Cass. civ. Sez. II, Sent., 23-02-2012, n. 2738 Azioni a difesa della proprietà rivendicazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La signora M.I. conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Sanremo, la signora F.N., chiedendo di essere dichiarata unica proprietaria del lastrico solare dell’immobile sito in (OMISSIS). Nella costituzione della convenuta, il Tribunale adito, con sentenza n. 271 de 2003, accoglieva la domanda attorea, e, sull’appello avverso di essa proposto dalla F. (cui resisteva l’appellata), la Corte di appello di Genova, con sentenza n. 852 del 2009 (depositata il 3 agosto 2009), rigettava il gravame, confermando la sentenza impugnata, con la conseguente condanna dell’appellante alla rifusione delle spese del grado. A sostegno dell’adottata decisione, la Corte territoriale ravvisava la correttezza della ricostruzione dei titoli petitori delle parti in causa (da considerarsi prevalenti sulle risultanze catastali), così come, del resto, riscontrato sulla scorta delle emergenze della c.t.u., essendo, inoltre, rimasta esclusa ogni ipotesi di acquisto per usucapione da parte dell’appellante, siccome il relativo possesso era stato idoneamente interrotto sia per effetto della pregressa causa possessoria intentata dalla M. che in virtù dell’instaurazione della controversia petitoria.

Avverso la suddetta sentenza di secondo grado (non notificata) ha proposto ricorso per cassazione la F.N., articolato in otto motivi, al quale ha resistito con controricorso l’intimata M. I..

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo la ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione sull’accertamento del diritto di proprietà in capo alla M. Ivonne, avuto riguardo alla mancata valutazione dei certificati catastali, dell’oggetto del contratto B. del 1938 alla luce della c.t.u., delle consulenze di parte e di altri documenti non contestati, oltre che in ordine al mancato accertamento della titolarità del possesso, congiuntamente alla violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione ad uno specifico motivo di gravame.

1.1. Il motivo è infondato e deve, pertanto, essere rigettato.

Invero la Corte territoriale, con motivazione logica ed adeguata, ha escluso che sussistesse contrasto tra i titoli di proprietà prodotti in giudizio. In particolare, a seguito di accurata analisi di detti titoli e valorizzando anche i significativi riscontri ricercati e raggiunti dal c.t.u., la Corte ligure ha evidenziato come il titolo di provenienza della proprietà M. (riconducibile all’atto per notar Badino del 29 gennaio 1938) descrivesse con precisione la consistenza della proprietà ed identificasse chiaramente il lastrico solare dedotto in controversia, tanto è vero che il c.t.u. non aveva incontrato alcuna difficoltà ad individuarlo e a descriverlo, mettendo in risalto come, di contro, il titolo di pertinenza dell’attuale ricorrente (atto per notar Teti del 1 maggio 1996), nel descrivere la proprietà che ne aveva costituito l’oggetto, lo riconduceva ad un appartamento posto al piano primo, interno 2, composto di tre vani ed accessori, comprensiva di un terrazzo da cui si accedeva con scaletta in legno al lastrico solare in questione, senza, tuttavia, ricomprendere, nell’ambito della proprietà, quest’ultimo. Nella ricostruzione dei titoli petitori la Corte genovese ha dato conto di tutti gli elementi oggettivi utili ai fini della determinazione delle rispettive proprietà delle parti in causa (confortata anche dalle emergenze della c.t.u.), escludendo qualsiasi idonea valenza delle risultanze catastali. In tal senso si è, perciò, correttamente conformata alla giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 711 del 1998; Cass. n. 21834 del 2007 e, da ultimo, Cass. n. 5131 del 2009), secondo la quale, nel giudizio di rivendica, l’identificazione dell’immobile oggetto dell’azione costituisce un apprezzamento di fatto insindacabile in sede di legittimità qualora il giudice abbia dato congrua giustificazione del suo convincimento, e, tra gli elementi che possono essere utilizzati a tale fine, i dati catastali non hanno valore di prova, ma di semplici indizi, costituendo le mappe catastali un sistema secondario e sussidiario rispetto all’insieme degli elementi acquisiti attraverso l’indagine istruttoria (tant’è che le risultanze di esse possono assumere rilevanza probatoria solo se espressamente richiamate nell’atto di acquisto o se non contraddette da specifiche determinazioni negoziali delle parti). A tal proposito si è precisato che l’eventuale mancanza dei dati catastali nel titolo di provenienza del bene non è, pertanto, causa di nullità dell’atto per indeterminatezza dell’oggetto, se questo può essere identificato "aliunde" dal giudice, in base ad altri elementi emergenti dal processo, potendo, in proposito, assumere rilievo gli eventuali dati contenuti nel titolo (come, nella specie, l’ubicazione, l’estensione e la compiuta descrizione dell’immobile) se, da soli ovvero in relazione con elemento estranei al titolo stesso (quali le rilevazioni effettuate direttamente sui luoghi dal consulente tecnico), essi consentano la sicura determinazione del bene (come verificatosi nella fattispecie).

2. Con il secondo motivo la ricorrente ha dedotto l’omessa od insufficiente motivazione in relazione alle norme interpretative dei contratti ( art. 1362 c.c., e segg.) sia in ordine al contratto del 1938 B. che di quello del 1996 F., sulla scorta della deduzione della scorretta valorizzazione della frase, utilizzata nell’atto notarile del 1938, "con lastrico solare risultante dalla copertura di un vanno sottostante", la quale, alla stregua di una lettura ed interpretazione letterale del negozio, confermata dal comportamento dello stesso acquirente dopo la sua conclusione, non avrebbe, invece, dovuto essere riferita al terrazzo soprastante al piano primo dell’immobile di proprietà della signora M..

2.1. Anche questo motivo è privo di pregio. Con detta doglianza la difesa della F. attinge quella che è una tipica valutazione di merito, la quale, nel caso di specie, si prospetta supportata da un logico e congruo percorso argomentativo della Corte territoriale, che, facendo leva sul criterio interpretativo preferenziale del testo trasparente dai titoli attraverso il quale era stata manifestata la volontà dei contraenti, ha univocamente desunto che nell’oggetto dell’atto per notar Badino dei 1938 si ricomprendeva anche il lastrico solare-terrazzo dedotto in causa (indicando come confine superiore del bene acquistato le arie soprastanti), costituente in parte ed unitamente all’appartamento e terrazzo di proprietà degli eredi di O.G., la copertura dei locali acquistati con il predetto atto notarile, con ciò escludendo l’ipotizzabilità di altre ricostruzioni non rispondenti alla descrizione e all’identificazione dell’immobile risultante dal titolo.

3. Con il terzo motivo la ricorrente ha prospettato il vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione sull’accertamento del diritto di proprietà del lastrico in capo alla stessa, per averlo acquistato con l’atto per notar Teti del 1996, e benchè ella ne avesse il possesso.

3.1. Anche questo motivo non è meritevole di accoglimento. Per come già evidenziato con rifermento al primo motivo, la Corte ligure ha motivato più che sufficientemente il convincimento raggiunto sulla scorta della comparazione dei due titoli esaminati, escludendo, anche sulla scorta dei rilievi del c.t.u., che il lastrico solare dedotto in giudizio rientrasse nella proprietà della ricorrente, il cui atto di provenienza menzionava un solo terrazzo, confinante con quello controverso e posto a livello inferiore da cui era possibile accedere, in modo precario, allo stesso lastrico in questione (il cui possesso era pacificamente in capo alla M.: cfr. pag. 4 della sentenza impugnata), senza, tuttavia, che quest’ultimo fosse ricompreso nella proprietà F.. Alla stregua dell’esternazione di tale ragionamento non può, perciò,dirsi sussistente il prospettato vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia, la cui configurazione postula che il giudice di merito abbia formulato un apprezzamento, nel senso che, dopo avere percepito un fatto di causa negli esatti termini materiali in cui è stato prospettato dalla parte, abbia omesso di valutarlo in modo che l’omissione venga a risolversi in un implicito accertamento negativo sulla rilevanza del fatto stesso, ovvero lo abbia valutato in modo insufficiente o illogico (requisiti, questi, non ricorrenti nella fattispecie).

4. Con il quarto motivo la ricorrente ha denunciato il vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione sull’accertamento dell’utilizzo della scaletta di proprietà M. per accedere al terrazzo dedotto in controversia, nonchè l’omessa od insufficiente motivazione sulla irrilevanza dell’accesso precario al suddetto terrazzo dal balcone della F..

4.1. Anche questa doglianza è priva di fondamento, perchè la Corte territoriale, pur rilevando, nella ricostruzione dei luoghi, l’esistenza della scaletta di accesso cui pone riferimento la ricorrente, non conferisce alla relativa circostanza una valenza decisiva, pervenendo all’accertamento della proprietà del lastrico solare controverso in capo alla M. sulla base del contenuto dei titoli di provenienza delle parti in causa e della loro prevalenza rispetto alle risultanze catastali, conferendo rilievo ad altri elementi confortanti le risultanze emergenti dai titoli, quale la scrittura privata intercorsa nel 1985 tra B.C. (dante causa della M.) e i sigg. B. – P. (danti causa della F.) dalla quale si evinceva il riconoscimento incontestato della proprietà del lastrico solare in discorso in capo al primo, regolamentadosene l’uso ma senza il riconoscimento di alcun diritto agli stessi sigg. B. – P..

5. Con il quinto motivo la ricorrente ha, inoltre, dedotto l’omessa o contraddittoria motivazione nell’accertamento di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, consistente nella titolarità del possesso del bene controverso, nonchè la supposta violazione e mancata applicazione degli artt. 1140, 1159 e 2697 c.c., congiuntamente alla violazione e mancata applicazione dell’art. 112 c.p.c.. Secondo la prospettazione della ricorrente la sentenza impugnata era censurabile sotto il profilo che la Corte territoriale aveva valutato solo il titolo della M. e non anche della F. e che, ai fini del disconoscimento dell’onere della c.d.

"probatio diabolica" e dell’eccezione di usucapione ventennale formulata dalla stessa F., non aveva tenuto conto che il possesso della M. era stato riconosciuto in base ad un provvedimento di reintegrazione poi dichiarato inefficace e sulla scorta di prove assunte nel giudizio possessorio che non erano utilizzabili in quello petitorio, trascurando che la situazione dei luoghi e la scrittura privata del 1985 escludevano l’attualità della materialità del possesso.

6. Con il sesto motivo la ricorrente ha prospettato il vizio di omessa motivazione in ordine ad un motivo di gravame, nonchè la violazione e mancata applicazione dell’art. 112 c.p.c.. In particolare, la difesa della F., sul presupposto che il rivendicante è onerato della prova dell’esistenza di un titolo di acquisto originario, assume l’omessa pronuncia della Corte genovese sull’eccezione relativa alla dedotta circostanza secondo la quale si sarebbe dovuto considerare che la M. (erede dell’acquirente del 1938 in ragione di successione denunciata nel 1995) aveva rinunciato al possesso, poichè, da un lato, aveva omesso di indicare il bene nella denuncia di successione e, dall’altro, non aveva introdotto il giudizio di merito possessorio nel termine fissato dal giudice (da cui l’inefficacia dell’emesso provvedimento interdittale), con la conseguenza che tale rinuncia ed il conseguente abbandono del bene avevano impedito la maturazione del termine di usucapione ventennale (quale modo di acquisto a titolo originario richiesto per l’assolvimento della "probatio diabolica").

6.1. Questi due motivi, siccome strettamente connessi, possono essere esaminati congiuntamente. Essi sono, peraltro, altrettanto infondati e devono, quindi, essere respinti. La Corte territoriale, con motivazione esauriente e logica, ha ritenuto, nella ricostruzione della vicenda attinente alla individuazione della titolarità del lastrico solare controverso, che il possesso del lastrico solare era pacificamente sussistente in capo alla M. per come riconosciuto anche con l’ordinanza pretorile di reintegrazione del gennaio 1997 (senza doversi conferire alcuna rilevanza alla sopravvenuta dichiarazione di inefficacia della stessa per un ragione meramente processuale) e sulla scorta dell’accertamento della condizione del bene in epoca antecedente allorquando il bene era stato acquistato dal dante causa B.C. fin dal 1938, che ne aveva conservato il possesso certamente fino al 1985 (allorquando fu stipulata la scrittura privata precedentemente indicata con i danti causa della F., in base alla quale, peraltro, a questi ultimi non fu riconosciuto alcun diritto sul bene) e che era stato continuato, a seguito del suo decesso, dalla M. ininterrottamente fino al 1996. Alla stregua di tali accertamenti, adeguatamente motivati, la Corte genovese ha dato atto del superamento della "probatio diabolica" da parte della M. (sulla scorta dell’acclarato possesso ultraventennale in capo al suo dante causa che, poi, era continuato da parte sua come effetto naturale del trasferimento del possesso fino al 1996), evidenziandosi, peraltro, sotto un profilo generale, sul presupposto che non è ipotizzabile l’estinzione del diritto di proprietà immobiliare per abbandono ed un suo acquisto per occupazione illegittima, che sarebbe stata del tutto irrilevante, ai fini della "probatio diabolica", una eventuale dismissione del possesso non accompagnata da un acquisto per usucapione da parte della F., certamente non configuratosi nella fattispecie (nemmeno nella forma breve, come accertato dalla Corte territoriale, che sarebbe stata, peraltro, inidonea nella vicenda esaminata).

7. Con il settimo motivo la ricorrente ha denunciato il vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione nell’accertamento di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, consistente nella errata valutazione degli effetti del possesso del bene controverso, unitamente al vizio di violazione e falsa applicazione dell’art. 1146 c.c. e dell’art. 1167 c.c.. Con tale doglianza la F. lamenta di aver vantato l’intervenuta usucapione del lastrico solare controverso e che la Corte avrebbe respinto l’eccezione con motivazione inadeguata, richiamando la proposizione del ricorso possessorio e, in seguito, l’atto introduttivo del giudizio di rivendicazione quali atti interruttivi della dedotta usucapione.

7.1. Anche questo motivo non è meritevole di accoglimento, poichè, per come evidenziato nella trattazione dei precedenti motivi, la Corte territoriale, con motivazione del tutto sufficiente e logica, ha escluso qualsiasi configurabilità di un possesso idoneo "ad usucapionem" in capo alla F., sottolineando come, invece, la M. aveva idoneamente assolto all’onere della "probatio diabolica", essendo, peraltro, rimasto accertato che ella si trovava nel possesso del lastrico anche al momento dell’introduzione del procedimento possessorio. Oltretutto, diversamente da quanto sostenuto dalla difesa della ricorrente, anche la domanda di accertamento della proprietà costituisce manifestazione della volontà del suo titolare di evitarne la perenzione ed il conseguente accertamento comporta l’esclusione della natura di possesso alla relazione del convenuto con il bene (cfr., da ultimo, sul punto, Cass. n. 13625 del 2009 e Cass. n. 16234 del 2011).

8. Con l’ottavo ed ultimo motivo la ricorrente ha dedotto il vizio di omessa od insufficiente motivazione sul titolo di acquisto della signora M., nonchè la violazione dell’art. 112 c.p.c. per omesso esame di un motivo di gravame, oltre alla violazione e falsa applicazione dell’art. 581 c.c. e dell’art. 556 c.c.. Secondo la prospettazione della difesa della F. l’assenza della proprietà in capo alla M. si sarebbe dovuta desumere dall’omessa indicazione del bene nella denuncia di successione del B. e nell’atto di divisione tra gli eredi del dante causa, dovendosi rilevare che, eventualmente, del bene controverso era comproprietaria anche la figlia.

8.1. Anche quest’ultimo motivo è privo di fondamento, poichè, nella sua prima parte, introduce un profilo nuovo e, in ogni caso, ininfluente sulla scorta della ricostruzione effettiva della titolarità del bene in base ai titoli petitori (sulla scorta di quanto scaturito dall’esame dei precedenti motivi) e, nella seconda parte, pone riferimento ad un aspetto irrilevante, giacchè, in generale, anche solo uno dei comproprietari può agire per l’accertamento della proprietà (senza che si configuri una ipotesi di litisconsorzio necessario in relazione agli altri comproprietari:

cfr. Cass. n. 3574 del 1999 e, da ultimo, Cass. n. 685 del 2011, ord.), rimanendo del tutto indifferente per la parte convenuta la sussistenza di una condizione di comproprietà sul bene.

9. In definitiva, alla stregua delle esposte ragioni, il ricorso della F. deve essere integralmente rigettato, con la sua conseguente condanna, in quanto soccombente, al pagamento delle spese del presente giudizio, che si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 1.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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