Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 22-09-2011) 30-09-2011, n. 35610 Lettura di atti, documenti, deposizioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 08.01.2008 il Tribunale di Cassino dichiarava T.R. colpevole del delitto di cui all’art. 314 c.p., comma 1, perchè, avendo nella sua qualità di Direttore dell’Ufficio Postale di S. Oliva la disponibilità, per ragioni di ufficio, di denaro destinato al pagamento di pensioni, si appropriava di somme spettanti a tal titolo a P.G. (50% dei ratei di febbraio e aprile 1997), a Pa.Ol. (rateo agosto-settembre 1997) e a M.M.C. (duplicazione ratei aprile-maggio e maggio-giugno 1995), nonchè di somme maturate a titolo di interessi su buoni fruttiferi e libretto di risparmio di spettanza di D.P.L., e, concesse le attenuanti generiche e ritenuta la continuazione fra i vari episodi, lo condannava alla pena di anni due e mesi tre di reclusione e al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile (Poste Italiane SpA), con interdizione temporanee a dai pubblici uffici per anni due. A seguito di gravame dell’imputato, con sentenza in data 01.03.2010 la Corte di Appello di Roma confermava la predetta sentenza.

Ricorre il T. a mezzo del difensore, deducendo:

1.- l’illegittima acquisizione ed utilizzazione ex art. 512 c.p.p. delle dichiarazioni rese all’Ispettore delle Poste Pe. nel corso delle indagini da P.G., P.M., D.P.L. e M.M.C., trattandosi di soggetti in età avanzata il cui sopravvenuto decesso non poteva considerarsi evento imprevedibile;

2- l’illegittima utilizzazione delle dichiarazioni de relato rese dal predetto Ispettore in ordine a quanto da lui appreso informalmente da P.P.;

3- la carenza, in conseguenza di quanto sopra, di valida motivazione a supporto dei capi d’accusa riguardanti P.G., D. P.L. e M.M.C., e la assoluta insufficienza, ai fini della prova del reato relativo a Pa.

O., della sola testimonianza della nipote Pu.Se.;

4- Pinconfigurabilità, a seguito della trasformazione dell’Amministrazione postale in Ente Poste e poi in Poste Italiane s.p.a., della relativa attività quale funzione pubblica o servizio pubblico, con conseguente esclusione della qualità di pubblico ufficiale in capo al Direttore dell’Ufficio postale e conseguente derubricazione del delitto di peculato in appropriazione indebita, improcedibile per mancanza di querela;

5.- l’eccessività della pena.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile.

Per quanto concerne il primo motivo, si osserva che la valutazione circa la prevedibilità dell’evento che impedisce la ripetizione dell’atto va compiuta dal giudice di merito con riguardo al tempo in cui l’atto è stato assunto e tenuto conto della situazione esistente in quel momento, che deve essere tale da rendere probabile, secondo l’id quod plerumque accidit, l’intervento di fattori incidenti negativamente sulla ripetibilità dell’atto stesso (v., fra le altre, Cass. 23.01.1995, Comberiati). Tale valutazione non può logicamente che riferirsi a fattori concreti e specifici e non a meri dati generali e statistici. Ne consegue che l’età avanzata di un soggetto, salva l’ipotesi estrema di già maturato prolungamento molto al di là di ogni media, non può di per sè, in assenza di circostanze ulteriori idonee a giustificare la ragionevole aspettativa di un esito letale o di un’infermità inabilitante a breve scadenza, costituire elemento tale da legittimare la previsione dell’irripetibilità dell’assunzione del medesimo. Poichè nella specie non ricorrono le dette ipotesi estreme e non risultano le riferite circostanze ulteriori, la valutazione dei giudici di merito del sopravvenuto evento mortale come imprevedibile agli effetti della legittima applicazione dell’art. 512 c.p.p. appare corretta e la tesi contraria sostenuta nel ricorso è palesemente priva di consistenza.

Il secondo motivo di ricorso è del tutto inconferente, posto che non risulta dall’impugnata sentenza che nella stessa si sia operata decisiva valorizzazione delle dichiarazioni de relato rese dal predetto Ispettore in ordine a quanto da lui appreso informalmente da P.P..

L’infondatezza dei primi due motivi di ricorso si riverbera anche sul terzo in riferimento ai fatti riguardanti P.G., D. P.L. e M.M..

Quanto all’episodio relativo a Pa.Ol., nel ricorso si censura la valutazione delle risultanze processuali operata in sede di merito, che non appare affetta da palese illogicità laddove ha ritenuto esaustive e decisive – in assenza di qualsiasi valida e concreta snentita – le affermazioni della nipote Pu.Se., secondo cui lei era l’unica persona incaricata della riscossione della pensione della zia, i soggetti che risultavano aver attestato l’autenticità del segno croce apposto per quietanza dalla pensionata le risultavano del tutto sconosciuti e (come si legge nella sentenza di primo grado) l’imputato ebbe un atteggiamento assolutamente elusivo di fronte alle sue richiesta di chiarimenti.

Relativamente alla qualificazione dei fatti, risulta corretta la qualificazione in termini di peculato della condotta dell’imputato, essendo manifestamente infondato condivisibile l’assunto del ricorrente, secondo cui il medesimo non avrebbe operato nell’ambito dell’esercizio di funzioni pubbliche, ma nell’espletamento di una attività privatistica, quale deve considerarsi quella deve considerarsi quella degli uffici postali a seguito della trasformazione dell’amministrazione postale in ente pubblico economico, attuata con il D.L. 1 dicembre 1993, n. 487, convenite con modificazioni nella L. 29 gennaio 1994, n. 71, e della successiva adozione della forma della società per azioni di cui alla L. 23 dicembre 1996, n. 662. Tali eventi, infatti, come già da tempo e ripetutamente puntualizzato da questa Corte (Cass. Sez. 6, 8-3-2001 n. 20118; Cass. Sez. 6 15-6-2004 n. 36007; Cass. Sez. 6, 7-3-2007 n. 34884), non hanno determinato la sottrazione al regime pubblicistico – correlato alla natura delle norme regolatrici – dei servizi postali, ivi compresi quelli di erogazione di prestazioni pecuniarie per conto dello Stato o di enti pubblici e quelli relativi alla raccolta del risparmio attraverso i libretti di risparmio postale ed i buoni postali fruttiferi. In relazione in particolare alla posizione del direttore di un ufficio postale, la qualità di pubblico ufficiale deve senz’altro essere riconosciuta, avuto riguardo ai poteri di certificazione esercitati per i movimenti di denaro effettuati e per la relativa contabilizzazione (cfr. Cass. Sez. 6, 7-3-2007 n. 34884).

Del tutto generico e privo di consistenza è infine il quinto motivo di ricorso. Alla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione della causa di inammissibilità, si stima equo determinare in Euro 1000.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle Ammende, nonchè al rimborso delle spese sostenute dalla parte civile Poste Italiane S.p.A., che liquida in complessivi Euro 1878,75, oltre iva e epa come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *