Cass. civ. Sez. III, Sent., 22-02-2012, n. 2555 Pignoramento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con pronunzia del 17/7/2008 la Corte d’Appello di Messina, in accoglimento del gravame interposto dal Banco di Sicilia s.p.a. e in conseguente riforma delle sentenze Trib. Messina 8/3/2000 (non definitiva) e 17/2/2004 (definitiva), dichiarava l’illegittimità del pignoramento eseguito a richiesta del Banco di Sicilia su beni mobili appartenenti al sig. L.G. ma rigettava la domanda di risarcimento dei danni dal medesimo lamentati, ritenendo non essere stata fornita la prova al riguardo.

Avverso la suindicata pronunzia il L. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 3 motivi.

Resiste con controricorso la società Banco di Sicilia s.p.a., che spiega altresì ricorso incidentale sulla base di 2 motivi.

Motivi della decisione

Con il 1 motivo il ricorrente in via principale denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 345 e 244 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 2 motivo denunzia violazione insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Si duole che la corte di merito erroneamente abbia affermato essere stata la prova per testi domandata in 1 grado, laddove essa è stata formulata per la prima volta in appello, e non ammesso la prova in quanto in tale grado per non essere stati indicate le persona da escutere in qualità di testi.

Con il 3 motivo denunzia violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si duole che la corte di merito erroneamente abbia ritenuto non raggiunta la prova, non valutando correttamente tutte le emergenze processuali.

Con il 1 motivo il ricorrente in via incidentale denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 524 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Lamenta che controparte non ha dato "la prova dell’assoluta indisponibilità di altri mezzi svolgenti la stessa funzione di quelli pignorati".

Si duole che la corte di merito abbia ritenuto "che i beni pignorati fossero indispensabili per lo svolgimento dell’attività lavorativa del debitore, unicamente per il fatto che i beni in questione si trovassero all’interno dei locali che ospitavano il L.".

Con il 2 motivo denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 521 c.p.c., art. 1227 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Si duole che la corte di merito non abbia considerato che "il debitore ha continuato a giovarsi dei beni pignorati, destinandoli al servizio della propria attività", pur non essendo custode, diversamente dal giudice ritenuto.

I motivi dei ricorsi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono in parte inammissibili e in parte infondati.

Va anzitutto osservato che i motivi recano quesiti di diritto e sintesi formulati in termini invero difformi dallo schema al riguardo delineato da questa Corte, non recando la riassuntiva ma puntuale indicazione degli aspetti di fatto rilevanti, del modo in cui i giudici del merito li hanno rispettivamente decisi, delle diverse regole di diritto la cui applicazione avrebbe condotto a diversa decisione, a tale stregua appalesandosi astratti e generici, privi di riferibilità al caso concreto in esame e di decisività, tali cioè da non consentire, in base alla loro sola lettura (v. Cass., Sez. Un., 27/3/2009, n. 7433; Sez. Un., 14/2/2008, n. 3519; Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., 7/4/2009, n. 8463), di individuare la soluzione adottata dalla sentenza impugnata e di precisare i termini della contestazione (cfr. Cass., Sez. Un., 19/5/2008, n. 12645;

Cass., Sez. Un., 12/5/2008, n. 11650; Cass., Sez. Un., 28/9/2007, n. 20360), nonchè di poter circoscrivere la pronunzia nei limiti del relativo accoglimento o rigetto (cfr., Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258), senza che essi debbano richiedere, per ottenere risposta, una scomposizione in più parti prive di connessione tra loro (cfr.

Cass., 23/6/2008, n. 17064), risolvendosi in buona sostanza in una richiesta a questa Corte di vaglio della fondatezza delle proprie tesi difensive.

L’inidonea formulazione del quesito di diritto equivale invero alla relativa omessa formulazione, in quanto nel dettare una prescrizione di ordine formale la norma incide anche sulla sostanza dell’impugnazione, imponendo al ricorrente di chiarire con il quesito l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in relazione alla concreta fattispecie (v. Cass., 7/4/2009, n. 8463; Cass. Sez. un., 30/10/2008, n. 26020; Cass. Sez. un., 25/11/2008. n. 28054), (anche) in tal caso rimanendo invero vanificata la finalità di consentire a questa Corte il miglior esercizio della funzione nomofilattica sottesa alla disciplina del quesito introdotta con il D.Lgs. n. 40 del 2006 (cfr., da ultimo, Cass. Sez. un., 10/9/2009, n. 19444).

La norma di cui all’art. 366 bis c.p.c. è d’altro canto insuscettibile di essere interpretata nel senso che il quesito di diritto possa, e a fortiori debba, desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo, giacchè una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione (v.

Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258).

Tanto più che nel caso i motivi risultano formulati in violazione del principio di autosufficienza, atteso che la ricorrente fa richiamo ad atti e documenti del giudizio di merito (es., al "ricorso del 30.1.1995", all’"atto di citazione dell’11 aprile 1995", al "pignoramento", ai depositati "documenti", al "verbale di udienza del 14.6.2000", all’"ordinanza fuori udienza del 5.7.2000", al "verbale della … udienza tenutasi il 7 … febbraio 2001", al "verbale di udienza del 16 maggio 2001", al "verbale di udienza del 19.12.2001", all’"ordinanza fuori udienza del 9.1.2002", alla "comparsa di costituzione e risposta del 23/24.9.2004", allo sfratto "per morosità dal locale ove prima del pignoramento dei macchinari esercitava proficuamente la propria attività", al "primo sfratto per morosità", allo "sfratto per morosità del 19.2.1996", all’"atto di intimazione di sfratto per morosità del 17.10.1994", alla "documentazione medica prodotta in atti", il ricorrente in via principale; all’"atto notificato in data 24/04/2004" con il quale "il Banco di Sicilia proponeva appello avverso entrambe le statuizioni di primo grado", alle emergenze processuali dei giudizi di merito, la ricorrente in via incidentale) limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente – per la parte d’interesse in questa sede – riprodurli nel ricorso ovvero puntualmente indicare in quale sede processuale, pur individuati in ricorso, risultino prodotti e, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, se siano stati prodotti anche in sede di legittimità (v. Cass., 23/9/2009, n. 20535; Cass., 3/7/2009, n. 15628; Cass., 12/12/2008, n. 29279).

Quanto al pure denunziato vizio di motivazione, i motivi non recano la prescritta "chiara indicazione" – secondo lo schema e nei termini delineati da questa Corte – delle relative "ragioni", inammissibilmente rimettendosene l’individuazione all’attività esegetica della medesima, con interpretazione che si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione (cfr. Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 26/3/2007, n. 7258), a fortiori non consentita in presenza di formulazione come detto nella specie altresì carente di autosufficienza.

In ordine ai primi due motivi del ricorso principale va ulteriormente posto in rilievo che non risulta ivi invero colta e censurata la ratio decidendi dell’impugnata sentenza secondo cui "la prova per testi dedotta dal L. … risulta inammissibile in relazione alla decadenza in cui è incorso il L. (o comunque alla rinunzia manifestata) in 1 grado".

Quanto al 3 motivo del ricorso principale altresì osservato che in base a principio consolidato in giurisprudenza di legittimità la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. è apprezzabile, in sede di ricorso per cassazione, nei limiti del vizio di motivazione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e non anche come nella specie denunziato in termini di violazione di legge, e deve emergere direttamente dalla lettura della sentenza, non già dal riesame degli atti di causa, inammissibile in sede di legittimità.

In ordine al ricorso incidentale va osservato che non risulta idoneamente censurate le rationes decidendi secondo cui la possibilità di utilizzare i beni pignorati discende dall’esserne il debitore pignorato custode e siffatta utilizzazione avviene nell’interesse del creditore procedente", e nella specie "i macchinari e gli strumenti pignorati … rinvenuti nel locale di esercizio della attività del L. … erano obiettivamente funzionali alla lavorazione del marmo" e che "dall’elenco delle attrezzature della impresa artigiana del L. (prodotto dal medesimo Banco) risulta che le macchine fresatrice, levigatrice e lucidatrice pignorate erano le sole in dotazione dell’impresa"; e, per altro verso, che la ricorrente incidentale non muove d’altro canto nel caso censura di violazione dell’art. 2967 c.c..

All’inammissibilità e infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso.

Attesa la reciproca soccombenza, va disposta la compensazione tra le parti delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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