Cons. Stato Sez. IV, Sent., 27-10-2011, n. 5768 Appello al Consiglio di Stato avverso le sentenze del T.A.R

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.1. L’attuale appellato, Tenente Colonnello in s.p.e. dell’Arma dei Carabinieri appartenente ai ruoli normali D. C., ha impugnato con ricorso proposto sub R.G. 5995 del 2005 innanzi al T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, l’esito del giudizio di avanzamento per l’anno 2005 di cui al provvedimento prot. n. MD/GMIL03/II/4/1/2005/31192 del Ministero della Difesa – Direzione Generale per il Personale Militare 2° Reparto – 4^ Divisione – 1^ Sezione d.d. 6 aprile 2005, a lui comunicato in data 27 aprile 2005 e in forza del quale egli, pur essendo stato ritenuto idoneo all’avanzamento a scelta del grado superiore di Colonnello, non è stato iscritto in quadro di promozione, avendo ottenuto punti 27,87 e risultando pertanto collocato al 57° posto della graduatoria di merito della 1^ aliquota di avanzamento.

Il C. ha esteso l’impugnativa anche ad ogni altro atto presupposto e conseguente.

1.2. Con motivi aggiunti, ritualmente notificati, il ricorrente ha proposto ulteriori censure, sia sotto il profilo della violazione di legge che sotto quello dell’eccesso di potere, rinnovando la domanda di annullamento degli atti impugnati.

1.3. Si è costituito in giudizio il Ministero della Difesa, concludendo per la reiezione del ricorso.

1.4. I tre parigrado evocati in giudizio dal ricorrente (Ten. Col. CC. C. C., Ten. Col. CC. F. F. A. G. e Ten. Col. CC. D. G., divenuti Colonnelli in esito alla procedura di avanzamento qui contestata) non si sono viceversa costituiti in giudizio.

1.5. Con ordinanza collegiale n. 2571 dd. 14 marzo 2010 la Sezione Ibis dell’adito T.A.R. ha disposto l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti gli iscritti nel relativo quadro di avanzamento.

Il C. ha provveduto a tale incombente, ma nessuno di tali controinteressati si è costituito in giudizio.

1.6. Alla pubblica udienza dell’8 gennaio 2010 la causa è stata trattenuta per la decisione.

1.7. Con sentenza n.1996 dd. 11 febbraio 2010 la medesima Sezione Ibis del T.A.R. per il Lazio ha accolto il ricorso del C., condannando il Ministero della Difesa al pagamento delle spese di giudizio, liquidate nella misura di Euro 3.000,00.- (tremila/00), onorari di causa compresi.

2.1. Con l’appello il Ministero della Difesa chiede ora la riforma di tale pronuncia.

L’appellante Ministero rileva che in tale sentenza il giudice di primo grado ha reputato che nel confronto tra i curricula di servizio del C. con i già suoi parigrado C., F. e D. emergerebbe la disparità del metro valutativo utilizzato, avuto riguardo ai titoli di cui all’allora vigente art. 26, lett. b), della L. 12 novembre 1955 n. 1137 (qualità professionali) e lett. d) dello stesso articolo (attitudine ad assumere incarichi nel grado superiore).

In particolare, nella sentenza resa dal T.A.R. si affermato che il C. e il F. neppure possedevano i requisiti per essere sottoposti alla valutazione per l’anno 2005, e ciò in quanto il primo non avrebbe disimpegnato incarichi di attribuzione specifica nel grado di Tenente Colonnello, nel mentre il secondo non avrebbe raggiunto i prescritti 5 anni di anzianità minima per essere ammesso a valutazione per la promozione al grado superiore.

Inoltre, sempre secondo il T.A.R., il C. avrebbe ottenuto la qualifica apicale di "eccellente" dopo 4 anni dal termine del percorso formativo, nel mentre il C., proveniente non dai corsi normali dell’Accademia di Modena ma dal complemento, avrebbe impiegato 7 anni per ottenere tale qualifica, e il F. 5 anni.

Il T.A.R. ha inoltre evidenziato che il C. ha svolto un notevole periodo di comando (233 mesi), attestato dal conseguimento della relativa medaglia d’argento, superiore a quello sia al periodo di comando del F. (87 mesi) e del D.(165 mesi), il quale ultimo è stato quindi insignito soltanto della medaglia di bronzo al merito di lungo comando.

Il giudice di primo grado ha anche evidenziato che il C. annovererebbe pure una maggiore multiformità di impiego rispetto al C., avendo prestato servizio in tre diverse componenti dell’Arma e assolto incarichi di attribuzione specifica o comunque equipollenti e, quindi, validi per l’avanzamento.

Per quanto attiene all’attitudine ad assumere incarichi nel grado superiore – evidenzia sempre l’appellante Ministero – il medesimo giudice di primo grado ha affermato che su tale componente della valutazione inevitabilmente si ripercuoterebbero tutti i rilievi testè descritti, mancando comunque qualsivoglia indizio negli atti impugnati di un bilanciamento fra tutte le qualità dimostrate dal C. e dai predetti altri candidati alla promozione.

Ciò posto, per quanto attiene all’asserito mancato possesso, da parte del C. e del F., il Ministero reputa che il giudice di primo grado "sia incorso in un grossolano errore" (così a pag. 3 dell’atto introduttivo del presente giudizio di appello).

In tal senso, infatti, per quanto segnatamente attiene all’asseritamente mancato compimento, da parte del C., di incarichi attribuzione specifica di Tenente Colonnello, andrebbe rilevato – sempre ad avviso dell’appellante Ministero, che:

a) à sensi dell’art. 31, comma 12 del D.L.vo 5 ottobre 2000 n. 298, "sino all’anno 2006 compreso, per gli Ufficiali del ruolo normale fino al grado di Tenente Colonnello restano validi, ai fini dell”inclusione in aliquota di valutazione per l’avanzamento al grado superiore, i periodi di comando già previsti per il grado rivestito dalla tabella 1 allegata al D.L.vo 24 marzo 1993 n. 117", la quale ultima – a sua volta -prevede, quale periodo minimo di comando per l’inserimento in aliquota di avanzamento, "due anni di Comando provinciale, di Gruppo o incarico equipollente, anche se compiuto in tutto o in parte nel grado di Maggiore";

b) il D.M.del 18 giugno 2002, recante l’elenco degli incarichi "equipollenti" ai periodi di comando, include anche quelli svolti nell’ambito degli "Uffici di diretta collaborazione del Ministro", tra cui

rientra senza dubbio anche l’incarico di capo della segreteria del Sottosegretario di Stato alla Difesa, ricoperto dal C..

Gioverebbe in proposito rammentare – sempre secondo la prospettazione dell’appellante Ministero – che, à sensi del combinato disposto degli artt. 17, comma 3, e 31, comma 14 del medesimo D.L.vo 298 del 2000, il Ministro della Difesa "fino all’anno 2007 compreso (…) è autorizzato annualmente a modificare, con apposito decreto, per ogni grado dei ruoli del servizio permanente (…) la previsione relativa agli obblighi di comando".

Per quanto attiene invece all’asseritamente mancato possesso, da parte del F., dell’anzianità

minima di 5 anni nel grado di Tenente Colonnello, l’appellante Ministero afferma che l’art. 18, comma 2, del D.L.vo 298 del 2000 dispone che "i Tenenti Colonnelli del ruolo normale da valutare per l’avanzamento sono inclusi in tre distinte aliquote formate sulla base delle anzianità di grado indicate nella tabella 1 annessa al presente decreto", la quale – a sua volta – contempla l’inserimento nella prima aliquota di valutazione dei Tenenti Colonnelli con 5 o 6 anni di anzianità di grado.

Peraltro – evidenzia sempre l’appellante Ministero – quest’ultima disposizione non era ancora applicabile all’epoca della valutazione impugnata, in quanto vigeva ancora il regime transitorio disciplinato dall’art. 31 del medesimo D.L.vo 298 del 2000, il quale, segnatamente al suo comma 4, lett. d), stabilisce che "dall’anno 2003 e sino all’inserimento in aliquota dei Tenenti Colonnelli aventi anzianità di nomina ad Ufficiale uguale o anteriore al 30 agosto 1994, le aliquote di valutazione sono fissate con decreto del Ministro della Difesa in modo da includere: nella prima delle aliquote di cui all’art. 18, comma 2 del presente decreto, oltre agli Ufficiali già valutati per la prima volta l’anno precedente e giudicati idonei e non iscritti in quadro, i Tenenti Colonnelli non ancora valutati che abbiano anzianità di grado non superiore a quelle indicate nella tabella 1 annessa al presente decreto".

Secondo l’appellante Ministero, nell’introdurre tale disciplina il legislatore non avrebbe inteso precludere l’inserimento in aliquota degli Ufficiali con anzianità inferiore ai 5 anni, bensì degli Ufficiali con anzianità superiore a quella indicata dalla testè riferita tabella 1.

Comunque sia, ad avviso dell’appellante Ministero il giudice di primo grado avrebbe scorrettamente estrapolato dal profilo professionale del C. e dei predetti C., F. e D. solamente alcuni aspetti reputati favorevoli al primo e sfavorevoli agli altri tre, senza inoltre considerare nel loro complesso i curricula di servizio dei quattro ufficiali; e rimarca al riguardo che, per giurisprudenza assolutamente concorde e costante, nelle valutazioni a scelta assoluta non è ora consentito isolare uno o più singoli episodi nella carriera, sia propria che degli ufficiali assunti a termine di confronto, allo scopo di dedurre l’illegittimità del giudizio della Commissione superiore di avanzamento, essendo le valutazioni riferite all’intera camera degli scrutinandi, poiché investono nella loro globalità la personalità e la carriera di costoro: ossia – detto altrimenti – la valutazione dei singoli requisiti e titoli non ha autonomia, dovendo tutti gli elementi essere considerati nel loro insieme, per cui la mancanza di uno o più titoli da parte di un valutando può essere ben supplita, nei confronti di altri valutandi, dall’entità di titoli diversi, apprezzati come equivalenti o di maggior valore nell’ambito di un giudizio complessivo ed indivisibile.

Premesso ciò, per quanto attiene alla fondatezza – affermata dal T.A.R. – della censura di eccesso di potere in senso relativo dedotta nei confronti delle valutazione ottenute dal C., dal F. e dal D. (i quali avrebbero pertanto beneficiato, da parte della Commissione., di un criterio di giudizio più generoso di quello viceversa utilizzato per il C.), il Ministero afferma che non sarebbe possibile non rilevare come costoro siano ufficiali in possesso di titoli quantomeno equivalenti a quelli del C.: equivalenza che, per consolidata giurisprudenza, già di per sè precluderebbe ogni ulteriore indagine del giudice di legittimità, escludendosi nella specie la presenza di macroscopiche difformità differenziali nei titoli valutati (cfr. al riguardo, ad es., Cons. Stato, Sez. IV, 26 febbraio n. 678).

A tale proposito l’appellante Ministero evidenzia che, per quanto attiene ai titoli di cui all’art. 26, lett. b), della L. 1137 del 1955 (qualità professionali) il giudice di primo grado ha desunto – come detto innanzi – la superiorità del C. dalla circostanza che questi ha impiegato un tempo minore, rispetto al C., al F. e al D. per raggiungere la qualifica apicale di "eccellente", nonché dalla circostanza che il medesimo C. ha svolto un periodo più lungo in incarichi di comando rispetto al F. e al D., e anche dal suo possesso di un profilo di impiego più ampio e variegato di quello del C..

Lo stesso Ministero rileva in proposito che, sebbene l’art. 2, comma 2 del D.M. 2 novembre 1993 n. 571, recante l’allora vigente regolamento concernente modalità e criteri applicativi delle norme contenute negli articoli 25 e 26 della L. 1137 del 1955, riguardanti le procedure ed i punteggi per l’avanzamento a scelta degli ufficiali delle Forze Armate, imponesse che in ogni giudizio di avanzamento si deve tenere conto di tutti i precedenti di carriera del valutando, per principio consolidato in giurisprudenza i giudizi non apicali conseguiti dagli ufficiali nei gradi iniziali ed in anni remoti, come nel caso di specie, non debbano assumere rilievo ex se preminente; né andrebbe obliterato che il senso letterale e logico dell’art. 9 del medesimo D.M. 571 del 1993 si identifica nel richiedere che le attitudini e la versatilità degli scrutinandi siano, in concreto, valutate sulla base delle prove fornite nelle diverse tipologie di impiego, desumibili dalla relativa documentazione caratteristica, specie nel grado e negli incarichi rivestiti subito prima dell’avanzamento in questione.

Ciò posto, dall’esame dei dati acquisiti dalla Commissione superiore di avanzamento non emergerebbe alcuna superiorità di rendimento del C. e che la pur migliore percentuale di aggettivazioni analitiche apicali ottenute da questi rispetto al F. e al D. nella documentazione caratteristica redatta prima del 31 ottobre 2002 risulterebbe ampiamente compensata dalla più elevata percentuale di aggettivazioni inferiori alla massima riportate dal C. nel periodo successivo a tale data.

Oltre a tutto ciò, dall’esame della documentazione personale del C., del F., del C. e del D. consterebbe che il C. ha conseguito per la prima volta la qualifica apicale di "eccellente"nel grado di Capitano, ossia dopo 5 anni dalla nomina a Sottotenente in s.p.e., a differenza del C. e del F., che l’hanno ottenuta già nel grado di Tenente, e quindi dopo soli 3 anni di servizio; senza sottacere che il C., tra l’altro, aveva riportato tale qualifica già da Sottotenente di complemento, e quindi dopo un solo anno di servizio).

Consterebbe inoltre che il C. ha riportato espressioni elogiative aggiuntive, senza soluzione di continuità, dopo ben 21 anni dalla nomina a Sottotenente in s.p.e., nel mentre ciò è avvenuto per il C. dopo 8 anni, per il D. dopo 11 anni e per il F. dopo 12 anni.

Il C., inoltre, avrebbe comunque riportato soltanto 2 di tali espressioni aggiuntive di elogio,, rispetto alle 13 del F., e alle 12 del C. e del D..

Anche per quanto riguarda gli incarichi ricoperti, l’appellante Ministero rimarca una netta prevalenza del F., del C. e del D., i quali avrebbero ben diversificato le proprie esperienze di servizio sia dal punto di vista geografico che funzionale, assolvendo regolarmente i prescritti incarichi di comando o equipollenti, e svolgendo servizio anche in area sensibile.

Ad avviso del Ministero, il possesso da parte del C. della medaglia d’argento al merito di lungo comando di reparto non potrebbe inoltre essere considerato come un titolo di prevalenza sui chiamati in causa, tenuto conto che tale medaglia viene concessa indistintamente a tutti gli ufficiali che abbiano maturato un determinato periodo di anzianità in incarichi di comando.

Né andrebbe sottaciuto – sempre secondo il Ministero – che, contrariamente a quanto asserito dal giudice di primo grado, il C. ha prestato servizio soltanto in due componenti dell’Arma, quella territoriale e quella mobile, nel mentre il F., il C. e il D. hanno svolto incarichi in tre componenti, ossia – precisamente – il F. nell’organizzazione territoriale, mobile e centrale, e il D. in quella territoriale, addestrativa e centrale; inoltre, il C., il F. e il D. avrebbero ricoperto – a differenza del ricorrente – incarichi di elevata responsabilità nell’ambito del Comando generale dell’Arma dei Carabinieri, ossia il C. presso l’Ufficio legislazione per circa 95 mesi quale Capo Sezione; il F. presso l’Ufficio addestramento e regolamenti, sempre per circa 95 mesi, dapprima quale Addetto e poi quale Capo Sezione; il D. presso l’Ufficio Personale per circa 78 mesi, dapprima quale Addetto e poi quale Capo Sezione.

Inoltre, il Ministero reputa significativo che nel grado di Tenente Colonnello, rivestito all’atto della

Valutazione, il C. ha ricoperto le delicate funzioni di capo della Segreteria del Sottosegretario di Stato alla difesa, il quale cura i rapporti del Sottosegretario con soggetti pubblici e privati e lo assiste nello svolgimento dei compiti affidatigli in ragione del suo incarico

istituzionale; il F., oltre ad aver prestato servizio presso l’Ufficio Relazioni Internazionali dello Stato Maggiore della Difesa, è stato impiegato anche nell’ambito dell’Ufficio Rapporti con il Parlamento del Gabinetto del Ministro della Difesa, ufficio che ha il compito, tra l’altro, di curare l’esame degli atti da inoltrare alla firma del Ministro e dei Sottosegretari di Stato delegati.

Il Ministero rimarca pure che il F., a differenza del C., ha svolto anche incarichi a carattere internazionale, quale Liason Officer (Ufficiale di collegamento) nell’ambito della missione IPTF, Vice Capo sicurezza del Comando IFOR/SFOR e Capo Cellula G2 presso il Reggimento MSU, ai quali deve essere riconosciuta particolare e significativa importanza a termine degli artt. 9 e 10 del decreto ministeriale 571 del 1993.

Per quanto attiene ai titoli della lett. d) dell’art. 26 della L. 1137 del 1955 (attitudine ad assumere incarichi nel grado superiore), il Ministero denota che nell’attribuzione del relativo punteggio, avente carattere indubbiamente prognostico, la Commissione Superiore di Avanzamento, pur muovendo à sensi dell’allora vigente art. 15 del D.L.vo 30 dicembre 1997 n. 490 unicamente dalla documentazione matricolare e caratteristica del valutando così come apprezzato in riferimento al relativo profilo attitudinale e di servizio, non deve assolutamente procedere ad una sommatoria o ad una sintesi sulla base di ciò che l’ufficiale ha evidenziato fino a quel momento; all’opposto, partendo dagli stessi elementi risultanti dal libretto personale del valutando, deve effettuare un

giudizio, come detto, di "prognosi", ossia proiettando il valutando medesimo nel futuro, con le sue caratteristiche e la sua professionalità, ed esprimere quindi, attraverso il punteggio, un giudizio sulla sua attitudine ad assumere incarichi nel grado superiore.

In tale contesto il medesimo Ministero reputa alquanto limitativo che il giudizio di cui trattasi venga a fondarsi soltanto sui titoli di cui alle lettere a), b) e c) dell’art. 26 della L.1137/1955 (cfr. in senso conforme, ad es., Cons. di Stato, Sez. IV, 31 maggio 2007 n. 2868)/: e, del resto, lo stesso art. 8, comma 1, del D.L.vo 490 del 1997 dispone che l’ "aver disimpegnato bene le funzioni del proprio grado è condizione indispensabile, ma non sufficiente, per l’avanzamento al grado superiore".

Il Ministero rileva – altresì – che nella specie al Commissione Superiore di Avanzamento ha dedotto la migliore attitudine del F., del C. e dell D. ad assolvere le funzioni del grado superiore dalle capacità e dalla versatilità da loro dimostrate nelle prove fornite nelle diverse tipologie d’incarico fino al momento dello scrutinio di cui trattasi: e l’assunto del giudice di primo grado secondo cui costoro avrebbero "evidenziato, in taluni episodi del servizio,

propensioni che certamente non sono consone alla figura di un Ufficiale in procinto di

assumere incarichi di maggiore responsabilità" risulterebbe del tutto privo di riscontri documentali e, quindi, del tutto infondato.

Analoga conclusione il Ministero esprime pure per l’ulteriore assunto del giudice di primo grado secondo cui "il rilevato vizio che ha inficiato il giudizio di cui alla lettera a), si ripropone anche per la lettera d)", rilevando in proposito una ben evidente contraddittorietà, posto che il giudice di primo grado non avrebbe riscontrato nella specie illegittimità nell’attribuzione del punteggio per i titoli di cui alla lettera a) dell’art. 26 della L. 1137 del 1955 (qualità fisiche, morali e di carattere).

Per tali titoli – semmai – secondo lo stesso Ministero sarebbe da considerare che, pur avendo il C. ottenuto durante la carriera un elogio ed un encomio semplice, il C. ha per parte propria ottenuto un encomio solenne del Ministro della Difesa, il F. due elogi, un encomio semplice ed un encomio solenne, e il D. un encomio semplice.

Il Ministero rimarca anche che dal riscontro delle percentuali di voci analitiche ottenute in tutta la carriera dal C., nonché dal F., dal C. e dal D. relativamente alle qualità fisiche, morali e di carattere, emergerebbe la netta prevalenza di questi ultimi rispetto al C..

Infatti:

– Fino al 31 ottobre 2002 (previgente disciplina di valutazione):

Valore apicale: C. 84,07; C. 91,52; F. 94,49; D. 80,35.

Valore intermedio: C. 15,93; C. 8,48; F. 5,51; D. 19,65.

– Dall’1 ottobre 2002 (nuova disciplina di valutazione):

Pregevole: C. 25,00; C. 100,00; F. 100,00; D. 100,00;

Ottimo: C. 75,00; C.: 00,00; F. 00,00; D. 00,00.

Sempre secondo il Ministero, l’esame di tali dati consentirebbe pure di rilevare che la migliore percentuale di aggettivazioni analitiche apicali ottenute dal C. nella documentazione caratteristica redatta prima del 31 ottobre 2002 rispetto al D. risulterebbe largamente compensata dalla più elevata percentuale di aggettivazioni inferiori alla massima da lui riportate nel periodo successivo a tale data.

Per quanto attiene ai titoli di cui alla lett. c) dell’art. 26 della L. 1137 del 1955 (qualità culturali ed intellettuali), il Ministero rimarca che il C. è in possesso di due lauree, rispettivamente in scienze politiche ed in scienze della sicurezza interna ed esterna, nel mentre il C. ha conseguito la laurea in scienze politiche e quella di primo livello in scienze della sicurezza; il F. ha conseguito la laurea in scienze politiche, quella in scienze della sicurezza interna ed esterna, nonchè un master in diritto delle Comunità europee, e il D. la laurea in giurisprudenza e quella in scienze della sicurezza interna ed esterna.

In proposito il Ministero rileva che nella valutazione ai fini dell’avanzamento le lauree invero rivestono grande importanza, ma comunque non decisiva ai fini dell’accertamento delle qualità dell’ufficiale che, comunque, si acquisiscono e si consolidano anche attraverso il concreto esercizio delle attività di servizio svolte e che divengono sempre più complesse con il progredire della carriera: qualità di cui devono dare conto, più che i titoli conseguiti, i giudizi espressi dai superiori gerarchici nella documentazione caratteristica compilata di volta in volta (cfr. sul punto, ad es., Cons. di Stato, Sez. IV, 19 marzo 2001 n. 1605), posto che non sussisterebbe un inscindibile nesso tra il possesso di lauree, diplomi, attestati e corsi e la promozione al grado superiore, ben potendo – ed anzi dovendo – la Commissione Superiore di Avanzamento apprezzare in misura maggiore o minore le doti intellettuali e di cultura in base ad altri elementi, ed in particolare alla manifestazione che ne ha dato l’ufficiale nello svolgimento del servizio.

In tal senso, infatti, l’art. 12, comma 1, del D.M. 571 del 1993 stabilisce che le qualità, le capacità e le attitudini risultanti dalle graduatorie definitive dei concorsi per il reclutamento e dei corsi devono essere confrontate con quelle effettivamente dimostrate dall’ufficiale durante il successivo impiego; e, al riguardo, la percentuale di voci analitiche conseguite dal C., nonché dal F., dal C. e dal D. nella valutazione per l’intera carriera delle qualità culturali ed intellettuali, consentirebbero di evidenziare anche in questo caso la supremazia degli ultimi tre rispetto al ricorrente in primo grado, posto che:

– Fino al 31 ottobre 2002 (previgente disciplina di valutazione):

Valore apicale: C. 45,06; C. 61,62; F. 52,66; D. 50,29.

Valore intermedio: C. 51,85; C. 34,34; F. 45,89; D. 43,86.

Valore basso: C. 3,09; C. 4,04; F. 1,45; D. 5,85.

– Dall’1 ottobre 2002 (nuova disciplina di valutazione):

Pregevole: C. 12,50; C. 100,00; F. 88.89; D. 90,00;

Ottimo: C. 87,50; C.: 00,00; F. 11,11; D. 10,00.

Il Ministero evidenzia – altresì – che il F., il D. e il C. hanno frequentato il medesimo corso presso l’Accademia di Modena e la Scuola di Applicazione dell’Arma, dove i primi due hanno comunque conseguito risultati complessivamente migliori del medesimo C., ossia:

F.: in Accademia 21° su 53; nella Scuola di Applicazione 23° su 53; nel quadriennio Accademia – Scuola di applicazione 22° su 53;

D.: in Accademia 3° su 53; nella Scuola di Applicazione 15° su 53; nel quadriennio Accademia – Scuola di applicazione 6° su 53;

C.: in Accademia 19° su 53; nella Scuola di Applicazione 41° su 53; nel quadriennio Accademia – Scuola di applicazione 26° su 53.

Il Ministero considera – altresì – la circostanza che il C., a differenza del C., proviene dai corsi di complemento, conseguendo nei corsi basici risultati estremamente positivi: ossia al corso AUC, 2° su 57; al corso tecnico professionale 6° su 57 e al corso applicativo d’Arma 4° su 17.

Né dalla circostanza per cui il medesimo C. non provenga dai corsi normali dell’Accademia di Modena non potrebbero discendere conseguenze penalizzanti, in quanto à sensi dell’art. 12 del D.M. 571 del 1993 le qualità, le capacità e le attitudini risultanti dalle graduatorie definitive dei concorsi per il reclutamento e dei corsi devono essere confrontate con quelle effettivamente dimostrate durante il successivo impiego; ed in tal senso sarebbe indubbio che il C. abbia evidenziato, nel corso di tutta la carriera, eccellenti qualità complessive, posto che – comunque – l’avvenuto passaggio nel servizio permanente effettivo dal complemento è, di per sé, inequivoco indice del possesso delle qualità professionali richieste nella nuova posizione di stato.

Il Ministero rimarca pure che:

a) al corso di Istituto il F., il C. e il D. hanno riportato risultati senz’altro migliori di quelli del ricorrente, classificandosi rispettivamente 13°, 11° e 4° su 62 partecipanti, nel mentre il C. si classificato 32° su 62 partecipanti;

b) il C. e il F. possiedono, a differenza del C., il 2° grado di conoscenza accertata della lingua inglese

c) il C. ha frequentato con lodevoli risultati il corso di studi superiori per la formazione di consulenti legislativi, il corso di orientamento e formazione internazionale per funzionari pubblici ed il corso di aggiornamento in materia di coordinamento; il F. ha frequentato, sempre con lodevoli risultati, il corso internazionale sul diritto dei conflitti armati, il corso di orientamento e formazione sulle organizzazioni internazionali ed il "NATO legal course"; il D., parimenti con lodevoli risultati, ha frequentato il corso sulla gestione dei procedimenti disciplinari riguardanti dipendenti pubblici, il corso sul procedimento amministrativo nell’amministrazione militari (procedimenti tipici e profili giurisdizionali), nonché il corso di formazione per responsabili del servizio di prevenzione e protezione; nessuna documentazione in tal senso risulta per il C..

2.2. Si è costituito in giudizio l’appellato C. eccependo preliminarmente l’inammissibilità dell’appello per omessa notificazione dell’atto introduttivo del presente grado di giudizio anche al

F., al C. e al D., nonché agli altri 15 ufficiali iscritti nel quadro di avanzamento a Colonnello nell’anno 2005 e che pur erano stati evocati nel giudizio di primo grado per effetto della predetta pronuncia interlocutoria n. 2571 del 2010 resa sempre dalla Sezione I^bis del T.A.R. per il Lazio.

Nel merito il C. ha comunque puntualmente replicato alle censure avversarie, concludendo per la conferma della sentenza emessa in primo grado.

3. Alla pubblica udienza del 7 giugno 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.

4. Il Collegio deve innanzitutto farsi carico di disaminare l’eccezione di inammissibilità dell’appello in epigrafe, sollevata con riguardo all’anzidetta circostanza dell’omessa notifica della relativa impugnazione sia al F., al C. e al D., immediatamente evocati quali controinteressati nel giudizio di primo grado, sia agli altri 15 ufficiali iscritti nel quadro di avanzamento a Colonnello nell’anno 2005 e che – a loro volta – sono stati evocati nel giudizio di primo grado per effetto della predetta pronuncia interlocutoria n. 2571 del 2010 resa dalla Sezione I^bis del T.A.R. per il Lazio.

L’eccezione va respinta, poiché i cc.dd. controinteressati sono identificati solo sulla base del provvedimento impugnato, e pertanto non sono configurabili nel giudizio di appello, il quale ha ad oggetto la sentenza del giudice di primo grado.

In dipendenza di ciò, nel procedimento giudiziale di secondo grado si riscontra l’identica posizione processuale di tutte le parti nei cui confronti la statuizione appellata è stata resa, con la conseguenza che ai fini della rituale proposizione del ricorso in appello innanzi al Consiglio di Stato è sufficiente la notificazione dell’atto di appello ad una sola delle parti necessarie del giudizio di primo grado: e se, quindi, in primo grado il ricorrente sia risultato vincitore ed uno dei soccombenti (sia esso l’Amministrazione o uno dei controinteressati) propone appello, gli altri soccombenti in primo grado non sono parti necessarie del giudizio di appello (cfr. al riguardo Cons. Stato, A.P., 24 marzo 2004 n. 7), né devono essere evocati in giudizio à sensi dell’art. 331 c.p.c. in quanto non possono integrare il thema decidendum una volta decorsi i termini per la proposizione, da parte loro, di un’autonoma impugnazione (cfr. ibidem).

5.1. Tutto ciò premesso, l’appello va respinto.

5.2. Il giudice di primo grado ha preliminarmente e quanto mai opportunamente evidenziato che l’art. 26 della L. 12 novembre 1955 n. 1137, all’epoca in vigore, disponeva che la valutazione per l’avanzamento a scelta degli ufficiali delle Forze Armate era effettuata sulla base dei seguenti elementi di valutazione: a) qualità morali e fisiche; b) benemerenze di guerra, comportamento in guerra e qualità professionali dimostrate durante la carriera, specialmente nel grado rivestito, con particolare riguardo all’esercizio del comando o delle attribuzioni specifiche, qualora richiesti dalla medesima L. 1137 del 1955 ai fini dell’avanzamento, al servizio prestato presso reparti o in imbarco; c) doti intellettuali e di cultura con particolare riguardo ai risultati di corsi, esami, esperimenti.

L’originaria formulazione della disposizione testè descritta è stata, peraltro, integrata per effetto dell’art. 10, comma 5, del D.L.vo 30 dicembre 1997 n. 490, il quale ha introdotto l’ulteriore elemento contraddistinto con la lettera d) e segnatamente rappresentato dall’ "attitudine ad assumere incarichi nel grado superiore", correttamente configurato dal giudice di primo grado come "qualcosa di diverso dal complesso delle tre categorie di requisiti già previsti in precedenza dall’art. 26", con la notazione che "se così non fosse, non si comprenderebbe perché il legislatore, introducendo la lettera d), abbia attribuito al requisito in esame un autonomo apprezzamento, con conseguente attribuzione di punto di merito, nettamente distinto e separato dalla valutazione e apprezzamento degli elementi di cui alle tre lettere precedenti. Si è voluto, in sostanza, che all’Amministrazione, nel momento in cui essa si accinge a scegliere i soggetti ai quali affidare funzioni di vertice, sia consentito valutare le capacità potenziali di ogni ufficiale scrutinato – e cioè la sua attitudine a svolgere funzioni diverse da quelle attuali nel ricoprire ruoli di maggior impegno e responsabilità – attraverso un apprezzamento orientato al futuro, prendendo in esame le caratteristiche potenziali del valutato rispetto alle competenze, capacità e connesse responsabilità richieste dal grado che deve essere attribuito" (cfr. pag. 11 della sentenza impugnata).

Va anche rammentato che l’art. 45 della L 19 maggio 1986 n. 224 ha rimesso al Ministero della Difesa la disciplina delle modalità applicative del medesimo art. 26 della L. 1137 del 1955, "prevedendo criteri che evidenzino le motivazioni poste a base delle valutazioni"; e in attuazione di tale disposizione legislativa, è stato per l’appunto emanato il D.M. 2 novembre 1993 n. 571, recante il regolamento concernente le modalità e i criteri applicativi delle norme contenute negli artt. 25 e 26 della L. 1137 del 1955.

In forza della complessiva disciplina qui innanzi richiamata, il sistema della promozione a scelta degli ufficiali delle Forze Armate è dunque contraddistinto non già da una comparazione fra gli scrutinandi, ma da una valutazione in assoluto per ciascuno di essi, con la conseguenza che la loro iscrizione nel quadro di avanzamento è determinata dalla posizione conseguita da ciascuno dei candidati nella graduatoria, sulla base del punteggio che gli è stato attribuito.

Questo sistema non contrasta con il principio generale del buon andamento e dell’imparzialità dell’azione amministrativa ( art. 97 Cost.); né esso di per sé sottrae i procedimenti relativi ai giudizi di avanzamento degli ufficiali al sindacato giurisdizionale, sia sotto il profilo dell’eccesso di potere in senso c.d. "relativo" – ovviamente nei limiti in cui esso sia praticabile in base al raffronto a posteriori dei punteggi attribuiti a ciascuno dei candidati, con riferimento agli elementi di giudizio (documentazione caratteristica) concretamente presi in considerazione e costituiti dalla loro documentazione caratteristica (cfr. Corte Cost. 7 aprile 1988 n. 409, nonché, ex plurimis, Cons. Stato, Sez. IV, 18 giugno 1998 n. 951 e Sez. III, 21 maggio 1996 n. 726) – sia sotto il profilo dell’eccesso di potere in senso c.d. "assoluto", allorquando si tratti di sindacare la coerenza generale del metro valutativo adoperato dalla Commissione di avanzamento (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, Sez. IV, 8 luglio 1999 n. 1196), ovvero la manifesta incongruità del punteggio, avuto riguardo agli incarichi ricoperti, alle funzioni espletate, ed alle positive valutazioni ottenute durante tutto l’arco della sua carriera (così, puntualmente, nella decisione di Cons. Stato, Sez. IV, 7 luglio 2008 n. 3378).

Per quanto segnatamente attiene alla caratterizzazione del giudizio espresso dalla Commissione Superiore in sede di avanzamento degli ufficiali – specie per i gradi più elevati – è poi opportuno rimarcare che esso costituisce espressione di una valutazione complessiva, nella quale assumono indivisibile rilievo gli elementi personali e di servizio emersi nei confronti dell’ufficiale, risultando con ciò del tutto impraticabile la scissione delle singole componenti del giudizio stesso e la conseguente affermazione che una delle sue componenti, se isolatamente considerata, è sufficiente a sorreggere il giudizio complessivo (così, altrettanto puntualmente e tra le più recenti, Cons. Stato, Sez. IV, 22 marzo 2011 n. 1744)..

Pertanto, alla conclusiva valutazione con la quale l’Amministrazione abbia dato peso e significato alla complessiva personalità e attività dell’ufficiale da valutare correntemente si attribuisce la valenza di un apprezzamento di merito, non sindacabile in sede giurisdizionale (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 6 maggio 2008 n. 2051), fermo – altresì – restando che la ponderazione valutativa dei titoli dei partecipanti, da effettuarsi nell’ambito di un giudizio complessivo e inscindibile, non riveste specifica e parcellizzata autonomia,in quanto la mancanza di qualche titolo da parte di qualcuno degli ufficiali valutati può anche essere controbilanciata, ai fini del giudizio globale, dal possesso dei titoli diversi valutati come equivalenti dalla Commissione Superiore di Avanzamento (cfr., ad es., tra le più recenti, Cons. Stato, sez. IV, 10 marzo 2011 n. 1568).

I giudizi di avanzamento degli ufficiali sono pertanto soggetti al sindacato di legittimità del giudice amministrativo soltanto entro limiti estremamente ristretti, segnati dalla necessità di rispettare la sottile, ma non di meno precisa, linea che divide il giudizio di legittimità dalla valutazione di merito, squisitamente discrezionale, demandata istituzionalmente all’apprezzamento della Commissione Superiore di Avanzamento (cfr. sul punto, ad es., Cons. Stato, sez. IV, 29 agosto 2001 n. 4568).

Detto altrimenti, nel procedimento di avanzamento degli ufficiali al grado superiore le valutazioni della competente Commissione costituiscono atti di esercizio di discrezionalità tecnica, che soggiacciono al sindacato giurisdizionale solo nei limiti in cui siano in esse ravvisabili elementi sintomatici della sussistenza di alcuno dei tre vizi di legittimità formale e sostanziale (incompetenza, violazione di legge, eccesso di potere) che della discrezionalità costituiscono – per l’appunto – il limite; e, di conseguenza la cognizione al riguardo del giudice amministrativo deve intendersi limitata ad una generale verifica della logicità e razionalità dei criteri seguiti dalla Commissione, nel contesto di una valutazione caratterizzata da una elevata discrezionalità di quest’ultima che per lo più si riferisce ad ufficiali dotati (come anche nella presente fattispecie) di ottimi profili di carriera e le cui qualità sono quindi definibili esclusivamente mediante sfumatissime analisi di merito implicanti la ponderazione non aritmetica delle complessive caratteristiche, ossia una ponderazione che non si arresta alla semplice stima del numero e qualità dei titoli di ciascun interessato; sul piano processuale ciò porta generalmente ad escludere che il giudice possa procedere all’esame comparativo degli ufficiali valutati in sede di redazione degli scrutini di avanzamento, ovvero verificare la congruità del punteggio attribuito, fermo restando che la discrezionalità tecnica attribuita alla Commissione è invece sindacabile in presenza di valutazioni macroscopicamente così incoerenti o irragionevoli da comportare un vizio della funzione (cfr., puntualmente, Cons. Stato, Sez. IV, 24 dicembre 2009 n. 8758).

Pertanto, secondo gli stessi princìpi generali che informano il giudizio di legittimità, il sindacato giudiziale deve essere svolto in ordine alla coerenza e ragionevolezza della valutazione tecnica operata dalla Commissione, laddove si risolve nel riscontro ab externo dell’eventuale sussistenza di elementi sintomatici del vizio della funzione discrezionale esercitata in concreto dalla P.A.: dimodochè rimangono pur sempre apprezzabili quelle palesi incongruenze in presenza delle quali il vizio non può più ritenersi intrinseco alla valutazione di merito (la quale, di per sé, implica una più o meno lata opinabilità), ma trascende nell’eccesso di potere configurabile in senso c.d. "relativo", ossia allorquando sono ravvisabili macroscopici contrasti di giudizio, comprovanti in via del tutto univoca l’esistenza di profili di incoerenza ed illogicità di portata tale da non lasciare dubbi sul travalicamento, da parte della Commissione superiore, dei limiti della sua pur ampia discrezionalità (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 7 novembre 2002 n. 6107).

5.3. Ciò posto, venendo al caso in esame, il Collegio evidenzia – in primo luogo – la fondatezza dell’assunto contenuto nella sentenza resa dal giudice di primo grado secondo il quale il F. non aveva maturato il requisito della permanenza dei 5 anni nel grado di Tenente Colonnello inderogabilmente prescritto per essere ammesso alla valutazione per la promozione al grado superiore.

Va evidenziato che, secondo la tesi del Ministero, l’assunto stesso troverebbe smentita dalla lettura dell’art. 31 del D.L.vo 298 del 2000, il quale, segnatamente al suo comma 4, lett. d), stabilisce che "dall’anno 2003 e sino all’inserimento in aliquota dei Tenenti Colonnelli aventi anzianità di nomina ad Ufficiale uguale o anteriore al 30 agosto 1994, le aliquote di valutazione sono fissate con decreto del Ministro della Difesa in modo da includere: nella prima delle aliquote di cui all’art. 18, comma 2 del presente decreto, oltre agli Ufficiali già valutati per la prima volta l’anno precedente e giudicati idonei e non iscritti in quadro, i Tenenti Colonnelli non ancora valutati che abbiano anzianità di grado non superiore a quelle indicate nella tabella 1 annessa al presente decreto".

In tale tabella, in corrispondenza al grado di Tenente Colonnello, risultano riportate, agli effetti della promozione al grado superiore (Colonnello), le seguenti tre diciture indicative degli anni di anzianità minima nel grado posseduto agli effetti dell’inclusione nelle aliquote di avanzamento relative alle tre corrispondenti categorie di ufficiali da valutare: 5 anni, per i Tenenti Colonnelli con 5 o 6 anni di anzianità di grado; 7 anni, per i Tenenti Colonnelli con 7, 8 o 9 anni di anzianità nel grado; 13 anni, per i Tenenti Colonnelli con anzianità di grado pari o superiore a 13 anni.

Secondo l’appellante Ministero, mediante il surriportato art. 31 del D.L.vo 298 del 2000 il legislatore non avrebbe inteso precludere l’inserimento in aliquota degli Ufficiali con anzianità inferiore ai 5 anni, bensì degli Ufficiali con anzianità superiore a quella indicata dalla testè riferita tabella 1, alla quale – per l’appunto – lo stesso art. 31 fa rinvio.

Il Collegio, per parte propria, rileva la manifesta infondatezza della tesi del Ministero, posto che la stessa si pone in insanabile contrasto con lo stesso dato letterale della tabella surriportata, laddove appare ben evidente che il periodo di servizio di 5 anni si configura quale requisito necessariamente minimale agli effetti dell’accesso al quadro di avanzamento, segnatamente nella prima delle tre categorie di Tenenti Colonnelli considerate nella tabella medesima; e risulta altrettanto assodato che l’art. 31 del D.L.vo 298 del 2000 non ha introdotto alcuna deroga a tale requisito di anzianità minima nel grado richiesto per l’accesso al procedimento di valutazione per la promozione al grado superiore.

Per quanto attiene invece all’assunto del giudice di primo grado secondo il quale il C., pur annoverando un periodo di comandi territoriali nel grado di Capitano superiore ai 4 anni previsti, non avrebbe svolto incarichi di "attribuzione specifica" per un Tenente Colonnello del ruolo normale dell’Arma dei Carabinieri, va invero evidenziato che, come correttamente rilevato dall’appellante Ministero, il D.M.del 18 giugno 2002, nel recare l’elenco degli incarichi "equipollenti" ai periodi di comando, include anche quelli svolti nell’ambito degli "Uffici di diretta collaborazione del Ministro", tra i quali in effetti va annoverato anche l’incarico di capo della segreteria del Sottosegretario di Stato alla Difesa, per l’appunto a suo tempo ricoperto dal C. medesimo.

Lo svolgimento di tali pur qualificanti incarichi, sebbene consenta di considerare il relativo servizio come equipollente ai periodi di comando al fine dell’accesso al procedimento di valutazione per l’iscrizione in quadro di avanzamento, non implica che il servizio medesimo debba essere per forza di cose valutato alla stessa stregua degli incarichi di comando: e tale considerazione giova pure per quanto segnatamente attiene anche ad altri incarichi nondimeno qualificanti, svolti presso le strutture del Comando Generale dell’Arma.

In tal senso nella nota Prot. n. 116/1/2014/4100 d.d. 30 maggio 2002, a firma del Capo di Stato Maggiore della Difesa, opportunamente richiamata dall’appellato e avente ad oggetto "Attribuzioni specifiche del personale militare impiegato nell’ambito degli Uffici di diretta collaborazione del Ministro" si afferma testualmente, in risposta ad un quesito del Gabinetto del Ministro dd. 18 dicembre 2001, che "nelle ForzeArmate e nell’Arma dei Carabinieri vige il sistema d’avanzamento "normalizzato",che postula l’alternanza, in specie per gli Ufficiali dei Ruoli Normali, di periodi di formazione e d’impiego oltreché di periodi di Comando, necessari per adempiere alle funzioni del grado, in termini soprattutto di responsabilità e di governo del personale. Ciò atteso che, differentemente dalla stragrande maggioranza delle altre Amministrazioni, le professionalità necessarie nei gradi dirigenziali delle Forze Armate sono raggiungibili solo attraverso una continua formazione, da conseguire attraverso il superamento e l’acquisizione di specifiche esperienze. Tale alternanza d’impiego, che presuppone altresì anche una significativa mobilità da una sede all’altra, è parte integrante della specificità militare ed è da tutelare in quanto fondamento della specificità della professione d’Ufficiale delle Forze Armate e dell’Arma dei Carabinieri. Tale peculiarità è espressa dalla legge, che da un lato prevede la possibilità di

individuare i cc.dd. "Comandi equipollenti ai fini dell’avanzamento",dall’altro ribadisce comunque che i periodi di comando prescritti ai fini dell’avanzamento debbono essere compiuti nell’esercizio di funzioni proprie del ruolo di appartenenza e che comportino attribuzioni, oltre che disciplinari, di addestramento e d’impiego del personale militare ( decreto legislativo 30 dicembre 1997, n. 490, art. 19). Conseguentemente, ai fini della formazione dell’Ufficiale, l’impiego presso un qualsiasi Ufficio anche di indubbia rilevanza per le stesse Istituzioni Militari, quale quelli di diretta collaborazione del Ministro, non può essere paragonato alle responsabilità correlate alla figura del Comandante ovvero del contesto di responsabilità diretta di governo del personale, dei personali rischi e sacrifici connessi con l’espletamento dei periodi d’impiego operativo o d’imbarco previsti, propri del ruolo di appartenenza".

Il Collegio, a fronte di tale in equivoca puntualizzazione, non può quindi non rimarcare la circostanza per cui il C. ha maturato la propria ben solida esperienza professionale mediante l’avvicendamento in funzioni di comando assolutamente pertinenti al grado da lui ricoperto e quanto mai diversificate: caratteristica, questa, non certo omologa ai curricula del C., del F. e D., i quali – come ammesso dallo stesso appellante Ministero – hanno ricoperto incarichi (giova ribadire) di elevata responsabilità nell’ambito del Comando generale dell’Arma dei Carabinieri, ossia – rispettivamente – di Capo Sezione presso l’Ufficio legislazione per circa 95 mesi; di Addetto e di Capo Sezione presso l’Ufficio addestramento e regolamenti, sempre per circa 95 mesi; di Addetto e Capo Sezione presso l’Ufficio Personale per circa 78 mesi.

Tali incarichi, tuttavia, non risultano intrinsecamente comparabili in termini di accrescimento professionale con le funzioni di comando contemporaneamente svolte dal C., e proprio per la loro lunghezza (quasi otto anni per il C. e il F., e circa 6 anni e mezzo per il D.) e carenza di multiformità nell’impiego sono ben lontani dal modello di alternanza enunciato dalla circolare anzidetta.

Deve dunque concludersi nel senso che il complessivo risultato dello scrutinio, se ha privilegiato agli effetti della promozione al grado superiore incarichi importanti ma monoprofessionali rispetto ad incarichi operativi e connessi a diretta responsabilità di governo e di assunzione altrettanto diretta di rischi personale, identifica un’azione amministrativa irragionevole e non congruente con gli stessi fini complessivamente perseguiti dall’Istituzione militare, e che pertanto impone una sua rinnovazione mediante una riconsiderazione della posizione del C..

Come correttamente affermato dal giudice di primo grado, la sua esperienza professionale più variegata e temprata da un lungo periodo di comando deve essere congruamente valutata anche sotto il profilo della qualità di cui alla lett. d) dell’at 26, secondo quanto stabilito dall’art. 11 bis del D.M. n. 571 del 1993, in quanto oltremodo significativa dell’attitudine ad assumere incarichi nel grado superiore.

Come rettamente affermato dal T.A.R., la natura di tale ultima dote rappresenta qualcosa di diverso dal complesso delle tre categorie di requisiti già previsti in precedenza dall’art. 26, attenendo, più propriamente, alle capacità potenziali di ogni ufficiale scrutinato – e, cioè, alla attitudine a svolgere funzioni diverse da quelle attuali ed a ricoprire ruoli di maggior impegno e responsabilità – la cui valutazione si estrinseca attraverso un giudizio "orientato al futuro", con l’esame delle caratteristiche potenziali del valutato rispetto alle competenze, capacità e connesse responsabilità richieste dal grado che deve essere attribuito: e a tale dote, pertanto, va senz’altro ricondotto un autonomo apprezzamento ed un’altrettanto autonoma attribuzione di punto di merito, nettamente distinti e separati dalla valutazione ed apprezzamento degli elementi di cui alle altre tre lettere dello stesso art. 26 della L. 1137 del 1955.

5.4. Tali considerazioni di fondo sono assorbenti ai fini della reiezione dell’appello, e risultano comunque puntualmente trasponi bili anche nei riguardi della corrispondente disciplina attualmente in vigore e contenuta nell’art. 1058, comma 5, del D.L.vo 15 marzo 2010 n. 66.

6. Sussistono, peraltro, apprezzabili motivi per compensare integralmente tra le parti le spese e gli onorari di entrambi i gradi del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e – per l’effetto – conferma la sentenza resa in primo grado.

Compensa integralmente tra le parti le spese e gli onorari di entrambi i gradi di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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