Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 05-07-2011) 30-09-2011, n. 35616

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con la ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Roma, adito ex art. 309 cod. proc. pen., in parziale riforma della ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Velletri in data 3 febbraio 2011, sostituiva con la misura cautelare degli arresti domiciliari quella della custodia in carcere applicata a B. L. relativamente a due fatti delittuosi rubricati D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 73 (capo B: reiterata cessione, in concorso con Be.Pa., a G.S. di quantitativi di cocaina;

capo C: reiterata cessione di quantitativi di cocaina ad L. A.; fatti commessi in Genzano, il primo sino all’11 febbraio 2010 e il secondo sino al 25 febbraio 2010).

2. Rilevava il Tribunale che per entrambi i fatti sussistevano gravi indizi di colpevolezza desunti da intercettazioni telefoniche, dichiarazioni di acquirenti, sequestri di sostanze stupefacenti, servizi di osservazione di polizia giudiziaria.

Non sussisteva il denunciato bis in idem con riferimento al capo C, in quanto relativo a cessioni di sostanza stupefacente diverse dai fatti per i quali il B. era stato tratto in arresto in flagranza il giorno 26 febbraio 2010 e già giudicato (cessione di una dose di cocaina e detenzione di altre due dosi di simile sostanza e di nove dosi di hashish con finalità di spaccio).

La reiterazione di condotte criminose rendeva concreto il pericolo di recidiva, a fronteggiare il quale tuttavia poteva ritenersi sufficiente la misura domiciliare, considerata la incensuratezza dell’imputato, la sua occupazione lavorativa e il possesso di uno stabile domicilio.

3. Ricorre per cassazione l’imputato, con atto personalmente sottoscritto, deducendo i seguenti motivi.

3.1. Sussistenza del bis in idem con riferimento al capo C, fatto già contestato a seguito dell’arresto in flagranza in data 26 febbraio 2010 e per il quale il B. aveva patteggiato la pena in data 19 marzo 2010 davanti al Tribunale di Velletri; giudizio per il quale erano state proprio valorizzate le dichiarazioni del L. circa le reiterate cessioni di cocaina fatte dal B..

Anche il capo B rientrava nella medesima condotta contestata; e comunque su questo addebito difettavano gli indizi di colpevolezza, non essendo stato raccolto alcun elemento dal quale desumere che il G., che aveva avuto un contatto telefonico solo con il Be., avesse ricevuto il quantitativo di cocaina dal B..

3.2. Vizio di motivazione in punto di sussistenza delle esigenze cautelari, dato che dopo il suo arresto e l’applicazione di pena il B. era stato scarcerato e non risultava essere stato più coinvolto in condotte illecite. Del tutto incomprensibile era dunque una nuova ordinanza cautelare a distanza di circa un anno dai fatti.

4. Con memoria difensiva depositata il 24 giugno 2011, i difensori del ricorrente avvocati Giuseppe Salivetto e Claudio Marcone, richiamate le censure dedotte nell’atto di ricorso, con riferimento al capo B producono le dichiarazioni rese nel procedimento a suo carico dal correo Be.Pa., che ha escluso ogni coinvolgimento nel fatto del B..

Motivi della decisione

1. Il ricorso appare manifestamente infondato.

2. Come messo in evidenza nell’ordinanza impugnata, il B. ha patteggiato la pena esclusivamente per il fatto per il quale era stato tratto in arresto in flagranza in data 26 febbraio 2010 (relativo alla cessione di una dose di cocaina e al possesso a fini di spaccio di altre due dosi di cocaina e nove di hashish); mentre gli addebiti cui si riferisce l’ordinanza cautelare riguardano altri e precedenti episodi di reiterata cessione di quantitativi di cocaina: da un lato, in concorso con Be.Pa., in favore del consumatore G.S. (capo B); dall’altro, in favore del consumatore L.A. (capo C); fatti, questi ultimi, risultanti da varia attività investigativa (intercettazioni telefoniche, dichiarazioni di acquirenti, servizi di osservazione) che nulla ha a che fare con la operazione a seguito della quale il B. venne, nella riferita, occasione, arrestato in flagranza.

3. Gli indizi di colpevolezza risultano ampiamente e convincentemente esposti: essi derivano dall’attività investigativa di cui si è sopra detto, e in ordine alla quale le censure del ricorrente appaiono del tutto generiche.

Con particolare riferimento al capo B, nella memoria difensiva si fa presente che in data 19 maggio 2011 è stata emessa sentenza ex art. 444 cod. proc. pen. nei confronti del coimputato Be.Pa., il quale, in detta occasione, si è assunta la esclusiva responsabilità dell’episodio.

Si tratta tuttavia di evenienza successiva all’ordinanza impugnata che non può in questa sede essere esaminata e che potrà eventualmente essere posta a fondamento di richieste difensive da formulare al giudice procedente.

4. Alla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in relazione alle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro mille.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *