T.A.R. Lazio Roma Sez. III quater, Sent., 26-10-2011, n. 8242 Previdenza integrativa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con il ricorso indicato in epigrafe, l’istante, cessato dal servizio in data 31.1.1991, esponeva di aver conseguito, ancora durante lo svolgimento del servizio presso l’INPS, la pensione di vecchiaia a carico dell’assicurazione generale obbligatoria, liquidata al compimento del 60° anno di età con decorrenza dal 1998, nonché di essere anche titolare di pensione integrativa a carico del fondo interno INPS, liquidata all’atto dell’effettiva cessazione dal servizio presso l’Istituto nel 1991.

L’INPS procedeva a calcolare virtualmente anche il supplemento di pensione generale obbligatoria maturato dall’istante, ancorchè non richiesto dall’interessato dopo la cessazione del rapporto di servizio e dunque non erogato, ma comunque determinabile in relazione alla contribuzione effettivamente versata nel periodo novembre 1989gennaio 1991 dal ricorrente medesimo. Conseguentemente, una volta calcolato l’importo del supplemento di pensione generale ordinaria e dunque dilatatasi la base pensionistica globale, l’Istituto procedeva a ricalcolare corrispondentemente l’importo della pensione integrativa, riducendolo.

Avverso, dunque, la quantificazione dell’indebito a titolo di pensione integrativa specificato in epigrafe, l’Istituto chiedeva al ricorrente la restituzione di quanto già corrisposto.

L’istante a riguardo osservava che la data di liquidazione della pensione a carico dell’assicurazione generale obbligatoria era nota all’amministrazione, al pari della data di cessazione del rapporto di lavoro, disponendo dunque l’INPS di tutti i dati necessari alla ricostituzione virtuale della pensione generale obbligatoria sin dal momento in cui il diritto al supplemento era esercitabile da parte del pensionato, prescindendo infatti il computo della pensione virtuale dalla condotta concretamente tenuta dal pensionato.

Pertanto, il ricorrente censurava il recupero dell’indebito da parte dell’INPS, poiché effettuato con il ritardo di circa sette anni, addebitabile unicamente all’inerzia dell’Istituto stesso.

Si costituiva l’INPS ribadendo i presupposti di diritto della richiesta nei confronti del ricorrente.

Osserva in proposito il Collegio che l’istante non lamenta in alcun modo l’erroneità del ricalcolo dell’importo della pensione integrativa; ciò che contesta è il fatto che l’INPS abbia proceduto solo nel 1998, dovendo già dal 1991 determinare l’importo esatto della pensione integrativa spettante.

Tuttavia, a riguardo va evidenziato che il Regolamento del fondo non indica alcun termine di decadenza a carico dell’Istituto al fine di poter effettuare il ricalcolo della pensione integrativa e determinare, dunque, il conseguente importo del trattamento effettivamente spettante. Unico limite risulta essere, pertanto, determinato dalla prescrizione del diritto, che in ogni caso non è eccepita in questa sede.

Consegue che il ricorso deve essere respinto.

In ragione della particolarità della questione, sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Compensa le spese di lite tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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