Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 05-07-2011) 30-09-2011, n. 35598

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Napoli confermava la sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere che aveva condannato C.G. per il delitto di cui all’art. 570 cod. pen. alla pena di anni uno di reclusione ed Euro 1.000 di multa.

All’imputato era addebitato di aver, abbandonando il domicilio domestico e sottraendosi agli obblighi di assistenza inerenti alla qualità di coniuge e alla potestà genitoriale, fatto mancare al coniuge e ai tre figli minori i mezzi di sussistenza.

2. Avverso la suddetta sentenza e l’ordinanza emessa in pari data che rigettava la richiesta di rinvio per legittimo impedimento dell’imputato, ricorre per cassazione personalmente l’imputato.

In via preliminare, deduce l’estinzione del reato di cui all’art. 570 cod. pen., comma 1 per la remissione della querela avvenuta in data 18 maggio 2010.

Lamenta inoltre:

– la violazione di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), c) ed e), in relazione all’art. 599 c.p.p., comma 2, art. 420-ter c.p.p., art. 125 c.p.p., comma 3 e art. 546 cod. proc. pen., in quanto la Corte di appello non avrebbe disposto il rinvio dell’udienza del primo febbraio 2010, nonostante la produzione da parte della difesa di due certificati redatti dall’Azienda ospedaliera di Perugia, attestanti l’avvenuto ricovero dell’imputato per accertamenti diagnostici in relazione a "dolore emiaddome sinistro", con anamnesi positiva per calcolosi renale.

– la violazione di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) e c), in relazione all’art. 603 cod. proc. pen., per non aver la Corte di appello rinnovato l’istruttoria dibattimentale per acquisire la testimonianza dei figli e dei fratelli dell’appellante, in ordine allo stato di bisogno delle persone offese e all’effettivo pagamento del mantenimento.

– la violazione di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) e c), in relazione all’art. 192 cod. proc. pen., in quanto la prova della penale responsabilità dell’imputato sarebbe stata fondata esclusivamente sulle dichiarazioni della moglie, la cui credibilità ed attendibilità non risulterebbe vagliata dalla Corte di appello, con la ricerca di riscontri in altri elementi probatori.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Quanto alla remissione della querela, deve constatarsi che il C. è stato ritenuto responsabile della sola ipotesi autonoma di reato prevista dall’art. 570 c.p.p., comma 2, (Sez. 6, n. 41735 del 06/11/2006, Vezzali, Rv. 235301), come è dato evincersi, oltre che dal capo di imputazione (la condotta contestata riguardava espressamente la mancata corresponsione dei mezzi di sussistenza), dalla motivazione delle decisioni di merito.

Relativamente al reato in questione, entrambi i giudici di merito hanno considerato il fatto unitariamente, applicando l’orientamento un tempo maggioritario – e più favorevole al reo – (superato dal recente intervento delle Sezioni unite, cfr. Sez. U, n. 8413 del 20/12/2007, dep. 26/02/2008, Cassa, Rv. 238468) che riteneva oggetto di repressione penale la condotta omissiva in quanto tale, in quanto contraria a quello che il codice denomina l’ordine e la morale della famiglia, essendo irrilevante il numero delle vittime della mancata somministrazione dei mezzi di sussistenza. Nel caso in esame, i giudici hanno infatti condannato il C. per un unico reato e applicato un’unica pena, senza apportare alcun aumento in considerazione del numero e della qualità dei familiari offesi dal reato. Nè, del determinare la pena, hanno preso in alcuna considerazione tali circostanze.

Pertanto, l’imputato non ha alcun interesse concreto alla scomposizione dell’unico reato in più reati autonomi.

3. Manifestamente infondato è il secondo motivo, in quanto non è ravvisabile la denunciata nullità dell’ordinanza dichiarativa di contumacia e del susseguente giudizio d’appello.

Va, preliminarmente, ribadito che, pur quando venga prodotto, a sostegno di una richiesta di rinvio per giustificato impedimento a comparire, un certificato medico attestante l’esistenza di una determinata patologia, ciò non impedisce al giudice di valutare, anche indipendentemente da una eventuale verifica fiscale e facendo ricorso a nozioni di comune esperienza (come avvenuto nella specie), se detta patologia comporti effettivamente una impossibilità, per il soggetto che ne è portatore, di comparire in giudizio, se non a prezzo di grave e non altrimenti evitabile rischio per la propria salute (cfr. Sez. U, n. 36635 del 27/09/2005, Gagliardi, Rv. 231810).

Nel caso in esame la motivazione del giudice di merito relativa al legittimo impedimento e1 congrua e immune da errori logici, e in ogni caso la stessa formulazione del ricorso ne dimostra l’inesistenza, trattandosi di ricovero volontario per l’esecuzione di accertamenti diagnostici, dei quali non è affatto dimostrata l’indifferibilità, in ragione di specifiche ed impellenti condizioni di salute (ne è riprova tra l’altro che l’imputato era stato previamente dimesso dal pronto soccorso senza alcuna indicazione).

4. Connotato dalla medesima inammissibilità è il terzo motivo.

Il giudice dell’appello è tenuto a disporre la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale solo se ritiene di non essere in grado di decidere allo stato degli atti. Il positivo esercizio di tale potere è, dunque, vincolato alla condizione della riscontrata incompletezza dell’indagine dibattimentale, alla ritenuta impossibilità, cioè, di poter decidere in mancanza di tale rinnovazione istruttoria: tale giudizio è rimesso alla valutazione del giudice del merito ed è incensurabile, se correttamente motivato. Peraltro, il giudice d’appello ha l’obbligo di motivare espressamente sulla richiesta di rinnovazione del dibattimento solo nel caso di suo accoglimento, laddove, ove ritenga di respingerla, può anche motivarne implicitamente il rigetto, evidenziando la sussistenza di elementi sufficienti ad affermare o negare la responsabilità del reo (tra le tante, Sez. 6, n. 40496 del 21/05/2009, Messina, Rv. 245009).

Nel caso in esame, la struttura argomentativa della motivazione della decisione di secondo grado si fonda su elementi sufficienti per una compiuta valutazione in ordine alla responsabilità e, pertanto, il rigetto dell’istanza di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale in appello si sottrae al sindacato di legittimità. 5. Quanto all’ultimo motivo, deve ribadirsi che le dichiarazioni della persona offesa possono essere assunte, anche da sole, come prova della responsabilità dell’imputato, non necessitando le stesse di riscontri esterni. Soltanto, qualora la persona offesa si sia anche costituita parte civile e sia, perciò, portatrice di pretese economiche, il controllo di attendibilità deve essere più rigoroso rispetto a quello generico cui si sottopongono le dichiarazioni di qualsiasi testimone e può rendere opportuno procedere al riscontro di tali dichiarazioni con altri elementi.

Nel caso in esame, i giudici di merito hanno ritenuto assolutamente attendibile il narrato di P.A.M., moglie dell’imputato, considerato che la donna non si era neppure costituita parte civile.

La valutazione della credibilità della persona offesa dal reato rappresenta in ogni caso una questione di fatto che ha una propria chiave di lettura nel compendio motivazionale fornito dal giudice e che non può essere rivalutata in sede di legittimità, a meno che il giudice – e non è il caso in esame – non sia incorso in manifeste contraddizioni (tra le tante, Sez. 3, n. 8382 del 22/01/2008, Finazzo, Rv. 239342).

6. Conclusivamente, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro 1.000.

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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