Cass. civ. Sez. V, Sent., 22-02-2012, n. 2614 Piccola proprietà contadina

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La controversia concerne l’impugnazione di un avviso di liquidazione con il quale venivano revocati i benefici fiscali in materia di piccola proprietà contadina, in relazione ad un atto di compravendita di terreni, in ragione del difetto di prova dei requisiti oggettivi mediante certificazione dell’Organo regionale competente in materia di agricoltura. Il contribuente opponeva che i requisiti oggettivi per poter usufruire delle agevolazioni fiscali sussistevano nel caso di specie secondo quanto previsto dalla L.R. siciliana n. 2 del 2002, art. 60.

La Commissione adita accoglieva il ricorso e la decisione era confermata in appello, con la sentenza in epigrafe, avverso la quale l’amministrazione propone ricorso per cassazione con due motivi, con il secondo dei quali solleva questione di legittimità costituzionale della richiamata norma della legislazione regionale. Il contribuente non si è costituito.

MOTIVAZIONE

Motivi della decisione

L’amministrazione ricorrente ripropone alla base della propria impugnazione quanto aveva dedotto anche nell’atto d’appello in punto di interpretazione della L.R. n. 2 del 2002, art. 60: secondo l’amministrazione la sola corretta interpretazione della norma sarebbe quella di ritenere l’applicabilità delle agevolazioni indistintamente a tutti i contraenti di atti aventi ad oggetto terreni agricoli, ma solo in presenza dei presupposti previsti dalla L. n. 604 del 1954, art. 2. Se ciò non fosse si determinerebbe una situazione di privilegio che determinerebbe l’illegittimità costituzionale della norma stessa per contrasto con gli artt. 16 e 36 dello Statuto della Regione Sicilia e con l’art. 3 Cost..

La questione ha già avuto uno spazio di riflessione innanzi al giudice delle leggi a seguito di un ricorso per conflitto di attribuzione sollevato dalla Regione Sicilia in ragione di due note dell’Agenzia delle Entrate, Direzione regionale per la Sicilia, che avrebbero manifestato un orientamento interpretativo della richiamata L.R. n. 2 del 2002, art. 60, in assoluto contrasto con la portata della normativa medesima, quale desumibile dal l’interpretazione autentica recata dalla L.R. n. 4 del 2003, art. 99, e dalla conseguente lettura enunciata dalla competente amministrazione regionale.

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 188 del 30 maggio 2008, ha dichiarato inammissibile il ricorso della Regione Sicilia per mancanza di idoneità lesiva degli atti impugnati, in quanto le note dell’Agenzia si limitavano ad attribuire alla disposizione interpretata uno dei suoi possibili significati.

Tale inidoneità lesiva sarebbe stata, a giudizio della Corte costituzionale, confermata dalla emanazione di una (ulteriore) norma di interpretazione autentica del dettato normativo, con la L.R. n. 19 del 2005, art. 20, comma 15, la quale ha così disposto: "Le agevolazioni di cui alla L.R. 26 marzo 2002, n. 2, art. 60, ed alla L.R. 16 aprile 2003, n. 4, art. 99, si applicano per tutti gli atti traslativi da chiunque posti in essere a partire dal 1 gennaio 2002 fino alla data del 31 dicembre 2006, alla sola condizione che abbiano ad oggetto terreni agricoli secondo gli strumenti urbanistici vigenti alla data di stipula dell’atto e loro pertinenze; il riferimento alla L. 6 agosto 1954, n. 604, art. 1, comma 1, vale solo ai fini dell’individuazione delle tipologie di atti agevolati. La presente disposizione costituisce interpretazione autentica della L.R. 26 marzo 2002, n. 2, art. 60". Secondo il giudice delle leggi, la norma interpretativa "chiarisce che l’unico requisito per la concessione delle agevolazioni è il carattere agricolo dei terreni. Tale articolo perciò, da un lato, in quanto norma di interpretazione autentica, presuppone l’effettiva esistenza di incertezze sul significato delle disposizioni interpretate, dall’altro, elimina definitivamente tali incertezze, rendendo inoperanti retroattivamente le note impugnate. Il venire meno dell’efficacia di dette note ed il fatto che – secondo quanto dichiarato espressamente in udienza dalla difesa della ricorrente la prima di esse non ha avuto alcuna applicazione anteriormente alla sua sospensione offrono, dunque, ulteriori argomenti per escludere ogni possibile invasione della sfera di competenza regionale".

La norma interpretativa conferma la posizione che la Regione Siciliana aveva dedotto innanzi alla Corte costituzionale, assumendo che la L.R. n. 2 del 2002, art. 60 e la L.R. n. 4 del 2003, art. 99, hanno non la finalità della formazione o dell’arrotondamento della piccola proprietà contadina, ma esclusivamente quella di: a) ricomposizione fondiaria; b) aumento delle economie di scala; c) ottimizzazione del ritorno degli investimenti nel settore agricolo.

Era evidenziata la sostanziale diversità della scelta politico- economica sottostante alla legge regionale in discussione:

quest’ultima era pensata come stimolo alla ricomposizione fondiaria al fine di superare l’inadeguatezza dimensionale della base fondiaria delle imprese, effetto della "polverizzazione", cioè dell’esistenza di superfici troppo ridotte, e della "frammentazione", cioè dell’esistenza di singole unità produttive formate da appezzamenti di terreno appartenenti allo stesso proprietario, ma separati l’uno dall’altro da appezzamenti appartenenti ad altri. Si tratta di una scelta orientata alla nuova realtà sociale che ha indotto una trasformazione del mondo agricolo premiando le aziende agricole di grandi dimensioni, capaci di competere efficacemente sul mercato. Una realtà molto diversa dalla "piccola proprietà contadina", che privilegia l’azienda di dimensioni familiari, facendo leva sul legame diretto tra terra ed agricoltore.

Il differente obiettivo perseguito dalla norma della legge regionale siciliana rispetto a quello di cui alla L. n. 604 del 1954, giustifica l’inapplicabilità nel primo caso delle condizioni stabilite dall’art. 2 di quest’ultima legge, che sono funzionali esclusivamente alla realizzazione della tutela della piccola proprietà contadina, ma che non hanno senso ove lo scopo sia quello di favorire la formazione di aziende che "ricompongano" una dimensione dell’impresa agricola adeguata alle sfide del presente, realizzando nel contesto di tale dimensione una economia di scala e rendendo remunerativo l’investimento nel settore agricolo.

Se diverso è, pertanto, lo scopo perseguito dalla norma regionale, non risulta fondata la sollevata eccezione di illegittimità costituzionale, dato che la norma in questione non tende a creare un irragionevole privilegio a favore di una categoria di contribuenti dettando una disciplina derogatoria in materia di piccola proprietà contadina, perchè l’ambito di applicazione della norma in questione non concerne l’ambito di applicazione delle norma sulla piccola proprietà contadina.

Pertanto il ricorso deve essere rigettato. Non occorre provvedere sulle spese, stante la mancata costituzione della parte intimata.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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