Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 14-07-2011) 30-09-2011, n. 35584 Sequestro preventivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Nell’ambito del procedimento penale a carico di M.V., indagato:

– per il delitto di cui all’art. 416 c.p., per essersi stabilmente associato con C.D., C.D.M. A. ed altri, al fine di commettere più delitti contro il patrimonio aventi ad oggetto finto e ricettazione di rame ed attrezzature da cantiere e per avere, nella consapevolezza della loro provenienza illecita, acquistato od occultato i medesimi beni, nonchè indagato:

– per il reato fine di ricettazione, ex art. 648 c.p., di vari oggetti provento da furto;

il GIP presso il Tribunale di Palermo, ordina il sequestro preventivo della società "M.P.SW. srl" della quale era amministratore il ricorrente, terzo interessato, M.B.;

successivamente, in data 19.01.2011, rigettava l’istanza di revoca del medesimo sequestro preventivo;

Il Tribunale per il riesame di Palermo respingeva il gravame proposto dal confermando il provvedimento impugnato;

ricorre per cassazione M.B. a mezzo dei Difensori di fiducia, nella qualità di terzo colpito dal sequestro nella sua qualità di amministratore della società:

MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) c).

1) – Con il primo motivo il ricorrente censura l’ordinanza per omessa ed illogica motivazione riguardo al "fumus commissi delicti" ed al "periculum in mora" lamentando la totale inesistenza di un quadro probatorio in ordine al reato associativo;

a suo parere il Tribunale avrebbe illogicamente trascurato di considerare che il socio M.V., parimenti indagato nel procedimento, aveva ormai reciso i rapporti con la società sottoposta a sequestro sicchè mancava il requisito dell’attualità e della concretezza del pericolo di un aggravamento del reato, nè vi era stata adeguata motivazione su come il ricorrente M. B., a cui era pervenuta la gestione della società, potesse aggravare o protrarre le conseguenze del reato;

– al riguardo il Tribunale aveva omesso di considerare che la società M.P.S. srl era operante nel settore dell’autodemolizione da oltre trent’anni, che i fatti contestati riguardavano il periodo 2007- 2008, che non vi era prova che la probabilità dell’aggravamento o prosecuzione del reato fosse ancora attuale nell’anno 2010 in cui era stato disposto il sequestro;

2)- l’ordinanza era da censurare anche per non avere motivato riguardo ai motivi di gravame sulla confiscabilità dei beni in sequestro, per i quali era ipotizzatale solo la confisca facoltativa e non anche quella obbligatoria;

CHIEDE l’annullamento del provvedimento impugnato.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Quanto ai motivi relativi al merito del sequestro preventivo va subito evidenziato che lo stesso appare emesso nell’ambito dei criteri dettati dall’art. 321 c.p.p., atteso che il GIP ha motivato in ordine al "fumus" del reato di cui all’art. 416 c.p., richiamando i dati fattuali su cui si fondava l’imputazione e la necessità di assicurare la futura eventuale confisca.

Il Tribunale per il riesame ha ritenuto legittimo tale provvedimento perchè fondato sulla lunga e paziente indagine effettuata dalla Guardia di Finanza a carico della famiglia C. e sull’attività di ricettazione di rame ed altro materiale proveniente da fiuto, indagine da cui era emersa la rete di partecipanti a tale attività, integrante l’ipotesi una associazione finalizzata alla commissione dei reati ex artt. 648 e 648 bis c.p.;

Con riferimento all’indagato M.V. ed agli elementi relativi al "fumus" il Tribunale ha osservato:

– che andavano richiamati gli elementi probatori emersi a carico di M.V. – amministratore di fatto della società MPS srl- per il quale si era ritenuta sussistente l’ipotesi di cui all’art. 416 c.p., nel cui ambito emergeva evidente la strumentalità dell’azienda nell’ambito del sodalizio criminoso con la famiglia C.;

– che il ricorrente M.B., padre di M.V., pur se non indagato, non poteva ritenersi estraneo alla gestione criminosa e strumentale della società atteso che aveva omesso di adottare gli "oneri minimi di diligenza atti ad impedire la gestione illecita, da parte del figlio, dell’impresa, strumentale all’associazione per delinquere de quo" (pag. 3 motivaz.);

Il ricorrente censura tale motivazione osservando che non vi sarebbe la prova dell’attualità del "periculum" trascurando di considerare che il Tribunale motiva riguardo all’elemento dell’attualità, osservando che la funzione di amministratore di fatto riconosciuta a M.V. nell’ordinanza cautelare richiamata non consentiva di ritenere che il "periculum in mora" fosse venuto meno con il recesso del predetto dalla qualità di socio perchè – di natura puramente formale.

Si tratta di una motivazione congrua perchè aderente agli elementi fattuali emersi in atti e, per altro, occorre osservare che le censure del ricorrente non colgono nel segno, posto che tra i presupposti di ammissibilità del sequestro preventivo non c’è nè la fondatezza dell’accusa nè la colpevolezza dell’imputato, ma l’astratta configurabilità di un’ipotesi di reato, sicchè l’indagine che il GIP deve compiere sulla "gravità indiziaria" è circoscritta alle cautele rese necessarie allo stato delle indagini, valutabili in termini complessivi all’esito della conclusione dell’attività investigativa. (Cassazione penale, sez. 2^ 15 ottobre 2008, n. 40425).

Con la motivazione ora richiamata il Tribunale ha sottolineato l’attualità del "periculum" atto a giustificare il sequestro del bene, anche se di pertinenza di un terzo, ove venga disposto per impedire l’aggravamento o la protrazione delle conseguenze del reato (Cass. Pen. Sez. 3^, 27.10.2010 n. 40480) sicchè risulta irrilevante la censura riguardo alla mancata motivazione sulla possibilità di confisca.

Anche le censure relative alla mancata motivazione sulla pertinenzialità sono infondate perchè trascurano di considerare gli argomenti della motivazione impugnata, laddove viene sottolineato:

– come emerga evidente il rapporto di stretta pertinenzialità tra l’impresa del ricorrente ed il reato associativo contestato, essendo emerso che l’impresa oggi in sequestro sia stata utilizzata strumentalmente per la perpretazione degli illeciti, fornendo una copertura apparentemente lecita alla merce di provenienza illecita, reimmessa sul mercato per la successiva commercializzazione, (pag. 3 motivaz.);

con il che il Tribunale, contrariamente a quanto sostenuto in ricorso, ha formulato un’adeguata prognosi anche sulla circostanza che la disponibilità dell’azienda integri il "periculum" riguardo alla futura commissione di altri reati, motivazione del tutto congrua ove si consideri la natura permanente del reato associativo contestato.

Del tutto infondate le censure sul sequestro di un’intera azienda, atteso che oggetto di sequestro preventivo può essere anche un’intera azienda ove sussistano indizi che taluno dei beni aziendali, proprio per la sua collocazione strumentale, sia utilizzato per la commissione del reato (Cass. Pen. Sez. 3^, 21.01.2009 n. 8082) mancando, comunque sul punto altri idonei motivi e deduzioni da parte del ricorrente.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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