Cass. civ. Sez. II, Sent., 21-02-2012, n. 2480 Interpretazione del contratto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.1.- La Galenina s.r.l., in liquidazione, esponeva che: l’Istituto San Giuseppe della Compagnia delle figlie della Carità di San Vincenzo De Paoli le aveva conferito, con contratto di appalto del 20- 4-1994, l’esecuzione delle opere di ristrutturazione dei l’immobile di proprietà di detto Istituto danneggiato dal sisma del 1980, per le quali il medesimo aveva presentato richiesta di finanziamento ai sensi della L. n. 219 del 1981; stante l’urgenza, erano stati stralciati alcuni lavori che erano stati pagati direttamente in attesa del finanziamento che, secondo quanto appreso successivamente, non era stato erogato;

che aveva subito danni, in misura di 60 milioni per sconti praticati sui lavori eseguiti e di lire 315 milioni per i lavori non eseguiti.

Ciò posto, l’istante conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Napoli l’Istituto San Giuseppe della Compagnia delle figlie della Carità di San Vincenzo De Paoli per sentire accertare l’inadempimento del convenuto al contratto di appalto e condannarsi il medesimo al risarcimento dei danni.

Si costituiva il convenuto, chiedendo il rigetto della domanda.

Con sentenza del 15 febbraio 2002 il Tribunale rigettava la domanda.

Con sentenza dep. il 28 ottobre 2005 la Corte di appello di Napoli rigettava l’impugnazione principale proposta dall’attrice nonchè quella incidentale.

Secondo i Giudici, l’affidamento dell’incarico aveva avuto a oggetto esclusivamente i lavori poi effettivamente realizzati, mentre per quelli non eseguiti i contraenti avevano soltanto manifestato l’intenzione di affidarli successivamente qualora fosse stato erogato il finanziamento, senza concordare le precise modalità di pagamento e fissando a grosse linee il prezzo: per tali lavori, dunque, le parti intesero stipulare un contratto normativo.

2.- Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione la La Galenina s.r.l., in liquidazione sulla base di due motivi illustrati da memoria. Resiste con controricorso l’intimata.

La ricorrente ha presentato l’istanza di trattazione prevista dalla L. n. 183 del 2011, art. 26, come modificato dal D.L. n. 212 del 2011, art. 14, comma 1.

Motivi della decisione

1.1.- Il primo motivo, lamentando violazione e falsa applicazione della L. n. 219 del 1981, artt. 1321 e ss., 1655 e ss., 1453 e ss., 1218 e 2043 cod. civ., artt. 99, 112 e 115 cod. proc. civ. nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, censura la decisione gravata laddove aveva ritenuto che fra le parti si sarebbe concluso un contratto normativo quando la natura unitaria dell’appalto con il quale era stato conferito l’incarico di ristrutturazione dell’immobile de quo – dedotta a fondamento della citazione – era stata ammessa dalla controparte, la quale aveva fatto domanda di finanziamento ai sensi del L. n. 219 del 1981 e, solo successivamente alla conclusione del contratto, aveva dedotto che la l’obbligazione era impossibile per non essersi verificata la condizione del finanziamento, che peraltro venne concesso ma non riscosso per carenza di interesse.

A stregua delle precise pattuizioni del contratto, l’appalto aveva ad oggetto tutte le opere di ristrutturazione ivi indicate, non essendo al riguardo necessaria alcuna ulteriore manifestazione di volontà o di specificazione, attesa la esatta determinazione delle prestazioni convenute.

Non avendo l’Istituto consentito l’esecuzione dei lavori, era risultato il grave inadempimento del committente e il danno derivatone ad essa ricorrente, secondo quanto emersa dalla documentazione in atti.

I Giudici, in violazione dei criteri e del procedimento di cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ., avevano ricostruito una volontà negoziale diversa da quella che era emersa dal contenuto del contratto e dal comportamento tenuto dalle parti.

1.2.- Il motivo va disatteso.

La questione determinante al fine di decidere la presente controversia ha oggetto la determinazione della volontà negoziale quale era stata consacrata con le pattuizioni del contratto di appalto intercorso fra le parti.

Nel procedere all’interpretazione del contratto, alla stregua del complessivo tenore delle pattuizioni negoziali e delle espressioni usate, i Giudici hanno accertato la comune intenzione dei contraenti, correttamente tenendo conto – in base ai criteri di cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ. – del complessivo contenuto del testo attraverso l’analisi congiunta e comparativa delle diverse espressioni letterali usate a proposito dei lavori indicati nel contratto: al riguardo, hanno evidenziato che, per quelli non eseguiti, le parti avevano manifestato l’intenzione di appaltane mentre per le altre opere, effettivamente realizzate, le espressioni usate non lasciavano dubbi sull’avvenuto conferimento dell’incarico delle opere che vennero effettivamente realizzate e pagate (l’una affida … l’altra accetta) ritenendo che l’affidamento dell’incarico aveva avuto a oggetto esclusivamente i lavori poi effettivamente realizzati, mentre per quelli non eseguiti i contraenti avevano soltanto manifestato l’intenzione di affidarli successivamente qualora fosse stato erogato il finanziamento, senza concordare le precise modalità di pagamento e fissando a grosse linee il prezzo; per tali lavori, dunque, le parti intesero stipulare un contratto normativo attraverso cui si predispone il contenuto di futuri contratti e che non obbliga le parti a concluderli in assenza di specifica pattuizione.

L’interpretazione Letterale era confermata dal comportamento delle parti laddove, accusando ricevuta del pagamento dei 164 milioni per i lavori eseguiti, l’attrice dichiarò di non avere null’altro a pretendere senza muovere alcuna osservazione o richiesta in relazione a lavori ancora da effettuare, come sarebbe dovuto avvenire ove il contratto avesse avuto a oggetto tutti i lavori di ristrutturazione previsti nel progetto.

Orbene, l’interpretazione del contratto, consistendo in un’operazione di accertamento della volontà dei contraenti, si risolve in un’indagine di fatto riservata al giudice di merito, il cui accertamento è censurabile in cassazione soltanto per inadeguatezza della motivazione o per violazione delle regole ermeneutiche, che deve essere specificamente indicata in modo da dimostrare – in relazione al contenuto del testo contrattuale – l’erroneo risultato interpretativo cui per effetto della predetta violazione è giunta la decisione, che altrimenti sarebbe stata con certezza diversa la decisione: la deduzione deve essere, altresì, accompagnata dalla trascrizione integrale del testo contrattuale in modo da consentire alla Corte di Cassazione, che non ha diretto accesso agli atti, di verificare la sussistenza della denunciata violazione decisiva.

Ne consegue che non può trovare ingresso in sede di legittimità la critica della ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca esclusivamente nella prospettazione di una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto già dallo stesso esaminati: occorre ricordare che per sottrarsi al sindacato di legittimità, l’interpretazione data dal giudice di merito ad un contratto non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili, interpretazioni; sicchè, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l’altra. (Cass. 7500/2007; 24539/2009).

Nella specie, il ricorso difetta di autosufficienza laddove non è trascritto il testo integrale del contratto di appalto nè sono indicate le regole ermeneutiche in concreto violate in relazione al testo contrattuale.

2.1. Il secondo motivo, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 2721 e ss., 2730 e ss., 2697 cod. civ., artt. 233 e ss., 99 e 112 cod. proc. civ. nonchè omessa,insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, denuncia la mancata ammissione dei mezzi istruttori articolati.

2.2. Il motivo va disatteso.

Premesso che il provvedimento di rigetto di un istanza istruttoria in sede di legittimità può essere denunciato sotto il profilo del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, nella specie i Giudici hanno adeguatamente motivato in ordine alla mancata ammissione dei mezzi articolati, evidenziando la irrilevanza o la inidoneità dei fatti indicati nei capitoli di prova.

Il ricorso va rigettato.

Le spese della presente fase vanno poste in solido a carico della ricorrente, risultata soccombente.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento in favore del resistente delle spese relative alla presente fase che liquida in Euro 3.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3.000,00 per onorari di avvocato oltre spese generali ed accessori di legge.

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