Cass. civ. Sez. V, Sent., 22-02-2012, n. 2606 Avviso di accertamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La CTR dell’Emilia Romagna, con sentenza n. 21/19/07 depositata il 15.5.2007, ha confermato la decisione con la quale la CTP di Forlì aveva accolto il ricorso della Parrocchia S. Maria in Lauretana, avverso l’avviso d’accertamento per IRPEG, IVA ed IRAP per l’anno d’imposta 2003, osservando che, ai sensi della L. n. 66 del 1992, le concessioni di aree, loculi cimiteriali ed altri manufatti per la sepoltura non costituivano attività di natura commerciale agli effetti dell’IVA, anche se non effettuati da organismi di natura pubblica, previsione che contrastava con la sesta direttiva CEE, quale interpretata dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee, che, anzi, demandava agli Stati membri di intervenire in detta materia.

L’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione di tale sentenza con unico motivo. Resiste la Parrocchia S. Maria in Lauretana con controricorso.

Motivi della decisione

Va, preliminarmente, rilevato che la presenza dell’Avvocatura dello Stato alla pubblica udienza del 10.1.2012, per la discussione del ricorso, implica la manifestazione della persistenza dell’interesse dei ricorrenti alla trattazione del ricorso stesso, di cui alla L. n. 183 del 2011, art. 26, come modificato dal D.L. n. 212 del 2011, art. 14, secondo il quale, nei procedimenti civili pendenti davanti alla Corte di Cassazione aventi ad oggetto ricorsi avverso le pronunce pubblicate, come nella specie, prima del 4 luglio 2009, data di entrata in vigore della L. n. 69 del 2009, ovvero per quelli pendenti davanti alle Corti d’appello da oltre tre anni: "le impugnazioni si intendono rinunciate se nessuna delle parti, con istanza sottoscritta personalmente dalla parte che ha conferito la procura alle liti e autenticata dal difensore, dichiara la persistenza dell’interesse alla loro trattazione entro il termine perentorio di sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge" (1.1.2012). In base a tale disposizione, le parti devono, dunque, affermare di essere ancora interessate alla decisione di controversie ormai vetuste, e perciò non più rispondenti, in tesi, ad un loro interesse effettivo ed attuale, viceversa presunto per i ricorsi, più recenti, soggetti alla disciplina legislativa di cui alla L. n. 69 del 2009. La norma, come confermato dal suo stesso titolo "Misure straordinarie per la riduzione del contenzioso civile pendente davanti alla Corte di cassazione e alle corti di appello", risulta emessa con finalità deflattive del contenzioso più vecchio, finalità che vengono perseguite mediante la valutazione, in termini di rinuncia, dell’inerzia di entrambe le parti, e la previsione della conseguente estinzione del giudizio, da dichiararsi mediante la spedita forma del "decreto presidenziale". 1.b. Per evitare tale declaratoria, la disposizione impone il compimento di un atto d’impulso processuale, da attuare secondo modalità formali assimilabili a quelle del conferimento della procura speciale di cui all’art. 83 c.p.c., comma 3, essendo prescritto il coinvolgimento personale della parte, onerata di effettuare una sorta di rinnovo della procura – l’istanza deve essere sottoscritta dalla parte che l’ha rilasciata, che può non coincidere col titolare del diritto controverso e deve essere autenticata, e, così, introdotta un’eccezione alla regola generale posta dall’art. 84 c.p.c., secondo la quale il difensore compie e riceve, nell’interesse della parte, tutti gli atti del processo (salvo, appunto, che non siano ad essa espressamente riservati). 1.c. Così convenendo, quando parte del giudizio è un’Amministrazione che, come nella specie, si avvale della rappresentanza processuale facoltativa dell’Avvocatura dello Stato, qual è quella stabilita per le Agenzie fiscali nel D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 72, la persistenza dell’interesse alla trattazione della causa non può aver luogo secondo le modalità prescritte dalla norma, essendo applicabile, anche in tali ipotesi, a norma del R.D. n. 1611 del 1933, art. 45, la disposizione dell’art. 1, comma 2, del R.D. cit., secondo cui gli avvocati dello Stato esercitano le loro funzioni innanzi a tutte le giurisdizioni ed in qualunque sede senza bisogno di ricevere mandato; e, pertanto, non è necessario che l’Agenzia rilasci una specifica procura all’Avvocatura medesima, per ogni giudizio (cfr. in termini, Cass. SU n. 23020 del 2005, nonchè Cass. SU n. 10894 del 2001 e n. 484 del 1999). Ne consegue che il meccanismo formale previsto dalla L. n. 183 del 2011, art. 26, che presuppone l’esistenza di una parte che abbia conferito una singola procura ad litem, da reiterare in sede di presentazione dell’istanza, con la sottoscrizione di detta parte e l’autentica del difensore, non può attuarsi e che l’atto d’impulso processuale, richiesto da detta norma, per confermare l’interesse alla decisione e scongiurare il decreto d’estinzione, deve esser posto in essere dall’avvocato dello Stato, quale difensore, in applicazione della regola generale di cui al citato art. 84 c.p.c., cosa che, nella specie, si è, appunto, verificata.

2. Con l’unico motivo dedotto, l’Agenzia delle Entrate denuncia violazione e falsa applicazione del D.L. n. 412 del 1991, art. 1, comma 14, convertito nella L. n. 66 del 1992, e degli artt. 2, 4 e 13 della direttiva 17 maggio 1977 n. 77/388/CEE e del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 1, 2, 4 e 10, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziando che la CTR ha escluso, in base alla disposizione di cui al D.L. n. 417 del 1991, art. 1, comma 14, l’assoggettabilità ad IVA della cessione di loculi cimiteriali effettuata dalla contribuente senza tenere conto che: a) l’attività economica di cessione a privati di aree cimiteriali esercitata da soggetto "indipendente" rientra nel campo di applicazione dell’IVA; b) gli enti territoriali e gli organismi di diritto pubblico non sono considerati soggetti passivi per le attività ed operazioni che esercitano in qualità di autorità pubbliche, anche se percepiscano canoni contributi o retribuzioni; c) la Corte di Giustizia si era già pronunciata al riguardo, con la sentenza n. 231 del 17.10.1989, osservando che, per l’esenzione dall’imposta, devono essere congiuntamente soddisfatte due condizioni, vale a dire l’esercizio di attività da parte di un ente pubblico e l’esercizio di attività in veste di pubbliche autorità. La ricorrente formula, in conclusione, il seguente quesito di diritto: "dica l’Ecc.ma Corte se l’attività di cessione a titolo oneroso di loculi cimiteriali posta in essere da una Parrocchia rientri nel campo di applicazione dell’IVA e vada pertanto assoggettata a imposta, non ostando a tale soluzione il disposto del D.L. n. 412 del 1991, art. 1, comma 14, che costituisce applicazione del principio di non assoggettamento di cui all’art. 4 par. 5 della 6^ direttiva CEE e va interpretato alla luce dei fondamentali principi di cui agli artt. 2 e 4 della direttiva stessa". 3. Il motivo è fondato. In base al D.L. n. 415 del 1989, art. 26 bis, convertito, con modificazioni, nella L. n. 33 del 1990, gli impianti cimiteriali, indicati al D.P.R. n. 803 del 1975, art. 54, sono servizi indispensabili parificati alle opere di urbanizzazione primaria, e il D.L. n. 412 del 1991, art. 1, comma 14, convertito, con modificazioni, nella L. n. 33 del 1990, d’interpretazione autentica del predetto art. 26, dispone che l’aliquota dell’IVA, prevista per le opere di urbanizzazione primaria e secondaria, "si applica agli immobili indicati al D.P.R. n. 803 del 1975, art. 54 e successive modificazioni, ivi compresi i manufatti per sepoltura, nonchè le aree destinate alla costruzione ed all’ampliamento dei cimiteri. Le concessioni di aree, di loculi cimiteriali e di altri manufatti per sepoltura, non costituiscono attività di natura commerciale agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto". Da tali norme si ritrae la regola dell’assoggettamento ad IVA delle operazioni relative a detti manufatti, salvo che costituiscano oggetto di "concessioni". Il riferimento ai provvedimenti concessori indica, poi, che l’eccezione riguarda i manufatti per la sepoltura ed i cimiteri comunali, soggetti al regime demaniale, ex art. 824, cpv c.c., e che le operazioni esenti sono solo quelle poste in essere, tramite un atto autoritativo – la concessione, appunto, dal lato attivo dal Comune, titolare di tali beni e perciò unico possibile concedente, e non anche le convenzioni concluse, come nella specie, tra soggetti terzi. 4. Tale esegesi, oltre che fedele al canone d’interpretazione letterale (non potendo ritenersi che il termine "concessioni" sia stato adoperato dal legislatore in modo atecnico), è conforme ai principi enunciati, con la decisione n. 231 del 17 ottobre 1989, dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee, che, adita in via pregiudiziale (proprio in relazione, tra l’altro, a concessioni di loculi cimiteriali da parte di alcuni Comuni italiani) per l’interpretazione dell’art. 4, n. 5 della sesta direttiva, ne ha rilevato la natura di eccezione alla regola dell’assoggettamento ad IVA delle attività di carattere economico (produzione, commercio e prestazione di servizi), precisando che la norma va interpretata nel senso che sono esenti dall’IVA le attività svolte dagli enti di diritto pubblico "in quanto pubbliche autorità" nell’ambito del regime giuridico loro proprio, escluse le attività da essi svolte in forza dello stesso regime cui sono sottoposti gli operatori economici privati, e rinviando a ciascuno Stato membro di trasporre, nel modo più consono, nel diritto interno il principio del non assoggettamento sancito da detta norma. Il D.L. n. 412 del 1991, art. 1, comma 14, costituisce la trasposizione in ambito nazionale di detto principio, in quanto lascia esente dall’imposta le sole concessioni, che, per definizione, riguardano un soggetto di diritto pubblico (Comune) in veste di pubblica autorità (emissione di provvedimenti autoritativi), e, per converso, esclude che un’attività svolta da un privato possa andare esente dall’imposta – pur se consista nel compimento di atti rientranti nelle attribuzioni della P.A. – operando, in tal caso, la presunzione di commercialità prevista dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 4. 5. L’impugnata sentenza, che non si è attenuta ai suddetti principi, va dunque, cassata, e non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa va decisa nel merito, col rigetto del ricorso introduttivo.

Si ravvisano giusti motivi, in considerazione della novità delle questioni trattate, per compensare, interamente, tra le parti le spese del giudizio.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo. Spese compensate.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *