Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 06-07-2011) 30-09-2011, n. 35654

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza 14/10/10 il Tribunale del riesame di Reggio Calabria confermava l’ordinanza 4/8/10 con cui il Gip dello stesso Tribunale disponeva nei confronti di T.V. la misura della custodia cautelare in carcere per i reati contestati di associazione maliosa (annata e transnazionale: capo A) e di violazione continuata della legge sulle armi (aggravata L. n. 152 del 1991, ex art. 7: capo A2). L’accusa per il T. è di far parte dell’associazione di tipo mafioso denominata ‘ndrangheta, articolata in molte decine di "locali" ripartiti in tre mandamenti dotati di un organo di vertice denominato Provincia, e di essere in particolare partecipe, con ruolo attivo, al "locale" di Marina di Gioiosa Ionica (a capo di essa A.R.), assicurando le comunicazioni tra gli associati, partecipando alle riunioni e seguendo le direttive dei vertici della società e dell’associazione, riconoscendo e rispettando le gerarchie e le regole interne al sodalizio e curandone gli affari. Quanto all’associazione l’ordinanza cautelare prende le mosse da alcuni passati giudicati che hanno accertato nel tempo la struttura originariamente orizzontale delle articolazioni del sodalizio e poi la sua evoluzione in senso piramidale. Fondamentali nella presente indagine (la cd. operazione "(OMISSIS)") le conversazioni intercettate tra numerosi personaggi dove è frequente il riferimento alla "Provincia" come organismo di vertice, composto da elementi che abbiano almeno la carica di "Vangelo" (si fa il nome di O. D. da Rosarno come capo crimine, di L.A. da Reggio Calabria come capo società, di G.B. da San Luca come mastro generale, di M.R. da Bova Marina come mastro di giornata, di un soggetto non identificato di Platì come contabile).

Quanto alla specifica posizione del T. fondamentali a suo carico le numerose conversazioni ambientali, dove egli è diretto conversante, talora con personaggi come A.R., captate in diverse autovetture di volta in volta noleggiate dallo stesso indagato: i soggetti a colloquio, ritenendosi immuni da intercettazioni, si esprimono apertamente, parlando di continuo e senza perifrasi di argomenti di indubbia valenza indiziaria come l’assetto del "locale" di appartenenza e i dissidi sulla gestione del potere insorti nella ‘ndrina di Marina di Gioiosa.

Numerose (37) le conversazioni ritenute significative elencate nell’ordinanza del riesame, comprese in un arco di tempo che va dal maggio 2008 all’agosto 2009, e sette di esse sono specialmente analizzate.

Una del 12/7/08, in cui M.R. e il T. commentano la spaccatura verificatasi all’interno della famiglia Aquino per il mancato accordo sui candidati da appoggiare alle recenti elezioni per il rinnovo dell’amministrazione comunale di Marina di Gioiosa Ionica; vi si afferma che il ruolo di capo società "se l’era preso R.", con riferimento a A.R.;

M. racconta come in una riunione in cui dovevano essere definiti gli assetti della società si era trovato al cospetto di tutte le più alte cariche, come il capo società e il mastro di giornata, ma anche di "forestieri", convocati per aiutare a risolvere i problemi interni alla famiglia degli Aquino.

Altra del 13/7/08 tra gli stessi T. e M., che parlano dei passati dissidi interni della famiglia Aquino e come del gruppo avesse preso le redini A.R. al posto di A. N.R..

Altra del 14/7/08 tra gli stessi T. e M., da cui si trae conferma della spaccatura creatasi all’interno della famiglia Aquino a causa dei "voti", ossia delle elezioni comunali; del ruolo assunto da A.R., che gode della stima e della considerazione dei due colloquianti; del ruolo assunto dallo stesso T., che a suo dire aveva tentato una mediazione; della preoccupazione per la situazione che troverà A.S. alla sua uscita dal carcere; del potere, infine, acquisito dagli Aquino, con evidente riferimento alla loro cresciuta influenza nel locale di Marina di Gioiosa Ionica dopo il conflitto con la famiglia già egemone dei Mazzaferro. Altra dell’11/8/08 tra T. e tale P. (ovvero G.), dove si fa riferimento a R. il vecchio (ovvero ad A.N.R.) e a R. o R. (OMISSIS), quello del Miramare, ovvero ad A.R. classe (OMISSIS), con evidente riferimento alla nota interessenza del predetto sull’omonimo locale di Marina di Gioiosa. Altra del 24/12/08, tra M.R. e T., dove ancora una volta si fa riferimento alla spaccatura interna alla famiglia degli Aquino che perdurava da tempo senza che venisse trovata una soluzione; si rimarcava in particolare come una frangia della famiglia fosse al momento capeggiata dai due R., cioè da A.N.R. e da A.R. cl. (OMISSIS); il M., ad un certo punto, afferma che loro avrebbero dovuto essere tutti uniti (compatti), facendo intendere la sua appartenenza agli Aquino.

Altra, infine, dell’8/8/09 tra i soliti T. e M. R., dove si parla della rottura in seno alla famiglia Aquino generata dalla spartizione di certe autorizzazioni edilizie, in ciò malamente consigliati da uno dei fratelli C., e del collegamento di costoro con gli Aquino e in specie con la componente riconducibile ai due R. ( N.R. e R.).

Oltre a queste intercettazioni il T. – grazie all’apparato GPS montato su una delle autovetture in suo uso (una Lancia Musa) e ad un servizio ocp dei CC del ROS – risulta anche avere partecipato ad un summit mafioso tenutosi il 30/7/08 presso un rifugio montano (Valle Spana) sito nel comune di Mammola. Tra i partecipanti il più volte nominato A.R.. Sulla macchina, di ritorno dal summit, i commenti dei presenti sull’intervento di M. ( D.) F., all’epoca reggente del locale di Grotteria durante la latitanza di B.D., nei confronti di un soggetto non meglio identificato che aveva assunto comportamenti, evidentemente non concordati e quindi non autorizzati, in un’area non di sua competenza.

Di qui, nei confronti del T., indicato tra l’altro quale componente di spicco di una articolazione canadese della ‘ndrangheta, la gravita del quadro indiziario per il reato associativo enunciato all’inizio, aggravato anche dalla disponibilità di armi: a specifico carico dell’indagato una conversazione ambientale del 6/7/09 con il nipote T.A., da cui si evince la disponibilità in capo al T. più anziano di una pistola che egli offre al nipote, ed altra del 13/7/09 in cui l’arma in questione viene materialmente consegnata al secondo. Conseguenti al reato le esigenze cautelari e la misura in concreto disposta.

Ricorreva per cassazione la difesa dell’indagato, deducendo: 1) violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla gravita del quadro indiziario (il T. veniva ritenuto emissario in Marina di Gioiosa Ionica di una presunta "cellula" canadese della ‘ndrangheta sulla base di semplici commenti a vicende locali da lui espressi con gli interlocutori di turno nell’ambito di conversazioni intercettate, ma in assenza di una sua qualsivoglia condotta materiale partecipati va dell’associazione (dubbia anche la reale disponibilità di armi in base alla conversazione intercettata del 6/7/09); 2) violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alle presunte esigenze cautelari. Chiedeva l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

All’udienza camerale fissata per la discussione il PG concludeva per la declaratoria di inammissibilità del ricorso, la difesa presente per il suo accoglimento (depositata l’ordinanza 21/10/10 con cui il Tribunale del riesame di Reggio Calabria annullava l’ordinanza di custodia cautelare in carcere disposta dal Gip dello stesso Tribunale nei confronti del coindagato C.A., ivi indicato come componente della "cellula" canadese della ‘ndrangheta jonica).

Il ricorso, manifestamente infondato, è inammissibile.

E’ giurisprudenza pacifica di legittimità che in tema di misure cautelari personali (Cass., S.U., sent. n. 11 del 22/3/00, rv.

215828, ric. Audino), allorchè sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza (ciò che al presente si registra, anche la dedotta violazione di legge identificandosi con il vizio di motivazione), alla Suprema Corte spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità ed ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento dei risultati probatori.

Nel caso in esame ciò è avvenuto, il giudice di merito avendo rappresentato in modo adeguato, logico e corretto la gravita del quadro indiziario a carico del ricorrente. In particolare la posizione del T., per come risulta dalle intercettazioni (che nel presente procedimento costituiscono solidi indizi dell’associazione criminosa in atto), appare quella di soggetto pienamente intraneo al sodalizio, in rapporti diretti e paritari con elementi di rilievo dello stesso come il M.. La particolare abbondanza delle conversazioni intercettate riguardanti il T., i loro contenuti e lo spessore dell’interlocutore sono indicativi della sua (espressa) appartenenza mafiosa. La stessa mediazione tentata dal T. (da lui stesso ricordata) per comporre la spaccatura creatasi per i "voti" (le elezioni comunali di quell’anno) all’interno della famiglia Aquino (conversazione del 14/7/08) dimostra che egli è portatore non solo di una (comunque significativa) conoscenza di persone, fatti ed equilibri mafiosi, ma anche (nonostante la provenienza d’oltreoceano) di un vero e proprio, ed accettato, ruolo all’interno della consorteria in loco).

L’elevato spessore indiziario delle conversazioni, captate in un’indagine riguardante un contesto malavitoso di notevole importanza e accertata vitalità, consente perciò di ritenere il T. – per sua stessa voce – ben addentro alle logiche associative, alle sue dinamiche e alle sue gerarchie. E per l’odierno indagato, come detto, non si tratta solo di conoscenza, ma di partecipazione attiva.

Non colgono pertanto nel segno le censure difensive, una volta che le stesse si limitano ad una diversa valutazione dei dati indiziari già compiutamente esaminati dal giudice del riesame con motivazione logica e corretta.

Ciò vale anche per l’imputazione di detenzione e porto illegale di pistola, solidamente fondata sulle due intercettazioni, dal contenuto inequivoco (le conversazioni con il giovane nipote A.), del 6 e del 13/7/09.

Conseguente per legge (una volta accertato il quadro indiziario e apprezzato il suo spessore) la disposta misura cautelare ( art. 275 c.p.p., comma 3).

Del tutto diverso, invece, il quadro indiziario relativo al coindagato C.A. (giusta la stessa ordinanza prodotta in udienza dalla difesa di T.), per il quale il Tribunale del riesame non ha ravvisato la prova del necessario collegamento tra le attività di quello in Canada e il territorio jonico.

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue per legge ( art. 616 c.p.p.) la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una congrua sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende.

Trattandosi di soggetto in custodia cautelare in carcere va disposto ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della cassa della ammende. Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del provvedimento al Direttore dell’Istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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