T.A.R. Lazio Roma Sez. II, Sent., 26-10-2011, n. 8234 Controllo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Espone l’odierno ricorrente di aver svolto, nel periodo 16 novembre 2001 – 16 ottobre 2003, le funzioni di componente del Collegio di Direzione del Servizio di Controllo interno del Ministero dell’economia e delle finanze, e ciò sulla scorta di apposito decreto ministeriale in data16 novembre 2001.

Ha quindi richiesto, in data 30 giugno 2004, la corresponsione del compenso per lo svolgimento dell’incarico di che trattasi.

Con nota del 20 aprile 2005 l’intimata Amministrazione ha respinto la rivendicazione retributiva legata all’espletamento del ricordato incarico sostanzialmente in ragione dell’assenza di provvedimenti che espressamente prevedessero l’erogazione di compensi ai componenti dell’organo di controllo.

Di qui la proposizione del presente ricorso appunto volto all’accertamento del diritto del ricorrente alla corresponsione degli spettanti emolumenti per le funzioni svolte di componente il servizio di controllo interno del Ministero dell’economia e delle finanze, compensi invero dallo stesso ricorrente quantificati in euro 83.076,09 oltre interessi e rivalutazione.

Si è costituita in giudizio l’intimata Amministrazione affermando la infondatezza del proposto ricorso e concludendo perché lo stesso venga respinto.

Alla pubblica udienza del 12 ottobre 2011 il ricorso viene ritenuto per la decisione.

Rilevata preliminarmente la infondatezza della eccezione di irricevibilità del proposto ricorso, sollevata dalla resistente amministrazione, per omessa tempestiva impugnazione innanzi al giudice amministrativo della innanzi citata nota del 20 aprile 2005, e ciò in ragione della circostanza per cui la pretesa dedotta con il ricorso in esame ha consistenza di pretesa patrimoniale, deve ritenersi la fondatezza del proposto ricorso, che va dunque accolto ai sensi e nei limiti di cui meglio in prosieguo.

Deve, infatti, il Collegio rilevare come questo Tribunale si sia recentissimamente pronunciato su questione sostanzialmente analoga concernente la richiesta di corresponsione di emolumenti, dallo stesso odierno ricorrente avanzata, relativi alle analoghe funzioni svolte in epoca precedente presso il Ministero del bilancio.

Vanno quindi condivise e ribadite le conclusioni di cui alla sentenza del TAR Lazio, III Sezione, 13 luglio 2011 n. 6295.

In particolare, quanto al merito della questione, va ribadito quanto in detta sentenza affermato secondo cui "se è vero che l’attribuzione di un incarico quale quello ricoperto (a suo tempo) dal M. sarebbe dovuta avvenire "senza oneri per lo Stato", è altresì vero che il disposto di cui all’art.3 quater del D.L. n.163/95 implica esclusivamente la necessità – per il conferente – di reperire al suo interno (e, cioè, senza alcuna variazione – o spesa aggiuntiva – per il bilancio pubblico) le risorse necessarie per potersi giovare di determinate prestazioni;

che, nel caso di specie, vi è – comunque – stata l’erogazione delle energie lavorative di un soggetto a favore di un altro: che ne ha indubbiamente tratto un significativo giovamento;

che ciò è sufficiente a render applicabile, in favore di chi ha svolto (essendone stato espressamente richiesto) la propria attività (in un contesto – cfr., sul punto, C.d.S., II, n.1498/2002 – riconducibile al precetto di cui all’art. 36 Cost.), il disposto dell’art.2042 c.c.. (Dato che, per giurisprudenza risalente, gli estremi dell’ingiustificata locupletazione sono ravvisabili anche nei casi in cui si sia profittato di servizi prestati – da altri – senza corrispettivo)".

Così come il Collegio ritiene di condividere e ribadire le conclusioni già raggiunte da questo Tribunale, nel senso che ritenuta la fondatezza della pretesa azionata dal ricorrente è opportuno ricorrere (per quel che concerne la determinazione del "quantum debeatur") alle facoltà prevista (in caso di condanne pecuniarie) dall’art. 34, IV comma, del d.lg. n.104/2010, conseguentemente invitando l’Amministrazione intimata a proporre (o, meglio, ad offrire) al ricorrente (entro il termine di 30 giorni: decorrente dalla notificazione della presente sentenza) il pagamento di una somma di denaro che risulti congrua rispetto alle circostanze.

In ossequio a quanto previsto – più specificamente – dalla cennata disposizione legislativa, si precisa che tale proposta dovrà tener conto (oltre che dell’elevatissima professionalità del ricorrente) del fatto che il (successivamente intervenuto) D.M. 23.11.2006 ha ufficialmente stabilito che l’incarico "de quo" deve esser compensato (al lordo) con 45.000 euro annui.

Il Collegio condanna la resistente Amministrazione al pagamento delle spese di giudizio in favore dell’odierno ricorrente, che liquida in euro 2.000,00 (duemila,00).

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie ai sensi e nei limiti di cui in motivazione.

Condanna la resistente Amministrazione al pagamento delle spese di giudizio in favore dell’odierno ricorrente, che liquida in euro 2.000,00 (duemila,00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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