Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 07-06-2011) 30-09-2011, n. 35650 Esecuzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 1 settembre 2009 il Tribunale di Roma ha rigettato l’opposizione, così qualificato da questa Corte, con sentenza del 10 novembre 2009, il ricorso proposto il 9 giugno 2009 nell’interesse di C.A., avverso l’ordinanza n. 12/2008, emessa dal Tribunale di Roma in data 8 maggio 2009.

Con detta ordinanza era stata dichiarata inammissibile l’istanza del medesimo C. del 21 ottobre 2008, volta a ottenere la revoca del provvedimento di confisca del terreno sito nel Comune di Castel Gandolfo, Via dei Pescatori, esteso are 31,90, con sovrastante fabbricato di tre piani.

1.1. Il Tribunale premetteva che:

– con ordinanza n. 8/2006 del 12 giugno 2007, esso Tribunale, riqualificato come opposizione il ricorso proposto da M.P. per la revoca della confisca e la restituzione dell’immobile sequestrato, riconosciuta la legittimazione ad agire di C. A., dopo il decesso della M., e richiamato, come premessa giuridica, il concetto di "appartenenza" di cui alla L. n. 575 del 1965, art. 2-ter, comma 5, aveva rilevato che l’opposizione era infondata perchè la pretesa del C., erede della M., di avere il possesso dell’immobile confiscato, qualificando tale possesso in modo giuridicamente diverso nel tempo e facendo da un lato valere il contratto preliminare del 16 giugno 1975 e dall’altro l’usucapione ventennale maturata, si scontrava con il fatto che il possesso si era comunque interrotto il 28 luglio 1981, quando l’immobile era stato acquistato dalla società Videovar, e con il fatto che l’amministratore giudiziario aveva riferito, nel procedimento di esecuzione, in merito al contratto di locazione stipulato, con riferimento all’Immobile confiscato, il 18 aprile 1996 con il C. (figlio della M.);

– il 2 aprile 2008 questa Corte aveva dichiarato inammissibile il ricorso proposto nell’interesse del C. avverso la predetta ordinanza;

– con ricorso del 9 giugno 2009 il C. aveva rappresentato che con l’istanza del 21 ottobre 2008, in sede d’incidente di esecuzione, erano stati indicati nuovi presupposti di fatto, diversi da quelli presi in esame con l’ordinanza n. 8/2006 del 12 giugno 2007, e costituiti dalle sommarie informazioni di persona informata dei fatti ex art. 391-bis cod. proc. pen. di M.I. e di A. A., e da ulteriore documentazione, rappresentanti elementi ineludibili in ordine alla sussistenza della buona fede, necessaria per la realizzazione dell’usucapione.

1.2. Tanto premesso, il Tribunale, argomentava la decisione rilevando che:

– l’ordinanza del 12 giugno 2007, che aveva rigettato la richiesta di revoca della confisca e di restituzione dell’immobile, già avanzata da M.P., poi da C.A., e che era stata richiamata dal C. per sostenere di avere indicato nella istanza del 21 ottobre 2008 "nuovi presupposti di fatto", era divenuta irrevocabile il 2 aprile 2008;

– nel ricorso presentato il 9 giugno 2009, qualificato opposizione da questa Corte, non vi erano elementi nuovi e diversi da quelli già analizzati dal medesimo Tribunale;

– con il provvedimento opposto il Tribunale si era autonomamente pronunciato e aveva valutato la portata giuridica degli indicati elementi nuovi e diversi;

– era da confermare che alcuni di tali elementi erano già conosciuti dal ricorrente (in particolare quelli indicati ai n. 3, 4, 5, 6 e 7) e gli altri (n. 1 e 2) nulla aggiungevano alla ricostruzione storica del bene, già fatta nel precedente provvedimento del 12 giugno 2007, che aveva trattato anche le questioni giuridiche, nè sminuivano la fondatezza dell’operata ricostruzione della successione cronologica tra confisca e contratto preliminare, comunque non costitutivo di diritto reale, e della esistenza del contratto di locazione del 18 aprile 1996 per lo stesso bene, dimostrativo dell’ "assenza di continuità in una situazione di fatto che poteva legittimare l’acquisto a titolo di usucapione". 2. Avverso la detta decisione ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo del difensore di fiducia, C.A., che ne ha chiesto l’annullamento, denunciando con unico motivo inosservanza o erronea applicazione di norme processuali stabilite a pena di nullità, inammissibilità o decadenza, ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c), e inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b).

Il ricorrente, in particolare, ha dedotto di avere indicato con l’istanza di incidente di esecuzione nuovi presupposti di fatto diversi da quelli presi in esame dal Tribunale con l’ordinanza n. 8/2006 del 12 giugno 2007, avendo allegato le sommarie informazioni di persona informata dei fatti ex art. 391-bis cod. proc. pen. di M.I. e di A.A. e ulteriore documentazione, rappresentanti elementi ineludibili in ordine alla sussistenza della buona fede, necessaria per la realizzazione dell’usucapione, contestata dall’Agenzia del demanio con nota 11 dicembre 2008. 2.1. Ad avviso del ricorrente, il Tribunale ha erroneamente escluso l’Intervenuto acquisto del bene da parte della famiglia C. il 26 giugno 1995 per usucapione ventennale, avuto riguardo all’avvenuta immissione nel possesso dello stesso bene a seguito della stipula del contratto del 26 giugno 1975, che aveva costituito una vera e propria compravendita, essendovi scritto che N.E. "vende e trasferisce" ai C. – M. che "accettano e acquistano", e alla possibilità per il terzo, che si oppone alla confisca del bene asserendo di averlo acquistato per usucapione, di dare tale prova con ogni mezzo.

Tale possesso ventennale ininterrotto era confermato, secondo il ricorrente, da nuovi e ineludibili elementi di prova costituiti da specifiche circostanze di fatto (occupazione e possesso dell’immobile da parte della famiglia C. in occasione del primo accesso del 5 dicembre 1995 dell’amministratore giudiziario per l’esecuzione della misura patrimoniale; attivazione dell’utenza elettrica da parte di C.M. il 30 maggio 1975; intervenuta denuncia di M. P. il 27 novembre 1975 per ampliamento di un garage di "sua proprietà"; dissequestro del 9 ottobre 1990 del cantiere edile sito in Via dei Pescatori di "proprietà" di C.M.; verbale del 20 giugno 1993 a carico del medesimo C. per inottemperanza a quanto disposto con ordinanza 38/93) e, soprattutto, dalle dichiarazioni rese da M.I. (che aveva assistito alla stipula del contratto del 1975 e alle modalità del pagamento del prezzo e aveva riferito in merito al possesso continuato del bene a titolo di proprietà da parte della sorella e della sua famiglia) e da A.A. (che, tabaccaio a poca distanza dall’immobile, aveva riferito in merito al continuato e ininterrotto possesso dell’immobile dal 1975 da parte della famiglia C.).

2.2. Il ricorrente ha anche dedotto che non potevano assumere efficacia interruttiva di tale provato possesso continuato per oltre venti anni nè la vendita formale del bene in favore della Videovar S.r.l. del 28 luglio 1981, attuata dal proprietario e non incidente sulla situazione possessoria, perchè non diretta contro il possessore; nè il provvedimento di sequestro, potendo derivare l’Interruzione del possesso solo da situazioni di fatto che ne impedissero l’esercizio e non da vicende giudiziali tra l’intestatario della titolarità del bene e terzi non incidenti sulla continuità del possesso; nè la sottoscrizione da parte di esso ricorrente del contratto di locazione con l’amministratore giudiziario il 18 aprile 1996, essendosi egli determinato a corrispondere una indennità mensile solo per evitare lo sgombero forzato dell’immobile, pur non riconoscendo l’obbligo dell’affitto.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è manifestamente infondato.

2. Questa Corte ha più volte affermato che il provvedimento di confisca deliberato ai sensi della L. 31 maggio 1965, n. 575, art. 2- ter, comma 3, è suscettibile di revoca ex tunc a norma della L. 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 7, comma 2, su iniziativa di chi ha partecipato al procedimento di prevenzione o sia stato in condizione di prendervi parte, potendo, invece, chi non sia stato chiamato a prendervi parte, e comunque non vi abbia preso parte, far valere l’inefficacia della confisca nei suoi confronti mediante l’incidente di esecuzione. La detta revoca suppone che sia accertato, sulla base di elementi nuovi sopravvenuti, che il provvedimento di confisca, divenuto definitivo, sia affetto da invalidità genetica e debba, conseguentemente, essere rimosso per rendere effettivo il diritto, costituzionalmente garantito, alla riparazione dell’errore giudiziario (Sez. U, n. 57 del 19/12/2006, dep. 08/01/2007, Auddino, Rv. 234956).

L’irreversibilità dell’ablazione, pertanto, non impedisce di accertare l’originarla insussistenza dei presupposti che l’hanno determinata e di procedere, ricorrendo te altre condizioni, alla restituzione del bene confiscato all’avente diritto o a forme comunque riparazione della perdita patrimoniale dallo stesso ingiustificatamente subita.

2.1. Muovendosi la revoca della confisca definitiva di prevenzione nello stesso ambito della revisione del giudicato penale di condanna, questa Corte ha anche sottolineato che, con l’istanza di revoca, non possono rimettersi in discussione atti o elementi già considerati nel procedimento di prevenzione, o in esso deducibili, e che per prove nuove devono intendersi, ai sensi dell’art. 630 c.p.p., comma 1, lett. c), non solo le prove sopravvenute alla sentenza definitiva di condanna e quelle scoperte successivamente, ma anche quelle non acquisite nel precedente giudizio ovvero acquisite, ma non valutate neppure implicitamente, purchè non si tratti di prove dichiarate inammissibili o ritenute superflue dal giudice, e indipendentemente dalla circostanza che l’omessa conoscenza da parte di quest’ultimo sia imputabile a comportamento processuale negligente o addirittura doloso del condannato, rilevante solo ai fini del diritto alla riparazione dell’errore giudiziario.

In particolare, non costituisce prova nuova una diversa valutazione tecnico-scientifica di dati già valutati, che si tradurrebbe in una mera modalità ricostruttiva e in un apprezzamento critico di emergenze oggettive già conosciute e delibate nel procedimento, in violazione del principio della improponibllità nel giudizio di revisione di ulteriori prospettazioni di situazioni già note e contestate (Sez. 1, n. 36224 del 22/09/2010, dep. 11/10/2010, Fama e altro, Rv. 248296; Sez. 2, n. 25577 del 14/05/2009, dep. 18/06/2009, Lo lacono, Rv. 244152; Sez. 1, n. 21639 del 14/05/2008, dep. 28/05/2008, Provenzano, Rv. 240094; Sez. 6, n. 46449 del 17/09/2004, dep. 30/11/2004, Cerchia e altro, Rv. 230646; Sez. U, n. 624 del 26/09/2001, dep. 09/01/2002, P.G. e p.c. in proc. Pisano, Rv. 220443;

Sez. 2, n. 5494 del 12/12/1994, dep. 12/04/1995, Muffari, Rv. 201111;

Sez. 3, n. 1875 del 14/09/1993, dep. 15/10/1993, Russo, Rv. 196273).

2.2. In questo contesto, gli elementi da dedurre a fondamento della richiesta di revoca devono essere diretti a dimostrare l’insussistenza di uno o più dei presupposti del provvedimento reale e pertanto, in primo luogo, la pericolosità del proposto, ma anche, unitamente o separatamente, la disponibilità diretta o indiretta del bene in capo al proposto medesimo, il valore sproporzionato della cosa al reddito dichiarato o all’attività economica svolta, il frutto di attività illecite o il reimpiego di profitti illeciti.

Si è anche affermato che in tema di revisione, con riguardo alla specifica previsione di cui all’art. 630 c.p.p., lett. c), quando le nuove prove offerte dal condannato abbiano natura speculare e contraria rispetto a quelle già acquisite e consacrate nel giudicato penale, il giudice della revisione può e deve saggiare mediante comparazione la resistenza di queste ultime rispetto alle prime, giacchè, altrimenti, il giudizio di revisione si trasformerebbe indebitamente in un semplice e automatico azzeramento, per effetto delle nuove prove, di quelle a suo tempo poste a base della pronuncia di condanna (Sez. 6, n. 14591 del 21/02/2007, dep. 11/04/2007, Pecoraro e altro, Rv. 236153; Sez. 4, n. 24291 del 07/04/2005, dep. 28/06/2005, P.G. in proc. Alise e altro, Rv. 231734; Sez. 1, n. 6337 del 12/11/1997, dep. 02/12/1997, Grgic, Rv. 208943).

3. Il provvedimento impugnato appare conforme ai detti principi giuridici, poichè, correttamente interpretando le norme e puntualmente richiamando le circostanze di fatto, ha evidenziato, con appropriato iter logico-argomentativo, che l’opposizione proposta dal ricorrente C., tale qualificato da questa Corte il ricorso per cassazione del 9 giugno 2009, avverso l’ordinanza n. 12/2008 del Tribunale di Roma dell’8 maggio 2009, non ha offerto elementi nuovi e diversi rispetto a quelli già analizzati con l’ordinanza n. 8/2006 dello stesso Tribunale del 12 giugno 2007, che aveva respinto la richiesta di revoca della confisca, disposta nel procedimento di prevenzione nei confronti di N.E. con riguardo all’appezzamento di terreno con sovrastante fabbricato sito in Castel Gandolfo, avanzata da M.P., e, dopo la sua morte, dal figlio C.A., e che era divenuta irrevocabile a seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso della difesa da parte di questa Corte con sentenza del 2 aprile 2008.

Le vantazioni del Tribunale hanno riguardato gli "elementi nuovi e diversi" indicati nel ricorso, che sono stati sottoposti alla verifica del loro contenuto di "novità" e al vaglio di rilevanza rispetto alla ricostruzione storica operata con l’ordinanza n. 8/2006, In coordinamento con gli elementi già acquisiti.

Tali valutazioni che, esaminando nel merito le circostanze di fatto dedotte, hanno, in particolare, escluso la novità degli elementi indicati nel ricorso introduttivo ai n. 3 (certificazione ENEL del 16 settembre 2008, relativa alla data di attivazione della fornitura di energia elettrica), 4, 5, 6 (verbale della Polizia Municipale di Castel Gandolfo rispettivamente del 27 novembre 1975, del 9 ottobre 1990 e del 20 giugno 1993) e 7 (domanda di condono edilizio del 28 febbraio 1995), perchè "già conosciuti al ricorrente", e la rilevanza al fine della ricostruzione storica del bene degli elementi indicati ai n. 1 e 2 (sommarie informazioni rese da M.I. e A.A., quali persone informate dei fatti, il 17 ottobre 2008), sono correlate alla complessiva e coerente disamina, priva di contraddittorietà e illogicità, delle deduzioni difensive che, anche nel ricorso per cassazione, hanno insistito sulla idoneità, genericamente dedotta e non altrimenti argomentata, degli elementi acquisiti per la prova della buona fede necessaria ai fini dell’usucapione.

Si è, infatti, evidenziato che non solo la successione cronologica tra confisca e contratto preliminare, ma anche il carattere del contratto preliminare, non costitutivo di diritto reale, e l’esistenza del contratto di locazione per lo stesso immobile dimostrano la fondatezza della ricostruzione della vicenda già operata, non sminuita dagli ulteriori elementi evidenziati.

4. A fronte di detto articolato iter motivo, coerente con gli elementi fattuali analizzati, il ricorrente oppone doglianze, che, prospettate come deduzioni dimostrative della illegittimità del provvedimento, sono censure inammissibili in questa sede.

Si tratta, infatti, di doglianze precluse dalla definitività della confisca di prevenzione e della richiesta di revoca della medesima, nella patte in cui il ricorrente reitera l’assunto acquisito per usucapione ventennale del bene immobile e l’insussistenza di ragioni interruttive del possesso ad usucapionem.

Le deduzioni sono del tutto generiche nella parte in cui ripropongono il carattere innovativo degli elementi di fatto, già dedotto con l’incidente di esecuzione, senza alcuna correlazione con la pronuncia del Tribunale, che in merito al dedotto carattere si è coerentemente espresso, e mirano ad accreditare, esprimendo un dissenso di merito incoerente con gli stessi elementi fattuali dedotti, una rilettura e rinnovata analisi valutativa complessiva della vicenda, estranea al tema d’indagine proponibile come oggetto di censura di legittimità. 5. Il ricorso deve essere pertanto, dichiarato inammissibile.

Consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – valutato il contenuto dei motivi di ricorso e in difetto della ipotesi di esclusione di colpa nella proposizione della impugnazione – al versamento, in favore della Cassa delle ammende della somma, che si determina, nella misura congrua ed equa, di Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000 (mille) alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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