T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 26-10-2011, n. 8245 Competenza e giurisdizione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Espone la ricorrente – Dirigente di seconda fascia del ruolo unico dei Dirigenti dell’Amministrazione dello Stato – di essere stata collocata in posizione di comando presso il Comune di Roma a far tempo dall’11 agosto 2003 per ricoprire l’incarico di Direttore dell’Ufficio extradipartimentale della Protezione Civile.
Soggiunge che, a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 14sexies della legge 168/2005 (modificativo dell’art. 23 delD.Lgs. 165/2001) il transito dalla seconda alla prima fascia è stato previsto per i dirigenti che abbiano ricoperto incarichi di direzione di uffici dirigenziali generali od equivalenti per un periodo triennale.
Assume l’interessata di essere in possesso di tale requisito, in ragione dell’adibizione ultratriennale, presso l’Amministrazione comunale della Capitale, di incarico della specie.
A fronte delle istanze volte a sollecitare il transito nella superiore prima fascia dirigenziale, la Presidenza del Consiglio dei Ministri osservava un contegno meramente omissivo.
Con sentenza n. 5468 del 14 giugno 2007, questa Sezione dava atto dell’illegittimità del silenzio come sopra formatosi.
Di seguito, l’Amministrazione adottava la determinazione gravata con la presente impugnativa, nella quale si dà atto dell’inapplicabilità delle disposizioni invocate dalla ricorrente in quanto:
– il conferimento degli incarichi di carattere dirigenziale presso gli Enti locali è disciplinato da altra normativa;
– l’incarico dalla ricorrente rivestito presso il Comune di Roma sfuggirebbe, in ogni caso, ad un giudizio di "equivalenza", in quanto non conferito per la cura di interessi istituzionali dell’Amministrazione di provenienza o per lo svolgimento di funzioni in rappresentanza della stessa.
Questi gli argomenti di censura articolati con il presente mezzo di tutela:
1) Violazione di legge. Violazione e falsa applicazione dell’art. 23 del D.Lgs. 165/2001 e successive modificazioni. Violazione e falsa applicazione dell’art. 97 della Costituzione. Eccesso di potere per carenza dei presupposti, manifesta ingiustizia, difetto di motivazione, difetto di istruttoria, sviamento, travisamento dei fatti e di atti.
Nell’assumere, in primo luogo, la violazione dell’art. 23, comma 1, del D.Lgs. 165/2001 (come modificato dall’art. 14sexies della legge 168/2005), rivendica parte ricorrente il possesso dei requisiti per il transito nella prima fascia dirigenziale; rammentando, ulteriormente, come la stessa Presidenza del Consiglio le abbia riconosciuto il corrispondente trattamento stipendiale.
L’incarico di Direttore dell’Ufficio extradipartimentale della Protezione Civile del Comune di Roma sarebbe, poi, equivalente a quello di Direttore Generale presso il Dipartimento della Protezione Civile, in quanto involgente la direzione di macrostruttura extradipartimentale complessa.
2) Violazione di legge: violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge 241/1990. Violazione e falsa applicazione dell’art. 23 del D.Lgs. 165/2001 sotto ulteriore ed autonomo profilo. Violazione e falsa applicazione dell’art. 27 del D.Lgs. 165/2001. Violazione e falsa applicazione dell’art. 108, lett. c), del D.Lgs. 112/1998. Violazione e falsa applicazione dell’art. 97 della Costituzione. Violazione e falsa applicazione della Circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Funzione Pubblica, prot. n. 44124/99/RUD. Eccesso di potere per erronea, inadeguata e/o insufficiente motivazione, contraddittorietà, sviamento di potere e manifesta ingiustizia, difetto di istruttoria.
Nel contestare la fondatezza dei due motivi – precedentemente indicati – sui quali l’Amministrazione di appartenenza ha fondato il diniego di passaggio alla prima fascia dirigenziale, la ricorrente rileva in primo luogo il carattere asseritamente pretestuoso della diversità di disciplina regolante il conferimento di incarichi dirigenziali presso gli Enti locali: piuttosto assumendo l’esclusiva rilevanza assunta dal disimpegno delle funzioni apicali per il periodo triennale di legge.
Quanto all’escluso carattere di "equivalenza" dell’incarico disimpegnato dall’interessata, quest’ultima osserva che le funzioni di Protezione civile avrebbero connotazione essenzialmente unitaria, anche laddove facenti capo ad un Ente locale ai sensi dell’art. 108, lett. c), del D.Lgs. 112/1998.
Ribadisce, poi, la contraddittorietà del provvedimento ora gravato rispetto alla precedente determinazione con la quale la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha riconosciuto il trattamento economico dirigenziale di prima fascia.
3) Violazione di legge. Violazione e falsa applicazione dell’art. 30 del D.Lgs. 165/2001. Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione. Eccesso di potere per disparità di trattamento, manifesta ingiustizia e sviamento di potere.
La sostanziale equivalenza fra le funzioni dirigenziali espletate presso un’Amministrazione dello Stato ed un’Amministrazione locale sarebbe, ulteriormente, dimostrata dalla previsione di cui all’art. 30 del D.Lgs. 165/2001, che contempla l’ipotesi del passaggio diretto dall’uno all’altro plesso organizzativo.
4) Violazione di legge. Violazione e falsa applicazione dell’art. 10bis della legge 241/1990. Violazione dell’art. 97 della Costituzione. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, manifesta ingiustizia e sviamento di potere.
Da ultimo, eccepisce parte ricorrente la violazione dell’art. 10bis della legge 241/1990, atteso che l’adozione del provvedimento gravato non sarebbe stata preceduta dalla comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza presentata dalla dott.ssa C..
Conclude parte ricorrente insistendo per l’accoglimento del gravame, con conseguente annullamento degli atti oggetto di censura.
Sollecita ulteriormente parte ricorrente il riconoscimento del pregiudizio asseritamente sofferto a seguito dell’esecuzione dell’atto impugnato, con riveniente accertamento del danno e condanna dell’Amministrazione intimata alla liquidazione della somma a tale titolo spettante.
L’Amministrazione intimata, costituitasi in giudizio, ha contestato la fondatezza delle censure dedotte dalla parte ricorrente, conclusivamente insistendo per la reiezione del gravame.
Si è inoltre costituita in giudizio Roma Capitale, nella persona del Sindaco p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Al. Ri. ed elettivamente domiciliata presso l’Avvocatura Capitolina, in Roma, alla via del Tempio di Giove n. 21.
Il ricorso viene ritenuto per la decisione alla pubblica udienza del 12 ottobre 2011.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile per difetto di giurisdizione dell’adito giudice amministrativo.
Come già più volte affermato dalla giurisprudenza, la disciplina in materia di pubblico impiego – che, in attuazione dell’art. 11, comma 4, della legge n. 59/97, ha completato il processo di privatizzazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, attribuendo al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, le controversie di cui all’art. 63, comma 1, del D.Lgs n. 165/2001 (ex 68 del D.Lgs. n. 29/1993, come modificato dalD.Lgs. n. 80/1998), relative a questioni attinenti al rapporto di lavoro successivo al 30 giugno 1998 – esclude in modo espresso dalla cognizione del giudice ordinario le sole controversie che riguardano le residuali categorie ancora in regime di diritto pubblico ex art. 3 del D.Lgs. n. 165/2001, la materia dei concorsi per l’assunzione e l’accesso al pubblico impiego, nonché gli atti di organizzazione generale a monte del contratto collettivo ed individuale di lavoro.
Sono, invece, devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, di cui all’art. 1, comma 2, del menzionato D.Lgs. n. 165/2001 e successive modificazioni, ad eccezione di quelle relative ai rapporti di lavoro di cui al comma 4 (del citato art. 63), incluse le controversie concernenti l’assunzione al lavoro, il conferimento e la revoca di incarichi dirigenziali, nonché quelle concernenti le indennità di fine rapporto, comunque denominate e corrisposte, ancorché vengano in questione atti amministrativi presupposti.
A sua volta, il richiamato comma 4 stabilisce che restano devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti della Pubblica Amministrazione, nonché, in sede di giurisdizione esclusiva, le controversie relative ai rapporti di lavoro di cui all’art. 3, comprese quelle attinenti ai diritti patrimoniali connessi.
Da quanto sopra discende è riservata alla giurisdizione amministrativa la cognizione sui principi generali fissati da disposizioni di legge e sulla base dei medesimi, mediante atti organizzativi, secondo i rispettivi ordinamenti, le linee fondamentali di organizzazione degli uffici, i modi di conferimento della titolarità dei medesimi, le relative dotazioni organiche e quant’altro sia espressione di potestà autoritativa nell’esercizio di pubbliche funzioni ovvero nell’organizzazione generale del lavoro, non inerenti all’attività paritetica nella cura del singolo o plurimo rapporto di lavoro (cfr. T.A.R. Lazio, sez. III, 10 settembre 2002 n. 7775; sez. II ter, 11 settembre 2003 n. 7555).
Ciò osservato, il petitum sostanziale dedotto con il ricorso in esame consiste nella pretesa di riconoscimento della posizione dirigenziale di prima fascia in conseguenza dell’adibizione della dott.ssa C. (dirigente nei ruoli della Presidenza del Consiglio dei Ministri) ad omogenee funzioni in occasione di un pluriennale periodo di comando presso l’Amministrazione comunale di Roma.
In ragione del petitum come sopra rammentato, deve rilevarsi come la delibazione della sottoposta controversia sfugga alla cognizione di questo giudice.
Nel richiamare le considerazioni in proposito precedentemente espresse, non può conseguentemente esimersi il Collegio dal dichiarare l’inammissibilità del ricorso in esame per difetto di giurisdizione.
Le spese di lite vengono poste a carico della parte soccombente, giusta la liquidazione di cui in dispositivo, con riferimento alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, in ragione dell’attività defensionale da quest’ultima dispiegata nell’ambito della presente controversia; al contempo rilevandosi, quanto all’Amministrazione di Roma Capitale, parimenti costituitasi in giudizio, la presenza di giusti motivi per disporre l’integrale compensazione inter partes delle spese di lite..

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per carenza di giurisdizione dell’adito giudice amministrativo; ed individua altresì, ai sensi del comma 1 dell’art. 11 cpa, nell’autorità giudiziaria ordinaria territorialmente competente, in funzione di giudice del lavoro, l’organo fornito di cognizione giurisdizionale ai fini della delibazione della presente controversia.
Condanna la ricorrente C.P. al pagamento delle spese di giudizio in favore della Presidenza del Consiglio dei Ministri per complessivi Euro 1.500,00 (euro mille e cinquecento/00); spese compensate nei confronti dell’Amministrazione di Roma Capitale.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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