Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 07-06-2011) 30-09-2011, n. 35649

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 7 giugno 2010 il Tribunale di Milano, decidendo quale giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta avanzata nell’interesse di T.D., volta a ottenere la formazione di un cumulo complessivo delle condanne allo stesso inflitte con applicazione al cumulo in esecuzione del criterio moderatore di cui all’art. 73 cod. pen., e ha applicato il beneficio dell’indulto, dichiarando, per l’effetto, estinta la pena di Euro quattrocento di multa, inflitta al medesimo con sentenza del Tribunale di Milano del 22 ottobre 2008, irrevocabile il 12 novembre 2008, e assorbita nel provvedimento di esecuzione delle pene concorrenti n. 5/09 SIEP della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano del 19 marzo 2009. 1.1. Il Tribunale argomentava la decisione osservando che:

– secondo i principi di diritto fissati da questa Corte in materia di scomputo dei periodi di carcerazione sofferti in tempi diversi per reati commessi in tempi diversi, non può disporsi un cumulo unitario e globale soggetto ai limiti di cui all’art. 78 cod. pen., ma deve procedersi a cumuli parziali per evitare che periodi di carcerazione sofferti prima all’inizio della esecuzione di uno di essi possano essere imputati a pene relative a reati commessi successivamente, violando il disposto dell’art. 657 c.p.p., comma 4;

– nella specie:

– la Corte d’appello di Venezia, con provvedimento di esecuzione di pene concorrenti del 24 settembre 1993, aveva cumulato le sentenze di cui ai n. 4, 5, 6, 7, 8 e il del certificato penale, con rideterminazione della pena in sette anni, un mese e ventiquattro giorni di reclusione e lire 32.080.000 di multa;

– la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Novara, con provvedimento di esecuzione di pene concorrenti del 5 luglio 1995, aveva cumulato alle sentenze di cui al precedente cumulo la sentenza indicata al n. 13 del certificato penale, con rideterminazione della pena in undici anni, tre mesi e ventiquattro giorni di reclusione e lire 34.480.000 di multa;

– il Tribunale di Novara, con ordinanza del 5 ottobre 1995, aveva unificato per continuazione i reati giudicati con le sentenze indicate ai n. 11 e 13 del certificato penale e rideterminato la pena residua in otto anni, un mese e ventiquattro giorni di reclusione e lire 32.780.000 di multa, con inizio e scadenza pena, rispettivamente, il 2 aprile 1992 e il 2 settembre 1998;

– con ordinanza del 16 luglio 1996 il Magistrato di sorveglianza di Novara aveva convertito la pena pecuniaria di lire 32.780.000 in un anno di libertà controllata;

– con ordinanza del 2 dicembre 1998 il Tribunale di sorveglianza di Torino aveva revocato la residua parte di duecentodiciotto giorni di libertà controllata, a causa delle incorse violazioni da parte del condannato, e l’aveva convertita in uguale periodo di reclusione;

– dopo detta ultima ordinanza il T. aveva commesso ulteriori reati, di cui alle sentenze irrevocabili di condanna indicate ai n. 17, 18 e 19 del certificato penale;

– la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Novara, con provvedimento di esecuzione di pene concorrenti del 13 settembre 2006, aveva cumulato le sentenze di cui ai n. 17, 18 e 19 del certificato penale al resìduo di pena detentiva derivante dalla disposta revoca della libertà controllata, ritenuta, pur riferendosi a parte di pena del precedente cumulo, pena da espiare dopo l’interruzione della esecuzione della pena per scarcerazione per fine pena il 2 settembre 1998, con rideterminazione della pena per detti titoli (detratto il condono nella misura di tre anni ed Euro 5.250 di multa) in diciannove anni, cinque mesi e otto giorni di reclusione con inizio pena al 27 febbraio 2002;

– la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano, infine, con provvedimento di esecuzione di pene concorrenti del 19 marzo 2009, aveva rideterminato la pena residua espianda, tenuto conto anche della nuova condanna per fatto commesso il 6 agosto 2008, inflitta con sentenza del Tribunale di Milano del 22 ottobre 2008, irrevocabile il 12 novembre 2008, in diciannove anni, nove mesi e otto giorni di reclusione ed Euro 400 di multa, con inizio pena il 27 febbraio 2002 e fine pena il 30 aprile 2020. 1.2. Secondo il Tribunale, non poteva essere accolta la tesi difensiva secondo la quale doveva essere fatto un cumulo generale tra tutte le condanne inflitte al T., e di cui alla carcerazione sofferta fino al 6 marzo 1998 (come da certificato del D.A.P.) e a quella successiva iniziata il 27 febbraio 2002, considerando i duecentodiciotto giorni di reclusione, da espiare dopo la revoca della libertà controllata derivante dalla conversione della multa, come residuo della pena concorrente con quella dei cumuli successivi, computando la pena già espiata come presofferto nel nuovo cumulo, e applicando dopo il cumulo materiale delle pene (pari nel totale generale a trentanove anni, nove mesi e otto giorni), dedotto il condono per complessivi quattro anni di reclusione, il criterio moderatore dell’art. 78 cod. pen. con effettiva riduzione della pena pari a cinque anni, nove mesi e otto giorni di reclusione.

Tale tesi poteva essere condivisa solo se le pene fossero state inflitte per reati commessi prima dell’inizio della detenzione, secondo i principi di diritto fissati da questa Corte e richiamati in ordinanza, dovendo invece procedersi, per periodi di carcerazione sofferti in tempi diversi per reati commessi in tempi diversi, come nella specie, a cumuli parziali, un cumulo per le pene inflitte per i reati commessi fino alla data del reato cui si riferiva la pena parzialmente espiata; un cumulo successivo comprensivo della pena residua e delle pene inflitte per i reati commessi successivamente, fino alla data della successiva detenzione; eventuali cumuli successivi, se necessario, con applicazione del criterio moderatore dell’art. 78 cod. pen. e detrazione del presofferto dal risultato, nell’ambito e nei limiti di ciascuna operazione di cumulo, e non solo dall’ultimo cumulo in esecuzione.

1.3. Il reato per il quale il T. era stato condannato con sentenza del 22 ottobre 2008 del Tribunale di Milano, irrevocabile il 12 novembre 2008, era stato commesso prima del 2 maggio 2006 e non rientrava tra i reati esclusi dall’applicazione del condono di cui alla L. n. 241 del 2006, con conseguente fondatezza della richiesta presentata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano in ordine alla declaratoria di estinzione della pena nella misura di Euro 400 di multa.

2. Con ordinanza del 9 settembre 2010 il Tribunale di Milano ha revocato la suddetta ordinanza nella parte relativa all’applicazione del beneficio dell’indulto, già applicato, con riferimento alla medesima sentenza, con provvedimento dell’8 luglio 2009. 3. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo del suo difensore, T.D., che ne chiede l’annullamento nella parte in cui è stata rigettata l’istanza avanzata ai sensi dell’art. 78 cod. pen..

Con unico motivo il ricorrente, in particolare, denuncia violazione degli artt. 78, 73 e 80 cod. pen. e vizio di motivazione, in relazione all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), rilevando che la corretta interpretazione di dette norme avrebbe dovuto portare alla determinazione di una pena unica, cumulando le pene già espiate con quelle da scontare, detraendo dal cumulo materiale di trentanove anni, nove mesi e otto giorni il condono di quattro anni di reclusione e la pena eccedente i trenta anni di reclusione, indicati, come limite massimo, dall’art. 78 cod. pen..

Secondo il ricorrente, il Tribunale ha errato nell’affermare che si devono formare cumuli parziali quando il condannato commette un nuovo reato durante l’espiazione della pena o dopo l’interruzione della sua esecuzione, perchè il principio della unicità della pena di cui all’art. 78 cod. pen. "è pertinente" anche all’art. 80 cod. pen., che non si riferisce a cumuli parziali, ma indica una pena unica nel caso del concorso di pene inflitte con sentenze diverse e al di fuori del concorso di reati, e quindi quando si devono eseguire più sentenze di condanna o si deve giudicare la stessa persona per altro reato commesso anteriormente o posteriormente.

Nè, ad avviso della difesa, il ricorrente, che aveva espiato in modo integrale la pena della reclusione di diciannove anni, nove mesi e otto giorni, inferiore al limite dei trenta anni, e aveva poi commesso tre reati con pena complessiva di ventidue anni, cinque mesi e otto giorni, poteva trarre alcun incoraggiamento alla reiterazione dei reati con la nuova detenzione iniziata il 27 febbraio 2002.

Il Tribunale, che, procedendo a cumuli parziali, è incorso anche in vizio di motivazione, non ha neppure considerato che la pena pecuniaria di lire 32.780.000, convertita in libertà controllata e poi in duecentodiciotto giorni di reclusione, era concorrente con le pene della prima carcerazione scaduta il 6 marzo 1998 e della seconda carcerazione iniziata il 27 febbraio 2002, dovendo considerarsi, fino all’espiazione totale, pena concorrente, con conseguente necessità di trarre dall’unico cumulo materiale il cumulo giuridico nei limiti di cui all’art. 78 cod. pen..

4. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato requisitoria scritta, chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso, avuto riguardo alla necessità di procedere a cumuli parziali per avere il ricorrente subito due periodi di espiazione pena, commettendo ulteriori reati nel periodo compreso tra la fine della prima carcerazione (6 marzo 1998) e l’inizio della seconda (27 febbraio 2002).

Motivi della decisione

1. Il ricorso è manifestamente infondato.

2. Questa Corte ha costantemente affermato che, in tema di esecuzione delle pene concorrenti inflitte con condanne diverse, qualora, durante l’espiazione di una determinata pena o dopo che l’esecuzione di quest’ultima sia stata interrotta, il condannato commetta un nuovo reato, non è possibile procedere a un unico cumulo delle pene concorrenti.

Occorre, invece, procedere a cumuli parziali, e quindi al cumulo delle pene inflitte per i reati commessi sino alla data del reato cui si riferisce la pena parzialmente espiata, con applicazione del criterio moderatore dell’art. 78 cod. pen. e detrazione dal risultato del presofferto; poi a nuovo cumulo, comprensivo della pena residua da espiare e delle pene inflitte per i reati successivamente commessi, sino alla data della successiva detenzione, e così via fino all’esaurimento delle pene concorrenti irrogate per reati successivamente commessi, previa detrazione, per ciascuna condanna, della pena già spiata in custodia cautelare o della pena di cui è cessata l’esecuzione (tra le altre, Sez. 1, n. 4940 del 12/10/1998, dep. 18/11/1998, Monopoli, Rv. 211803; Sez. 1, n. 5313 del 27/09/2000, dep. 19/12/2000, Pino G., Rv. 217602; Sez. 1, n. 19540 del 02/03/2004, dep. 27/04/2004, Colafigli, Rv. 227974; Sez. 5, n. 39946 del 11/06/2004, dep. 13/10/2004, Serio, Rv. 230135; Sez. 1, n. 34348 del 11/05/2005, dep. 26/09/2005, Morabito, Rv. 232277; Sez. 1, n. 5775 del 02/12/2008, dep. 11/12/2008, Calogero, Rv. 242574).

Consegue a tali rilievi che il criterio moderatore della pena, previsto dall’art. 78 cod. pen., non opera nel caso, disciplinato dal successivo art. 80, di concorso di pene inflitte con sentenze o decreti diversi, se diversi sono anche i tempi di commissione dei reati e delle custodie cautelari, e, imponendosi in tal caso la formazione di cumuli differenti, il predetto criterio è applicabile, nell’ambito di ciascuna operazione di cumulo parziale, solo nel caso in cui la pena derivante dal cumulo parziale sia superiore ai limiti di pena fissati nella norma predetta.

3. Di tali principi di diritto, che il Collegio condivide e riafferma, il Tribunale ha fatto esatta interpretazione e corretta applicazione.

3.1. Correttamente, invero, il Tribunale ha rilevato che era necessaria nella specie la formazione di cumuli parziali di pene, poichè il ricorrente, dopo aver subito una prima carcerazione per espiazione pena dal 2 aprile 1992 al 6 marzo 1998 con riferimento ai reati commessi prima dell’inizio di detto periodo, ha iniziato un secondo periodo di carcerazione per espiazione pena, con decorrenza dal 27 febbraio 2002, per i reati commessi e giudicati dopo la prima carcerazione.

Coerentemente con i dati fattuali risultanti dai provvedimenti giudiziari specificatamente richiamati e con i principi di diritto predetti, il primo cumulo ha riguardato le condanne relative ai reati, ordinati cronologicamente secondo la data di commissione antecedente al periodo di detenzione preso in considerazione, tenuto conto delle intervenute cause estintive parziali e del presofferto in custodia cautelare; il secondo cumulo, scisso nei suoi elementi, ha riguardato il residuo periodo di pena detentiva da espiare, determinato in duecentodiciotto giorni di reclusione a seguito della revoca della libertà controllata, derivante dalla disposta conversione della multa di L. 32.780.000 (rientrante nel precedente cumulo e non pagata) con ordinanza del 2 dicembre 1998 successiva alla cessazione, per intervenuta scarcerazione in data 6 marzo 1998, della detenzione relativa al primo cumulo, e le pene inflitte per i reati commessi dopo la detta data, detratti il condono e il presofferto in custodia cautelare.

3.2. La deduzione del ricorrente che il cumulo materiale delle diverse pene inflitte non viola "il principio secondo cui la pena non può precedere il reato e Incoraggiarne la reiterazione", per avere egli scontato tutte le pene inflitte prima dell’ultima carcerazione, ad eccezione della multa poi convertita, per non avere egli tratto con la nuova detenzione alcun incoraggiamento alla reiterazione, e per l’omessa previsione codicistica dei cumuli parziali, omette di considerare che la formazione dei cumuli parziali e l’antecedenza del reato alla pena sono imposte dagli artt. 657 e 663 cod. proc. pen..

A norma dell’art. 657 c.p.p., comma 4, ai fini della determinazione della pena detentiva da eseguire, "sono computate solo la custodia cautelare subita o le pene espiate dopo la commissione del reato per il quale deve essere determinata la pena da eseguire", in coerenza con la fondamentale esigenza logica, interna all’ordinamento giuridico, che la pena non può precedere il reato e incoraggiarne, anzichè frenare, la reiterazione.

L’att. 663 cod. proc. pen. prevede il dovere del pubblico ministero (esteso al giudice dell’esecuzione quando le questioni connesse al cumulo siano sollevate nel procedimento previsto dall’art. 666 cod. proc. pen.) di unificare le pene concorrenti, per tali intendendosi quelle che, sebbene inflitte in sede di cognizione per reati diversi, sono riferibili in sede esecutiva a tutti i predetti reati per il fatto che, e nella parte in cui, non risultano ancora espiate alla data di commissione dell’ultimo di essi (Sez. 1, n. 2750 del 10/06/1992, dep. 21/07/1992, Poterti, Rv. 191382; Sez. 1, n. 3756 del 30/09/1993, dep. 02/11/1993 Cozzani, Rv. 195441; Sez. 1, n. 26270 del 23/04/2004, dep. 10/06/2004, Di Bella, Rv. 228138).

Per l’effetto, un periodo di carcerazione non può essere imputato a un cumulo che comprenda pene inflitte per reati commessi successivamente alla carcerazione, comportando un cumulo globale delle pene una generalizzata fungibilità della carcerazione precedentemente subita, sia come custodia cautelare ( art. 657 c.p.p., comma 1), sia come pena espiata per un reato diverso ( art. 657 c.p.p., comma 2), e una pena detentiva da espiare per altro titolo, In contrasto con il principio che la limita alla posteriorità della carcerazione rispetto alla data del reato.

3.3. Contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, pertanto e conclusivamente, il calcolo unitario delle pene concorrenti ne suppone l’integrale cumulabilità che è possibile, e non è questo il caso di specie, solo quando le pene si riferiscono tutte a reati commessi in epoca antecedente all’inizio della esecuzione di una di esse.

Nè la pena di duecentodiciotto giorni derivante dalla originaria conversione della pena pecuniaria può considerarsi, in quanto non eseguita, come residuo della pena concorrente sia con le pene della prima carcerazione che con quelle della seconda, poichè è un residuo di pena detentiva da espiare da parte del ricorrente dopo la scarcerazione, alla pari delle pene inflitte per le nuove condanne per reati commessi successivamente a tale periodo durante il tempo in cui il medesimo ricorrente è rimasto in libertà, con l’integrazione in concreto della situazione che secondo la costante giurisprudenza di questa Corte impone appunto la formazione di cumuli parziali.

3.4. Nel provvedimento impugnato non sono neppure ravvisabili illogicità o contraddittorietà della motivazione dalle quali possa arguirsi l’erroneo ricorso a cumuli parziali, dovendo considerarsi che in questa sede di legittimità l’esame del merito è precluso, non è stata dedotta dal ricorrente nessuna specifica doglianza in relazione sia alla data di commissione del reati di cui alle sentenze sia in ordine alla corretta applicazione, nel caso di specie, del criterio di cui all’art. 657 c.p.p., comma 4, e, in ogni caso, ogni questione attinente la determinazione del residuo di pena espiando deve essere delibata dal giudice dell’esecuzione, che ha dato conto delle ragioni della decisione con motivazione esaustiva e ragionevole, comunque esente da vizi logici o contraddizioni.

4. Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile.

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè – valutato il contenuto del ricorso e in difetto dell’ipotesi di esclusione di colpa nella proposizione dell’impugnazione – al versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma che si determina nella misura ritenuta congrua di Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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