Cass. civ. Sez. II, Sent., 21-02-2012, n. 2475 Risoluzione del contratto per inadempimento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

C.G., promissario acquirente di un locale ad uso garage, con un’annessa grotta di mq. 8, agiva innanzi al Tribunale di Caltagirone nei confronti dei coniugi G.A. e S.A., promittenti venditori, per la risoluzione del contratto preliminare di vendita in data 30.10.1990 per inadempimento di questi ultimi, cui imputava di non aver provveduto ad acquistare, frazionare ed accatastare tale grotta (già demaniale), sì da consentirne il trasferimento.

I convenuti resistevano alla domanda, deducendo che l’alienazione della grotta non era stata possibile perchè al comune di Mineo, che ne aveva disposto la vendita, non risultava appartenerne il suolo.

Quindi, non accettata dal C. la proposta di riduzione del prezzo di vendita, i G. – S. domandavano in via riconvenzionale la risoluzione del contratto per inadempimento dell’attore, con condanna di quest’ultimo al pagamento della penale di lire 10 milioni.

Il Tribunale accoglieva la domanda principale. Tale sentenza era ribaltata dalla Corte d’appello di Catania, nella contumacia dell’appellato, C.G..

Riteneva la Corte etnea sia che i promittenti venditori aveva fatto tutto quanto necessario al trasferimento della grotta, reso impossibile perchè lo stesso comune di Mineo aveva ritenuto erroneamente di esserne proprietario; sia che, in ogni caso, la limitatissima estensione di tale bene e il suo valore irrisorio (lo stesso comune di Mineo ne aveva deliberato la vendita per la somma di appena 200.000 lire), non rendeva l’inadempimento dei promettenti di importanza tale da giustificare il rifiuto del promissario di addivenire alla stipula del definitivo di vendita.

Per la cassazione di tale sentenza C.G. propone ricorso, affidato a nove motivi.

Resistono con controricorso e ricorso incidentale condizionato G.A. e S.A..

Motivi della decisione

Preliminarmente i ricorsi vanno riuniti, ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

1. – Con il primo motivo del ricorso principale è dedotta l’inammissibilità o l’improcedibilità dell’appello proposto dai G. – S., in quanto introdotto dopo il termine ordinario d’impugnazione. Deduce parte ricorrente che la citazione in appello avverso la sentenza del Tribunale di Caltagirone, pubblicata il 26.6.1999, è stata notificata il 7.10.1999 ad uno dei procuratori costituiti, con invito a comparire innanzi alla Corte d’appello il giorno 25.3.2000. Tuttavia la causa non fu iscritta a ruolo, e nessuna delle parti provvide a costituirsi in giudizio. Quindi, il 2.5.2001 gli appellanti notificarono ad uno dei procuratori costituiti in primo grado per la parte attrice, e non già a quest’ultima personalmente, l’atto di riassunzione. Pertanto, atteso che quest’ultimo è stato notificato il 2.5.2001, e dunque oltre un anno e 45 (rectius, 46) gg. dalla notifica dell’appello, avvenuta il 7.10.1999, la sentenza di primo grado è passata in giudicato.

2. – Con il secondo motivo parte ricorrente deduce la nullità dell’atto di riassunzione, in quanto non notificato personalmente alla parte non costituita, in violazione di quanto disposto dall’art. 125 disp. att. c.p.c.. Richiamato, al riguardo, il precedente di Cass. n. 2956/96, parte ricorrente sostiene che la Corte territoriale avrebbe dovuto rilevare la nullità della notificazione e ordinarne la rinnovazione ex art. 291 c.p.c..

3. – Col terzo motivo si deduce, inoltre, che l’atto di riassunzione è nullo perchè privo delle indicazioni di cui all’art. 125 disp. att. c.p.c., nn. 4) e 5), in riferimento agli artt. 163, 164 e 166 c.p.c..

4. – Con il quarto motivo il ricorrente denuncia l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sulla domanda di risoluzione del contratto per inadempimento dei G. – S., lamentando che la Corte non abbia considerato che la sdemanializzazione della grotta era condizionata al versamento del prezzo stabilito dal comune di Mineo e al fatto che tutte le spese necessarie per il rogito notarile, il frazionamento e l’accatastamento fossero sostenute dai G. – S., i quali, però, non vi avrebbero provveduto.

5. – Con il quinto motivo è dedotta la violazione dell’art. 1455 c.c., in connessione con l’omessa e/o insufficiente motivazione su di un punto decisivo della controversia, costituito dalla gravità dell’inadempimento, gravità da affermare tenuto conto dell’interesse del promissario acquirente, il quale era intenzionato all’acquisto del garage e della grotta per poter adibire il primo ad esercizio commerciale e la seconda a relativo servizio igienico.

6. – Col sesto motivo è dedotta l’omessa e insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per avere la Corte d’appello mancato di considerare, quale fattore idoneo ad escludere ogni inadempimento del C., la circostanza, non contestata, che questi il 30.8.1991, a conferma dell’interesse alla stipula del definitivo, aveva versato ai promittenti venditori l’ulteriore importo di lire 20.000.000. 7. – Il settimo motivo denuncia l’omessa e insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia "ex art. 360 c.p.c., n. 5 e anche con riferimento all’art. 112 c.p.c.", per avere la Corte territoriale, violando il principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, omesso di considerare il sopradetto comportamento del C..

8. – L’ottavo motivo denuncia la mancata motivazione della condanna dell’appellato alle spese di giudizio.

9. – Il nono motivo, infine, lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., per avere la Corte etnea condannato il C. al pagamento delle spese del processo d’appello, ancorchè questi vi fosse stato dichiarato contumace.

10. – Con l’unico motivo del ricorso incidentale i controricorrenti deducono l’omessa pronuncia e l’omessa motivazione della sentenza impugnata, nella parte in cui, valutando il comportamento tenuto dal C. ai fini dell’individuazione della responsabilità per l’inadempimento, la Corte catanese non ha preso in considerazione la circostanza che il promissario acquirente ebbe a pretendere l’adempimento dei promittenti venditori tre giorni prima dello scadere del termine convenuto nel contratto preliminare.

11. – Il primo motivo del ricorso principale è infondato.

Infatti, l’ipotesi in cui nessuna delle parti abbia provveduto alla iscrizione a ruolo dell’appello rimane estranea alla previsione dell’art. 348 c.p.c. – nel testo anteriore alla riforma attuata con la L. n. 353 del 1990 e successive modificazioni, applicabile, ex art. 90 della citata legge, come modificato dal D.L. n. 432 del 1995, art. 9, convertito in L. n. 534 del 1995, ai giudizi pendenti alla data del 30 aprile 1995, data di entrata in vigore della stessa L. n. 353 -, per essere, invece, disciplinata dall’art. 307 c.p.c., cui l’art. 347 c.p.c. rinvia quanto alle forme ed ai termini della costituzione in appello, e secondo il quale, in caso di mancata costituzione dell’appellante e dell’appellato nei termini loro rispettivamente assegnati, il processo deve essere riassunto nel termine di un anno dalla scadenza di quello stabilito per la costituzione del convenuto a norma dell’art. 166 c.p.c. (sempre nel testo anteriore alla riforma del 1990), e cioè cinque giorni prima della udienza di comparizione, computato nel termine il giorno della costituzione (così, Cass. n. 2377/00; conformi, Cass. nn. 8234/00, 778/89, 49/77 e S.U. 939/66).

11.1. – Nella specie, atteso che la prima citazione in appello recava quale data dell’udienza di comparizione quella del 25.3.2000, il termine annuale per la riassunzione ex art. 307 c.p.c., comma 1 decorreva dal 20.3.2000, data di scadenza del termine di cinque giorni prima dell’udienza previsto per la costituzione del convenuto (la presente causa è soggetta al rito anteriore alla L. n. 353 del 1990), per cui (maggiorato della sospensione feriale) il termine medesimo andava a scadere il 5.5.2001. Dunque, la riassunzione, effettuata con atto notificato il 2.5.2001, è tempestiva.

12. – E’ fondato, invece, il secondo motivo, che va dunque accolto.

L’atto riassuntivo del processo, in grado di appello, nel quale non vi e stata costituzione delle parti, è affetto da vizio della notificazione, ove l’atto stesso, in violazione di quanto dispone l’art. 125 disp. att. c.p.p., u.c., sia notificato al procuratore costituito nel giudizio di primo grado, anzichè alla parte personalmente. Da ciò consegue la necessità che all’appellante sia fissato un termine per la rinnovazione della notificazione, ai sensi dell’art 291 c.p.c. (cfr. Cass. nn. 2956/96 e 2145/77). Ed infatti, ai sensi dell’art. 125 disp. att. c.p.c., la notifica personale dell’atto di riassunzione del giudizio di appello alla parte rimasta contumace in tale grado non può avvenire presso il domicilio eletto, contestualmente al rilascio della procura, nel primo grado di giudizio; infatti, se la procura, con contestuale elezione di domicilio, è conferita solo per tale grado, l’elezione diviene inefficace (l’unica ipotesi di ultrattività essendo quella di cui all’art. 330 c.p.c. per la notificazione dell’impugnazione), se è conferita per tutti i gradi di giudizio, la mancata costituzione dimostra la sua sopravvenuta inefficacia (per rinuncia o revoca), la quale si estende, anche nei confronti dei terzi e in virtù del collegamento che lega i due negozi, alla contestuale elezione di domicilio (Cass. S.U. n. 458/00; v. anche Cass. n. 7916/04).

13. – L’accoglimento del suddetto motivo, imponendo la cassazione con rinvio della sentenza impugnata per ragioni di puro rito, assorbe l’esame dei restanti motivi del ricorso principale e del ricorso incidentale.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi, accoglie il secondo motivo del ricorso principale, rigettato il primo ed assorbiti gli altri motivi, nonchè assorbito il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte d’appello di Catania, che provvedere anche sulle spese del giudizio di cassazione.

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