Cass. civ. Sez. I, Sent., 23-02-2012, n. 2761 Ammissione al passivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

M.G., assegnatario di un immobile della Filippo Alberghina s.c. a r.l., divenuto creditore ipotecario nei confronti della stessa in esito a surroga nella posizione della Banca delle Marche, a sua volta creditrice ipotecaria della cooperativa per mutuo fondiario, che esso M., ai fine di ottenere la cancellazione dell’ipoteca gravante sull’immobile a lui assegnato, aveva tacitato pagando un debito che la cooperativa si era impegnata ad estinguere rimanendo inadempiente, ha iniziato un procedimento di esecuzione con pignoramento eseguito il 25 giugno 2007 e trascritto il 28 luglio 2007. Avuta conoscenza il 13 giugno 2009 che la cooperativa era stata posta il liquidazione coatta amministrativa in data 7 aprile 2008 il M. in data 23 giugno 2009 ha comunicato ai commissari liquidatori il proprio credito comprensivo di interessi e spese precisando tuttavia di ritenete che lo stesso dovesse trovare precisa liquidazione nell’ambito della procedura esecutiva ad opera del giudice dell’esecuzione.

L’immobile è stato venduto nell’ambito dell’esecuzione nella quale il liquidatori non sono intervenuti.

Con comunicazione pervenuta in data 20.2.2010 la procedura ha comunicato l’avvenuta ammissione del M. allo stato passivo per la somma capitale di Euro 124.700,00 in privilegio e per Euro 5.775,75 in chirografo, oltre interessi "all’atto dell’eventuale riparto".

In esito ad opposizione il tribunale ha modificato parzialmente il decreto, chiarendo che il privilegio riconosciuto è quello ipotecario, che sempre col privilegio ipotecario dovevano essere riconosciute le spese successive al pignoramento e che gli interessi avrebbero dovuto essere riconosciuti nei limiti di cui agli artt. 2770 e 2855 c.c..

Contro il provvedimento il M. ha proposto ricorso affidandolo a due motivi con i quali, in sintesi, si deduce: violazione di legge per avere il tribunale ritenuto che la somma ricavata dall’esecuzione sui beni pignorati non dovesse essere versata direttamente al creditore procedente ma alla procedura e fatta oggetto di riparto e che l’ammontare del credito dovesse essere accertato nell’ambito del procedimento concorsuale e non ad opera del giudice dell’esecuzione;

violazione di legge per avere il tribunale escluso la prelazione ipotecaria per gli interessi corrispettivi e per le spese di pignoramento.

L’intimata procedura non ha proposto difese.

Il ricorrente ha depositato memoria.

Motivi della decisione

Con il primo motivo si pone in sostanza la questione relativa al rapporto tra esecuzione singolare intrapresa e proseguita dal creditore munito di privilegio ipotecario fondiario ex D.Lgs. n. 385 del 1993 (o, come nella fattispecie, a chi allo stesso si sia surrogato nel diritto) denunciandosi l’errore in cui sarebbe incorso il tribunale nel ritenere da una parte che la somma ricavata dalla liquidazione del bene ipotecato nell’ambito dell’esecuzione debba essere versata alla procedura e fatta oggetto di riparto e dall’altra che il credito del creditore ipotecario debba essere accertato con il particolare rito di cui alla L. Fall., art. 209, e non da parte del giudice dell’esecuzione.

Il motivo è inammissibile in quanto introduce questioni che non risultano affrontate dal tribunale in sede di decisione sull’impugnazione dello stato passivo. Pertanto delle due l’una: o le questioni non sono state specificatamente proposte e sono quindi nuove, oppure se le stesse sono state fatte oggetto di precise doglianze il ricorso avrebbe dovuto denunciare la violazione dell’art. 112 c.p.c. previa puntuale indicazione, al fine della sua autosufficienza, delle modalità con cui le stesse sarebbero state sottoposta al giudice del gravame e del loro letterale tenore, così da consentire alla Corte di valutare l’eventuale omissione di pronuncia.

Con il secondo motivo si deduce ancora violazione di legge per avere il tribunale ritenuto corretti sia il mancato riconoscimento dell’esistenza e dell’ammontare degli interessi corrispettivi derivanti dal mutuo che il mancato riconoscimento del privilegio in ordine alle spese per il pignoramento e per quelle derivanti dalla cancellazione dell’ipoteca sull’immobile assegnato e alla surroga.

Il motivo non è fondato.

Quanto al primo punto la censura è infondata dal momento che, a fronte dell’affermazione contenuta nel decreto impugnato secondo la quale "non è stato documentato in atti che vi siano interessi corrispettivi, e in che misura, derivanti dal mutuo (i soli dotati di prelazione ipotecaria ai sensi dell’art. 2855 c.c.)" il ricorrente si limita a ribadire che la prova richiesta avrebbe dovuto essere fornita nella procedura esecutiva al fine della decisione sul punto da parte del giudice delegato alla stessa, non essendo di competenza dei commissari liquidatori procedere all’accertamento dell’ammontare del diritto del creditore ipotecario. Come già rilevato, tuttavia, la questione sulla legittimazione dei commissari liquidatori all’accertamento di tutte le pretese fatte valere nei confronti del patrimonio dell’impresa in procedura è stata inammissibilmente proposta solo in sede di legittimità e quindi sul punto si è formato il giudicato con la conseguenza che resta insuperato il rilievo del giudice a quo in ordine al difetto di prova circa il presupposto della domanda.

Per quanto concerne il riconoscimento del privilegio ipotecario in relazione alle spese incontrate dal ricorrente per la liberazione dell’immobile a lui assegnato dall’ipoteca e per la surrogazione nei diritti del creditore originario soddisfatto l’infondatezza della censura deriva dalla considerazione che la clausola del contratto di mutuo a garanzia del quale è stata concessa l’ipoteca e secondo cui "il credito della banca è garantito dall’ipoteca iscritta fino alla concorrenza dell’intero importo effettivamente dovuto … per capitale, interessi, spese ed accessori" richiamando genericamente le spese senza alcuna ulteriore specificazione non può che riferirsi alla disciplina legale di cui all’art. 2855 c.c. secondo la quale "L’iscrizione del credito fa collocare nello stesso grado le spese dell’atto di costituzione dell’ipoteca, quelle della iscrizione e rinnovazione e quelle ordinarie per l’intervento nel processo di esecuzione" oltre, ma solo con patto espresso, le eventuali "maggiori spese giudiziali", elencazione che esclude l’estensione dell’ipoteca alle spese indicate dal ricorrente che in parte attengono alle vicende di un diverso vincolo ipotecario (quello e gravante sull’immobile a lui assegnato e liberato) e in parte alla surrogazione il cui onere non è espressamente previsto tra quelli indicati nella norma citata.

Anche per quanto attiene all’ulteriore regolazione della cause di prelazione operata dal tribunale le censure non sono fondate.

E così risulta correttamente escluso il riconoscimento del privilegio di cui all’art. 2770 c.c. per il pignoramento eseguito sull’immobile, non risultando provato che lo stesso sia stato il primo effettuato sullo stesso e che quindi sia stato fatto "nell’interesse comune dei creditori" evitando la dispersione del bene. Altrettanto corretto è il riconoscimento del privilegio ipotecario al solo atto di pignoramento e non a quelli prodromici allo stesso, dovendo i medesimo essere valutato unicamente quale atto di intervento nel processo di esecuzione e quindi fruente dell’estensione dell’iscrizione dell’ipoteca in base al citato art. 2855 c.c..

I ricorso deve dunque essere rigettato.

Non si deve provvedere in ordine alle spese in assenza di attività difensiva da parte dell’intimata procedura.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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