Cons. Stato Sez. V, Sent., 26-10-2011, n. 5711 Giurisdizione del giudice ordinario e del giudice amministrativo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso in appello in esame la M. s.p.a. ha chiesto l’annullamento o la riforma della sentenza del T.A.R. in epigrafe indicata con la quale erano stati dichiarati inammissibili (per essere stati impugnati atti non costituenti esplicazione di potestà pubbliche) i ricorsi proposti per l’annullamento delle deliberazioni n. 1896 del 1995 e n. 859 del 1996 (di "rettifica" della prima) con le quali la Giunta comunale di Chioggia ha accertato l’inadempimento degli obblighi assunti dalla M. s.p.a. (con convenzione del 27.10.1988 avente ad oggetto l’ampliamento, in deroga alla normativa del P.R.G. e per necessità di ristrutturazione ambientale di un capannone, a seguito della realizzazione di un piano di calpestio, successivamente sanato) ed ha deciso di ottenere il pagamento della penale per tanto prevista.

A sostegno del gravame sono stati dedotti i seguenti motivi:

1.- Violazione dei principi generali in materia di giurisdizione amministrativa. Violazione e mancata applicazione dell’art. 11 della l. n. 241/1990. Ingiustizia grave e manifesta.

Il Giudice di primo grado ha erroneamente dichiarato il difetto di giurisdizione del G.A. in materia de qua ritenendo che sia stata posta in essere attività di diritto comune, in quanto le delibere giuntali richiamate avevano ad oggetto l’accertamento di un preteso inadempimento convenzionale da parte della M. s.p.a..

Invero la convenzione stipulata tra il Comune ed un privato costruttore rappresentava un atto intermedio del procedimento amministrativo volto al conseguimento del provvedimento finale, sicché da essa promanavano poteri autoritativi e le relative controversie attengono al provvedimento concessorio, con giurisdizione del G.A..

2.- Nel merito, quanto al ricorso di primo grado n. 610/1996: Violazione dell’art. 112 c.p.c.. Omissione di pronuncia.

Ai sensi della norma in epigrafe indicata il Giudice deve pronunciare su tutta la domanda, mentre nel caso che occupa il T.A.R. ha omesso di sindacare la legittimità di un preteso verbale di accertamento di abuso edilizio del 25.10.1995 (costituente atto presupposto della deliberazione n. 1896 del 1995 impugnato con ricorso n. 610/1996) che invece non è tale, trattandosi di una semplice nota con oggetto diverso.

2.1.- Detta deliberazione e verbale sono comunque illegittimi per: Violazione di legge in relazione all’art. 3 della l. n. 241/1990. Eccesso di potere per carenza di motivazione, contraddittorietà ed illogicità grave e manifesta. Sviamento.

La deliberazione n. 1896 del 1995 è viziata dalla insussistenza di contrasto tra gli interventi assentiti e realizzati e gli adempimenti previsti dalla l. r. n. 1/1982, non essendo state indicate le ragioni della dedotta difformità delle opere realizzate dai provvedimenti concessori; inoltre essa, limitandosi a richiamare un imprecisato verbale di accertamento di abuso edilizio, è affetta da difetto di motivazione.

Non è chiaro, in base alle deduzioni del Comune, se l’abuso sia stato determinato dalla difformità delle opere realizzate rispetto alle concessioni edilizie n. 135/1988 e 66/90 oppure dalla esecuzione di lavori di tramezzatura di cui alla domanda prot. n. 25625/90 (pienamente conformi alle prescrizioni del P.R.G. e quindi non rientranti nella normativa di cui alla l.r. n. 1/1982 che concerne opere edilizia in deroga al P.R.G.).

2.2.- Eccesso di potere per difetto dei presupposti, erroneità ed illogicità.

La appellante ha realizzato (nella parte di capannone ampliata, ai sensi della l.r. n. 1/982, sulla base di dette concessioni edilizie) una tramezzatura in senso orizzontale o soppalco adibita a deposito merce.

Il Comune ha ritenuto che la citata tramezzatura, comportando nuova superficie, abbia determinato la violazione del limite legale massimo assentibile in base alla normativa derogatoria di cui alla più volte citata legge regionale, con mancato rispetto degli obblighi convenzionali, senza valutare che essa tramezzatura è stata realizzata ai sensi dell’art. 16 del P.R.G. e non in deroga allo stesso, sicché l’opera esulava dal campo di applicazione della l.r. n. 1/1982 e non comportava inadempimento degli obblighi convenzionali, tanto che è stata poi oggetto di provvedimento di sanatoria.

E’ ingiusto pretendere dopo il pagamento degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione a seguito di detta sanatoria pretendere anche l’escussione della cauzione posta a rispetto degli obblighi convenzionali di cui trattasi.

2.3.- Violazione dell’art. 97 della Costituzione, degli artt. 7 e 8 della l. n. 241/1990 e del principio del giusto procedimento.

I provvedimenti impugnati non sono stati, illegittimamente, preceduti dalla comunicazione dell’avvio del procedimento.

2.4.- Violazione dell’art. 23.2. del regolamento edilizio comunale.

Pur individuando l’epigrafato articolo le attribuzioni della commissione edilizia (tra le quali è prevista quella di esprimere pareri in materia di illeciti edilizi e circa l’esistenza di difformità dalla concessione edilizia), nel caso che occupa il parere di detto organo non è stato previamente acquisito.

2.5.- Quanto ai motivi aggiunti al ricorso di primo grado n. 610/1996:

2.5.1.- Eccesso di potere per carenza di presupposto, sviamento di potere e difetto di istruttoria.

L’impugnata deliberazione n. 1896 del 1995 è stata adottata visto il verbale di accertamento di abuso edilizio datato 25.10.1995, ma il documento così datato depositato in giudizio consisteva in una mera comunicazione avente oggetto del tutto esulante dai fatti di causa, sicché esso atto deve ritenersi basato sul falso presupposto della esistenza di un verbale in realtà inesistente.

2.5.2.- Eccesso di potere per carenza di presupposto sotto altro profilo, sviamento di potere, contraddittorietà, illogicità e travisamento dei fatti.

E’ stato depositato in giudizio un verbale di accertamento di abuso edilizio datato 28.2.1996, successivo alla deliberazione impugnata, che è stata quindi adottata senza previo accertamento dell’abuso edilizio.

2.6.- Quanto al ricorso n. 1888 del 1997, sulla illegittimità della delibera giuntale prot. n. 859 del 1996.

2.6.1.- Violazione di legge in relazione agli artt. 13 della l. n. 47/1985 e 97, comma 3, della l.r. Veneto n. 61/1985. Violazione dell’art. 16 delle N.T.A. del vigente P.R.G. del Comune di Chioggia. Eccesso di potere per mancanza del presupposto. Illogicità grave e manifesta.

Il dedotto accertamento, effettuato con la deliberazione n. 1896 del 1995, di violazione della convenzione de qua (per esecuzione di opere in difformità dalla concessione edilizia n. 35213/87 e variante n. 42733/88 consistenti nella realizzazione di un soppalco) è contraddittorio perché la realizzazione di esso soppalco, poi sanata in quanto consentita dall’art. 16 delle N.T.A., non ha nulla a che vedere con dette concessioni (rilasciate in esecuzione di obblighi convenzionali derivanti dall’applicazione della l.r. n. 1/1982 avente finalità derogatorie dalle previsioni del P.R.G.).

2.6.2.- Violazione dell’art. 97 della Costituzione. Violazione di legge in relazione agli artt. 7 e 8 della l. n. 241/1990. Violazione del principio del giusto procedimento.

Il provvedimento impugnato non è stato, illegittimamente, preceduto dalla comunicazione dell’avvio del procedimento.

Con atto depositato il 19.4.2000 si è costituito in giudizio il Comune di Chioggia, che ha dedotto la infondatezza dell’appello, chiedendone la reiezione.

Con memoria depositata il 3.3.2011 si è costituito in giudizio il M. U. Services s.p.a. (in luogo della M. s.p.a.), assistito da nuovi difensori, ed ha ribadito tesi e richieste.

Alla pubblica udienza del 5.4.2011 il ricorso in appello è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati delle parti come da verbale di causa agli atti del giudizio.

Motivi della decisione

1.- Con il ricorso in appello in esame la M. s.p.a. ha chiesto l’annullamento della sentenza del T.A.R., in epigrafe specificata, di declaratoria di inammissibilità dei ricorsi proposti per l’annullamento delle deliberazioni n. 1896 del 1995 e n. 859 del 1996 (di parziale rettifica della prima), con le quali la Giunta comunale di Chioggia ha accertato l’inadempimento degli obblighi assunti dalla M. s.p.a. con convenzione del 27.10.1988, decidendo di ottenere il pagamento della penale per tanto prevista.

2.- Con il primo motivo di appello è stato dedotto che il Giudice di primo grado ha sostanzialmente dichiarato il difetto di giurisdizione del G.A. in materia de qua ritenendo che sia stata posta in essere attività di diritto comune, in quanto le delibere giuntali richiamate avevano ad oggetto l’accertamento di un preteso inadempimento convenzionale da parte della M. s.p.a..

Ma la convenzione stipulata tra il Comune ed un privato costruttore, con la quale questi, per ottenere il rilascio di una licenza di costruzione, si obblighi a determinati adempimenti trasferibili nei confronti del Comune, non costituisce atto di diritto privato, fonte negoziale del regolamento di contrapposti interessi, e rappresenta invece un atto intermedio del procedimento amministrativo volto al conseguimento del provvedimento finale, sicché dalla convenzione promanano poteri autoritativi e le relative controversie attengono al provvedimento concessorio, con giurisdizione del G.A..

Nel caso che occupa il Comune di Chioggia ha accertato con le deliberazioni impugnate la presunta violazione degli obblighi convenzionali di natura edilizia urbanistica, derivanti dalla applicazione della l.r. n. 1/1982,assunti con convenzione edilizia, soggetta a trascrizione, in esecuzione di obblighi previsti da detta legge per finalità di pubblico interesse, al fine di ottenere una concessione edilizia.

Esse deliberazioni si inseriscono quindi nel modulo procedimentale, regolato da norme di diritto pubblico, definito dal legislatore regionale e sono soggette al regime risultante dalle norme del diritto amministrativo.

Alla giurisdizione esclusiva del G.A., peraltro, l’art. 11 della l n. 241/1990 (applicabile anche ad atti antecedenti alla sua entrata in vigore) devolve le controversie relative ad accordi tra privati e P.A. funzionali all’individuazione del contenuto di un provvedimento che l’Amministrazione deve emettere a conclusione di un procedimento preordinato all’esercizio di una pubblica funzione amministrativa.

2.1.- Osserva in proposito la Sezione che in linea generale sussiste la giurisdizione del G.A. in ordine alle controversie inerenti a convenzioni urbanistiche, ex art. 11, comma 5, della l. n. 241/1990, che devolve al G.A. la giurisdizione esclusiva sulle controversie relative alla formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi sostitutivi del provvedimento conclusi dalla p.a. con gli interessati, ed è applicabile, quale norma sulla giurisdizione, anche agli accordi stipulati, come nel caso che occupa, anteriormente alla sua entrata in vigore (Cassazione civile, sez. un., 20 novembre 2007, n. 24009).

Detti accordi procedimentali, devoluti alla giurisdizione del giudice amministrativo (Consiglio Stato, sez. IV, 22 gennaio 2010, n. 214), hanno la funzione di individuare convenzionalmente il contenuto di provvedimenti da emettersi da parte della p.a. medesima a conclusione di un procedimento preordinato all’esercizio di una pubblica funzione amministrativa e sono imposti come momento necessario del procedimento amministrativo finalizzato al rilascio del provvedimento, tanto da condizionarne l’adozione.

Essi non possono però ritenersi dotati della specifica autonomia, fonte negoziale di regolamento dei contrapposti interessi delle parti stipulanti, che ha invece caratterizzato l’apposizione della clausola di cui trattasi alla convenzione intercorsa tra le parti, in deroga alla normativa urbanistica comunale all’epoca vigente e non esplicitamente prevista ed individuata dalla l.r. n. 1/1982 in base alla quale è stata stipulata, che fa riferimento genericamente alla necessarietà di garanzie per gli impegni assunti.

Non può quindi riconoscersi natura di accordo procedimentale previsto da detto art. 11, comma 5, della l. n. 241/1990 alla convenzione stipulata nel caso per cui è causa, che riguarda invece un rapporto privatistico qualificabile come garanzia a prima richiesta e che configura un contratto autonomo di garanzia, espressione dell’autonomia negoziale ex art. 1322 c.c., che ha la funzione di tenere indenne il creditore dalle conseguenze del mancato adempimento della prestazione gravante sul debitore principale e che può riguardare anche un fare infungibile; come tale esso è volto a trasferire da un soggetto ad un altro il rischio economico connesso alla mancata esecuzione di una prestazione contrattuale, che può dipendere o meno dall’inadempimento del debitore e non è quindi condizionato necessariamente all’esatto adempimento della medesima prestazione principale, come nel caso della fideiussione.

La giurisprudenza ha ormai condivisibilmente distinto la fattispecie della fideiussione da quella per cui adesso è contenzioso, ritenendosi che nella presente situazione si tratti della prestazione di una garanzia che astrae in larga parte dal rapporto sottostante, così da consentire all’Amministrazione una più ampia tutela nell’ipotesi che ricorra il possibile inadempimento della controparte.

Per detto motivo nell’ipotesi ora esaminata non è individuabile un pieno collegamento negoziale con la convenzione urbanistica, e non si applicano le norme codicistiche sulla fideiussione, che ancorano in larga parte la sorte dell’obbligazione accessoria a quella principale.

Infatti risulta dall’art. 3 della convenzione de qua che la società appellante si impegnava ad attuare integralmente entro un certo temine il progetto per il quale chiedeva la concessione a costruire in deroga, mentre risulta dal seguente art. 6 che, a garanzia dell’integrale rispetto degli impegni assunti, prestava cauzione mediante produzione di polizza fideiussoria, senza far riferimento alle modalità di accertamento della violazione di detti impegni e quindi disancorandola radicalmente dal sottostante procedimento.

In sostanza, anche se i provvedimenti impugnati fanno riferimento all’accertamento della violazione edilizia che ha comportato la richiesta della cauzione, essi hanno semplicemente esercitato l’opzione prevista in detta convenzione, con atto di natura paritetica esulante dalla giurisdizione del G.A.

La prima di esse deliberazioni, la n. 1896 del 1995, poi rettificata con la seguente n. 859 del 1996, ha ritenuto doveroso applicare la sanzione prevista per il mancato adempimento, cioè incamerare l’importo della polizza fideiussoria emessa a garanzia del rispetto degli obblighi convenzionali, tra i quali quello del rispetto del progetto, in "mera esecuzione della citata convenzione".

La controversia de qua, avente ad oggetto l’escussione, da parte del Comune, di una polizza fideiussoria concessa a garanzia di somme pattuite in una convenzione di lottizzazione, rientra quindi nella giurisdizione del G.O. e non in quella esclusiva del G.A., attesa l’autonomia del rapporto in questione, nonché la circostanza che, nella specie, la P.A. ha agito nell’ambito di un rapporto privatistico, senza esercitare, neppure mediatamente, pubblici poteri (Cassazione civile, sez. un., 23 febbraio 2010, n. 4319).

Correttamente il Giudice di prime cure ha riconosciuto la natura di attività privatistica alla possibilità prevista nella convenzione a favore del Comune di chiedere il pagamento di una penale ex art. 1382 del c.c. (che stabilisce che la clausola, con cui si conviene che, in caso d’inadempimento o di ritardo nell’adempimento, uno dei contraenti è tenuto a una determinata prestazione, ha l’effetto di limitare il risarcimento alla prestazione promessa, se non è stata convenuta la risarcibilità del danno ulteriore), sia perché nel prevedere essa penale l’Amministrazione è ricorsa ad un contratto e non ha al riguardo emanato un provvedimento autoritativo e sia perché per ottenere essa prestazione non può agire in autotutela.

Con i provvedimenti impugnati l’Amministrazione ha invero solo dichiarato accertato l’inadempimento della convenzione e manifestato la volontà di chiedere il versamento nelle casse comunali dell’importo della fideiussione, stipulata dalla parte appellante a garanzia del rispetto degli impegni assunti e ad essi atti non risulta essere stata attribuita forza provvedimentale autoritativa, sicché non possono che rivestire natura paritetica.

In presenza dei presupposti legali, la posizione della P.A. ha assunto quindi consistenza di diritto soggettivo, tutelata direttamente dalla legge senza necessità di intermediazione autoritativa da parte dell’Amministrazione, alle cui determinazioni al riguardo deve essere riconosciuto carattere vincolato e ricognitivo, fondandosi sulla mera applicazione dei criteri contemplati nella convenzione di cui trattasi e non implicando indagine alcuna, se non incidentale, sulla complessa fase pubblicistica del rapporto (Cassazione civile, sez. un., 30 marzo 2009, n. 7573).

La censura in esame è quindi priva di condivisibilità.

3.- Quanto alle ulteriori censure di omesso sindacato da parte del T.A.R. della legittimità di un preteso verbale di accertamento di abuso edilizio del 25.10.1995 (costituente atto presupposto della deliberazione n. 1896 del 1995) e di illegittimità di essa deliberazione e del verbale, oltre che della successiva deliberazione n. 859 del 1996, di rettifica della precedente, la Sezione non può che confermare l’operato del primo Giudice, atteso che la pronuncia di inammissibilità del ricorso di primo grado per difetto di giurisdizione, stante la natura dei provvedimenti impugnati, esclude la verificabilità della legittimità degli atti ivi richiamati, ma non posti, per le considerazioni in precedenza svolte, a fondamento degli stessi, con i quali è stata esercitata solo una facoltà di garanzia a prima richiesta prevista dalla sottostante convenzione, senza che essi atti ne costituiscano il logico presupposto.

4.- L’appello deve essere conclusivamente respinto e deve essere confermata la prima decisione.

5.- La complessità delle questioni trattate, nonché la peculiarità e la novità del caso, denotano la sussistenza delle circostanze di cui all’art. 92, II c., del c.p.c., come modificato dall’art. 45, XI c., della L. n. 69 del 2009, che costituiscono ragione sufficiente per compensare fra la parti le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente decidendo respinge l’appello in esame.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 aprile 2011 con l’intervento dei magistrati:

Calogero Piscitello, Presidente

Aldo Scola, Consigliere

Francesco Caringella, Consigliere

Antonio Amicuzzi, Consigliere, Estensore

Nicola Gaviano, Consigliere

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *