Cass. civ. Sez. III, Sent., 22-02-2012, n. 2550 Reati commessi a mezzo stampa diffamazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con citazione notificata in data 7.10.99, l’on. B.F., affermando di essere stato leso da un articolo dal titolo "giorni di piombo sinistra di panna" a firma di P.G. pubblicato sul settimanale (OMISSIS), conveniva innanzi al Tribunale di Milano il P. per sentirlo condannare al risarcimento dei danni in suo favore; deduceva in particolare, che detto giornalista, nell’esprimere il proprio parere sull’intervento dell’attore nel corso della trasmissione televisiva "Porta a Porta" del (OMISSIS), dedicata all’omicidio del prof. D.M., avvenuto in (OMISSIS) ad opera di alcuni esponenti delle brigate rosse, non aveva correttamente riferito il commento di esso istante in ordine al volantino con il quale era stato rivendicato detto omicidio.

Costituitosi il P., che tra l’altro deduceva la palese temerarietà ex art. 96 c.p.c. della lite, con sentenza n. 14801/2003, il Tribunale di Milano rigettava la domanda, ritenendo che l’articolo rientrasse nel legittimo esercizio del diritto di critica.

A seguito dell’appello del B., costituitosi l’appellato, la Corte d’Appello di Milano, con la decisione in esame in data 2.10.2008, in riforma di quanto statuito in primo grado, risarciva il B. liquidando il danno morale in Euro 10.000,00.

Ricorre per cassazione il P. con sei motivi, illustrati da memoria; resiste con controricorso il B..

Motivi della decisione

Con il primo motivo si deduce violazione degli artt. 345 e 112 c.p.c. per avere la Corte di merito omesso di pronunciarsi in merito alla eccepita inammissibilità di introduzione di domande nuove in sede di appello ovvero per avere in ogni caso omesso di dichiarare l’effettuata mutatio libelli operata dal B. nel suo atto di gravame (vedi Cass. n. 4603/2008); si afferma in proposito che, in sede di gravame, "l’appellante ha improvvisamente negato, e sulla base di tale negazione ha fondato anche la richiesta di parziale rinnovazione della fase istruttoria, di avere mai espresso (o meglio, regalato) alcuna condivisibilità, neppure parziale, in merito a tutto o parte dei contenuti del documento di rivendicazione dell’omicidio D. da parte dei brigatisti".

Con il secondo motivo si deduce violazione dell’art. 184 c.p.c. nonchè dell’art. 345 c.p.c., comma 3, per avere la Corte di Appello ammesso una inammissibile rinnovazione della fase istruttoria.

Con il terzo motivo si deduce violazione dell’art. 21 Cost. e art. 2043 c.c. in ordine alla non ritenuta sussistenza del diritto di critica.

Con il quarto motivo si deduce difetto di motivazione in ordine a quanto dedotto nel terzo motivo.

Con il quinto motivo si deduce violazione dell’art. 1223 c.c. in ordine alla liquidazione del danno in re ipsa.

Con sesto motivo si deduce difetto di motivazione in ordine a quanto dedotto nel quinto motivo.

Il ricorso non merita accoglimento in relazione a tutte le suesposte doglianze. Deve innanzitutto premettersi che la Corte di merito fonda la ratio decidendi dell’impugnata decisione su logiche e sufficienti argomentazioni; afferma infatti, tra l’altro con un’indagine di "merito" non ulteriormente valutabile nella presente sede di legittimità e in linea con la giurisprudenza di questa Corte, che "dalla trascrizione emerge una realtà alquanto diversa. In primo luogo perchè tutti gli interventi di B.F. rimarcano il rifiuto non solo dell’assassinio D. (come era ovvio) ma anche della logica sottostante e della violenza come mezzo di azione politica. In secondo luogo perchè laddove l’attore/appellato parla specificamente del documento Br sostiene che "non può essere assunta la critica che il documento fa a quei provvedimenti come la motivazione dell’uccisione. C’è un salto logico, c’è un salto politico, c’è un salto umano…..", per poi concludere che "la critica che si manifesti attraverso la esposizione di una personale interpretazione ha valore di esimente senza che possa pretendersi la verità oggettiva di quanto rappresentato ma, viceversa, dal requisito della verità oggettiva non può prescindersi quando un fatto obiettivo sia posto a fondamento dell’elaborazione critica. Nel caso di specie il fatto obiettivo posto a fondamento della critica si è rivelato non vero".

E’ evidente, quindi, che i giudici di secondo grado fanno propri i consolidati indirizzi giurisprudenziali di questa Corte (tra le altre, nn. 17172/2007 e 690/2010) in base ai quali, in tema di azione risarcitoria per diffamazione a mezzo stampa, nell’esercizio del diritto di critica, con cui si manifesta la propria opinione, quest’ultima può anche non essere "assolutamente obiettiva" purchè non leda la integrità morale del soggetto, a differenza della cronaca, per cui i fatti debbono corrispondere alla verità sia pure non assoluta ma soggettiva.

Nella vicenda in esame la Corte di Milano, sulla base di un compiuto esame delle risultanze di causa (con particolare riferimento alle dichiarazioni rese dal B. nella trasmissione televisiva in questione), ha escluso che la critica esercitata dal P. fosse lecita perchè fondata su un fatto (la condivisione del documento delle Br) non vero.

Per quanto esposto non sono meritevoli di accoglimento il terzo e il quarto motivo.

Riguardo poi al primo motivo: a parte la considerazione che detta censura è in parte carente sotto il profilo dell’autosufficienza (in quanto il ricorrente non indica, anche in relazione al disposto dell’art. 366 c.p.c., n. 6, in modo specifico e dettagliato la domanda di primo grado per come formulata dal B. e le censure dallo stesso prospettate in sede di gravame), lo stesso è infondato perchè nell’atto di appello il B. non ha, con le censure mosse nei confronti della decisione di primo grado, assolutamente introdotto una mutatio libelli e non è, inoltre, configurabile un’omessa pronuncia da parte della Corte di Milano.

Non vi è stata mutatio libelli perchè il thema decidendum dell’intera fase di merito è rimasto quello della sussistenza dei presupposti della diffamazione a mezzo stampa a fini risarcitori (in sintesi, non è stato introdotto nella causa un campo di indagine e di decisione diverso rispetto a quello del primo grado); in particolare deve rilevarsi che detto thema decidendum aveva ed ha ad oggetto la valutazione degli argomenti esposti dal B. come "non collaterali" o comunque di "condivisione" alle tesi delle Brigate Rosse per rivendicare l’omicidio D. e tale oggetto del decidere non può certo ritenersi essenzialmente modificato sulla base di quanto esposto nel motivo di ricorso. In proposito deve ribadirsi quanto già statuito da questa Corte (tra le altre, n. 17457/2009) secondo cui, per configurarsi mutatio libelli occorre, in relazione al profilo della causa petendi, il fondarsi la domanda su "un fatto costitutivo radicalmente differente", aspetto del tutto da escludersi nel caso di specie.

Inoltre, non vi è stata violazione dell’art. 112 c.p.c. in quanto è di tutta evidenza che la Corte di merito ha implicitamente, per come emerge dalla motivazione della decisione impugnata, valutato la non macroscopica difformità tra quanto chiesto nell’atto introduttivo del giudizio e quanto prospettato in sede di impugnazione innanzi alla Corte di Milano, in modo tale (anche per quanto sopraesposto in tema di differenza tra mutatio e mera emendatio) da non ritenere modificato profondamente detto tema del decidere.

Anche il secondo motivo non è meritevole di accoglimento: pure detta censura non è rispondente al requisito di autosufficienza (in ordine alla dedotta "rinnovazione" della fase istruttoria in relazione al deposito della trascrizione della trasmissione "Porta a porta") e, tra l’altro, come emerge dalla motivazione della decisione impugnata, la registrazione dell’intera trasmissione era già disponibile nel giudizio di primo grado (afferma infatti la Corte di Appello che "al contrario era necessario acquisire una conoscenza diretta di quanto effettivamente detto dall’attore/appellante in quella circostanza, come era agevole fare vista la produzione in giudizio da parte della difesa B. della cassetta con la registrazione dell’intera trasmissione").

Infine, inammissibili sono il quinto e il sesto motivo; si tende infatti a un sindacato sulla valutazione discrezionale del giudice del merito in punto di liquidazione dei danni conseguenti alla ritenuta diffamazione, su cui la Corte di Milano ha sufficientemente motivato, tenuto conto del ricorso a criteri equitativi. Sul punto, questa Corte (tra le altre, n. 9626/2003) ha già infatti statuito che, in tema di liquidazione equitativa del danno morale, il giudice non è tenuto a fornire una dimostrazione minuziosa e particolareggiata di ciascuno degli elementi in base ai quali ha formato il proprio convincimento, ma è sufficiente che dimostri di avere tenuto presenti tutti gli elementi di fatto acquisiti al processo.

In relazione alla natura della controversia sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese della presente fase.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *