Cass. civ. Sez. I, Sent., 23-02-2012, n. 2773

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

R.S. – professionista incaricato dal Comune di Dragoni di effettuare la progettazione di lavori inerenti l’ammodernamento della rete idrica comunale – sull’assunto di non aver ricevuto il pagamento delle somme deliberate convenne il Comune di Dragoni ed il Sindaco p.t. P.B.C. (unitamente al Sindaco precedente ed al responsabile dei LLPP. del Comune), chiedendo la condanna del Comune al pagamento delle somme indicate, anche ex art. 2041 c.c., ovvero istando per la condanna dello stesso Comune, ex artt. 2900 e 2041 c.c., quale debitore ex art. 2041 c.c. verso i sindaci delle somme all’attore dovute dai sindaci stessi, responsabili diretti degli incarichi. L’adito Tribunale di Santa Maria Capua Vetere con sentenza 20.12.2004 accolse la domanda subordinata con la quale ring. R. azionava un credito verso il Comune surrogandosi nelle ragioni ex art. 2041 c.c. del P. (e del precedente sindaco M.) e pertanto condannò il Comune di Dragoni a pagare ad esso attore la somma di Euro 255.811,92 oltre accessori e spese. La sentenza, notificata il 21.3.2005, venne tempestivamente appellata dal P. e, con appello incidentale tardivo, dal Comune di Dragoni. Costituitosi R.S., la Corte di Appello di Napoli con sentenza 17.7.2009 dichiarò inammissibile per difetto di interesse l’appello di P.B. C. ed inefficace – per tardività – l’appello incidentale del Comune.

Ha affermato in motivazione la Corte di Napoli: che avendo il Tribunale accolto la subordinata surrogatoria dell’ing. R., condannando il Comune a pagare direttamente a detto professionista la somma di Euro 255.811, non era stata emessa alcuna pronunzia di condanna a carico del P., che pertanto non essendo alla decisione riconnesso alcun effetto pregiudizievole, il P. non aveva alcun interesse alla base della proposta impugnazione, sì che e sue doglianze, dirette alla esclusione della sua responsabilità o alla sua limitazione in termini di quantum, erano da dichiarare inammissibili, che ne conseguiva la inefficacia ex art. 334 c.p.c. della tardiva impugnazione del Comune, inefficacia ineludibile anche dovendosi qualificare il relativo appello come impugnazione autonoma e non meramente adesiva.

Per la cassazione di tale sentenza, notificata il 25.11.2009, hanno proposto ricorsi autonomi sia il P.B.C. con atto del 22.1.2010, resistito da controricorso di R.S., sia il Comune di Dragoni con atto in pari data articolato su due motivi e resistito dal R.. I difensori hanno discusso oralmente la causa.

Motivi della decisione

Riuniti i ricorsi ex art. 335 c.p.c., proposti avverso la stessa sentenza, ritiene il Collegio di doverli accogliere per le ragioni e nei termini appresso indicati.

Preliminarmente si rileva che non hanno consistenza le eccezioni di inadeguatezza dei "quesiti" che il controricorrente muove con riguardo ad entrambi i ricorsi. L’eccipiente non ha infatti considerato che è stata impugnata sentenza pubblicata il 17.7.2009 con la conseguenza di dover ritenere escluso il requisito di cui all’art. 366 bis c.p.c. come più volte statuito da questa Corte (Cass. n. 7119 e n. 20323 del 2010, n. 774 del 2011): si è infatti affermato – alla stregua del principio generale di cui all’art. 11 preleggi, comma 1, secondo cui, in mancanza di un’espressa disposizione normativa contraria, la legge non dispone che per l’avvenire e non ha effetto retroattivo, nonchè del correlato specifico disposto della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 58, comma 5 in base al quale le norme previste da detta legge si applicano ai ricorsi per cassazione proposti avverso i provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore della medesima legge (4 luglio 2009) – che l’abrogazione dell’art. 366-bis cod. proc. civ. (intervenuta ai sensi della citata L. n. 69 del 2009, art. 47) è diventata efficace per i ricorsi avanzati con riferimento ai provvedimenti pubblicati successivamente alla suddetta data.

Il ricorso di P.B.C.:

L’unico motivo censura per violazione di legge l’affermata inesistenza di un suo interesse ad impugnare la condanna del Comune a pagare al R. il dovuto ex artt. 2041 e 2900 c.c.: la Corte, ad avviso del ricorrente, avrebbe infatti ignorato come l’accoglimento della riconvenzionale surrogatoria proposta dal professionista comportasse la soccombenza anche del P. che a tale domanda si era opposto, soccombenza derivante dal fatto che la surrogatoria era originata dalla affermazione della obbligazione del P. verso il professionista ing. R. per la progettazione convenuta ma non debitamente finanziata ( D.L. n. 66 del 1989, art. 23, comma 4 convertito in L. n. 144 del 1989) e della obbligazione del Comune di rivalere il predetto P. nei limiti della utilitas riconosciuta ed ai sensi dell’art. 2041 c.c..

La censura è certamente fondata. La domanda subordinata dell’ing. R. era infatti fondata sulla possibilità – notoriamente "autorizzata" dalla Corte Costituzionale (n. 295 del 1997) e riconosciuta da questa Corte (Cass. 15296 del 2007 e 17550 del 2009) – per la quale il professionista creditore diretto dell’amministratore "autorizzante" un opus privo di impegno di spesa ben può, utendo juribus, sostituirsi all’amministratore solvens nella sua azione ex art. 2041 c.c. a carico dell’Ente locale che abbia comunque ricevuto ed utilizzato l’opus in questione. Il Tribunale ha dunque accolto tale domanda subordinata, nel contraddittorio del Sindaco p.t. P. il quale si difendeva nel merito anche osservando che ostava all’accoglimento della domanda ex art. 2041 c.c. proposta in via surrogatoria il presupposto, e cioè il riconoscimento da parte del Comune debitor debitoris della utilitas del lavoro di progettazione effettuato. L’interesse ad impugnare una siffatta pronunzia di condanna è evidente, come sfuggito alla Corte territoriale, posto che la pronunzia di condanna ad un credito ex artt. 2900 e 2041 c.c.. non può che essere passata, come nella specie avvenuto, dall’accertamento – con idoneità ad acquisire forza di giudicato – del credito diretto del professionista verso il Sindaco e di quello di questi verso il Comune nei limiti di cui all’art. 2041 c.c. e cioè attraverso il passaggio obbligato dell’accertamento dei tre rapporti obbligatori:

A) quello diretto del professionista verso il Sindaco scaturito dal D.L. n. 66 del 1989, art. 23, comma 4 conv. in L. n. 144 del 1989 (applicabile rattione temporis e poi notoriamente sostituito dal vigente disposto del D.Lgs. n. 267 del 2000, artt. 191 e 194);

B) quello che il Sindaco, in tal guisa debitore nei confronti del professionista, avrebbe potuto vantare nei riguardi dei Comune che della prestazione oggetto del rapporto diretto con il Sindaco si fosse "avvantaggiato" (e nei limiti di tal vantaggio ed a condizione che esso risultasse dalla debita ricognizione della utilitas effettuata dai giudice del merito alla stregua dei principii rammentati da questa Corte, da ultimo con Cass. 3322 e 24626 del 2010);

C) quello scaturente dai primi due ed azionabile in via surrogato-ria dal professionista verso il debitor debitoris.

E poichè l’appello del Sindaco P. mirava a recidere il collegamento ravvisato dal Tribunale e ciò sia negando la sua obbligazione diretta sia deducendo comunque che neanche prospettata era stata l’utilitas in capo al Comune, in tal guisa venendo meno il presupposto (sub B) per esercitare la surrogatoria, non si scorge come si sia potuto ritenere "privo di interesse" l’appello del P.B.C.. E per tal ragione ne va accolto il ricorso con la conseguente cassazione della sentenza che dalla osservanza degli esposti principi si è sottratta.

Il ricorso del Comune di Dragoni.

Tale ricorso, che con il secondo motivo fa proprie ed analiticamente ribadisce le censure mosse dal P. alla statuizione di inammissibilità del suo appello, con il primo motivo mira a contestare la tesi della inapplicabilità della disciplina ex art. 334 c.p.c. all’appello incidentale adesivo e ad affermare che comunque l’appello del Comune era autonomo.

Se il secondo motivo è palesemente fondato ( per le stesse considerazioni sviluppate per il ricorso P., e che si richiamano per intero) il primo motivo resta assorbito, non dovendo venire in considerazione alcuna inammissibilità dell’appello principale. D’altro canto che anche l’appello adesivo sia attratto nel regime della ammissibilità statuito dall’art. 334 c.p.c., comma 1 è indiscutibile dopo la pronunzia delle S.U. di questa Corte (24267 del 2007) ed alla luce della consolidata successiva giurisprudenza (Cass. 9648 del 2008, 10125 del 2009, S.U. 18048 del 2010 e Cass. 5146 del 2011).

E pertanto può essere affermato che l’appello incidentale tardivo del Comune era in sè ammissibile e non è diventato inefficace posto che l’appello principale del P. è stato erroneamente dichiarato inammissibile.

Si cassa pertanto anche in relazione al motivo accolto del ricorso del Comune.

Cassata la sentenza il rinvio va disposto, anche per regolare le spese di questo giudizio, innanzi alla stessa Corte in diversa composizione.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE Riuniti i ricorsi, accoglie il ricorso di P.B.C. ed il secondo motivo del ricorso del Comune di Dragoni, assorbito il primo motivo; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Napoli in diversa composizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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