Cons. Stato Sez. III, Sent., 26-10-2011, n. 5725 Rapporto di pubblico impiego

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. L’appello può essere deciso, sussistendone i presupposti, con sentenza in forma semplificata, ai sensi degli articoli 60 e 74 del c.p.a., nella Camera di Consiglio fissata per l’esame della domanda cautelare.

2.- Il sig. G. N., Ispettore della Polizia di Stato in servizio presso la Questura di Reggio Emilia, aveva proposto, in data 18 febbraio 2010, istanza di trasferimento presso la Questura di Isernia o, in alternativa, presso la Sezione di Polizia Postale e delle Comunicazioni di Isernia o presso la Sezione di Polizia Stradale di Isernia, ai sensi del comma 5 dell’art. 33 della legge n. 104 del 1992 o dell’art. 55 del D.P.R. n. 335 del 1982, per fornire assistenza alla madre Riccio Assunta portatrice di handicap in situazione di gravità.

Con provvedimento del 20 maggio 2010 il Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno respingeva però l’istanza.

3.- Il signor G. proponeva ricorso davanti al TAR per il Lazio avverso tale diniego. Il ricorso era poi trasferito, per competenza territoriale, al TAR Emilia Romagna, Sezione di Parma, che negava la concessione di misure cautelari con ordinanza n. 225 del 10 novembre 2010.

Tale decisione veniva riformata da questa Sezione del Consiglio di Stato che, con l’ordinanza n. 368 del 28 gennaio 2011, riteneneva necessario "un più approfondito riesame della posizione del medesimo sig. G., tenuto conto altresì dell’intervenuta novella del 2010 all’art. 33 della l. 104/1992".

4.- Non avendo l’amministrazione provveduto, l’interessato si rivolgeva nuovamente a questa Sezione che, con ordinanza n. 1157 dell’11 marzo 2011, ordinava all’amministrazione di "assumere, senza indugio, nelle more della decisione di merito, una nuova determinazione, diretta a rivalutare la posizione dell’interessato"… individuando "una diversa sede di servizio, cui assegnare temporaneamente il ricorrente, anche in soprannumero", e precisando che "la sede così individuata deve essere idonea a consentire al ricorrente l’assistenza al familiare portatore di handicap, preferibilmente tra le sedi indicate dal ricorrente nel proprio atto di appello".

A seguito di tale ordinanza il Ministero dell’Interno, in data 28 marzo 2011, provvedeva "nelle more della decisione di merito" ad assegnare temporaneamente il sig. G. alla Questura di Isernia.

5.- Con sentenza n. 368 del 12 luglio 2011 la Sezione Staccata di Parma del TAR Emilia Romagna respingeva tuttavia nel merito il ricorso ritenendo, quanto all’art. 33 della legge n. 104 del 1992, che correttamente l’amministrazione aveva ritenuto carente il necessario requisito della continuità dell’assistenza, vista la notevole distanza intercorrente tra la residenza della persona disabile e il luogo di lavoro del dipendente, e considerato prevalente l’interesse pubblico allo svolgimento del servizio di Polizia. Per quanto riguarda la disposizione di cui all’art. 55 del D.P.R. n. 335 del 1982, il TAR ha sostenuto che la stessa non poteva ritenersi applicabile alla fattispecie in quanto destinata a governare situazioni particolari e residuali.

Con atto del 22 luglio 2001 l’amministrazione disponeva quindi la revoca dell’assegnazione dell’interessato alla Questura di Isernia.

6.- La sentenza è stata appellata dal sig. G. che ne ha chiesto l’annullamento previa sospensione.

Sostiene l’appellante che la sentenza del T.A.R. di Parma si fonda su una distorta e parziale rappresentazione dell’oggetto del contendere avendo omesso di considerare che egli aveva prestato, in via esclusiva e fin dal 2000, assistenza materiale e morale alla madre invalida, e che aveva continuato a prestarle assistenza anche quando, nel 2007, era stato assunto ed assegnato alla Questura di Reggio Emilia da dove si recava presso la madre, anche organizzando i turni di servizio "in quinta", per metà del suo tempo. Il requisito della continuità dell’assistenza, intesa come essenziale punto di riferimento del familiare invalido, non poteva quindi considerarsi carente.

Inoltre l’interesse pubblico contrapposto (e prevalente sulle esigenze personali del singolo) doveva essere concretamente dimostrato, non essendo sufficiente la sua apodittica enunciazione. Ed aggiunge che i posti per i quali era stato chiesto il trasferimento erano liberi nell’organico, che vi erano stati medio tempore altri trasferimenti presso la Questura di Isernia e che la condizione della sua sostituzione, apposta sulla sua domanda dal Questore di Reggio Emilia, era stata soddisfatta con l’assegnazione alla Questura di Reggio di altro dipendente nel posto da lui ricoperto.

La sentenza ha poi completamente ignorato, aggiunge l’appellante, l’evoluzione legislativa della materia trattata dalla legge n. 104 e, da ultimo, la modifica dell’art. 33 della legge n. 104, operata con l’art. 24 della legge n. 183 del 2010. Infatti la nuova legge (che ha eliminato il riferimento alla continuità ed alla esclusività dell’assistenza) deve ritenersi implicitamente retroattiva, essendo volta a risolvere le numerosissime questioni sorte a causa delle precedenti equivoche disposizioni normative, e non può non applicarsi a situazioni ancora non definite.

Il signor G. ha infine contestato anche le ragioni che avevano determinato il rigetto della sua richiesta di trasferimento ai sensi dell’art. 55 del D.P.R. n. 335 del 1982, che il TAR ha ritenuto di condividere.

7.- Al riguardo, si deve ricordare che, ai sensi dell’art. 33, comma 5 della legge n. 104 del 1992 (nel testo ora vigente, dopo le modifiche apportate prima dall’art. 19 della legge n. 53 dell’8 marzo 2000, e poi dall’art. 24, comma 1, lettera b), della legge n. 183 del 4 novembre 2010), il lavoratore dipendente pubblico o privato "che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti", che non sia ricoverata a tempo pieno, ha diritto di scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede.

Per effetto di tale disposizione il lavoratore dipendente pubblico o privato ha quindi, qualora ne sussistano i presupposti, il diritto di chiedere (ed ottenere) il trasferimento nella sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere (o di non essere allontanato da tale domicilio).

Per poter ottenere la concessione del beneficio, il richiedente deve dimostrare, con dati o riferimenti oggettivi, la necessità di dover assistere un familiare in condizione di handicap grave e che altri parenti e affini non sono in grado o comunque non sono disponibili ad occuparsi dell’assistenza del disabile.

8.- Tale diritto, come previsto dalla stessa norma, non è tuttavia incondizionato ma deve essere necessariamente confrontato con le irrinunciabili esigenze organizzative dell’Amministrazione.

Si è quindi affermato che la pretesa del lavoratore, che effettivamente assiste con continuità un parente portatore di handicap, alla scelta della sede di lavoro può trovare accoglimento solo "ove possibile" e quindi quando la richiesta di trasferimento possa essere soddisfatta senza porsi in contrasto con specifiche esigenze funzionali dell’Amministrazione di appartenenza, dovendo assumere rilievo, con riferimento alle Forze Armate ed ai corpi di Polizia, possibili situazioni di deficit di organico di particolari sedi o reparti ovvero le necessità operative che impongono un obbligato utilizzo in alcune sedi di personale in possesso di particolari specializzazioni (Consiglio di Stato, sez. IV, n. 923 dell’11 febbraio 2011).

In conseguenza, l’amministrazione deve considerare i bisogni, personali e familiari, dei suoi dipendenti, ma non può subordinare ad essi la realizzazione dei propri compiti istituzionali, ai quali nel bilanciamento degli interessi, deve riconoscersi priorità (Consiglio di Stato, sez. IV, n. 923 dell’11 febbraio 2011 cit.).

8.1.- Si deve peraltro precisare che le cause di servizio ostative al trasferimento non possono essere enunciate in modo generico o apodittico ma devono essere indicate in concreto perché solo concrete (e prevalenti) esigenze di servizio possono giustificare il diniego di accoglimento di una richiesta che trova fondamento in esigenze di natura personale e sociale alle quali il legislatore ha voluto dare particolare tutela.

Senza contare che, per principio più generale, la motivazione costituisce un elemento fondamentale del provvedimento amministrativo e consente il possibile sindacato giurisdizionale sulla correttezza delle valutazioni compiute.

8.2.- Ciò premesso, in relazione a tale profilo, il diniego dell’amministrazione di concedere al sig. G. il trasferimento da lui richiesto (sia in applicazione della legge n. 104 del 1992, che regola in via ordinaria la concessione dei benefici per i lavoratori che prestano assistenza ai familiari portatori di handicap, sia in applicazione dell’art. 55 del D.P.R. n. 335, che consente all’Amministrazione di disporre il trasferimento anche in soprannumero per gravissime ed eccezionali situazioni personali ed eventualmente anche in deroga alla graduatoria dei trasferimenti), risulta affetto, come sostenuto dall’appellante, da evidente illegittimità per difetto di motivazione (e di istruttoria).

Nel diniego impugnato in primo grado non sono state infatti indicate le concrete (e prevalenti) ragioni di servizio che hanno impedito l’accoglimento della richiesta di trasferimento dell’interessato mentre sono state enunciate, come ostative, solo generiche ragioni di interesse pubblico, connesse alla peculiarità dei doveri cui è tenuto un appartenente alla Polizia di Stato, e all’esistenza di numerose analoghe domande avanzate da altri aspiranti con pari qualifica alla stessa sede.

8.3.- Ma tali (generiche) ragioni non possono ritenersi sufficienti. Tanto più perché non sono state smentite dall’amministrazione (neanche in giudizio) le affermazioni, fatte dall’appellante, secondo cui: i posti nella città di Isernia per i quali era stato chiesto il trasferimento erano liberi nell’organico; vi erano stati medio tempore altri trasferimenti presso la Questura di Isernia; risultava soddisfatta la condizione apposta dal Questore di Reggio Emilia all’accoglimento della richiesta di trasferimento, con l’assegnazione alla Questura di Reggio di altro dipendente nel posto da lui ricoperto.

9.- Il Ministero dell’Interno ha peraltro negato il trasferimento del signor G. (con riferimento alla richiesta applicazione della legge n. 104 del 1992) anche per la carenza del requisito della continuità dell’assistenza al familiare portatore di handicap, a causa della notevole distanza intercorrente fra la residenza della persona disabile e il luogo di lavoro.

Ma la conclusione alla quale è giunta sul punto l’amministrazione (e che il TAR ha ritenuto esente da censure) non può essere condivisa.

Infatti nella fattispecie non poteva ricavarsi automaticamente l’insussistenza di una continuità assistenziale (richiesta dalla norma all’epoca vigente) solo a causa della distanza fra il luogo di lavoro e la residenza della persona disabile.

9.1.- Anche se la normativa in questione deve essere applicata con il giusto rigore, in modo da evitare possibili abusi, e con la dovuta comparazione dei contrapposti interessi pubblici e privati (Consiglio di Stato, sez. IV, n. 8527 del 3 dicembre 2010), occorre peraltro che l’amministrazione valuti in concreto la rilevanza delle esigenze assistenziali esposte dal lavoratore e le modalità con le quali tale assistenza è stata (e sarà) fornita.

9.2.- Deve allora osservarsi che, nella fattispecie, come evidenziato con il primo motivo di appello, il sig. G. aveva dichiarato di prestare fin dal 2000 assistenza alla madre handicappata, che il padre era deceduto, che gli unici due fratelli più piccoli lavoravano e risiedevano in Lombardia, che aveva continuato a prestare assistenza alla madre anche quando, nel 2007, era stato assunto ed assegnato alla Questura di Reggio Emilia da dove si recava, anche organizzando i turni di servizio "in quinta", per metà del suo tempo presso la madre.

Sulla base di tali elementi l’amministrazione avrebbe potuto eventualmente negare il trasferimento richiesto (oltre che, come si è visto, per eventuali concrete ragioni di servizio anche) qualora avesse accertato l’insussistenza di alcuni presupposti o la non veridicità delle ragioni indicate, ma non poteva limitarsi a negare il trasferimento per la carenza del requisito dell’assistenza solo a causa della distanza dalla sede di lavoro tenuto conto delle modalità con le quali l’assistenza veniva comunque (asseritamente) prestata dall’interessato con carattere di continuità.

Del resto proprio la distanza dalla persona handicappata che occorreva assistere aveva determinato la richiesta di trasferimento in sede a lei più vicina.

10.- Per tutte le esposte ragioni, l’appello è fondato e deve essere accolto, con il conseguente annullamento della sentenza del TAR per la Emilia Romagna, Sez. Staccata di Parma, n. 250 del 12 luglio 2011 nonché del provvedimento, impugnato in primo grado, di diniego trasferimento dell’appellante dalla Questura di Reggio Emilia alle sedi di Isernia della Polizia di Stato.

11.- Sono fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione che, nel valutare nuovamente l’istanza di trasferimento del sig. G., alla luce anche delle recenti modifiche apportate all’art. 33 della legge n. 104 del 1992 dalla legge 4 novembre 2010, n. 183 e poi dal d. lgs. 18 luglio 2011, n. 119, dovrà tenere conto delle attuali necessità assistenziali dell’interessato ed anche delle esigenze di servizio che, peraltro, per essere ritenute (eventualmente) prevalenti sugli interessi tutelati alla assistenza di soggetti in condizioni di handicap, devono essere rilevanti e non possono essere oggetto di indicazione solo generica.

12.- Le spese dei due gradi del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla la sentenza del T.A.R. per la Emilia Romagna, Sez. Staccata di Parma, n. 250 del 12 luglio 2011 nonché il provvedimento, impugnato in primo grado, di diniego trasferimento dell’appellante dalla Questura di Reggio Emilia alle sedi di Isernia della Polizia di Stato.

Condanna l’amministrazione resistente al pagamento di Euro 3.000 (tremila) in favore dell’appellante per le spese dei due gradi del giudizio, oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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