Cass. civ. Sez. II, Sent., 23-02-2012, n. 2731 Reintegrazione o spoglio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso del 7/4/99 M.D. chiedeva la reintegra nel possesso di una stradella attraverso la quale accedeva al proprio fondo; assumeva di essere stato spogliato del relativo possesso dalle confinanti C.D. e M. che avevano apposto una catena che impediva il passaggio.

Il Pretore di Agrigento dichiarava inammissibile il ricorso perchè l’azione di spoglio era stata proposta dopo oltre un anno dallo spoglio.

Il M. proponeva appello al quale resistevano C.D. e M..

La Corte di Appello di Palermo con sentenza del 15/3/2005 dichiarava inammissibile l’appello per tardività rilevando che l’ordinanza pronunciata sul ricorso possessorio aveva natura di sentenza in quanto aveva deciso sulla domanda senza fissare l’udienza per la trattazione del merito e aveva provveduto sulle spese; ciò premesso, rilevava che il provvedimento, depositato il 29/6/1999, era stato notificato al procuratore del ricorrente l’1/7/1999 e pertanto, l’appello, proposto con citazione notificata il 7/6/2000, era tardivo perchè proposto oltre il termine di 30 giorni stabilito dall’art. 325 c.p.c..

M.D. propone ricorso affidato a due motivi. Resistono con controricorso C.D. e M..

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione dell’art. 325 c.p.c., artt. 170 e 285 c.p.c..

Il ricorrente osserva che il termine di 30 giorni stabilito dall’art. 325 c.p.c., decorre, ai sensi dell’art. 326 c.p.c., dalla data di notificazione della sentenza, ma, nella fattispecie, non poteva essere applicato il suddetto termine breve perchè la sentenza non era mai stata notificata; infatti la notifica della sentenza deve essere effettuata, ai sensi dell’art. 285 c.p.c., a istanza di parte e a norma dell’art. 170 c.p.c., mentre dalla certificazione dell’Ufficiale Giudiziario risultava che la notifica era stata eseguita ad istanza del cancelliere della Pretura di Agrigento e pertanto doveva essere qualificata comunicazione effettuata ai sensi dell’art. 136 c.p.c. e non notifica idonea ai fini della decorrenza del termine breve; il termine lungo non era decorso.

2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione del diritto di difesa nel giudizio possessorio in quanto, per l’unificazione della fase interdittale e di quella del merito possessorio operata dal pretore, non era stato posto in grado di esercitare il proprio diritto di difesa.

3. Il primo motivo deve essere rigettato perchè l’appello era effettivamente inammissibile in quanto era passata in giudicato l’ordinanza-sentenza del Pretore in data 25/6/1999, dichiarativa della decadenza dall’azione di spoglio.

Infatti, avverso la suddetta ordinanza, in data 2/7/1999 il M. aveva proposto reclamo dichiarato inammissibile in data 21/10/1999 dal Tribunale di Agrigento perchè il provvedimento reclamato aveva natura di sentenza avverso la quale non doveva essere proposto, ma atto di appello; nel provvedimento emesso in data 21/10/1999 (contenuto nel fascicolo ed esaminabile attesa la natura processuale della censura) il giudice del reclamo aveva dato atto della notifica del reclamo da parte del M. e dal fascicolo risulta che il reclamo era stato notificato il 10/7/1999.

La declaratoria di inammissibilità del reclamo non era impugnata, ma il M. solo in data 7/6/2000 proponeva appello avverso la sentenza – ordinanza già reclamata.

Pertanto, nella fattispecie non risulta applicabile, per l’impugnazione, il termine lungo di cui all’art. 327 c.p.c., ma il principio generale (desunto dall’art. 326 c.p.c., comma 2), secondo il quale ai fini della decorrenza del termine breve d’impugnazione, previsto dall’art. 325 c.p.c., la notifica dell’impugnazione equivale, agli effetti della scienza legale, alla notifica della sentenza e tale equiparazione opera sia in relazione al soccombente, che dopo aver proposto la prima impugnazione ne proponga un’altra, davanti al medesimo organo giurisdizionale o con un altro mezzo davanti ad un organo diverso, sia in relazione alla parte destinataria della notifica dell’impugnazione (Cass. 20/10/2004 n. 20547, Cass. 21.7.2000, n. 9569; Cass. 18.5.1999, n. 4807; Cass. 12.11.1993, n. 11176; Cass. 7.9.1995, n. 9415).

Nel caso di specie, l’impugnazione dell’ordinanza in questione, mediante reclamo al Tribunale di Agrigento con ricorso del 2/7/1999 equivaleva, agli effetti della decorrenza del termine per l’impugnazione, alla notifica dell’ordinanza e ciò sia in relazione alla parte impugnante ( M.D.) che alla parte destinataria della notifica del reclamo ( C.D. e C.M.).

Da ciò discende che a norma degli artt. 325 e 326 c.p.c., il ricorso per Cassazione doveva essere proposto entro 60 giorni dal deposito del reclamo al Collegio avverso il medesimo provvedimento che costituisce in sè, indipendentemente dalla sua inammissibilità nella fattispecie, un mezzo di impugnazione dell’ordinanza; infatti il principio secondo cui la notificazione dell’impugnazione, ancorchè quest’ultima sia inammissibile o improcedibile, equivale, sul piano della "conoscenza legale" da parte dell’impugnante, alla notificazione della sentenza impugnata, si applica anche nell’ipotesi in cui la dichiarazione d’inammissibilità o d’improcedibilità non precluda la proponibilità di un diverso rimedio, il quale, quindi, deve essere notificato nel termine "breve" decorrente dalla proposizione dell’impugnazione originaria (Cass. 29.11.1994, n. 10177; per l’affermazione di identici principi, v. da ultimo, Cass. 29/1/2010 n. 2055).

Nel caso concreto, l’appello, come detto, fu proposto solo in data 3/6/2000, ossia addirittura dopo oltre 60 giorni dall’ordinanza del 21/10/1999 con la quale il Tribunale di Agrigento aveva dichiarato inammissibile la prima impugnazione, come detto notificata il 10/7/1999.

Ne discende che deve essere confermata, seppure con motivazione diversa, la sentenza impugnata e deve essere rigettato il primo motivo con il quale si censura la declaratoria di inammissibilità dell’appello per tardività. 4. Il secondo motivo, ove si censura l’unificazione della fase interdittale e di quella del merito possessorio, resta assorbito dal rigetto del primo motivo, per effetto del quale resta confermata l’inammissibilità dell’appello con conseguente passaggio in giudicato dell’ordinanza-sentenza.

Il ricorso deve quindi essere rigettato; le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza del ricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare alle controricorrenti le spese di questo giudizio di cassazione liquidate in Euro 1.500,00 oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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