Cons. Stato Sez. VI, Sent., 27-10-2011, n. 5786 Beni di interesse storico, artistico e ambientale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con la sentenza in epigrafe, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio accoglieva il ricorso proposto dagli odierni appellati avverso la nota n. 0017 del 16 dicembre 2009, con la quale il direttore centrale dell’INPS aveva comunicato agli istanti – nella loro qualità di conduttori di immobili già di proprietà dell’INPDAI (ora dell’INPS), in relazione ai quali i medesimi avevano avviato alcune cause dinnanzi allo stesso Tribunale amministrativo regionale ad impugnazione degli atti amministrativi con cui gli immobili erano stato qualificati "di pregio" ai sensi dell’art. 3 (modalità per la cessione degli immobili), commi 8 e 13, d.l. 25 settembre 2001, n. 351 (disposizioni urgenti in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare), convertito dalla l. 23 novembre 2001, n. 410, con conseguente inapplicabilità dell’abbattimento del valore di stima ai fini della determinazione del prezzo di cessione – l’impossibilità di addivenire a una soluzione transattiva della vertenza, ai sensi dell’art. 43bis, comma 12, d.l. 30 dicembre 2008, n. 207 (proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti), come convertito dalla l. 27 febbraio 2009, n. 14, in risposta a correlativa richiesta inoltrata dai ricorrenti. L’adito Tribunale amministrativo regionale annullava la gravata nota per insufficienza motivazionale, a spese interamente compensate fra le parti.

2. Avverso tale sentenza interponeva appello l’ente soccombente, rilevando di aver dichiarato nell’impugnata nota, adottata in esito a vari contatti intercorsi con i conduttori, che non vi erano margini per addivenire a una transazione, in quanto l’immobile in questione apparteneva alla categoria degli immobili "di pregio" ai sensi della citata normativa, incidente in modo decisivo sulla determinazione del prezzo di vendita, e di aver in tal modo assolto appieno all’onere motivazionale, sicché il Tribunale amministrativo regionale erroneamente aveva affermato l’inadeguatezza della motivazione. L’ente appellante chiedeva dunque, in riforma dell’impugnata sentenza, il rigetto del ricorso in primo grado, con vittoria di spese.

3. Costituendosi in giudizio, gli appellati contestavano la fondatezza dell’appello, eccependo l’inammissibilità di un’integrazione postuma negli atti difensivi, in corso di giudizio, della motivazione del gravato atto, nonché negando, in punto di fatto, che fossero intercorsi contatti tra le parti. Gli stessi chiedevano dunque il rigetto dell’appello, con rifusione di spese.

4. In esito al deposito e allo scambio di memorie difensive, all’udienza pubblica del 19 luglio 2011 la causa veniva trattenuta in decisione.

5. L’appello è fondato.

5.1. In linea di fatto, giova premettere che la gravata nota dell’INPS in data 18 dicembre 2009, recante quale oggetto "Immobile di Via Civinini 61 – Roma" e indirizzata al legale degli odierni appellati, recita testualmente:

"In riscontro alle Sue del 12.10.09 e del 25.11.09 aventi per oggetto l’invito ad instaurare trattative per la definizione del contenzioso giudiziario pendente davanti al TAR del Lazio – Sez. II^ R.G. 794/2004 e 11182/05, si desidera ribadire quanto già comunicato nel corso di colloqui informali sull’argomento, l’ultimo dei quali nel mese di luglio 2009, presente il Dott. P. T., conduttore dell’appartamento int. A/12 dello stabile in oggetto, circa l’impossibilità di addivenire ad una soluzione transattiva della vertenza, atteso che la stessa afferisce alla qualificazione di pregio dell’immobile e, quindi, alla determinazione del prezzo di cessione delle singole unità immobiliari.

Si ribadisce, altresì, che conditio sine qua non per l’acquisto di queste ultime è il ritiro del ricorso da parte dei conduttori interessati da notificarsi nelle forme di legge".

Essendo lo stabile di cui è causa ubicato nel prestigioso quartiere romano dei Parioli, lo stesso è stato dichiarato di "pregio", con conseguente inapplicabilità degli abbattimenti di prezzo di cui al citato art. 3, comma 8, d.l. n. 351 del 2001 ed obbligo dei conduttori esercenti la facoltà d’opzione per la cessione in proprietà di pagare il prezzo pieno. Con relazione del 2003 l’Agenzia del territorio ha stimato il valore delle unità immobiliari pari a euro 4.000,00/mq (a fronte di un valore di mercato che, giusta stima generale dell’Osservatorio del mercato immobiliare riferita alla zona in questione, nel primo semestre 2010 veniva a raggiungere un ammontare oscillante tra euro 5.700,00/mq ed euro 8.000,00/mq). Gli odierni appellati, con ricorsi n. 794 del 2004 e n. 11182 del 2005, hanno impugnato dinnanzi al Tribunale amministrativo per il Lazio sia i decreti dichiarativi gli immobili in questione "di pregio", sia la stima dell’Agenzia del territorio.

5.2. La menzionata nota è stata comunicata agli odierni appellati ai sensi dell’art. 43bis, comma 12, d.l. 30 dicembre 2008, n. 207, come convertito dalla l. 27 febbraio 2009, n. 14, il quale ai commi 12 e 13 testualmente statuisce:

"12. Per le finalità di cui al presente articolo gli enti possono procedere alla vendita diretta degli immobili di cui al comma 2, fatti salvi in ogni caso i diritti spettanti agli aventi diritto. Si applicano le disposizioni previste dai commi 3, 3bis, 4, 5, 6, 7, 7bis, 8, 9, 13, 14, 17, 17bis, 19, eccetto i primi due periodi, e 20 dell’articolo 3 del decretolegge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, e dal decretolegge 23 febbraio 2004, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2004, n. 104. I soggetti originariamente proprietari degli immobili assolvono la vendita di tutti i beni immobili ad essi trasferiti nel rispetto delle procedure regolanti l’alienazione degli stessi da parte della SCIP per la seconda operazione di cartolarizzazione, per quanto compatibili, in modo da massimizzare gli incassi in relazione alla situazione del mercato immobiliare. I soggetti originariamente proprietari possono modificare le suddette procedure al fine di rendere più efficiente il processo di vendita. Qualora gli immobili trasferiti ai sensi del comma 2 risultino non cedibili ai sensi del citato decretolegge n. 351 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 410 del 2001, gli enti provvedono all’individuazione di unità immobiliari aventi le caratteristiche previste dal predetto decretolegge ed analogo valore. Dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, i soggetti originariamente proprietari degli immobili sono sostituiti alla SCIP, in tutti i rapporti, anche processuali ed attinenti alle procedure di vendita in corso, relativi agli immobili trasferiti, con liberazione della SCIP. Al fine di favorire la tutela del diritto all’abitazione e all’esercizio di attività di impresa nella attuale fase di eccezionale crisi economica, i soggetti originariamente proprietari promuovono la definizione del contenzioso in materia immobiliare privilegiando soluzioni transattive o di bonario componimento che comportino l’immediato conseguimento di un apprezzabile risultato economico in relazione al rischio implicito del giudizio, allo stato ed al presumibile costo di esso, nonché alla possibilità di effettiva riscossione del credito.

13. L’Agenzia del territorio, a seguito del trasferimento, individua gli immobili di pregio su richiesta degli enti proprietari. Restano salvi i criteri di individuazione dei suddetti immobili previsti dal comma 13 dell’ articolo 3 del decretolegge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, e disciplinati dal decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 31 luglio 2002, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 190 del 14 agosto 2002.".

5.3. Orbene, tenuto conto del richiamato contesto fattuale e normativo in cui si colloca la vicenda dedotta in giudizio, ritiene il Collegio che la gravata nota contenga, seppur in forma succinta e sintetica, una motivazione adeguata ed esauriente in ordine alla dichiarata impossibilità di addivenire a una soluzione transattiva delle vertenze in atto. Una soluzione transattiva o di bonario componimento presuppone, il prudente apprezzamento dell’ente proprietario, qui da ritenersi correttamente esercitato, essendo lo stesso tenuto a privilegiare soluzioni transattive alla condizione, normativamente predeterminata che queste soluzioni "comportino l’immediato conseguimento di un apprezzabile risultato economico in relazione al rischio implicito del giudizio" (v. il citato art. 43bis, comma 12, d.l. n. 207 del 2008): dunque richiede, per valutare adeguatamente l’eventuale sviluppo della soluzione transattiva ai fini della promozione della definizione del contenzioso, l’avvenuta accettazione, da parte degli odierni appellati, della qualifica delle unità immobiliari come immobili "di pregio" (la cui congruenza alla luce dell’art. 3, comma 13, d.l. n. 351 del 2001 non è oggetto della presente controversia, ma delle altre sopra ricordate) e l’abbandono dei ricorsi dagli stessi intentati avverso i correlativi provvedimenti dichiarativi ed estimativi.

Tale motivazione risponde alla ratio normativa, tesa ad incentivare la soluzione transattiva delle controversie pendenti a condizioni economicamente apprezzabili per gli enti cedenti – che, allo stato delle cose, non può ragionevolmente prescindere dal riferimento alla detta qualificazione e dalle sue conseguenze estimative alla luce di quell’art. 3, comma 8 -, ed è ricavabile in modo univoco dal sopra citato tenore letterale della gravata nota. Sicché la stessa nota – contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale amministrativo regionale – deve ritenersi sufficientemente sorretta da impianto motivazionale congruo e adeguato, senza che sia ravvisabile un apporto motivazionale postumo causalmente determinante, quale eccepito dagli odierni appellati.

5.4. Per le esposte ragioni, in accoglimento dell’appello e in riforma dell’impugnata sentenza, s’impone il rigetto del ricorso in primo grado.

6. Le spese del doppio grado, come liquidate nella parte dispositiva, vanno regolate secondo il criterio della soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, respinge il ricorso in primo grado; condanna gli appellati, in solido tra di loro, a rifondere all’Istituto appellante le spese del doppio grado, che si liquidano nell’importo complessivo di euro 4.000,00, oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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