T.A.R. Lazio Latina Sez. I, Sent., 27-10-2011, n. 851 Deliberazioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con il ricorso n. 563 del 2009, le società I.D.S.P. e A.C. hanno impugnato la deliberazione n. 26 del 17 marzo 2009 con cui il commissario straordinario del comune di Aprilia ha istituito l’istituto della "perequazione compensativa", stabilendo che, in caso di varianti urbanistiche per la localizzazione di nuove aree da urbanizzare, sia dovuta al comune una somma pari al 50% del maggior valore del terreno oggetto dell’ipotesi di variante.

Sostenevano le due società, che hanno in itinere un procedimento di variante relativamente a un terreno di loro proprietà, che la delibera sarebbe illegittima in quanto l’istituto della perequazione compensativa sarebbe privo di fondamento normativo e si risolverebbe pertanto nella sostanziale istituzione di un tributo sprovvisto di fonte normativa primaria; in via subordinata, è denunciata l’incompetenza del commissario straordinario, venendo in rilievo materia riservata al consiglio comunale che esula dai poteri di un commissario, che sarebbero limitati agli atti occorrenti ad assicurare la provvisoria gestione dell’ente sino al ripristino dell’amministrazione ordinaria; infine le ricorrenti sostengono che la delibera è priva di motivazione e inficiata da eccesso di potere.

2. Con ordinanza n. 359 del 24 luglio 2009 la sezione accoglieva l’istanza di tutela cautelare.

3. Con il successivo ricorso n. 161 del 2010 le società I.D.S.P. e MT A.T.I. A.T.I. (che ha incorporato la A.C.) impugnavano la delibera G.M. n. 123 del 20 novembre 2009 con cui in sostanza sono stati riconfermati i contenuti della delibera del commissario straordinario oggetto del primo ricorso.

4. Con ordinanza n. 484 del 18 novembre 2010, la sezione accoglieva l’istanza cautelare, riuniva il ricorso n. 161 del 2010 al ricorso n. 563 del 2009 e fissava l’udienza pubblica per la loro trattazione.

5. Il comune di Aprilia si è costituito in giudizio e resiste ai ricorsi.

Motivi della decisione

1. Preliminarmente occorre esaminare l’eccezione di difetto d’interesse delle ricorrenti sollevata dal comune di Aprilia.

In particolare l’amministrazione sostiene, da un lato, che la circostanza che le ricorrenti abbiano semplicemente in corso di approvazione una variante urbanistica relativa a un’area di loro proprietà rende solo potenziale il vantaggio che potrebbero ottenere dall’accoglimento del ricorso nel senso che "un eventuale diniego a livello regionale…. farebbe decadere qualsiasi possibile interesse delle società a impugnare l’atto commissariale"; nello stesso tempo – e invero contraddittoriamente – l’amministrazione sostiene che le ricorrenti non avrebbero interesse al ricorso perché la disciplina sulla perequazione urbanistica introdotta dagli atti impugnati non potrebbe applicarsi alla variante che esse hanno in corso di approvazione come si desume dal riferimento da parte degli stessi a "nuove aree da urbanizzare" e a "proposte di varianti urbanistiche", ciò che implicherebbe che sarebbe "demandato di fatto alla contrattazione tra proponente e ufficio urbanistica la valutazione economica delle opere in compensazione da realizzare sulla base dei parametri prestabiliti".

L’eccezione è infondata.

Ritiene infatti il Collegio che, benché l’assoggettamento delle ricorrenti alle previsioni degli atti impugnati dipenda effettivamente dalla definitiva approvazione della variante relativa ai terreni di loro proprietà da parte della regione, non possa dirsi che nelle more la delibera sia completamente priva di effetti nei loro confronti; la possibilità che le ricorrenti debbano corrispondere – una volta definitivamente approvata la variante – quanto previsto dalle delibere impugnate introduce infatti un elemento di obiettiva incertezza su equilibri e costi dell’operazione programmata e sul valore delle aree e sulla loro stessa commerciabilità.

D’altro canto le delibere in questione, in punto di presupposti di applicazione, sono formulate in modo generico per cui non può sostenersi con sicurezza che esse non siano applicabili a varianti adottate e ancora non definitivamente approvate.

In questa prospettiva non può ritenersi che l’interesse delle ricorrenti difetti del requisito dell’attualità. Né è stato dimostrato quanto sostenuto all’udienza pubblica dal difensore del comune – e negato dai legali delle ricorrenti (che si sono opposti a depositi tardivi di documentazione) – che nelle more sarebbe venuto meno l’interesse alla decisione a causa di sopravvenuti deliberati dell’amministrazione.

2. Nel merito i ricorsi sono fondati e vanno pertanto accolti.

In particolare fondato e assorbente è il primo motivo con cui le ricorrenti denunciano che il provvedimento impugnato è stato emanato in assenza di norma attributiva del relativo potere e si risolverebbe "in una sorta di tributo privo di base normativa".

In effetti è lo stesso provvedimento ad ammettere che la regione Lazio è priva di "una legislazione idonea in tema di perequazione urbanistica" cosicché il provvedimento, o meglio i provvedimenti impugnati, si risolvono in atti che non sono ricollegabili ad alcun potere del comune.

Anzitutto la delibera non può considerarsi espressione dei poteri del comune in materia di governo del territorio; questi poteri infatti si esercitano attraverso gli strumenti urbanistici che hanno carattere di tipicità, pur potendo prevedere meccanismi di tipo lato sensu perequativo che trovano il loro fondamento nel potere conformativo del diritto di proprietà che spetta all’amministrazione (Consiglio di Stato, sez. IV, 13 luglio 2010, n. 4545); nella fattispecie, anche se si ammettesse che un commissario straordinario nominato per assicurare "l’ordinaria gestione sino all’insediamento degli organi ordinari" (si veda l’articolo 2 del D.P.R. 20 febbraio 2009, di nomina del commissario straordinario) possa, esercitando i poteri del consiglio comunale, adottare strumenti urbanistici (che certo non sono ricollegabili all’ordinaria gestione dell’ente), sta di fatto che la delibera impugnata non costituisce uno strumento urbanistico. Del resto la materia degli obblighi che possono essere posti a carico della parte privata nel caso delle lottizzazioni è regolata dall’articolo 28 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, nel contesto di un’operazione essenzialmente basata su strumenti consensuali; in questa prospettiva non condivisibile e, in definitiva, non rilevante è quanto sostenuto dal comune in ordine all’irrisorietà degli obblighi assunti dalle ricorrenti in correlazione alla variante dagli stessi richiesta (realizzazione della copertura di una piscina comunale per un importo di circa cento volte inferiore all’utile ritraibile dall’operazione); è infatti il comune ad aver liberamente accettato questo impegno dando corso alla variante.

3. In conclusione, per quanto apprezzabili siano gli scopi delle delibere, esse risultano effettivamente prive di supporto normativo e si risolvono pertanto nella imposizione di una prestazione patrimoniale ai soggetti che si trovano nelle condizioni in esse previste in mancanza di una legge che la istituisca.

I ricorsi vanno pertanto accolti e gli atti impugnati annullati. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione staccata di Latina, definitivamente pronunciandosi sui ricorsi in epigrafe, li accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.

Condanna il comune di Aprilia al pagamento delle spese di giudizio alle ricorrenti che liquida in complessivi euro quattromila.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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