Cass. civ. Sez. II, Sent., 21-02-2012, n. 2494 Divisione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Nel corso di un giudizio di scioglimento di comunione ereditaria promosso da D.S.G. e B.A., rispettivamente figlia e moglie di D.S.F., deceduto ab intestato a (OMISSIS), nei confronti di D.S. A., figlio del defunto F., il Tribunale di Roma, con sentenza non definitiva del 23 febbraio 2000, così provvedeva:

"dichiara aperta la successione legittima di S.F….;

dichiara che l’eredità, composta dei beni descritti in premessa, si è devoluta per legge, in ragione di un terzo ciascuno, a favore del coniuge B.A. e dei figli D.S.G. e A.; dichiara che i due appartamenti ubicati in (OMISSIS), compreso il terreno circostante, appartengono per 5/6 a D.S.G. e per il sesto residuo ad D.S.A.; dichiara che sulla quota di D.S. G., fino alla concorrenza dei 4/6 acquistati da B. A., quest’ultima è titolare del diritto di usufrutto; provvede come da separata ordinanza per la prosecuzione del giudizio; rinvia la pronuncia sulle spese alla sentenza definitiva".

Nella motivazione di detta sentenza il Tribunale dava atto che nel patrimonio ereditario erano compresi la metà indivisa di due appartamenti con terreno circostante in (OMISSIS), dei quali il de cuius era comproprietario insieme al coniuge; precisava che i beni oggetto delle donazioni fatte dal defunto a ciascuno dei figli dovevano ritenersi definitivamente acquisiti ai donatari senza possibilità di tener conto della loro esistenza o del loro valore ai fini della massa e della determinazione delle quote; rigettava la domanda di simulazione nonchè le altre domande avanzate dal convenuto ed aventi ad oggetto frutti civili e la presenza di danaro nell’asse ereditario.

Con sentenza definitiva depositata il 18 novembre 2002, il Tribunale di Roma disponeva lo scioglimento della comunione relativa agli appartamenti ubicati in (OMISSIS), con terreno circostante, il tutto gravato da usufrutto per 4/6 in favore della B., attribuendo i predetti immobili a D.S.G., con obbligo per quest’ultima di pagare al fratello A. la somma di Euro 23.927,89, a titolo di conguaglio.

2. – Proposto gravame avverso detta sentenza definitiva da parte di D.S.A., la Corte d’appello di Roma, con sentenza del 6 ottobre 2009, ha respinto l’impugnazione.

La Corte territoriale – "in via assorbente (rispetto ad altre pur fondate argomentazioni di contrasto opposte dalle appellate)" – ha riconosciuto "evidente consistenza alla segnalata preclusione della pretesa ancora avanzata dall’appellante in conseguenza dell’ormai irre-trattabile reiezione della stessa già nel precedente grado di giudizio per effetto del giudicato interno promanante dalla indicata sentenza non definitiva del 23 febbraio 2000 del medesimo Tribunale, richiamata dalla decisione attualmente impugnata e divenuta irrevocabile per mancata impugnazione". 3. – Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello D. S.A. ha proposto ricorso, con atto notificato il 27 marzo 2010, sulla base di cinque motivi.

L’intimata D.S.G., in proprio e nella qualità di erede di B.A., ha resistito con controricorso.

In prossimità dell’udienza il ricorrente ha depositato una memoria illustrativa.

Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo (violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 cod. civ. con riferimento ai criteri ermeneutici applicabili alle sentenze, ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione alla ritenuta preclusione effetto del giudicato interno, nonchè nullità della sentenza per violazione del giudicato interno, ex art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5) si sostiene che dal "terreno circostante" caduto in successione debbano essere esclusi i beni personali del ricorrente. Con l’espressione "terreno circostante", contenuta nel dispositivo della sentenza non definitiva, il Tribunale – si sostiene – intendeva il solo terreno circostante caduto in successione, non anche gli spazi già di proprietà privata dei fratelli A. e G. in forza di donazione del 24 aprile 1978 anteriore alla successione. Ad avviso del ricorrente, la sentenza del 2002, in contrasto con il precedente giudicato interno, avrebbe attribuito l’intero terreno circostante a D.S. G., omettendo di considerare che su detto terreno esistevano beni di proprietà esclusiva delle parti in forza di precedente acquisto inter vivos, che dunque, correttamente, la sentenza parziale aveva escluso dalla massa ereditaria.

Con il secondo mezzo (violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 cod. civ. con riguardo ai criteri ermeneutici applicabili alle sentenze, ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione con riferimento alla ritenuta preclusione effetto del giudicato interno, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5) si lamenta che la Corte d’appello abbia male interpretato l’esistenza ed il contenuto del giudicato interno, ritenendo erroneamente che la sentenza parziale del 2000 avesse già definitivamente rigettato le pretese avanzate dall’appellante.

Il terzo motivo denuncia nullità della sentenza per omessa pronuncia, sul rilievo che, poichè nessun giudicato interno può essersi formato sulla comprensione nella massa ereditaria anche dei beni pervenuti al ricorrente per atto tra vivi, la Corte d’appello avrebbe dovuto pronunciare sul secondo motivo di gravame con cui era stato richiesto di precisare che nell’asse ereditario non potevano essere ricompresi i beni di proprietà esclusiva delle parti.

Il quarto mezzo denuncia nullità della sentenza per violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, nella parte in cui essa, respingendo l’appello, ha confermato l’attribuzione ad uno dei coeredi dell’intero terreno circostante.

Con il quinto mezzo si denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione con riguardo alla mancata indicazione delle "altre argomentazioni", diverse dalla preclusione del giudicato, in forza delle quali è stato rigettato l’appello.

2. – In ordine logico, è prioritario l’esame del terzo motivo.

Esso è fondato.

Pronunciando sull’impugnazione interposta da D.S.A. avverso la sentenza definitiva del Tribunale, la Corte d’appello – nel ritenere preclusa ogni indagine per effetto del giudicato interno formatosi per effetto della mancata impugnazione della sentenza non definitiva – ha avuto riguardo, esclusivamente, al primo motivo di gravame, con il quale si denunciava l’omessa valutazione dei frutti derivanti dal possesso dei beni immobili.

Ciò risulta, per tabulas, dal testo della sentenza oggetto del presente ricorso per cassazione, nella quale, nella parte dedicata allo Svolgimento del processo, si precisa che con il proposto gravame l’appellante ha contestato, "in particolare, il mancato riconoscimento, in proprio favore, della porzione dei frutti prodotti dai beni ereditari sempre rimasti nel possesso dei congiunti coeredi sin dall’epoca dell’apertura della successione".

Ora, non è contestato – ne da atto lo stesso ricorrente per cassazione – che con la sentenza non definitiva del 23 febbraio 2000 (non oggetto di impugnazione) il Tribunale di Roma avesse rigettato la domanda avanzata dal convenuto D.S.A. avente ad oggetto frutti civili ricavati dai beni comuni: sicchè bene ha pronunciato la Corte d’appello là dove ha ritenuto coperta dal giudicato interno la pretesa – riguardante, appunto, la porzione dei frutti prodotti dai beni ereditari – veicolata con il primo motivo di gravame.

Sennonchè, l’atto di appello conteneva – come esattamente rileva il ricorrente – un secondo motivo di impugnazione, con cui si mirava ad ottenere la parziale riforma della sentenza definitiva, nella parte in cui aveva proceduto all’integrale divisione del "terreno circostante", censurandosi che esso fosse stato tutto compreso nella comunione ereditaria, senza considerare che parte del terreno doveva ritenersi pervenuto ad D.S.A. per atto tra vivi, come riconosciuto dalla stessa motivazione della sentenza non definitiva.

Su questo motivo di appello è mancata la pronuncia della Corte territoriale, sicchè sussiste il lamentato vizio di infrapetizione.

3. – Anche il quinto motivo è fondato.

La Corte d’appello ha rigettato l’appello anche per un’altra ragione, sia pure indicata in via subordinata rispetto a quella del giudicato interno, ritenuta "assorbente": ossia per essere "fondate le argomentazioni di contrasto opposte dalle appellate".

Sotto questo ulteriore profilo, la motivazione che sostiene il rigetto – ove riferita al secondo motivo di appello – è meramente apparente, perchè non da assolutamente conto nè delle difese di controparte nè delle ragioni per cui esse dovessero essere accolte.

Il giudice del gravame, pertanto, non ha per nulla esplicitato il procedimento logico seguito nel respingere il secondo motivo dell’appello.

4. – L’accoglimento del terzo motivo di ricorso determina l’assorbimento tanto del quarto mezzo (meramente iterativo del terzo) quanto del primo e del secondo, i quali si riferiscono al merito di una pronuncia che è mancata, se si eccettua il riferimento alle "fondate le argomentazioni di contrasto opposte dalle appellate".

Sarà infatti compito del giudice del rinvio pronunciare sul secondo motivo di gravame, ossia sulla pretesa di riduzione dell’ambito del "terreno circostante" oggetto di divisione, ricostruendo a tal fine la portata precettiva della pronuncia giurisdizionale contenuta nella sentenza non definitiva del primo giudice, da individuare – secondo i principi – tenendo conto non soltanto delle statuizioni formalmente contenute nel dispositivo, ma anche delle enunciazioni contenute nella motivazione, costituenti le necessarie premesse logiche e giuridiche della decisione.

5. – La sentenza impugnata è cassata in relazione alle censure accolte.

La causa deve essere rinviata ad altra sezione della Corte d’appello di Roma.

Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo ed il quinto motivo del ricorso e dichiara assorbiti il primo, il secondo ed il quarto mezzo; cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte d’appello di Roma.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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