Cass. civ. Sez. II, Sent., 21-02-2012, n. 2482

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza n. 2879 del 17 settembre 2009 il Tribunale di Brescia, in riforma della pronuncia di primo grado, respinse la domanda proposta da L.A. e M.A. diretta ad ottenere la condanna di B.G., P.B., G.M. e B.M., proprietari confinanti, all’arretramento alla distanza di mt. 1,50 dal confine di una pensilina con sovrastante balconata che si assumeva realizzata in violazione delle distanze legali. Il giudice di secondo grado motivò la propria decisione affermando che, nel caso specifico, risultava non applicabile l’art. 873 cod. civ., che disciplina la distanza tra costruzioni, dal momento che nessuna delle parti aveva dedotto l’esistenza di una costruzione sul fondo degli attori fronteggiante il manufatto in questione; che quest’ultimo risultava legittimamente eseguito in forza delle disposizioni tecniche del Piano regolatore generale del Comune di Nuvolera, che prevedevano la possibilità di edificare sul confine nel caso di fabbricati che non si elevino sul piano di campagna di oltre metri 2,50 con muro di lunghezza inferiore a metri 5 e non prospettanti su pareti finestrate poste a meno di metri 5; che nemmeno sussisteva la violazione di cui all’art. 905 cod. civ. in materia di vedute, atteso che i convenuti nel corso del giudizio aveva arretrato la balconata a metri 1,50 dal confine, come richiesto dagli attori. Per la cassazione di questa decisione, con atto notificato il 9 dicembre 2009, ricorrono L.A. e M.A., affidandosi a due motivi. Resistono con controricorso B.G., P.B., G. M. e B.M..

Motivi della decisione

Il primo motivo di ricorso denunzia omessa motivazione circa un fatto decisivo della controversia e violazione dell’art. 873 c.c., commi 1 e 2, lamentando che il Tribunale sia giunto alla conclusione impugnata sulla base dell’errata valutazione delle risultanze di causa, da cui, contrariamente a quanto ritenuto dal giudicante, emergeva chiaramente l’esistenza sul fondo di proprietà degli attori di un fabbricato adiacente e fronteggiante, sia pure in parte lateralmente, quello dei convenuti. In particolare, tale circostanza risultava dalla documentazione planimetrica e fotografia prodotta dagli attori, la cui mancata considerazione, oltre ad integrare un vizio di omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, ha anche determinato il giudicante all’errore di escludere l’applicazione della disposizione di cui all’art. 873 cod. civ..

Il mezzo va dichiarato inammissibile.

Questa conclusione si impone per almeno due profili: in primo luogo per la genericità della doglianza, che non precisa l’esatta ubicazione del fabbricato degli attori rispetto al manufatto dei convenuti e, soprattutto, a quale distanza da esso questo si trovi, dati entrambi indispensabili al fine di verificare se la sentenza impugnata abbia o meno ritenuto correttamente non applicabile nella fattispecie la disposizione di cui all’art. 873 cod. civ., disciplinante la distanza tra costruzioni; in secondo luogo, perchè la censura non appare sostenuta dal requisito di autosufficienza, il quale impone al ricorrente per cassazione che deduca l’omessa considerazione o erronea valutazione da parte del giudice di merito di risultanze istruttorie di riprodurre esattamente il contenuto dei documenti e delle prove che si assumono non esaminate, al fine di consentire alla Corte di valutare la sussistenza e decisività delle stesse (Cass. n. 17915 del 2010; Cass. n. 18506 del 2006; Cass. n. 3004 del 2004). Costituisce diritto vivente di questa Corte il principio che il ricorso per cassazione deve contenere in sè tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito (Cass. n. 15952 del 1997; Cass. n. 14767 del 2007; Cass. n. 12362 del 2006).

Nel caso di specie, in particolare, il ricorso non rispetta il suddetto principio di autosufficienza, in quanto omette completamente di riprodurre il testo dei documenti su cui ritiene di poter fondare le proprie censure, mancanza che impedisce al Collegio qualsiasi valutazione sul punto.

Il secondo motivo di ricorso, che denunzia omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha affermato che il manufatto dei convenuti osservava la distanza per le vedute posta dall’art. 905 cod. civ. per avere essi arretrato nel corso del giudizio, alla distanza di metri 1,50 dal confine, la balconata, laddove invece i convenuti avevano provveduto ad arretrare la sola ringhiera di sinistra del balcone, posizionando invece sul lato prospiciente la proprietà degli attori vasi di rilevanti dimensioni che si arrestano ad una distanza di soli 56 cm. dal confine.

Il motivo è infondato.

Ferma l’insindacabilità nel merito, in sede di giudizio di legittimità, degli accertamenti di fatto svolti dal giudice territoriale, la valutazione compiuta dal Tribunale in ordine alla regolarizzazione della veduta per effetto del suo arretramento appare corretta ed adeguatamente motivata, una volta tenuto conto che la ringhiera costituisce il limite estremo da cui la veduta può essere materialmente esercitata, sicchè il suo arretramento integra un fatto logicamente idoneo ai fini dell’accertamento in materia di rispetto della distanza legale imposta dall’art. 905 cod. civ..

La seconda censura, che attiene al posizionamento di vasi e piante da parte dei convenuti in prossimità del confine, appare invece inammissibile, risolvendosi in un’allegazione di un fatto nuovo, che, come tale, non può trovare ingresso nel giudizio di legittimità.

Il ricorso va pertanto respinto.

Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, vanno poste, per il principio di soccombenza, a carico dei ricorrenti.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in Euro 2.700, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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