Cass. civ. Sez. II, Sent., 23-02-2012, n. 2744 Garanzia per i vizi della cosa venduta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con atto di citazione notificato il 4 luglio 2001, la s.p.a.

Fintecna (già s.r.l. Ilva Gestioni Patrimoniali, poi fusasi per incorporazione nella s.p.a. Sofinpar e poi nella s.p.a. Fintecna) convenne in giudizio la s.p.a. Falck – e premesso che con atto pubblico del 28 dicembre 1990 aveva acquistato uno stabilimento industriale posto all’interno di un’area compresa tra il Comune di (OMISSIS); che con atto in data 11 gennaio 1991 aveva concesso in locazione alla società Tubi Arcore i capannoni e le aree in questione;

che nel corso del 1999 la ASL aveva individuato sulla porzione di terreno denominato lotto A la presenza di rifiuti industriali interrati; che il 15 dicembre 1999 essa aveva ceduto tale lotto A alla Di.Ba. s.r.l.;

che in data 25 gennaio 2000 il Sindaco di (OMISSIS) aveva ordinato alla Fintecna e alla Di.Ba. di adottare i necessari interventi di messa in sicurezza del sito, con un costo della bonifica stimato in L. 1.000.925.000, oltre IVA, più altre somme per fatti connessi; che a seguito di accertamento tecnico preventivo si era concluso che i rifiuti rinvenuti sull’area erano compatibili con le produzioni Falck – chiese che la convenuta fosse condannata a sostenere i costi della bonifica delle aree inquinate quale unica responsabile dell’inquinamento causato sull’area denominata lotto A. L’attrice sostenne: che sussisteva garanzia per i vizi ai sensi dell’art. 1490 cod. civ. a carico della venditrice; che si trattava di vizio occulto del quale Fintecna aveva avuto contezza soltanto con l’accertamento tecnico preventivo, vizio tempestivamente denunciato con missive dell’11 e 25 novembre 1999, 28 febbraio 2000 e 3 maggio 2000; che l’art. 1495 cod. civ. prevedeva che la denuncia non era necessaria se il venditore aveva occultato il vizio; che in ogni caso Fintecna aveva diritto alla riduzione del prezzo, ai sensi dell’art. 1492 cod. civ., pari ai costi della bonifica; che l’obbligo della venditrice derivava anche dal D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 17 e dal D.M. 25 ottobre 1999, n. 471, art. 8, comma 4.

Si costituì la convenuta, resistendo.

Il Tribunale di Milano, con sentenza in data 28 febbraio 2005, respinse la domanda.

2. – La pronuncia del giudice di primo grado è stata confermata dalla Corte d’appello di Milano, che, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria l’8 settembre 2009, ha rigettato il gravame della Fintecna.

2.1. – La Corte territoriale prende le mosse dalla ricognizione, alla stregua dell’accertamento tecnico preventivo, dei rifiuti trovati nel lotto A. Essi consistono essenzialmente in due categorie: macerie da demolizione di strutture in cemento armato con tondini di ferro incorporati, spesso di grandi dimensioni, laterizi, materiale refrattario, rottami di ferro, cavi elettrici, tubazioni in ferro, pezzi di plastica, stracci sporchi, pezzi di scorie di fonderia, lana di roccia (rifiuti, questi, dovuti a demolizioni di strutture murarie e cementizie, che rappresentano dal 70 all’80% del totale dei rifiuti reperiti); rifiuti derivanti da residui di lavorazioni industriali, costituiti in prevalenza da metalli quali cromo, zinco, rame nonchè oli che derivano da processi industriali di cromatura, zincatura, trattamento di riduzione del cromo. Tutti questi processi industriali venivano eseguiti nell’azienda industriale ceduta dalla Falck alla Ilva Gestioni Patrimoniali e che quest’ultima concesse in locazione alla Tubi Arcore e poi alla Dalmine. Il consulente tecnico – ha osservato la Corte del gravame – ha concluso che i rifiuti provenienti da produzione industriale presentano caratteristiche compatibili con le attività produttive svolte nell’area industriale limitrofa al lotto A. Inoltre il lotto A, adiacente allo strumento industriale, non era in realtà separato dal complesso industriale e, come in precedenza era nella disponibilità di fatto dell’azienda industriale gestita dalla Falck, poi rimase nella disponibilità di fatto di Tubi Arcore e successivamente di Dalmine.

Tracciata una distinzione tra rifiuti la cui esistenza è stata accertata sul suolo del lotto A e rifiuti esistenti nel sottosuolo dello stesso lotto A, la Corte d’appello – premesso che i rifiuti sopra suolo, depositati prima del 1990, erano visibili alla data della presa di possesso degli immobili, tanto più che l’Ilva ebbe la piena disponibilità dell’area sei mesi prima del rogito – ha rilevato che, per tali rifiuti, la Fintecna è in ogni caso decaduta dall’azione, non avendo denunciato gli asseriti vizi negli otto giorni dalla scoperta nè avendo promosso entro un anno azione contro la Falck. La conoscenza dei pretesi vizi, derivante dalla visibilità degli inerti, esclude, ai sensi dell’art. 1491 cod. civ., l’operatività della garanzia, nonchè la domanda di risarcimento per la loro rimozione, perchè il bene è stato compravenduto nello stato di fatto in cui si trovava, ben noto alla Ilva.

Con riferimento ai rifiuti sotto il suolo, la Corte territoriale ha sottolineato che sin dal 9 ottobre 1990 – quando il lotto A era già a disposizione della società Ilva – la USSL di Vimercate aveva effettuato sopralluoghi presso lo stabilimento industriale, constatando e contestando stoccaggio di rifiuti da parte della Ilva e dal 1991 da parte della Tubi Arcore. Secondo la Corte d’appello, non è convincente nè condivisibile l’affermazione del c.t.u. secondo cui sarebbe indubbio che la data di interramento dei materiali sarebbe antecedente al 1989, tale affermazione contrastando con elementi oggettivi che risultano dall’accertamento tecnico preventivo, dalla stessa c.t.u. e da analisi svolte dalla ASL. Ad avviso dei giudici del gravame, la presenza dei rifiuti sopra il suolo al momento del rogito fornisce una logica spiegazione della clausola n. 4 dell’atto di vendita, che non è una clausola di stile perchè l’aggiunta alla clausola di stile (vendita a corpo nello stato di fatto e di diritto in cui il bene si trova) della frase "ben noto alla società acquirente" sottolinea la conoscenza, da parte dei contraenti, della particolare situazione dell’area.

Quindi, secondo la Corte d’appello, "è certo che al momento dell’atto notarile vi erano in soprasuolo rifiuti che dovevano essere smaltiti e tale situazione era ben nota alla parte acquirente; non vi è prova, invece, che i rifiuti sotto suolo, costituiti quanto meno in parte proprio da quel tipo di rifiuti che erano presenti soprasuolo, siano stati interrati prima della vendita, e non è quindi possibile ipotizzare una responsabilità della venditrice Falck nè per i rifiuti sopra suolo nè per quelli sotto suolo".

La Corte d’appello – dichiarati assorbiti gli altri motivi di gravame – ha anche respinto la domanda subordinata di arricchimento senza causa, e ciò – oltre che per la mancata prova del fatto che dell’inquinamento del sito sia responsabile la Falck – sul rilievo che il corrispettivo del bene a suo tempo venduto ha causa nel contratto sinallagmatico, non potendosi invocare la mancanza di giustizia della causa fino a quando il contratto e il rapporto conservano la propria efficacia obbligatoria.

3. – Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello la società Fintecna ha proposto ricorso, con atto notificato il 17 marzo 2010, sulla base di cinque motivi.

L’intimata società Falck ha resistito con controricorso.

In prossimità dell’udienza la ricorrente ha depositato una memoria illustrativa.

Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo (violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5: insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, nonchè violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 2043 e 2055 cod. civ.) si censura che la Corte d’appello avrebbe ignorato il significato univoco e concludente di alcune risultanze processuali sul punto se i rifiuti interrati siano riconducibili all’attività produttiva della Falck e se l’interramento sia avvenuto prima dell’atto di vendita, stipulato il 28 dicembre 1990 tra la s.p.a. Falck e la s.r.l. Ilva. Ad avviso della ricorrente, la motivazione della Corte d’appello sarebbe affetta da manifesta illogicità alla stregua delle risultanze degli accertamenti tecnici, effettuati in loco dall’ASL e convalidati sia dall’accertamento tecnico preventivo dell’ing. R. che dalla consulenza tecnica d’ufficio dell’ing. D.. Il nucleo dell’iter logico-giuridico seguito dalla Corte d’appello si fonderebbe su un presupposto di fatto infondato, ossia sul rilievo che nel momento in cui venne fatta la verifica ASL non vi fossero più, sul lotto A, i materiali di demolizione, che erano presenti sin dal 1989. Sarebbe vero assolutamente il contrario, e cioè che grandi quantità di inerti e materiali da demolizione furono trovati, nel 1999, dalla ASL, sulla superficie del lotto A e che proprio sotto tali cumuli di macerie fu rinvenuta una discarica di rifiuti interrati.

In via meramente gradata, la ricorrente sostiene che, in virtù dei principi generali circa l’imputazione del fatto ignoto e anche ai sensi dell’art. 2055 cod. civ., la Corte d’appello avrebbe dovuto ritenere, consequenzialmente al ragionamento da essa stessa proposto, che – in presenza di un dubbio circa l’epoca di interramento, ed alla luce di elementi che facciano presumere altamente probabile che l’interramento sia intervenuto in un’epoca in cui il terreno era nella disponibilità della Falck – fossero eguali le colpe della Falck e della Fintecna e, quindi, nell’incertezza, ripartire al 50% tra le due società le conseguenze dell’inquinamento verificatosi.

La ricorrente censura come erronea e non conforme al diritto l’affermazione della Corte d’appello, secondo la quale la dizione "ben noto alla società acquirente, sottolinea la conoscenza da parte dei contraenti della particolare situazione dell’area". La Corte territoriale, in contrasto con l’interpretazione dell’art. 1362 cod. civ., avrebbe limitato la propria attività ermeneutica al dato letterale, senza guardare al reale intento dei contraenti.

1.1. – Il motivo è infondato, sotto tutti i profili in cui si articola.

La Corte del merito, attraverso un congruo e motivato apprezzamento delle risultanze probatorie, è giunta alla conclusione, logicamente argomentata, che i rifiuti siano stati interrati nel sottosuolo attraverso successivi rimescolamenti, avvenuti successivamente alla vendita del terreno, stipulata nel dicembre 1990.

La Corte territoriale ha, a tal fine, valorizzato elementi di fatto desumibili dai fotogrammi in atti, risalenti al 1989, al luglio 1991 e al luglio 1994: mentre il primo fotogramma mostra in superficie grossi blocchi di calcestruzzo provenienti da demolizioni e il fotogramma scattato nel volo del luglio 1991 evidenzia nuovamente i blocchi accumulati, dal fotogramma del luglio 1994 non risulta più la presenza dei blocchi di calcestruzzo come nei fotogrammi precedenti, e "l’area appare spianata (più che spianata pare sia sagomata: indice di un intervento con mezzi meccanici), probabilmente per la movimentazione e/o l’aggiunta di materiali e la relativa compattazione".

Con riguardo alla relazione ASL, la quale non reca indicazioni certe sulla data dell’interramento, la Corte d’appello ha anche sottolineato che il fatto che nel materiale interrato siano stati trovati rifiuti anteriori alla vendita (si tratta di cinque lattine e di una medaglietta Falck), non significa che l’interramento sia avvenuto prima della vendita : "essendo pacifico e provato che parte di quel materiale era stato lì portato in epoca di gestione Falck, è ben possibile ipotizzare che insieme a quel materiale inerte ci fossero anche lattine e altre cose riferibili a Falck, ma ciò non prova in alcun modo che l’interramento sia avvenuto prima della vendita".

Su questa base, la Corte del gravame ha argomentatamente ritenuto che, poichè prima della vendita vi era copioso materiale inerte sulla superficie del terreno, di provenienza Falck, insieme a tale materiale vi erano anche quei reperti che poi sono stati interrati dopo la vendita; ed ha altresì aggiunto che il lotto A, dopo il 30 giugno 1990, era stato utilizzato anche dalla Tubi Arcore per stoccaggio di materiali industriali e residui di lavorazione:

"rifiuti che non vi è nessuna prova siano stati smaltiti portandoli in apposita discarica".

L’argomentazione della Corte territoriale, frutto di una chiara e analitica ricostruzione del quadro probatorio, si sottrae alle critiche che ad essa sono state mosse.

Tali critiche – oltre a risolversi nella prospettazione di una diversa valutazione del merito della causa e nella pretesa di contrastare apprezzamenti di fatti e di risultanze probatorie che sono inalienabile prerogativa del giudice del merito – non tengono conto della circostanza che il controllo di logicità del giudizio di fatto, consentito dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non equivale alla revisione del ragionamento decisorio, ossia della opzione che ha condotto il giudice del merito ad una determinata soluzione della questione esaminata, posto che una simile revisione, in realtà, non sarebbe altro che un giudizio di fatto e si risolverebbe sostanzialmente in una sua nuova formulazione, contrariamente alla funzione assegnata dall’ordinamento al giudice di legittimità.

Deriva da quanto precede, pertanto, che risulta del tutto estranea all’ambito del vizio di motivazione ogni possibilità per la Corte di cassazione di procedere ad un nuovo giudizio di merito attraverso l’autonoma, propria valutazione delle risultanze degli atti di causa.

Del resto, il citato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, conferisce alla Corte di cassazione soltanto il potere di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione operata dal giudice del merito, al quale esclusivamente spetta individuare le fonti del proprio convincimento, e, in proposito, valutarne le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliendo, tra le varie risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (tra le tante, Cass., Sez. lav., 6 marzo 2006, n. 4766; Cass., Sez. 3^, 19 dicembre 2006, n. 27168).

Nè può trovare ingresso la questione – posta in via subordinata dalla ricorrente – sulla mancata applicazione della presunzione di eguaglianza nella responsabilità e della colpa, giacchè essa muove da un presupposto – il dubbio circa l’epoca dell’interramento – che risulta escluso dalla sentenza impugnata, la quale è pervenuta alla conclusione, in termini di certezza deduttiva, della mancanza di prova che i rifiuti trovati nel sottosuolo siano stati interrati prima della vendita.

Priva di fondamento è altresì la censura relativa alla violazione dell’art. 1362 cod. civ., perchè, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la Corte d’appello non si è fermata al dato letterale nella valorizzazione del significato della frase "ben noto alla società acquirente", ma ha rilevato – con motivazione scevra di vizi logici e giuridici – che la dichiarata conoscenza della particolare situazione dell’area trovava una sua giustificazione nella presenza, facilmente percepibile, dei rifiuti sopra il suolo.

2. – Con il secondo motivo si lamenta insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo della controversia, nonchè violazione e falsa applicazione degli artt. 1491 e 1495 cod. civ.. Poichè in sede di accertamento tecnico preventivo è stato rilevato che per il ritrovamento dei rifiuti sotto il suolo si è dovuto scavare fino a raggiungere una profondità di 4,5 metri dal piano di calpestio, la Corte d’appello sarebbe dovuta giungere alla conclusione che i rifiuti suddetti non potevano essere immediatamente percepibili alla società acquirente perchè presenti al di sotto del piano di calpestio e, in quanto tali, risultavano essere vizi occulti della cosa venduta. Essendosi in presenza – come anche confermato dalla c.t.u. – di un inquinamento occulto, assolutamente non riconoscibile dalla Fintecna al momento dell’acquisto, ma disvelato solamente in seguito agli accertamenti disposti con la campagna ambientale, avviata dai competenti organi pubblici nel 1999, la garanzia ex art. 1490 cod. civ. sarebbe pienamente operativa, non essendo i vizi della cosa venduta, nonostante l’impiego dell’ordinaria diligenza, nè conosciuti nè conoscibili dalla ricorrente. Nè vi sarebbe decadenza ex art. 1495 cod. civ., perchè il termine decorre soltanto dal momento dell’acquisita oggettiva conoscenza dei vizi, nella specie avvenuta a seguito dell’espletamento delle analisi di caratterizzazione, nel novembre 1999.

Con il terzo mezzo si denuncia violazione e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, nonchè violazione e falsa applicazione dell’art. 2947 cod. civ. Avrebbe errato la Corte d’appello a ritenere assorbito il quarto motivo per effetto del rigetto del primo motivo di gravame. Poichè se il comportamento illecito e il verificarsi del danno non coincidono cronologicamente la prescrizione decorre dal momento in cui il danno si è verificato, tale momento – ad avviso della ricorrente – non può che essere il 25 gennaio 2000, allorchè il Sindaco del Comune di (OMISSIS) ordinò alla Fintecna di adottare i necessari interventi di messa in sicurezza.

2.1. – Entrambi i motivi – da esaminare congiuntamente, stante la loro stretta connessione – sono infondati.

Quanto ai rifiuti sopra suolo, la Corte d’appello ha argomentatamente rilevato che essi erano facilmente percepibili al momento della vendita del dicembre 1990 e che la situazione era ben nota alla società acquirente, sicchè correttamente la sentenza impugnata ha ritenuto che la Fintecna non poteva vantare alcuna pretesa creditoria, tanto più che essa non aveva denunciato al venditore i vizi nel termine dell’art. 1495 cod. civ. e l’azione era prescritta.

Quanto ai rifiuti sottosuolo, le censure sono da ritenere assorbite, perchè – in forza di quanto risulta per effetto del rigetto del primo motivo di ricorso – è da escludere, in radice, la stessa sussistenza del vizio occulto imputabile alla venditrice.

3. – Con il quarto motivo si denuncia insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, nonchè violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 22 del 1997. La ricorrente contesta la conclusione che sia mancata la prova del fatto che l’interramento dei rifiuti avvenne prima della vendita; sostiene inoltre che il D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 17 ha forza retroattiva, perchè la disciplina da esso prevista in materia di bonifica, ripristino e messa in sicurezza dei siti contaminati si applica a qualunque situazione di inquinamento in atto al momento dell’entrata in vigore della nuova normativa.

3.1. – Il motivo è infondato : sia perchè, in materia di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati ai sensi del D.Lgs. n. 22 del 1997, deve escludersi la responsabilità risarcitoria D.Lgs. cit., ex art. 17 in capo al precedente proprietario, che abbia svolto sull’immobile attività produttiva anteriormente all’entrata in vigore della disciplina da detto decreto delegato introdotta; sia perchè – anche a ritenere il predetto art. 17 applicabile a tutte le situazioni di inquinamento ancora in atto al momento della sua entrata in vigore – la qualifica di responsabile dell’inquinamento in capo alla Falck, proprietaria del terreno fino al 1990, avrebbe dovuto derivare da un accertamento della P.A. preposta ai controlli, nella specie mancante, risultando dallo stesso svolgimento del processo della sentenza impugnata che l’ordine di messa in sicurezza del sito è stato rivolto dall’autorità competente esclusivamente nei confronti della società Fintecna e della società Di.Ba. (in termini, Cass., Sez. 1^, 21 novembre 2011, n. 21887).

4. – Con l’ultimo motivo (insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, nonchè violazione e falsa applicazione degli artt. 2041 e 2947 cod. civ.), la ricorrente si duole che la Corte d’appello abbia respinto la domanda di arricchimento senza causa. Proprio la presenza del vizio occulto starebbe a dimostrare che l’arricchimento della Falck ai danni dell’acquirente Fintecna è avvenuto senza giusta causa. In ogni caso sarebbe configurabile la responsabilità extracontrattuale del venditore, perchè il comportamento da lui posto in essere avrebbe leso interessi del compratore aventi la consistenza di diritti assoluti.

4.1. – La censura cade con l’accertata esclusione della responsabilità della Falck per quanto attiene alla contaminazione del sottosuolo.

5. – Il ricorso è rigettato.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta, il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dalla controricorrente, liquidate in complessivi Euro 12.200,00, di cui Euro 12.000,00 per onorari, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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