ricorso la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 4 e del D.M. Comunicazioni 9 aprile 2001, n. 13700, artt. 32 e 33.

Sostiene la società ricorrente che la disposizione della L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 4 "è chiara nel sancire che in difetto di apposizione di data sull’avviso di ricevimento vale il timbro postale così facendo si indica chiaramente che il timbro che viene apposto sull’avviso non è quello di presa in carico da parte dell’ufficio postale, come erroneamente ritenuto dalla Corte di Appello, bensì è quello di ricezione della raccomandata".

Con il quarto motivo la ricorrente denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata in relazione all’accertamento relativo al giorno di ricezione della raccomandata di contestazione disciplinare da parte del lavoratore, affermando che "il ragionamento della Corte di Appello è palesemente viziato in quanto contenente asserzioni e ricostruzioni dei fatti, relativi alla consegna della raccomandata, non credibili e comunque viziate logicamente". Col quinto motivo di ricorso la società ricorrente deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione e/o violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. per avere il Giudice dell’appello posto a fondamento della decisione una prova ontologicamente inesistente, quale uno scritto privo di qualsiasi sottoscrizione. Col sesto motivo di ricorso Conceria Alba S.p.A. denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione per avere l’impugnata sentenza ritenuto che il licenziamento sia stato intimato dalla società senza avere prima ricevuto le giustificazioni del lavoratore.

Questi primi sei motivi di ricorso, da trattarsi congiuntamente per la loro stretta connessione, sono infondati, avendo la Corte d’appello dato ampio e corretto riscontro a dette argomentazioni, in buona parte reiterate in questa sede, con gli esposti motivi di censura.

Invero, sulla questione la Corte d’appello ha osservato che, fin dalla prima fase del giudizio, F.R. aveva prodotto copia del Registro raccomandate casellisti e f.p. dell’ufficio postale di Ponte ad Egola dal quale si desumeva che la raccomandata del 16.10.2006 (di contestazione degli addebiti disciplinari) gli fu effettivamente recapitata il 20.10.2006.

Inoltre, il ricorrente aveva prodotto già in Tribunale copia della relativa busta (v. la coincidenza del numero della racc.ta (OMISSIS)), dalla quale risultava che un accesso fu fatto all’indirizzo del F., in via (OMISSIS), ma con esito negativo; tanto che l’incaricato aveva annotato e firmato sul plico la dicitura "Trasferito – 19.10.2006 -", ed aveva barrato l’indirizzo (e la scritta risultava ripetuta sul retro della stessa busta).

La Corte ha altresì rilevato che, per contro, la copia dell’avviso di ricevimento prodotto dalla Conceria Alba SpA, pur firmato dal destinatario, non conteneva "alcuna data di ricezione nè la firma dell’incaricato postale", rinvenendosi nella parte alta dell’avviso "il timbro postale di spedizione 17.10.2006, cioè del giorno in cui la raccomandata fu inviata da Conceria Alba SpA".

Nè può utilmente sostenersi – come sostenuto dalla ricorrente – che la Corte d’appello non avrebbe potuto mettere in contestazione gli elementi indicati sull’avviso di ricevimento, ossia il luogo di consegna (Via (OMISSIS)) e la data costituita dal timbro postale, in quanto "sull’avviso di ricevimento è presente la firma del Sig. F. nè quest’ultimo ha mai disconosciuto la firma od impugnato con querela di falso il documento".

Infatti, il F. non ha mai contestato di avere ricevuto la raccomandata di addebito disciplinare cosicchè nessun disconoscimento della sottoscrizione o proposizione di querela di falso poteva essere da lui effettuato.

Nè la Corte d’appello ha messo in discussione gli elementi indicati sull’avviso di ricevimento ossia il luogo dove la missiva è stata inviata (Via (OMISSIS)) e la data del timbro postale, posto che – come sopra precisato – la stessa ha rilevato che "nella parte alta dell’avviso di ricevimento si rinviene il timbro postale di spedizione 17.10.2006, cioè del giorno in cui la raccomandata fu inviata da Conceria Alba SpA".

Il punto controverso della questione ha riguardato un altro aspetto, ossia il giorno in cui la raccomandata di contestazione disciplinare è giunta a conoscenza del Sig. F., e in relazione a ciò, come rilevato dalla Corte di Appello, "la copia dell’avviso di ricevimento prodotto dalla Conceria Alba SpA, pur firmato dal destinatario, non contiene alcuna data di ricezione nè la firma dell’incaricato postale", cosicchè la sentenza si sottrae alle censure che vengono mosse dalla ricorrente.

Sempre in ordine al momento di ricezione della contestazione degli addebiti, l’impugnata sentenza ha tenuto altresì ad osservare, in replica alla difesa della società, che, benchè rispondesse a verità che F.R. si giustificò con lettera raccomandata datata 23.10.2006, era anche vero che questa – come documentalmente provato – fu recapitata il 27.10.2006 al datore di lavoro, mentre l’anticipazione via fax delle predette giustificazioni pervenne in azienda alle 11.40 del 24.10.2006, quando la lettera di licenziamento era evidentemente già partita, come risultava dalla circostanza che il recesso aziendale conteneva l’esplicita menzione del mancato arrivo di giustificazioni da parte del dipendente. Ritiene il Collegio che le valutazioni e gli accertamenti operati dai Giudici di merito, pur contrastati con impegno dalla difesa della ricorrente, non sono sufficientemente inficiati dalle considerazioni svolte dalla stessa, comprese quelle di carattere formale, fondate sul richiamo al Decreto del Ministero delle Comunicazioni del 9/4/2001 n. 13700, da cui si evincerebbe come non sia possibile ammettere mezzi sostitutivi della data costituita dall’avviso di ricevimento; nella specie, infatti, ciò di cui si discute è proprio il riferimento della data indicata nell’avviso alla spedizione piuttosto che a quella di ricezione da parte del destinatario.

In definitiva la decisione della Corte di Firenze non merita alcuna censura nella parte in cui ha ritenuto il licenziamento in esame illegittimo per violazione delle norme procedimentali su citate e con le conseguenze reintegratorie e risarcitorie di cui alla L. 20 maggio 1970, n. 300, art. 18, stante l’incontroverso requisito dimensionale della società appellante.

Col settimo motivo di ricorso Conceria Alba S.p.A. deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione nonchè violazione e/o falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. assumendo che la Corte di Appello nel condannare la società ricorrente "al pagamento della retribuzione globale di fatto … per il periodo dal 1/11/2007 fino alla data di effettiva corresponsione della indennità di cui allo stesso art. 18, comma 5 (a seguito dell’opzione fatta dal lavoratore in data 10.6.2008") ha ritenuto esistente e posto a fondamento della decisione una circostanza – il mancato pagamento dell’indennità – che non si evince da nessun atto, documento o verbale di causa.

Il motivo è infondato essendo evidente che la pronuncia della Corte di Appello nulla ha presupposto se non l’esercizio dell’opzione da parte del F., la cui esistenza è stata allegata dalla stessa società ricorrente, ed ha conseguentemente riconosciuto le conseguenze proprie della L. n. 300 del 1970, art. 18, secondo l’interpretazione della giurisprudenza di legittimità, condannando al pagamento della retribuzione "fino alla data di effettiva corresponsione dell’indennità della indennità di cui allo stesso art. 18, comma 5".

Con l’ottavo motivo di ricorso la società denuncia nullità della sentenza e/o violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 24 Cost. assumendo che il Giudice dell’appello nel condannarla "al pagamento della retribuzione globale di fatto … per il periodo dal 1.11.2007 fino alla data di effettiva corresponsione della indennità di cui allo stesso art. 18, comma 5 (a seguito dell’opzione, fatta dal lavoratore in data 10.6.2008" è incorsa nel vizio di extrapetizione.

Il motivo non può trovare accoglimento.

Secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità il vizio di ultra o extra petizione ricorre quando il giudice pronuncia oltre i limiti delle pretese e delle eccezioni fatte valere dalle parti ovvero su questioni estranee all’oggetto del giudizio e non rilevabili d’ufficio, attribuendo un bene della vita non richiesto o diverso da quello domandato (Cass. n. 26999/2005; Cass. n. 4924/2004).

Nel caso di specie la sentenza della Corte d’appello di Firenze ha riconosciuto solo le conseguenze risarcitorie previste dalla L. n. 300 del 1970, art. 18, espressamente richieste dal ricorrente, e non è pertanto incorsa nel vizio di extrapetizione.

Con l’ultimo motivo la società ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 18, commi 4 e 5, ritenendo che il giudice del merito abbia errato nel condannare la società alla corresponsione, in favore del Sig. F., delle retribuzioni fino alla data del pagamento dell’indennità sostitutiva della reintegrazione e che la condanna doveva essere limitata alla data di esercizio dell’opzione da parte del lavoratore.

L’interpretazione della L. n. 300 del 1970, art. 18, commi 4 e 5, da parte della corte fiorentina risulta corretta ed aderente ai principi di diritto espressi dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui "in caso di opzione per l’indennità sostituiva della reintegrazione ex art. 18 comma 5 st. lav., il momento di effettiva cessazione del rapporto coincide non già con la semplice dichiarazione di scelta, ma soltanto con il pagamento dell’indennità, sicchè il risarcimento del danno complessivamente dovuto al lavoratore va commisurato alle retribuzioni che sarebbero maturate fino al giorno dell’adempimento dell’obbigazione alternativa alla reintegrazione" (ex plurimis, Cass. n. 6735/2010; Cass. n. 6342/2009; Cass. 3380/2003).

Per quanto precede, il ricorso va rigettato.

La obiettiva difficoltà di ricostruzione dei fatti processuali induce a compensare tra le parti le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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