Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 20-04-2011) 30-09-2011, n. 35645

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- Con ordinanza 30.11. 2010 il Tribunale di Como in composizione monocratica, in funzione di giudice dell’esecuzione, su richiesta del PM revocava nei confronti di S.J., alias B.R., alias M.M. la sospensione condizionale concessa con la sentenza 15.5.2000 della Corte di appello di Perugia ed applicava al medesimo l’indulto di cui alla L. n. 241 del 2006 nella misura di mesi tre di reclusione ed Euro 1.613,41 sulla pena complessivamente determinata con provvedimento di cumulo emesso il 30.9.2009 dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Como.

2.- Avverso l’ordinanza propone ricorso per cassazione l’interessato personalmente, assumendo che in relazione alla condanna del Tribunale di Perugia ha beneficiato dell’indulto e che il beneficio non può essere revocato perchè ciò costituisce violazione della legge n. 241/2006 che stabilisce che "il beneficio è revocato di diritto se chi ne ha usufruito commette entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un delitto non colposo per il quale riporti condanna a pena detentiva non inferiore ad anni due". 3.- Il Procuratore Generale dott. Tindari Baglione, con atto depositato il 14.1.2011, chiede che il ricorso sia rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Motivi della decisione

4. – Il ricorso è manifestamente infondato.

5.- La doglianza prospettata è sicuramente non pertinente ed avulsa rispetto al contenuto dell’ordinanza gravata posto che questa ha deciso sulla revoca, ai sensi dell’art. 168 c.p., della sospensione condizionale della pena concessa con la sentenza 15.5.2000 della Corte di appello di Perugia, e non sulla revoca dell’indulto applicato alla pena irrogata con la suddetta sentenza. Il motivo, in quanto non ha alcuna specifica attinenza al concreto decisum della ordinanza impugnata, non consente alcun controllo di legittimità e, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.

Il caso del motivo di diritto inconferente, infatti, deve essere assimilato all’ipotesi della mancanza del motivo stesso ai sensi degli artt. 581 e 591 c.p.p. (Cass. S.U. sent.24.6.1998, n. 11493, Rv. 211469; Cass. Sez. 3 sent.5.6.2009, n. 39071, Rv. 244957).

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a favore della cassa delle ammende di sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in Euro mille, ai sensi dell’ art. 616 c.p.p..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 (mille) alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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