Cass. civ. Sez. II, Sent., 21-02-2012, n. 2473 Successione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

D.E. e C.M., nel (OMISSIS) il nipote G.G.P., proclamandosi loro erede universale, agiva contro C.I.G., chiedendo che, previo rendiconto, costui restituisse le somme di danaro e i titoli di proprietà dei defunti che il convenuto ancora deteneva, essendo stato amministratore dei loro beni, anche durante lo stato di interdizione di E.. Il convenuto resisteva, deducendo tra l’altro che parte dei beni erano cointestati.

Il tribunale di Alessandria riteneva il convenuto C. debitore di circa Euro 6.674,83 – nonchè dei buoni postali fruttiferi di cui alla lettera 21 marzo 1991.

La Corte di Torino il 17 novembre 2005 si pronunciava, previa perizia contabile, sui contrapposti appelli.

Condannava C.I.G. a versare al G., quale saldo della gestione patrimoniale la somma di 5.402,76 Euro, dalla quale dovevasi detrarre l’importo già corrisposto.

Respingeva la richiesta del C. di riconoscimento della parziale proprietà dei buoni postali.

C.I. ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 2 gennaio 2007. G.G. ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione

Con il primo motivo C.I. denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2700 c.c..

Sostiene che i giudici di merito hanno erroneamente attribuito valore confessorio ad un atto di ricognizione effettuato da C.I. (la lettera 21 3 1991, accompagnatoria dei buoni postali e del libretto postale consegnati al tutore provvisorio di C.E.).

Afferma che i giudici su questa base non potevano, in presenza di contestazione di valori mobiliari, attribuire la proprietà esclusiva ad un solo soggetto. Invoca a sostegno Cass. 9687/0, a mente della quale "la manifestazione scritta della volontà di uno dei contraenti (la quale concorre alla formazione del negozio con efficacia pari alla volontà dell’altro) non può essere sostituita da una dichiarazione confessoria dell’altra parte, non valendo tale dichiarazione nè quale elemento integrante il contratto nè – quand’anche contenga il preciso riferimento ad un contratto concluso per iscritto – come prova del medesimo". La censura è priva di fondamento.

Come ha rilevato anche il controricorso, l’insegnamento cui si aggrappa il ricorso non si attaglia al caso di specie, poichè si riferisce ai contratti aventi ad oggetto il trasferimento della proprietà immobiliare, per i quali è richiesta la forma scritta "ad substantiam".

La Corte di appello non è incorsa quindi in alcuna violazione delle norme indicate allorquando, sulla scorta del documento de quo, ha attribuito l’appartenenza dei beni contesi.

Il secondo motivo, sempre afferente ai buoni postali fruttiferi, lamenta insufficiente e contraddittoria motivazione; vi si sostiene che sarebbe stato omesso il conteggio degli importi già restituiti al tutore provvisorio, concludendo erroneamente per l’esistenza di una "posizione di debito a carico del ricorrente".

La doglianza è infondata.

La sentenza impugnata, al punto a), che si sviluppa a pag. 6 e 7, ha svolto una puntuale ricostruzione delle somme oggetto di conteggio.

La censura afferma che il conteggio di quanto restituito sarebbe stato parziale, con un errore di circa 24 milioni di lire. Trattasi di critica apoditticamente portata alla sentenza, giacchè non indica, nè riporta integralmente e testualmente, come richiesto dal principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, le risultanze decisive dalle quali dovrebbe emergere l’errore nella ricostruzione contabile.

Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso e la condanna alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna parte ricorrente alla refusione a controparte delle spese di lite liquidate in Euro 2.000 per onorari, 200 per esborsi, oltre accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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