Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 22-02-2012, n. 2568 Rapporto di pubblico impiego

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Pisa, in funzione di giudice del lavoro, decidendo, con sentenza parziale, sul ricorso presentato da F.M. G., B.G., C.C., G.L. S.S. e Ba.Al., ha dichiarato il diritto dei medesimi a partecipare alle procedure di accesso alla stabilizzazione di cui alla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 558, (legge finanziaria 2007) e alla L. n. 244 del 2007, art. 3, commi 90 e segg., (legge finanziaria 2008), "previa procedura selettiva", ed ha condannato il Comune di Pisa ad effettuare nei loro confronti la selezione per l’accesso alle dette stabilizzazioni. Ha disposto con separata ordinanza la prosecuzione del giudizio in merito al calcolo delle differenze retributive conseguenti al riconoscimento della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato fra i ricorrenti sopra elencati ed il Comune di Pisa.

La Corte d’appello di Firenze, decidendo sul gravame proposto dal Comune di Pisa, in accoglimento della relativa eccezione proposta dall’amministrazione appellante, dichiarava il difetto di giurisdizione del giudice ordinario e la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo.

Premetteva la Corte territoriale che la domanda proposta in primo grado riguardava: a) in via principale – previo riconoscimento del carattere subordinato dell’intero rapporto di lavoro intercorso fra ciascuno dei ricorrenti in primo grado e il Comune di Pisa, rapporto formalmente inquadrato, in origine, come rapporto di collaborazione continuativa e coordinata (co.co.co.), e previo disconoscimento del carattere fiduciario, ai sensi del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 90 del suddetto rapporto, considerato, per ciascuno dei ricorrenti, nella sua interezza, rilevata di conseguenza la sussistenza, in capo agli stessi, di tutti i requisiti necessari per accedere alla stabilizzazione di cui alla Legge Finanziaria 2007, ivi compresa la prova selettiva già sostenuta presso una ditta appositamente incaricata dal Comune, ritenuta pertanto l’illegittimità del rigetto della domanda di stabilizzazione per il 2007 opposto dal Comune di Pisa ai ricorrenti – la condanna del Comune suddetto a procedere alla stabilizzazione dei ricorrenti ai sensi della medesima legge; b) in via subordinata – rilevato e accertato quanto sopra, ritenuta l’illegittimità del rigetto della domanda di stabilizzazione per il 2008 – la condanna del Comune di Pisa a procedere alla stabilizzazione dei ricorrenti ai sensi della Legge Finanziaria 2008;

c) in via ulteriormente subordinata, con riferimento a entrambe le precedenti conclusioni, la condanna del Comune di Pisa a effettuare la prova selettiva per i ricorrenti, e, in caso di superamento della stessa, la condanna del Comune suddetto a procedere alla loro stabilizzazione. Il Tribunale aveva accolto soltanto la domanda subordinata sub c) avendo ritenuto che, nonostante l’inquadramento contrattuale formaimente diverso, il rapporto dei ricorrenti fosse da considerare come rapporto di lavoro subordinato, atteso che i lavoratori erano stati assegnati a compiti istituzionali, senza connotati politici; aveva però escluso di poter disporre la diretta stabilizzazione dei lavoratori ed aveva quindi condannato il Comune a porre in essere la procedura selettiva alla quale ammettere i suddetti lavoratori.

Ad avviso della corte territoriale il giudice di prime cure aveva interpretato la normativa applicabile alla fattispecie nel senso che la stessa escludeva l’automatica stabilizzazione di tutti coloro che erano in possesso di determinati titoli ed aveva pertanto ritenuto necessario in ogni caso lo svolgimento di una procedura selettiva apposita. In sostanza l’analisi delle procedure fissate dalle leggi di stabilizzazione, anche a voler considerare per ammesso il possesso da parte dei lavoratori dei requisiti soggettivi previsti, rendeva evidente che la suddetta stabilizzazione doveva sempre avvenire previo espletamento di prove selettive, qualora le stesse non fossero già state effettuate al momento dell’assunzione, subordinate all’accertamento del numero dei posti disponibili in organico ovvero alla predisposizione nell’ambito della programmazione triennale del fabbisogno degli anni 2008, 2009, 2010 di piani per la progressiva stabilizzazione.

Ciò premesso la Corte territoriale, rilevato che la procedura si apre sulla base di una scelta discrezionale dell’amministrazione di ricoprire determinati posti, osservava che l’atto determinativo concernente le suddette decisioni anche con riferimento alle modalità di svolgimento della selezione dei concorrenti in relazione ai posti concretamente designati, aveva il contenuto di un vero e proprio bando di concorso finalizzato alla selezione dei migliori.

Poichè il petitum sostanziale aveva ad oggetto un atto di macro organizzazione, sussisteva, come più volte stabilito dalla giurisprudenza di legittimità, la giurisdizione del giudice amministrativo.

Per la cassazione di tale sentenza i lavoratori sopra elencati propongono ricorso affidato a due motivi. Il Comune di Pisa propone a sua volta ricorso autonomo e resiste con controricorso ai ricorso principale. I lavoratori resistono con controricorso al ricorso del Comune di Pisa e propongono ricorso incidentale al quale resiste il Comune di Pisa con controricorso. Gli stessi hanno altresì depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ..

Motivi della decisione

Preliminarmente deve essere disposta la riunione dei ricorsi, ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ., in quanto proposti avverso la stessa sentenza.

Col primo motivo del ricorso principale i lavoratori denunciano la violazione dei principi sul riparto di giurisdizione fra giudice ordinario e giudice amministrativo e, in particolare, del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63. Sarebbe infatti errato, ad avviso dei ricorrenti, il presupposto di fatto su cui è basata la decisione, secondo cui, nel caso di specie, si sarebbe dinanzi a un vero e proprio bando di concorso finalizzato alla selezione dei migliori.

Osservano che la domanda originariamente proposta non aveva ad oggetto la declaratoria di illegittimità della procedura di stabilizzazione posta in essere dall’amministrazione comunale. Essi avevano infatti chiesto che, previo riconoscimento del carattere subordinato dell’intero rapporto di lavoro intercorso con il Comune di Pisa e il disconoscimento del carattere fiduciario, ai sensi del D.Lgs. n. 297 del 2000, art. 90 del rapporto di lavoro, venisse dichiarata la sussistenza dei requisiti richiesti per accedere alla stabilizzazione di cui alla Legge Finanziaria del 2007, ivi compresa la prova selettiva già sostenuta. Deducono che l’erroneità della statuizione della corte d’appello, secondo cui si sarebbe in presenza di una procedura di tipo marcatamente concorsuale, emergerebbe dal fatto che nelle procedure di stabilizzazione manca uno degli aspetti tipici del concorso e cioè il numero limitato e predeterminato dei posti da coprire e la valutazione comparativa dei candidati. E infatti tutti i candidati sono destinati a conseguire la stabilizzazione a condizione che superino la prova con esito positivo. Ciò significa che la valutazione è fatta non già in termini comparativi ma assoluti e si configura come un giudizio di idoneità. Da qui la competenza del giudice ordinario.

Col secondo motivo del ricorso principale i lavoratori denunciano nuovamente la violazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63 la violazione dei principi sul riparto di giurisdizione fra giudice ordinario e giudice amministrativo nonchè il difetto di motivazione.

Deducono in proposito che l’antecedente logico della domanda di stabilizzazione dagli stessi formulata era costituito dal riconoscimento della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato con esclusione della natura di rapporto di collaborazione continuativa e coordinata, nel primo periodo, e di contratti fiduciari nel successivo periodo. Orbene, premesso che il giudice di primo grado aveva accolto tale domanda con sentenza parziale che poi è stata oggetto dell’appello dinanzi alla Corte d’appello di Pisa, e premesso che su questo profilo il Comune di Pisa non aveva eccepito la carenza di giurisdizione del giudice ordinario, essendo pacifico, peraltro, che tale tipo di domanda rientra nella giurisdizione di quest’ultimo, la Corte di appello ha sbagliato in quanto, accogliendo la censura del Comune sulla giurisdizione con riferimento alla procedura di stabilizzazione, ha di fatto negato la propria giurisdizione anche nella parte della domanda relativa alla natura subordinata dei rapporti.

I due motivi del ricorso principale devono essere esaminati congiuntamente in quanto logicamente connessi.

Deve premettersi che la Corte territoriale è partita dalla constatazione che nel giudizio di primo grado sia la domanda principale, sia la prima domanda subordinata erano state rigettate e che avverso tale rigetto non era stato proposto appello. Le due domande rigettate prevedevano che previo riconoscimento della sussistenza del rapporto di lavoro subordinato venisse riconosciuto il diritto dei ricorrenti alla stabilizzazione avendo gli stessi superato le prove selettive. Il giudice di primo grado ha invece accolto la seconda subordinata affermando che i ricorrenti avevano avuto col Comune di Pisa un rapporto di lavoro subordinato ma che questo non legittimava l’automatica stabilizzazione bensì giustificava l’obbligo del Comune di procedere alla selezione, sottoponendo i lavoratori alle prove selettive e selezionando i vincitori. In sostanza il Tribunale aveva escluso che la legge consentisse l’automatica stabilizzazione di tutti coloro che fossero in possesso di determinati titoli essendo comunque necessario l’espletamento di una procedura di selezione.

La Corte d’appello, interpretando la disciplina sopra citata in materia di stabilizzazione e, in particolare, la L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 558, ultimo cpv. – a norma del quale alle iniziative di stabilizzazione del personale assunto a tempo determinato mediante procedure diverse (e cioè personale non assunto mediante procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge) si provvede previo espletamento di prove selettive -, ha condiviso l’impostazione del giudice di primo grado sottolineando che, anche a voler ammettere, come ha fatto il Tribunale, la natura di rapporto di lavoro subordinato con riferimento ai rapporti intercorsi fra i lavoratori sopra indicati e il Comune di Pisa, doveva procedersi comunque a una procedura di selezione. Con la conseguenza della carenza di giurisdizione del giudice ordinario in quanto la procedura di selezione, dovendo individuare i vincitori nell’ambito di un numero di posti inferiore a quello del numero di concorrenti, era comunque una procedura di natura concorsuale.

Tale soluzione appare corretta in conformità con la giurisprudenza di queste Sezioni Unite (cfr., in particolare, Cass. S.U. (ordin.) 26 gennaio 2011 n. 1778) che ha fissato i seguenti principi che, in questa sede, devono essere pienamente ribaditi:

a) i processi di stabilizzazione (previsti dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 558 e segg. e dalla L. n. 244 del 2007, art. 3, comma 90) – tendenzialmente rivolti ad eliminare il precariato venutosi a creare in violazione delle prescrizioni di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36) – sono effettuati nei limiti della disponibilità finanziarie e nel rispetto delle disposizioni in tema di dotazioni organiche e di programmazione triennale dei fabbisogni;

b) la deroga delle normali procedure di assunzione concerne il carattere di assunzione riservata e non aperta, ma non, in particolare, la regola di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 35, comma 1, dell’accesso tramite procedure selettive, atteso che la stabilizzazione di personale che non abbia sostenuto "procedure selettive di tipo concorsuale", è subordinata al superamento di tali procedure; (le procedure selettive sono escluse soltanto per il personale assunto obbligatoriamente o mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento);

c) conseguentemente, le amministrazioni, con riguardo al personale da stabilizzare che ha già sostenuto "procedure selettive di tipo concorsuale", non "bandiscono" concorsi, ma devono limitarsi a dare "avviso" della procedura di stabilizzazione e della possibilità degli interessati di presentare la domanda;

d) diversamente, ove il personale non abbia già superato prove concorsuali, e il numero dei posti oggetto della stabilizzazione sia inferiore a quello dei soggetti aventi i requisiti, l’amministrazione può fare ricorso ad una selezione onde individuare il personale da assumere;

e) in tale ultima ipotesi (che, per le ragioni sopra indicate, ricorre nella fattispecie in esame) le relative controversie sono devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo.

Nè vale in senso contrario l’argomentazione, proposta dai ricorrenti principali, secondo cui mancherebbe, nel caso in esame, l’aspetto più tipico del concorso, e cioè il numero limitato e predeterminato dei posti da coprire e la valutazione comparativa dei candidati. Tali profili sono infatti strettamente collegati al concetto di procedura di selezione che individua in una platea di candidati i soggetti da assumere attraverso una prova di carattere necessariamente comparativo. Diversamente opinando si ricadrebbe nelle procedure di stabilizzazione la cui applicabilità al caso di specie, come è stato in precedenza rilevato, è stata esclusa dal giudice di primo grado con una statuizione che non è stata oggetto di appello.

Il primo motivo del ricorso principale deve essere pertanto considerato infondato.

Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi con riferimento al secondo motivo di ricorso il quale è fondato sull’assunto dell’autonomia della domanda diretta al riconoscimento della natura subordinata del rapporto, rispetto alla domanda di stabilizzazione.

Basterà osservare che tale assunto appare erroneo come si evince chiaramente dall’esame delle conclusioni della domanda originale, riprodotte nella sentenza impugnata di primo grado. In effetti tale esame dimostra come la domanda concernente la natura subordinata del rapporto costituiva, da un lato, semplicemente l’antecedente logico della richiesta di stabilizzazione, come risulta dall’uso dell’espressione "previo riconoscimento del carattere subordinato del rapporto"; dall’altro, essa costituiva il presupposto della domanda di condanna del Comune di Pisa al pagamento di differenze retributive derivanti da quel (pregresso) rapporto di lavoro.

Il primo giudice ha accertato la natura subordinata del rapporto e, con sentenza parziale, ha condannato il Comune a porre in essere la procedura selettiva come da domanda subordinata proposta dai lavoratori. Questa sentenza parziale è stata oggetto di gravame e della decisione con la quale la corte d’appello ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario. La seconda parte della decisione del giudice di primo grado con la quale egli ha accertato la sussistenza di differenze retributive in relazione alla natura giuridica del rapporto di lavoro, che costituisce il contenuto di una diversa domanda, non è stata oggetto del presente giudizio.

Quindi la conferma del difetto di giurisdizione in ordine alla procedura di selezione non è in contraddizione con la statuizione, certamente di competenza del giudice ordinario, concernente la natura subordinata del rapporto e le conseguenze economiche dello stesso.

Con l’unico motivo del proprio ricorso autonomo il Comune di Pisa denuncia la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., con conseguente nullità della sentenza impugnata, per omessa pronuncia su cinque motivi di gravame, ritualmente proposti dinanzi alla Corte d’appello, attinenti: alla natura del rapporto di lavoro intercorso fra i ricorrenti in primo grado ed il Comune di Pisa e, più in particolare: a) con riferimento ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa; b) in relazione ai contratti stipulati ai sensi del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 90; alla censura basata sull’assunto del Comune secondo cui nulla era dovuto nè per differenze retributive, nè per risarcimento del danno. Tali motivi non sono stati esaminati dalla corte d’appello nonostante la natura autonoma degli stessi.

Il ricorso è inammissibile.

Come si è in precedenza evidenziato il giudice di primo grado ha deciso con sentenza parziale unicamente sulle domande di stabilizzazione diretta o mediante procedure di selezione, rispetto alle quali l’accertamento della natura subordinata del rapporto costituiva un mero antecedente logico per l’accoglimento delle suddette domande. Lo stesso giudice ha riservato alla sentenza definitiva la valutazione delle domande di contenuto patrimoniale connesse all’accertamento della natura subordinata del rapporto. A sua volta la corte territoriale, investita unicamente del gravame concernente la sentenza parziale, ha ritenuto sostanzialmente indifferente, ai fini della decisione sulla stabilizzazione, la statuizione contenuta nella sentenza impugnata concernente la riconducibilità alla fattispecie del rapporto di lavoro subordinato dei vari rapporti intercorsi fra i ricorrenti in primo grado ed il Comune di Pisa, avendo ritenuto che, data la necessità di provvedere comunque alla procedura di selezione, sussistesse il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, in accoglimento, del resto, della eccezione proposta in via principale dal Comune di Pisa.

La statuizione della Corte di merito concernente il difetto di giurisdizione, basata sulla irrilevanza della natura giuridica del rapporto, non è stata oggetto di censura da parte del Comune di Pisa che, anzi, ne ha chiesto la conferma. Il Comune si è infatti limitato a denunciare la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.. In questo contesto la doglianza concernente l’omessa pronuncia sui profili attinenti alla natura subordinata, o meno, del rapporto di lavoro, è inammissibile in quanto inconferente rispetto ai contenuti della sentenza impugnata ed ai limiti del devolutum sottoposto al suo esame. Ed infatti i profili attinenti alla contestazione della natura giuridica del rapporto di lavoro, ritenuti indifferenti ai fini della domanda di stabilizzazione, possono rilevare unicamente con riferimento alle ulteriori domande proposte dai ricorrenti in primo grado, domande sulle quali la sentenza parziale del giudice di prima istanza non si è pronunciata e che sono rimaste estranee pertanto anche al giudizio di appello che, come già evidenziato, ha riguardato unicamente la sentenza parziale.

Il ricorso incidentale proposto dai lavoratori ricorrenti principali è basato su due motivi dei quali il primo è identico al primo motivo già formulato nel ricorso principale, laddove il secondo contiene una denuncia di violazione dei principi del reparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo, nonchè di violazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63 ed infine di nullità della sentenza per omessa pronuncia su cinque motivi dell’atto di appello e, in particolare, a) sulle conseguenze della pretesa simulazione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato; b) sulla natura di collaborazione coordinata e continuativa dei rapporti relativi agli anni 2001-2005; c) sulla natura effettivamente fiduciaria del rapporto ai sensi del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 90;

d) sull’ordine del giudice relativo ad un facere amministrativo che lede l’autonomia dell’ente; e) sulle differenze retributive; infine il motivo denuncia vizio di motivazione con riferimento alla affermata sussistenza della giurisdizione amministrativa.

Il ricorso è inammissibile alla luce del principio costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimità, anche a Sezioni Unite (cfr., in particolare, Cass. S.U. 10 marzo 2005 n. 5207; Cass. 2 dicembre 2000 n. 15407), secondo cui la rituale proposizione del ricorso per Cassazione determina la consumazione del diritto di impugnazione, con la conseguenza che non solo non è possibile presentare motivi aggiunti, oltre a quelli già formulati, ma neppure è consentita la proposizione di un altro ricorso, che, pertanto, è soggetto alla sanzione d’inammissibilità. In particolare, con riferimento ad una fattispecie analoga a quella in esame, è stato stabilito che la consumazione del diritto di impugnazione conseguente alla proposizione di ricorso principale per cassazione esclude che la stessa parte, ricevuta la notificazione del ricorso di altro contendente, possa introdurre nuovi e diversi motivi di censura o anche ripetere le stesse censure già avanzate con il proprio originario ricorso con un successivo ricorso incidentale che, se proposto, va dichiarato, quindi, inammissibile, pur restando esaminabile come controricorso nei limiti in cui sia rivolto a contrastare l’impugnazione avversaria.

In considerazione dell’esito complessivo della lite ed in applicazione del criterio della soccombenza, i ricorrenti principali devono essere condannati al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale; dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo e rimette la causa al TAR competente; dichiara inammissibili i ricorsi incidentali; condanna i ricorrenti principali al pagamento delle spese di giudizio liquidate in Euro 200 per esborsi, oltre Euro 3700 (tremilasettecento) per onorari e oltre spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili, il 8 novembre 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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