T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 27-10-2011, n. 8264 Compensi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Sostiene il ricorrente – magistrato di Cassazione FDS con funzioni di Sostituto Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Roma – che il trattamento economico in godimento sia inferiore rispetto a quello spettante in applicazione della legge 6 agosto 1984 n. 425 e della legge 30 luglio 2007 n. 111.

In particolare, assume che, all’atto della nomina a magistrato di cassazione (3 agosto 1984), il proprio stipendio avrebbe dovuto essere maggiorato nelle misure precedentemente indicate (39% e 14%); ulteriormente rivendicando la titolarità a maggiorazione al momento della nomina a magistrato di cassazione FDS (decorrenza 3 agosto 1992).

Se il mancato adeguamento stipendiale avrebbe consumato, secondo la prospettazione di parte, la violazione dell’art. 4, comma 5, della legge 425/1984, la violazione del successivo art. 5 viene, invece, argomentata con riferimento al mancato riconoscimento di un importo corrispondente alle classi o aumenti biennali maturati nella posizione di provenienza di magistrato d’appello dal 3 agosto 1977 al 2 agosto 1984 e di magistrato di cassazione dal 3 agosto 1984 al 2 agosto 1992.

Quanto alla pretesa violazione della legge 111/2007, parte ricorrente lamenta l’omesso riallineamento del trattamento retributivo conseguente alla riduzione da 7 a 6 dei livelli stipendiali, con riveniente contrazione dei tempi di progressione economica.

Conclude parte ricorrente insistendo per l’accoglimento del gravame, con conseguente accertamento delle pretese retributive in precedenza dettagliatamente illustrate ed accessiva condanna dell’Amministrazione della Giustizia al riconoscimento ed alla liquidazione delle somme ai titoli di cui spettanti.

L’Amministrazione intimata, costituitasi in giudizio, ha contestato la fondatezza delle censure dedotte dalla parte ricorrente, conclusivamente insistendo per la reiezione del gravame.

Il ricorso viene ritenuto per la decisione alla pubblica udienza del 12 ottobre 2011.

Motivi della decisione

1. Come illustrato in narrativa, le pretese dal ricorrente dott. C. dedotte con il presente mezzo di tutela si incentrano sulla rivendicata applicabilità, a fini di ricostruzione di carriera sotto il profilo retributivo, delle disposizioni di cui:

– all’art. 4 della legge 425/1984;

– all’art. 5 della stessa legge;

– alla legge 111/2007.

Per quanto riguarda l’invocata operatività delle disposizioni dettate dal testo normativo da ultimo indicato, va osservato come lo stesso ricorrente – unitamente ad altri magistrati – abbia proposto separata impugnativa (distinta al R.G. dell’anno 2010 con il n. 582), chiamata per la decisione all’odierna pubblica udienza.

L’identità del petitum dedotto in giudizio con riferimento al profilo suindicato impone di escludere la proponibilità (e, conseguentemente, l’esaminabilità) di distinti mezzi di gravame aventi medesimo oggetto: per l’effetto dovendosi dare atto della fondatezza dell’eccezione di inammissibilità, in parte qua, del presente ricorso (successivamente proposto rispetto al suindicato ricorso n. 582/2010), sollevata dall’Avvocatura Generale dello Stato con memoria in data 18 luglio 2011.

2. Come sopra delimitato l’ambito di ammissibile delibazione del presente mezzo di tutela alle (sole) pretese aventi ad oggetto la sostenuta applicazione delle disposizioni di cui agli artt. 4 e 5 della legge 425/1984, le censure dalla parte ricorrente dedotte con l’atto introduttivo del giudizio si dimostrano, invero, prive di fondatezza.

2.1 Nel richiamare le considerazioni dalla Sezione in precedenza esplicitate a proposito della problematica relativa all’ambito di operatività dei predetti artt. 4 e 5, va rammentato come la legge 6 agosto 1984 n. 425 (recante "Disposizioni relative al trattamento economico dei magistrati") abbia dettato una disciplina innovativa imperniata sul riconoscimento di un meccanismo di progressione economica degli stipendi di tutto il personale di magistratura (ordinaria, amministrativa, contabile e dell’Avvocatura dello Stato), intesa ad un complessivo riassetto e anche alla chiusura di una serie di contenziosi, alimentati da precedenti disposizioni.

In particolare, l’art. 3, comma 1, ha stabilito che, "con effetto dal 1° luglio 1983 la progressione economica degli stipendi del personale di cui alla legge 19 febbraio 1981, n. 27, si sviluppa in otto classi biennali del 6 per cento, da determinarsi sullo stipendio iniziale di qualifica o livello retributivo, ed in successivi aumenti biennali del 2,50 per cento, da calcolare sull’ultima classe di stipendio".

Il successivo art. 4 ha disposto che "la determinazione dei nuovi stipendi di cui all’articolo 3 è effettuata sulla base degli anni di effettivo servizio prestato in magistratura fino al 30 giugno 1983…" secondo le disposizioni di cui ai commi successivi.

Vengono in rilievo, in particolare, i commi 5 e 6, i quali hanno previsto che:

– "I servizi prestati dai magistrati nelle qualifiche inferiori a quelle di appartenenza sono valutati attribuendo, per ogni anno di servizio o frazione superiore a sei mesi del relativo periodo, un beneficio pari al 3 per cento dello stipendio iniziale della qualifica inferiore a quella di magistrato di corte di appello, al 2 per cento dello stipendio iniziale della qualifica di magistrato di corte di appello o equiparato, all’1,50 per cento dello stipendio iniziale della qualifica di magistrato di cassazione e di magistrato di cassazione nominato alle funzioni direttive ed equiparate" (comma 5);

– "L’importo complessivo del beneficio derivante dall’applicazione dei precedenti commi si aggiunge allo stipendio iniziale della qualifica rivestita e all’ammontare così ottenuto si somma l’incremento di stipendio conseguente alla progressione economica relativa al servizio prestato nella qualifica stessa" (comma 6).

Se, sulla base di quanto indicato all’art. 5, "al personale promosso alla qualifica o pervenuto al livello retributivo superiori successivamente al 1° luglio 1983 compete lo stipendio iniziale previsto per la nuova posizione, maggiorato dell’importo corrispondente alle classi o aumenti biennali maturati nella posizione di provenienza", va ulteriormente rammentato come, ai sensi del successivo art. 8, "salvo quanto previsto nell’articolo 10" (concernente l’estinzione di giudizi pendenti e il riassorbimento di importi erogati o da erogare in esecuzione di provvedimenti giudiziali passati in giudicato), "al personale indicato dall’articolo 3, al quale per effetto della presente legge compete, dal 1° luglio 1983, una retribuzione complessiva inferiore a quella goduta a tale data anche a seguito di provvedimenti giudiziali passati in giudicato o di atti amministrativi assunti in applicazione delle disposizioni richiamate nell’articolo 1, è attribuito un assegno personale, pensionabile e riassorbibile con la normale progressione economica di cui agli articoli 3 e 4, pari alla differenza fra le due retribuzioni."

L’art. 11, infine, per quanto qui interessa, ha disposto che "In sede di prima applicazione della presente legge la differenza tra la retribuzione in essere al momento della decorrenza dei nuovi trattamenti retributivi e quella cui si avrebbe diritto a norma degli articoli… 3 e 4 della legge stessa viene attribuita: per un terzo a decorrere dal… 1° luglio 1983, per quanto riguarda gli aumenti retributivi a norma degli articoli 3 e 4; per un terzo a decorrere dal 1° luglio 1984; per un terzo dal 1° luglio 1985".

2.2 La portata dell’enunciato normativo di cui al comma 6 dell’art. 4 è stata chiarita dall’art. 3, comma 54, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, nel senso che "l’art. 4, sesto comma, della legge 6 agosto 1984, n. 425, si interpreta nel senso che l’incremento di stipendio conseguente alla progressione economica relativa al servizio prestato nella qualifica di appartenenza al 30 giugno 1983, si calcola sulla base degli stipendi iniziali tabellari come previsto dall’art. 3, primo comma, della medesima legge 6 agosto 1984, n. 425".

A sua volta, in riferimento all’art. 5, l’art. 1, commi 4, 5 e 6, della legge 8 agosto 1991, n. 265, ha stabilito che:

– "Per importo corrispondente alle classi o aumenti biennali maturati nella posizione di provenienza, di cui all’articolo 5 della legge 6 agosto 1984, n. 425, deve intendersi l’incremento acquisito per classi ed aumenti periodici derivanti dalla progressione economica relativa alla sola anzianità di servizio effettivamente prestato nella posizione di provenienza" (comma 4);

– "A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, l’importo previsto dall’articolo 5 della legge 6 agosto 1984, n. 425, è determinato con esclusivo riferimento alle anzianità minime richieste dall’ordinamento di appartenenza o, laddove non previste, alle effettive anzianità di servizio" (comma 5);

– "Gli eventuali maggiori trattamenti spettanti o in godimento, conseguenti ad interpretazioni difformi da quelle stabilite dal comma 4, sono conservati ad personam e sono riassorbiti con la normale progressione economica di carriera o con i futuri miglioramenti dovuti sul trattamento di quiescenza" (comma 6).

3. Alla stregua delle disposizioni normative testé richiamate, come chiarite dalle norme d’interpretazione autentica, non può revocarsi in dubbio l’infondatezza della domanda di accertamento e condanna proposta dall’odierno ricorrente.

3.1 Nel passaggio dal vecchio al nuovo ordinamento retributivo, il Legislatore ha indicato con chiarezza le modalità di determinazione dello stipendio da attribuire, con il richiamo nei commi 5 e 6 dell’art. 4 ad un meccanismo teso a individuare la posizione economica di ciascun magistrato in funzione degli anni di servizio prestato nelle diverse qualifiche (anno o frazioni superiori a sei mesi), mediante una percentuale variabile (più alta per le qualifiche inferiori e minore per quelle superiori, in chiara proporzione inversa) dello stipendio iniziale di ciascuna qualifica inferiore, ossia computando, per ciascuna qualifica e sino a quella in atto rivestita al 30 giugno 1983, una percentuale (dal 3% e sino all’1,50%) dello stipendio iniziale moltiplicata per gli anni di servizio prestato in ciascuna qualifica.

Così determinato l’ammontare complessivo della progressione economica, ad esso va aggiunto lo stipendio iniziale della qualifica in atto rivestita, e, altresì, l’ulteriore incremento relativo a quest’ultima (ossia il numero degli aumenti o scatti computabili su tale qualifica), da calcolare, secondo la norma interpretativa, sulla base degli stipendi iniziali di qualifica.

Per il personale che consegua una nuova qualifica in epoca successiva al 1° luglio 1983, lo stipendio iniziale della nuova posizione è incrementato degli aumenti o scatti maturati nella posizione di provenienza, ossia, come chiarito dall’altra norma interpretativa, ragguagliato alla anzianità di servizio effettivo nella posizione (qualifica) di provenienza.

Con la norma di salvaguardia dell’art. 8 è stato poi disposto che, qualora, a seguito della rideterminazione del trattamento economico, competa una retribuzione inferiore a quella in atto goduta alla data del 1° luglio 1983, la differenza è conservata quale assegno ad personam riassorbibile.

3.2 Una giurisprudenza amministrativa ormai consolidata ha ormai chiarito che:

– al personale di magistratura e equiparato, promosso alla qualifica o pervenuto al livello retributivo superiore, deve essere riconosciuto, nella nuova posizione, l’incremento acquisito per classi ed aumenti periodici derivanti dalla progressione economica relativa alla sola anzianità di servizio effettivamente prestato nella posizione di provenienza, intesa come qualifica rivestita all’atto della transizione al nuovo sistema retributivo (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 20 maggio 2003 n. 2715, nonché – con riferimento all’esclusa computabilità di anzianità convenzionali, anche 4 ottobre 1989 n. 672 e 27 ottobre 1988 n. 818);

– l’incremento di stipendio per la progressione economica relativa al servizio prestato nella stessa qualifica, deve essere calcolato sullo stipendio iniziale tabellare della qualifica rivestita, e non già sullo stipendio maggiorato dei benefici derivanti dal computo delle anzianità pregresse (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 17 agosto 1996 n. 977 e 3 giugno 1996 n. 705, nonché T.A.R. Lazio, sez. I, 24 marzo 1993 n. 495);

– eventuali differenze di trattamento economico, connesse alla diversa data di assunzione o promozione alla qualifica superiore, sono "conseguenza di mero fatto, dovuta alla circostanza del diverso momento di ingresso in magistratura…" e come tali inidonee a supportare una questione di legittimità costituzionale sotto il profilo della violazione del principio di eguaglianza, poiché riconducibili a ragionevole esercizio di discrezionalità legislativa nel quadro del riassetto complessivo delle retribuzioni di tutti i magistrati perseguito dalla legge n. 425/1984 (Cons. Stato, Sez. IV, 20 maggio 2003 n. 2715 e 8 maggio 2000 n. 2633).

4. Alla luce del quadro di riferimento normativo e giurisprudenziale dianzi delineato in estrema sintesi, è evidente l’infondatezza della domanda di accertamento e condanna proposte dal ricorrente.

4.1 Come esplicitato dall’Avvocatura di Stato nella memoria sopra citata, l’Amministrazione ha, infatti, applicato l’art. 4 per la rideterminazione del trattamento stipendiale dei magistrati solo relativamente agli anni di servizio prestati in magistratura anteriormente al giugno 1983; mentre, per i magistrati che abbiano conseguito la promozione ad una qualifica superiore successivamente alla data del 1° luglio 1983, il relativo computo è stato effettuato sulla base delle previsioni di cui all’art. 5 della legge 425/1984.

Come condivisibilmente affermato dal Consiglio di Stato (cfr. Sez. IV, 7 giugno 1996 n. 795), i sistemi di determinazione dello stipendio, rispettivamente previsti dall’art. 5 e dall’art. 4, comma 6, della legge 425/1984 non appaiono comparabili fra di loro, in quanto:

– se il primo rappresenta la norma di regime, applicabile nei diversi passaggi di qualifica

– il secondo si configura, in parte qua, quale norma transitoria, recante il beneficio della valutazione dell’anzianità maturata al 30 giugno 1983, compresa quindi quella acquisita in qualifiche diverse da quella di appartenenza.

Se è vero che il riconoscimento una tantum delle anzianità pregresse, di cui all’art. 4 della legge, è stato applicato nei confronti di tutto il personale di magistratura, ivi compresi coloro che si trovavano già all’apice della carriera, i quali, essendo in possesso di una maggiore anzianità complessiva, hanno indubbiamente conseguito un maggiore beneficio economico (in applicazione dell’art. 4), l’incoerenza di un sistema che penalizzerebbe chi, dopo il 1° luglio 1983, non ha più conseguito promozioni (essendo già pervenuto alla qualifica apicale della carriera), verrebbe ad essere sostanziata dal miglior trattamento riservato al magistrato promosso dopo la data da ultimo indicata: il quale vanterebbe, a differenza del collega promosso prima di tale data, titolo alla valutazione, nella nuova posizione, del "maturato economico" corrispondente alle classi o aumenti biennali maturati nella posizione di provenienza.

Va peraltro rammentato, a tal riguardo, che, in virtù dell’interpretazione autentica contenuta nell’art. 1, comma 4, della legge 8 agosto 1991 n. 265, deve essere valutata soltanto l’anzianità di servizio effettivamente prestato nella posizione di provenienza; e non tutta l’anzianità a qualunque titolo considerata in tale posizione.

Se il fenomeno sperequativo sopra indicato si rivela, quindi, di contenuta entità rispetto a quello che si sarebbe determinato se fosse prevalso il principio della valutazione dell’intero maturato economico, va osservato – alla stregua di quanto argomentato nella sentenza da ultimo citata – che proprio per eliminare tale anomalia, l’Amministrazione ha fatto applicazione del principio dell’allineamento stipendiale, in modo da evitare che il magistrato promosso prima del 1° luglio 1983 dovesse percepire uno stipendio inferiore a quello attribuito al collega promosso dopo tale data.

Né l’Amministrazione avrebbe potuto attribuire al primo un trattamento del tutto diversificato, in rapporto alla differente anzianità posseduta, atteso che un beneficio economico di tale vasta portata avrebbe dovuto essere necessariamente previsto e disciplinato dalla legge 425/1984.

4.2 Se le richiamate norme di cui agli artt. 3, 4 e 5 della stessa legge non consentono minimamente di effettuare una operazione di tal genere, neppure può sostenersi che esse si pongano in contrasto con i precetti derivanti dagli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione.

Va ribadito, a tal riguardo, che la ratio legis delle disposizioni introdotte nel 1984 è ravvisabile nell’intento di pervenire ad un riequilibrio delle retribuzioni per tutte le categorie di magistrati, nell’esercizio di una discrezionalità legislativa finalizzata alla realizzazione del principio di eguaglianza e di ragionevolezza di cui all’art. 3 della Costituzione.

Per quanto, in particolare, riguarda l’ambito di operatività dell’art. 5, il Legislatore, dopo aver disciplinato per tutte le categorie di magistrati (già in servizio o ancora da assumere) la valutazione delle anzianità pregresse (art. 4), ha introdotto un nuovo beneficio economico, da applicare nel caso di passaggio da una qualifica all’altra (computo del maturato economico relativo al servizio effettivamente prestato nella posizione di provenienza): individuando, nell’esercizio di una discrezionalità che appare presidiato dai necessari canoni di razionalità e ragionevolezza, una certa data (1° luglio 1983), a far tempo dalla quale poteva trovare applicazione il nuovo beneficio economico.

Né una diversa decorrenza sarebbe risultata coerente con la disciplina di cui al precedente art. 4 sulla valutazione dei servizi pregressi fino alla data del 30 giugno 1983, ovvero con la decorrenza (sempre 1° luglio 1983) del nuovo sistema retributivo stabilita dal precedente art. 3.

L’Amministrazione ha comunque provveduto, applicando il principio dell’allineamento stipendiale, a parificare il trattamento stipendiale del personale con maggiore anzianità a quello attribuito a coloro che, promossi dopo il 1° luglio 1983, vantavano una minore anzianità.

Un diverso trattamento, diversificato in rapporto alla differente anzianità posseduta, avrebbe incontrato non lievi difficoltà di applicazione pratica e non avrebbe potuto, in ogni caso, agevolare una ordinata e razionale ristrutturazione del trattamento economico dei magistrati.

Se in sede di prima applicazione della legge n. 425 è indubbiamente emerso un fenomeno di "appiattimento" retributivo, deve tuttavia darsi atto della inevitabilità di siffatte ricadute distorsive, attesa la complessità dell’operazione, intesa, fra l’altro, ad eliminare i notevoli effetti sperequativi che si erano sino ad allora verificati fra le varie categorie di magistrati.

5. Le svolte considerazioni impongono – in ragione della riscontrata infondatezza dei dedotti argomenti di doglianza – di respingere il mezzo di tutela all’esame.

Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) respinge il ricorso indicato in epigrafe.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite – che vengono liquidate in complessivi Euro 1.000,00 (euro mille/00) – in favore dell’intimata Amministrazione della Giustizia.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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