Cons. Stato Sez. IV, Sent., 27-10-2011, n. 5789 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il gravame di cui in epigrafe, l’appellante Fondazione "Casa di Padre Lino" Onlus chiede l’annullamento della sentenza del TAR Parma in epigrafe con cui, previa la loro riunione, lo stesso T.A.R.:

a. ha dichiarato improcedibili, per sopravvenuta carenza di interesse, i ricorsi del controinteressato Condominio di V. C. (costituito a suo tempo in seguito alla cessione delle abitazioni, già di proprietà, della Cassa di Risparmio di Parma, ai dipendenti che le avevano in conduzione) con cui si chiedeva l’annullamento rispettivamente:

– del permesso di costruire in sanatoria rilasciato dal Comune di Parma nel 2003, all’odierna appellante Fondazione "Casa di Padre Lino" per lavori di trasformazioni interne ed esterne di un fabbricato da adibire ad autorimessa (ricorso n. 261/2006);

– della revoca del 2006 dell’ordinanza di sospensione dei lavori relativi al detto capannone; della relativa denuncia di inizio attività per manutenzione straordinaria del predetto fabbricato e della successiva variante n. 2863/06; del silenzio serbato dal Comune di Parma in ordine all’adozione di provvedimenti repressivi sulla d.i.a. della fondazione; della precedente concessione edilizia prot. 1075/93; della successive varianti n. 613/95 e 2182/95 concernenti l’autorizzazione a costruire un "complesso residenziale di minialloggi e servizi"; della denuncia di inizio attività del 2 ottobre 1997 relativa all’esecuzione di ulteriori opere inerenti al capannone e della concessione in variante del 15 gennaio 1998 concernenti la destinazione a "casa protetta" del manufatto di cui al civico n. 16 di V. C.; e del provvedimento del 2 ottobre 2006 di archiviazione del procedimento nei confronti della Fondazione "Casa di Padre Lino" circa la "mancata realizzazione di cambio destinazione d’uso da locale magazzino ad autorimesse" (ricorso n. 262/2006 e relativi motivi aggiunti).

– b. ha respinto i due ricorsi con cui l’appellante Fondazione "Casa di Padre Lino", a sua volta, ha impugnato rispettivamente:

– il provvedimento del 19 dicembre 2007, con cui il Comune di Parma ha annullato – limitatamente al cambio di destinazione d’uso da deposito ad autorimessa – il permesso di costruire in sanatoria n. 1102/03 del 26 giugno 2003 (ricorso n. 68/2008);

– il provvedimento del 22 maggio 2008, di annullamento d’ufficio della concessione edilizia in variante n. 3233/96 del 31 gennaio 1997, con contestuale ingiunzione alla Fondazione "Casa di Padre Lino", volta alla demolizione delle opere abusive ed al ripristino dello stato dei luoghi nel termine perentorio di 90 giorni dalla notificazione del provvedimento; i verbali di accertamento di inottemperanza all’ordine di demolizione redatti dalla Polizia municipale in data 2 febbraio e in data 17 febbraio 2009 (ricorso n. 187/2008 e relativi motivi aggiunti).

L’atto di appello, premessa una diffusa ricostruzione in punto di fatto delle vicende, è affidato all’analitica contestazione della decisione e ripropone le censure di primo grado dell’odierna appellante.

Il Condominio di viale Caprera con la propria memoria di costituzione in giudizio ha eccepito la pretestuosità e l’infondatezza delle censure dell’appellante, basate, a suo dire, su una fuorviante ricostruzione dei fatti che occulterebbe le numerose violazioni del regolamento edilizio operate dalla Casa di Riposo, ed altresì il mancato rispetto degli impegni della Cassa di Risparmio a destinare l’autorimessa a pertinenza del condominio.

Si è costituito in giudizio il Comune di Parma, che, con la propria memoria, ha ricordato:

– i precedenti cautelari favorevoli al Condominio di questa Sezione, che ha riformato l’ordinanza del TAR Parma (ord. n. 200 del 10 ottobre 2006) recante sospensione dell’atto del comune di revoca dell’ordinanza di sospensione lavori (v. Cons. Stato, Sez. IV, ord. 17 aprile 2007 n. 1949);

– che il Comune avrebbe poi accertato che, in base agli atti di trasferimento, la Fondazione sarebbe proprietaria del capannone, ma non dell’area di sedime, che sarebbe in comproprietà tra la Cassa di Risparmio ed il Condominio;

– che, in conseguenza, il mutamento di destinazione da magazzino ad autorimessa non avrebbe potuto essere legittimamente assentito senza il consenso condominiale;

– che, una volta accertata l’impossibilità di recuperare la volumetria del capannone (indispensabile per la realizzazione dell’ultimo piano della Casa di Riposo) attraverso il mutamento di destinazione ad autorimessa, il provvedimento di annullamento parziale della concessione sarebbe stato giuridicamente legittimo.

Con i rispettivi scritti difensivi, entrambe le parti appellate hanno eccepito preliminarmente l’inammissibilità per genericità e, nel merito, l’infondatezza dell’appello.

A sua volta l’appellante, oltre a riepilogare le argomentazioni a sostegno delle proprie tesi, con una

prima memoria ha replicato all’eccezione di controparte, e con ulteriori note difensive ha eccepito, ai sensi dell’art. 104, II co del c.p.a., la tardività dei depositi, e comunque l’irrilevanza degli atti versati dal condominio.

Chiamata all’udienza pubblica di discussione, il ricorso, uditi i difensori delle parti, è stato introitato per la decisione.

Motivi della decisione

– 1.Par.. Nell’ordine logico delle questioni deve essere esaminata l’eccezione preliminare di inammissibilità dell’appello per genericità dei motivi ai sensi dell’art. 101 c.p.a..

Per il Comune e per il Condominio, l’appellante si sarebbe limitata ad una mera riproposizione del giudizio di primo grado senza individuare in modo specifico i motivi di appello e senza contestare analiticamente i capi della sentenza impugnata che assume viziati (Consiglio di Stato sezione IV° 31 agosto 2010 n. 6438).

L’eccezione va respinta.

Come sarà meglio evidente anche in seguito, il richiamo nel caso di specie al precedente (assolutamente condivisibile in linea di principio) della Sezione appare del tutto inconferente nella specie.

Al contrario, si deve osservare che, la parte appellante non si è limitata semplicemente a riproporre le identiche censure di primo grado, ma ha specificamente censurato la decisione rispettivamente:

– A. nella parte in cui, con riferimento al ricorso n.68/2008, contesta le conclusioni della sentenza sia per ciò che concerne la proprietà dell’area di sedime del magazzino, sia nella parte in cui rigetta la dedotta violazione dell’articolo 21 nonies della L.241/1990 e s.m.i.;

– B. nella parte in cui lamenta l’erroneità della decisione sul ricorso n. 187/2008, relativamente alla sua motivazione con riferimento alle norme tecniche di attuazione ed alla ritenuta sussistenza di un abuso edilizio.

In definitiva, l’appello è dunque pienamente ammissibile.

– 2.Par.. Con la rubrica denominata "Parte A" dell’appello, la Casa di Riposo lamenta l’erroneità della decisione sul punto concernente il rigetto del ricorso avverso il provvedimento di annullamento del permesso di costruire in sanatoria riguardante il cambio di destinazione d’uso da depositomagazzino ad autorimessa, sull’errato presupposto che la "Fondazione Casa di Padre Lino" non fosse proprietaria dell’area di sedime del predetto fabbricato e che quindi occorresse il consenso del condominio quale titolare dell’area di sedime.

– 2.1. Con il primo motivo di appello la Fondazione deduce che il TAR non avrebbe tenuto in nessun conto la relazione del dirigente del Comune di Parma, redatta su impulso istruttorio del medesimo Tar, nella quale si dava atto che l’autocertificazione fatta dalla Fondazione Casa di Padre Lino circa i suoi titoli di proprietà "…del resto appare confermata dalla visura catastale tramite collegamento informatico (il mappale dei capannoni non è "graffato" al cortile, a sua volta "graffato" al condominio)…" (cfr. doc. 11 All. al fascicolo di primo grado). Per cui il Tar avrebbe affermato la proprietà del Condominio sull’area di sedime (e, di conseguenza, la necessità del consenso dello stesso), interpretando erroneamente l’atto di trasferimento del magazzino dalla Cassa di Risparmio alla Fondazione.

La riserva di proprietà dell’area di sedime alla Cassa non poteva in nessun caso implicare il trasferimento della comproprietà del predetto diritto al condominio, che del resto era un soggetto del tutto estraneo al portato sostanziale di tale atto.

– 2.1.2. Inoltre, il provvedimento adottato sarebbe afflitto da sviamento di potere e violazione dell’art. 21nonies della L. n.241/1990 e.sm.i..

– 2.1.3. Infine anche sotto un punto di vista strettamente civilistico, il diritto di superficie consente di avere la piena disponibilità di un immobile anche ai fini edilizi.

– 2.2. L’assunto merita piena adesione nei sensi che seguono.

– 2.2.1 Nei limiti della cognizione incidentale di cui all’art.8, I co. del c.p.a., deve infatti rilevarsi l’erroneità dell’affermazione secondo cui "elementi univoci in tal senso" deporrebbero in favore della proprietà condominiale dell’area di sedime del fabbricato, traendosi da tale erronea supposizione la legittimità dell’atto di revoca della concessione in sanatoria al mutamento di destinazione in difetto del consenso del Condominio.

Al contrario, nel rogito del 24 marzo 1980 (cfr. all. 5 al fascicolo introduttivo) concernente il trasferimento — dalla Cassa di Risparmio alla Cooperativa costituita tra i dipendenti assegnatari dei relativi alloggi — non vi è alcun espresso riferimento all’area di sedime del c.d. "fabbricatello".

L’atto di vendita degli alloggi alla cooperativa dei dipendenti non ricomprendeva alcuna disposizione relativa all’area di sedime del capannone, né a favore dei singoli, né della Cooperativa.

L’articolo 3 del predetto negozio, pagina 11 specificava che le parti destinate a rimanere di proprietà della Cassa di Risparmio di Parma (e non di altri!) concernevano:

– la proprietà esclusiva di un capannone ad uso magazzino;

– la comproprietà per 207,70/1000 delle parti comuni esterne al fabbricato (area, accessi, cortile, fognatura, recinzione, aiuole, alberatura, condutture generali per acqua e gas).

E’, in tale ottica, quindi risolvente soprattutto il fatto che il condominio fosse rimasto del tutto estraneo all’atto del 1998, inerente alla donazione del magazzino dalla Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza S.p.A. alla Fondazione Cassa di Risparmio di Parma.

In tal senso, contrariamente a quanto ritenuto dal TAR, dovevano essere rettamente intese:

– sia la prima cessione del 1997 dalla Cassa di Risparmio alla Fondazione Cassa di Risparmio di Parma del "fabbricatello da terra a tetto… con esclusione dell’area di sedime… immobile cui inerisce la quota di comproprietà pari a 119,20/1000 sugli enti comuni del complesso di cui è parte a norma degli artt. 117 e seguenti del codice civile, fra i quali in particolare si indicano le aree coperte dai fabbricati e quella cortilizia annessa…");

– e sia il successivo atto di donazione del 2002 dalla "Fondazione Cassa di Risparmio" alla "Fondazione Casa di Padre Lino", inerente al successivo trasferimento del predetto bene ("…dona… fabbricatello da terra a tetto… con esclusione dell’area di sedime… con la inerente quota di comproprietà in ragione di 119,20/1000… sugli enti comuni del complesso di cui i beni in oggetto sono parte, a norma degli artt. 117 e seguenti del codice civile, fra i quali in particolare si indicano: le aree coperte dai fabbricati e quella cortilizia annessa…").

In sostanza, la "riserva del sedime" implicava solo l’esclusione della predetta area ed il costante mantenimento del diritto di proprietà sull’area in testa alla dante causa Cassa di Risparmio in tutti e due i casi.

Conformemente del resto, a quanto risultava catastalmente, tale specifica disposizione non concerneva per niente le altre aree esterne comuni,"graffate" al cortile nelle mappe catastali, in quanto in comproprietà tra il condominio e la Cassa di Risparmio medesima.

In base alla continuità delle trascrizioni immobiliari, non si capisce pertanto in base a quale elemento giuridico il Condominio possa vantare un qualche diritto di comproprietà sull’area di sedime del capannone: non può infatti fondare tale pretesa né sull’originario rogito a suo favore del 1980, né su altri (non noti, né rappresentati, dunque giuridicamente inesistenti in causa) atti di cessione di tal diritto a favore dello stesso, e neppure su contratti di donazione tra la Cassa di Risparmio e la Fondazione, ai quali il medesimo condominio era rimasto sostanzialmente e formalmente estraneo.

L’esclusione dell’area del "fabbricatello" dalla donazione – per il Condominio inter alios acta — in nessun caso poteva comportare l’insorgenza della comproprietà del predetto cespite immobiliare in capo al ripetuto Condominio; dal che si deduce che, in base ai negozi di trasferimento, l’area corrispondente al fabbricato del Capannone e la comproprietà delle parti comuni del complesso, al tempo dei provvedimenti impugnati, era rimasta nella signoria della donante Cassa di Risparmio.

Il sopraggiunto rogito notarile del 1° aprile 2010, con la "dichiarazione di chiarimento, ora per allora, della volontà delle parti" espresse nei due rogiti del 1997 e del 2002 circa l’inclusione dell’area di sedime", prima nell’alienazione e poi nella donazione del "fabbricatello" era certamente irrilevante rispetto alla posizione giuridica dell’appellato Condominio, che era rimasto estraneo anche a tale rogito. Tale ultimo negozio tuttavia, come eccepito dal Comune, se certamente costituiva un fatto sopravvenuto ed estraneo al procedimento amministrativo oggetto del sindacato giurisdizionale, nondimeno si poneva, in maniera inequivoca, come una diretta dimostrazione che il Condominio di V. C. non poteva vantare un qualche diritto di comproprietà sull’area di sedime del capannone.

Deve dunque concludersi sul punto che:

– in base ai propri titoli di trasferimento dalla dante causa Cassa di Risparmio all’avente causa Fondazione, il condominio quale terzo estraneo non aveva comunque mai avuto alcun titolo sull’area di sedime;

– non era perciò necessario alcun consenso condominiale per la legittimazione all’istanza in sanatoria della Fondazione, relativa alla trasformazione in autorimessa del magazzino al fine del recupero della relativa cubatura;

– in conseguenza, illegittimamente il Comune di Parma ha provveduto all’autoannullamento — per difetto di legittimazione attiva e sul falso presupposto del mancato assenso dei comproprietari dell’area del permesso di costruire n.1102/2003, il quale peraltro era perfettamente conforme alla normativa di piano in materia di autorimesse vigente nel 2003.

– 2.2.2. Al riguardo, come diffusamente lamentato dalla Casa di riposo, seppur non vi siano prove dirette di un manifesto ed assoluto sviamento di potere, appare per lo meno singolare, per così dire, l’accanimento del Comune, che, ad oltre 11 anni dall’inizio del procedimento, dispone l’annullamento di una concessione per una Casa di riposo per anziani totalmente o parzialmente non autosufficienti, in stretta aderenza a tesi che appaiono contraddittorie con le precedenti manifestazioni dell’Amministrazione medesima e con le risultanze della relazione dell’ingegner M. richiesta in via istruttoria dal Tar, al Comune di Parma (ma sul punto vedi anche infra). Di qui l’erroneità della decisione sul punto.

– 2.2.3. Tuttavia, a tutto voler ipoteticamente concedere, e supponendo per un attimo la comproprietà del sedime in testa al Condominio, deve comunque rilevarsi che, alla luce dei principi generali deducibili dalla natura del diritto di superficie, nel caso la Fondazione quale donataria del magazzino avrebbe avuto comunque titolo ad ottenere il permesso in sanatoria.

Si deve infatti ricordare che quando il diritto di proprietà su di una costruzione già esistente è alienato separatamente dalla proprietà del suolo (ex art. 952 comma 2 c.c.) sono le pattuizioni delle parti a determinare nei dettagli i singoli diritti e gli obblighi reciproci.

Pertanto, non risultando affatto espressi divieti in materia contenuti nell’atto, non si capisce in base a quale principio di diritto il Comune abbia comunque preteso il consenso del condominio in ordine ad un atto di gestione che non incideva né direttamente e neppure indirettamente sulle legittime facoltà del titolare del diritto di superficie.

Deve quindi concordarsi anche con l’ultimo profilo di censura.

– 2.3. In conclusione il motivo, nei limiti di cui sopra, è fondato.

Deve dunque disporsi la riforma della decisione gravata sul punto e, per l’effetto, in accoglimento del ricorso n. 68/2008, deve essere dichiarata l’illegittimità del provvedimento del Comune di Parma di annullamento del permesso in sanatoria relativo al cambio di destinazione d’uso da depositomagazzino ad autorimessa.

– 3.Par.. Con la "Parte B" dell’atto di appello, la Fondazione contesta, sotto diverse rubriche l’intero assunto posto a base della reiezione, da parte del TAR, del ricorso n. 187/2008, con cui la medesima aveva impugnato:

– l’annullamento in autotutela della concessione edilizia n. 3233/96 del 31 gennaio 1997, concernente la variante del primo titolo abilitativo alla costruzione della casa di riposo per anziani sull’area adiacente a quella del Condominio di V. C. in relazione alla mancata "…parziale demolizione del fabbricato accessorio adibito a magazzino" ed al mancato "…abbassamento delle altezze del medesimo… previsti nella concessione originaria n. 1075/1993 " i quali sarebbero stati assolutamente "…necessari al fine del rispetto dell’indice di fabbricabilità fondiaria consentita dal lotto oggetto dell’intervento…", sicché la "…mancata realizzazione dei citati interventi sul fabbricato accessorio ha influito sul progetto assentito con concessione in variante n. 3233/96, determinando la totale incongruenza del progetto medesimo ai parametri urbanisticoedilizi previsti dalla legge…".

In sostanza, come risultava dalla comunicazione di avvio del procedimento inviata alla Fondazione "Casa di Padre Lino", il Comune aveva ritenuto che:

– la realizzazione della casa di riposo del 1993 era stata originariamente condizionata alla riduzione delle altezze nel fabbricato accessorio di V. C. n. 18, necessaria per recuperare la relativa cubatura ai fini dell’osservanza dei parametri di piano per il completamento dell’edificio;

– la "variante" rilasciata nel 1997 per determinare il "…mantenimento della struttura originaria del corpo autorimesse e delle destinazioni preesistenti… " era venuta a modificare "…di fatto i conteggi planovolumetrici precedenti… mancando così il rispetto dell’indice di fabbricabilità fondiaria consentita dal lotto oggetto dell’intervento…";

– "…l’edificio pertinenziale… per il quale, appunto, era stato chiesto il mantenimento originario, in realtà concorreva alla realizzazione della volumetria complessiva edificabile del nuovo erigendo fabbricato (casa protetta)…" per cui legittimamente l’Amministrazione comunale avrebbe annullato d’ufficio quest’ultima concessione.

Nell’ordine, possono essere affrontate unitariamente, per la loro concatenazione logica, le seguenti assorbenti rubriche d’appello con cui si lamenta l’erroneità della decisione sotto diversi profili.

– 3.1. Con la seconda rubrica, alla lett. c), si assume l’erroneità della ricostruzione della fattispecie operata dal Tar, in quanto lo stesso atto impugnato, da un lato, riconoscerebbe che l’abuso sarebbe consistito nella mancata diminuzione dell’altezza del fabbricato (e non della sua integrale demolizione) e, dall’altro, avrebbe ravvisato l’interesse pubblico nell’abbassamento dell’altezza del fabbricato accessorio di soli 10 cm. (da metri 2,60 a ml. 2,50). Il TAR non avrebbe tenuto in alcun conto le risultanze della ricordata relazione dell’ingegner M. richiesta dal Tar al Comune di Parma (doc. 11 cit.), per cui sarebbero comunque fatti salve tutti i permessi per autorimesse con altezza superiore ai 2,60 ml. rilasciate dal 13 marzo 1998 (data in cui la disciplina urbanistica consentiva tale altezza) al 17 gennaio 2005 (momento in cui l’altezza massima consentita fu ridotta).

Inoltre erroneamente il Tar avrebbe giudicato ragionevole e legittimo l’annullamento della concessione, ad oltre 11 anni dall’avvio di un procedimento ed in presenza di un progetto di sanatoria, non riconoscendo la dedotta violazione dell’art. 21 nonies, in base al quale per l’annullamento d’ufficio sono richiesti: la sussistenza di ragioni attuali di interesse pubblico, un ragionevole termine temporale ed anche la considerazione degli interessi dei destinatari.

– 3.2. Con la terza rubrica si contesta in particolare l’ "error in iudicando" del passo della decisione per cui "Né, ancora, si presenta censurabile, perché contraddittoria o illogica, l’avvenuta qualificazione delle opere, effettuate sul fabbricato accessorio, come abusive – dal che è conseguito l’ordine di demolizione contenuto nell’atto oggetto di impugnativa -, poiché la circostanza che era stato annullato in autotutela il permesso di costruire del 2003 relativamente alla nuova destinazione d’uso ad autorimessa aveva svuotato di effetti la sanatoria della trasformazione edilizia correlata (indissolubilmente) alla variata destinazione, e quindi reso di fatto inefficace in parte qua il titolo abilitativo allora rilasciato. Il che ha determinato, in conseguenza della rimozione della concessione in variante del 1997, il pieno ripristino della disciplina dell’attività edificatoria recata dall’originario provvedimento concessorio del 1993, comprensivo di interventi di riduzione della cubatura del fabbricato accessorio".

Assume al riguardo l’appellante che:

– il provvedimento n. 1102/2003 aveva sanato la struttura della sua dimensione originaria, escludendo cioè la necessità di diminuirne l’altezza;

– l’annullamento della concessione n. 3233/1996 non poteva avere l’effetto di rendere abusivo un fabbricato per un’eccedenza di soli 10 cm di altezza; la costruzione era stata a suo tempo legittimamente realizzata ed era esistente da lunghissimo tempo: in ogni caso non si poteva configurarlo come nuova costruzione abusiva, e quindi ordinarne la demolizione (ed, in difetto, l’acquisizione). Il Comune avrebbe invece dovuto valutare l’effetto della volumetria eccedente sull’intero intervento e non sul "fabbicatello". In ogni caso non si sarebbe potuta configurare una "variante essenziale" ai sensi dell’articolo 38 del Testo Unico dell’edilizia, perché non vi sarebbe stata nessuna nuova costruzione realizzata in assenza del permesso di costruire.

– 3.3. Con la quinta rubrica della "Parte B", l’appellante censura la decisione di primo grado che ha rigettato i motivi aggiunti del ricorso n. 187/2008, diretti avverso il verbale di accertamento dell’inottemperanza dell’ordinanza di demolizione di opere abusive ai sensi dell’articolo 31 del d.p.r. n. 380/2001, notificati alla Fondazione in qualità di proprietaria, in conseguenza dell’annullamento della concessione in sanatoria per il cambio di destinazione. Per l’appellante erroneamente il Collegio avrebbe ritenuto precluso, per la mancata impugnazione specifica della determinazione consequenziale dell’ordine di demolizione, la statuizione relativa all’acquisizione al patrimonio comunale. In quanto atto consequenziale di natura sanzionatoria, tale provvedimento, come tale, era destinato ad essere travolto, per l’invalidità derivata dall’accoglimento delle principali censure concernente l’annullamento dei relativi titoli edilizi.

– 3.4. Il combinato disposto di detti assunti merita di essere complessivamente condiviso nei sensi che seguono.

In conseguenza delle considerazioni di cui al punto che precede, deve rilevarsi che, una volta chiarita la piena legittimazione all’istanza della Fondazione del 2003 — e quindi, la legittimità, in base alla normativa urbanistica in vigore al momento del rilascio del permesso in sanatoria -, viene del tutto meno il presupposto posto a base della reiezione, da parte del TAR, del ricorso n.187/2008, essendo pienamente ripristinata l’efficacia dei titoli abilitativi.

Dopo la modifica delle norme di attuazione del 1998 in materia di altezza di autorimesse, la Fondazione "Casa di Padre Lino", a buon diritto, aveva richiesto nel 2003 il titolo abilitativo in sanatoria, al fine di utilizzare tale possibilità per evitare la costosa riduzione dell’altezza del magazzino (cui pure si era impegnata in precedenza) o, peggio, per non ridurre la cubatura del fabbricato principale destinato a Casa di riposo per anziani non autosufficienti.

L’art. 35 delle NTA per la "Zona B – tessuto residenziale consolidato" (come ricordato dallo stesso Condominio), prevede, infatti, che la realizzazione di autorimesse non integra alcun aumento di volume, per cui con l’annullamento (di cui al precedente punto n. 2) della revoca in autotutela del permesso del 2003, si ripristinava la situazione precedente nella quale la trasformazione in autorimessa del magazzino aveva "liberato" la relativa intera cubatura; e così questa poteva venire "recuperata" in conto all’edificio principale.

Pertanto, il rilascio della sanatoria concernente la trasformazione del magazzino in autorimessa, sottraendo la volumetria di quest’ultima dalla cubatura complessiva dell’intervento, ripristina comunque la originaria congruenza totale del progetto della Casa di Riposo con i parametri urbanisticoedilizi. In altri termini, essendo comunque formalmente assicurato il rispetto dell’indice di fabbricabilità fondiaria ammesso sul lotto oggetto dell’intervento, veniva meno in conseguenza l’obbligo di abbassamento dell’altezza del fabbricato accessorio.

Inoltre in base al giusto principio (richiamato nella stessa decisione impugnata) per cui il giudice valuta la legittimità del provvedimento impugnato con esclusivo riferimento allo stato di fatto e di diritto esistente al momento della sua emanazione, si deve rilevare che la modifica del 2005 degli artt. 26 e 28 delle N.T.A. del Piano Regolatore costituiva una vicenda successiva e, comunque assolutamente inconferente nella presente fattispecie, per cui era del tutto erroneo il richiamo al riguardo da parte del Comune.

A cagione del fallace rilievo dato alla mancata demolizione parziale con abbassamento dell’altezza del fabbricato, erroneamente il Comune aveva ritenuto di poter procedere all’annullamento in autotutela della concessione n. 3233/1996, di conseguenza affermando anche l’illegittimità sopravvenuta della concessione edilizia in variante n. 3233/96 del 31 gennaio 1997.

In relazione agli assorbenti profili che precedono, anche il ricorso di primo grado n. 187/2008 deve essere accolto sul punto e deve quindi precedersi alla riforma della decisione impugnata.

Per l’effetto deve essere pronunciato l’annullamento, per illegittimità derivata, sia dell’ordine di demolizione del 22 maggio 2008 (con il connesso ripristino dello stato dei luoghi a pena di acquisizione gratuita del bene al patrimonio comunale) e sia dei verbali di accertamento di inottemperanza all’ordine di demolizione redatti dalla Polizia municipale in data 2 febbraio e in data 17 febbraio 2009.

– 4.Par.. L’accoglimento che precede implica anche il venir meno delle dichiarazioni di improcedibilità dei ricorsi introdotti dal condominio in primo grado.

Entrambi i gravami, in considerazione delle argomentazioni di carattere sostanziale che precedono, devono essere respinti:

– 4.1. Con il ricorso di primo grado n. 261/2006 il Condominio di V. C. ha impugnato il permesso di costruire in sanatoria n. 1102/2002 del 26 giugno 2003 e l’autorizzazione unica (n. 1102/03 in data 26 giugno 2003) ex art. 4 del d.P.R. n. 447 del 1998.

Il Condomino introduce diverse censure che devono essere tutte disattese.

Quanto all’assunta erroneità del richiamo, nel provvedimento in sanatoria, all’art. 12 della legge reg. n. 31 del 2002, si deve osservare che la L.R. non disciplina i titoli edilizi in sanatoria, e che non era esclusa la possibilità di riconoscere in base alle NTA in vigore l’esistenza della "doppia conformità" dell’istanza di trasformazione in autorimessa sia ai sensi dell’art. 13 della legge n. 47 del 1985 e sia ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001.

Circa l’assunta insufficienza della motivazione, deve rilevarsi che tale profilo non può avere alcun rilievo giuridico,in quanto nella specie si tratta di attività priva di discrezionalità, come tale conseguente allo stretto riscontro della sussistenza dei presupposti legali per il rilascio.

Né sussiste alcuna lesione delle facoltà procedimentali del Condominio rispetto ai procedimenti edilizi della Fondazione, in quanto, come è noto, il proprietario di immobile confinante con quello oggetto del permesso di costruire può intervenire volontariamente nel procedimento amministrativo di rilascio del titolo abilitativo ai sensi dell’art. 9, l. 7 agosto 1990 n. 241, ma non può essere, in nessun caso, qualificato come soggetto direttamente interessato al provvedimento. In conseguenza non vi è alcun obbligo dell’Amministrazione di comunicargli ai sensi dell’art. 7 della stessa l. n. 241 del 1990 l’avvio del procedimento preordinato al rilascio del permesso di costruire (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 06 luglio 2009, n. 4300).

Neppure si ravvisa, infine, l’assunta incongruenza e l’illogicità di un’azione amministrativa che, per il condominio, sarebbe stata palesemente contraddittoria rispetto alla precedente condotta del medesimo ente locale in relazione alla legittimità dei provvedimenti abilitativi del Comune relativi alla Fondazione.

Il ricorso di primo grado n. 261/2006 va conclusivamente respinto.

– 4.2. Con un secondo ricorso di primo grado n. 262/2006, il Condominio:

– ha impugnato la revoca dell’ordine di sospensione dei lavori e dell’ordine di demolizione delle opere abusive dovute alla "mancata realizzazione di cambio destinazione d’uso da locale magazzino ad autorimesse" (v. provvedimento prot. n. 134587 del 9 agosto 2006); e ciò in ragione della mancata allegazione del progetto strutturale richiesto dal d.P.R. n. 380 del 2001 in connessione con la d.i.a. della Fondazione "Casa di Padre Lino" concernente l’esecuzione di "opere di manutenzione straordinaria di fabbricato adibito ad autorimessa sito in viale Caprera n. 18 a Parma";

– ha altresì chiesto la declaratoria dell’illegittimità dell’inerzia nell’adottare provvedimenti repressivi e/o il silenzio serbato dal Comune di Parma in ordine alla d.i.a., alla concessione edilizia originaria del 1993 ed alle successivamente varianti n. 613/95 e 2182/95, ed alla concessione edilizia n. 3233/96 del 31 gennaio 1997.

Alla luce della sostanziale legittimità dei titoli edilizi della Fondazione, risultano assolutamente inconferenti le censure con cui il Condominio denuncia rispettivamente:

– l’illogicità e contraddittorietà di una sequenza procedimentale in cui l’ordine di demolizione delle opere abusive è stato emesso prima dell’ingiunzione di sospensione delle stesse;

– la sussistenza dei presupposti per l’esercizio del potere di autotutela, anche per la non coincidenza degli uffici interni che hanno emesso, rispettivamente, l’atto di revoca e l’atto revocato;

– l’erroneità delle conclusioni secondo cui la carenza del progetto strutturale per le zone sismiche risulterebbe assorbita dalle dichiarazioni e dall’asseverazioni del Tecnico allegate alla d.i.a.;

– l’illegittima omessa acquisizione del parere preventivo del Comando provinciale dei Vigili del Fuoco in relazione alla presenza di stalliauto superiori a nove unità;

– la carenza di motivazione in ordine ai presupposti dell’esercizio del potere di autotutela – che avrebbe del resto dovuto tenere conto anche dell’illegittimità dell’intervento edilizio per la mancata realizzazione del cambio di destinazione d’uso da magazzino in autorimesse;

– l’incongruenza e illogicità della condotta dell’Amministrazione per contraddittorietà della sua azione.

Al riguardo basti ricordare che, una volta accertata la legittimità del permesso di sanatoria del 2003 — e quindi di conseguenze il buon diritto della Fondazione al mantenimento del permesso in sanatoria e di tutti gli altri titoli edilizi al medesimo connessi — nessun rilievo giuridico può essere riconosciuto a tutte le censure rivolte contro il relativo procedimento, alcune delle quali peraltro prive di un reale supporto probatorio.

Di qui la legittimità degli atti impugnati in primo grado.

Anche il secondo ricorso di primo grado n. 262/2006 va dunque respinto.

– 5.Par. In conclusione, l’appello deve essere accolto con conseguente l’annullamento della decisione impugnata, e per l’effetto:

– in accoglimento del ricorso n. 68/2008 della Fondazione "Casa di Padre Lino", deve essere dichiarata l’illegittimità del provvedimento del Comune di Parma di autoannullamento del permesso in sanatoria al cambio di destinazione d’uso da deposito magazzino ad autorimessa del 2003;

– in accoglimento del ricorso di primo grado n. 187/2008 deve essere pronunciato l’annullamento per illegittimità derivata del provvedimento del 22 maggio 2008 di annullamento della variante n. 3233/96 del 31 gennaio 1997 e di demolizione e ripristino dei luoghi ed altresì dei verbali di accertamento di inottemperanza della Polizia municipale 2 febbraio e del 17 febbraio 2009;

– superata la dichiarazione, in primo grado, della loro improcedibilità, devono essere respinti i ricorsi di primo grado n. 261/2006 e n. 262/2006 introdotti dal Condominio appellato.

Le spese del doppio grado possono tuttavia essere compensate tra le parti in relazione alla complessità e novità delle questioni dedotte.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando:

1. accoglie l’appello e per l’effetto, in riforma della decisione impugnata:

– accoglie il ricorso n. 68/2008 ed annulla il provvedimento del Comune di Parma di autoannullamento del permesso di costruzione in sanatoria gravato in prime cure;

– accoglie il ricorso di primo grado n. 187/2008, annulla l’ordine di demolizione, e gli atti a ciò conseguenti meglio descritti in motivazione.

– respinge i ricorsi di primo grado n. 261/2006 e n. 262/2006 del Condominio appellato.

– 2. Spese del doppio grado integralmente compensate tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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