Cass. civ. Sez. II, Sent., 23-02-2012, n. 2728 Esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto notificato il 25 gennaio 1992 C.C. e I.C. citarono davanti al Tribunale di Livorno R.E., chiedendo che fosse dichiarato inefficace nei loro confronti l’atto con cui il 28 marzo 1979 M.S. aveva donato alla convenuta il podere (OMISSIS), quando era già pendente la causa da loro promossa nei confronti dello stesso M.S. per ottenere, a norma dell’art. 2932 c.c., il trasferimento di quello stesso immobile, in esecuzione dell’obbligo che egli aveva assunto con una scrittura privata del 12 aprile 1972: domanda che era stata trascritta il 23 luglio 1973 e che era stata poi accolta dal medesimo Tribunale con sentenza del 24 agosto 1989. R.E. si difese sostenendo la nullità del contratto preliminare suddetto e in via riconvenzionale chiese di essere dichiarata proprietaria del bene in questione per usucapione abbreviata, ai sensi dell’art. 1159 c.c..

Successivamente R.E. convenne in giudizio davanti al Tribunale di Livorno V.O., V.L., V. G., Ce.Gi., M.F., M.A. e M.V., quali eredi di M. S., nonchè C.C. e I.C., affinchè, previa dichiarazione che la donazione suddetta dissimulava una vendita, i primi sette convenuti fossero condannati al risarcimento dei danni per evizione e gli altri due al pagamento dell’indennizzo dovuto a norma dell’art. 2041 c.c., per le migliorie che l’attrice aveva apportato al fondo.

Un terzo giudizio fu instaurato ancora davanti al Tribunale di Livorno da R.E. nei confronti di C.C. e I.C., per far dichiarare l’avvenuta usucapione abbreviata, da parte sua, del podere.

Riunite le tre cause, all’esito dell’istruzione, consistita nella produzione di documenti, il Tribunale dichiarò inefficace la donazione; condannò R.E. a rilasciare il bene a C.C. e I.C., nonchè a consegnare i frutti maturati dalla data della domanda; condannò i successori di M.S., (esclusi V.O., V.G. e V.L., che avevano rinunciato all’eredità) a pagare 15.493,71 Euro, come risarcimento dei danni conseguenti all’evizione, a R.E..

Impugnata da quest’ultima in via principale e da T.P., M.L., Ce.Gi., M.A. e M.V. in via incidentale, la decisione è stata confermata dalla Corte d’appello di Firenze, che con sentenza dell’8 novembre 2005 ha rigettato entrambi i gravami.

Contro tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione R. E., in base a un motivo. Si sono costituiti con distinti controricorsi sia C.C. e I.C., sia V.G. e P.O., V.R., V. E., quali eredi di V.O., sia T.P., M.L. e Ce.Gi., che hanno anche formulato un motivo di impugnazione in via incidentale, cui R.E. ha opposto un proprio controricorso. Sono state presentate memorie da C.C. e I.C., da V.G., P.O., V.R. e V. C., da T.P., M.L. e C. G..

Motivi della decisione

In quanto proposte contro la stessa sentenza, le due impugnazioni vengono riunite in un solo processo, in applicazione dell’art. 335 c.p.c..

Con il motivo addotto a fondamento del ricorso principale R. E. si duole del rigetto della propria domanda riconvenzionale, avente per oggetto l’accertamento dell’avvenuta usucapione abbreviata, da parte sua, del podere in questione. Sostiene la ricorrente: la Corte d’appello ha erroneamente escluso che nella specie ricorresse il requisito della buona fede, richiesto dall’art. 1159 c.c., per il solo fatto che la domanda ex art. 2932 c.c., proposta da C.C. e I.C. nei confronti di M.S., era stata già trascritta alla data della donazione del 28 marzo 1979; invece la beneficiarla della liberalità non sapeva di ledere i diritti dei promissari acquirenti dell’immobile e la sua ignoranza non derivava da colpa, poichè era stato incaricato di formare l’atto pubblico un accreditatissimo notaio e si poteva confidare che avesse proceduto con esito positivo alle necessario "visure ipocatastali", dalle quali non era stato esonerato; era quindi ininfluente la circostanza – posta in risalto nella sentenza impugnata – della presenza alla stipula di un avvocato di fiducia della donataria, presenza che non liberava il notaio rogante dai doveri della sua professione; era altresì irrilevante, dato che la buona fede deve sussistere soltanto al momento dell’acquisto, che successivamente C.C. e I. C. – come pure ha osservato la Corte d’appello – avessero iniziato a richiedere il rilascio dell’immobile e avessero notificato a R.E. la sentenza del Tribunale di Livorno di accoglimento della domanda ex art. 2932 c.c..

La censura risulta fondata, alla luce della giurisprudenza di questa Corte richiamata dalla ricorrente, secondo cui "in tema di usucapione decennale di beni immobili, la buona fede di chi ne acquista la proprietà in forza di titolo astrattamente idoneo è esclusa soltanto quando sia in concreto accertato che l’ignoranza di ledere l’altrui diritto dipenda da colpa grave (art. 1147 c.c.); in linea generale, non può affermarsi che versi in colpa grave colui il quale, rivoltosi a un notaio per la redazione di un atto traslativo e non avendolo esonerato dal compiere le c.d. visure catastali ed ipotecarie, addivenga all’acquisto in considerazione delle garanzie di titolarità dei bene e di libertà dello stesso fornite dall’alienante, o apparente tale, e nella ragionevole presunzione che l’ufficiale rogante abbia compiuto le opportune verifiche, atteso che il notaio, pur fornendo una prestazione di mezzi e non di risultato, è tenuto a consentire la realizzazione dello scopo voluto dalle parti con la diligenza media, riferibile alla categoria professionale di appartenenza, curando le adeguate operazioni preparatorie all’atto da compiere, senza ridurre la sua opera alla passiva registrazione delle altrui dichiarazioni (nella specie, è stata cassata la sentenza impugnata che, senza compiere alcuna specifica indagine in ordine alla colpa in concreto ascrivibile, aveva escluso la buona fede di coloro i quali avevano posseduto per oltre dieci anni l’immobile acquistato con atto regolarmente trascritto, sulla astratta considerazione che i predetti avrebbero potuto verificare attraverso le visure dei registri immobiliari l’esistenza – al momento del loro acquisto – della trascrizione della domanda giudiziale di accertamento del trasferimento della proprietà del medesimo bene a favore di terzi, che l’avevano in precedenza comprato dallo stesso dante causa in forza di atto non trascritto)" (Cass. 20 luglio 2005 n. 15252).

Da questo principio non si ravvisano ragioni per discostarsi (nè del resto i controricorrenti ne hanno prospettato specificamente alcuna), stante la sua coerenza con la lettera e lo scopo della norma da cui è stato tratto. Non può pertanto essere condiviso l’assunto del giudice a quo, che ha senz’altro equiparato a mala fede la dedotta non consapevolezza di R.E., circa l’obbligo assunto da M.S. verso C.C. e I.C. automaticamente considerando ingiustificabile tale ignoranza, a causa della già avvenuta trascrizione della domanda proposta ai sensi dell’art. 2932 c.c., dai promissari acquirenti del podere, anche se l’interessata aveva dedotto e chiesto di provare di non aver esonerato dal compimento delle "visure" il notaio incaricato del rogito. D’altra parte, come del pari esattamente osserva la ricorrente, l’eventuale sopravvenienza della conoscenza dei diritti dei promissari acquirenti, durante il decennio successivo all’acquisto, non poteva impedire il corso dell’usucapione, in quanto mala fides superveniens non nocet (Cass. 21 maggio 2003 n. 7966).

Il ricorso principale deve essere pertanto accolto.

A ciò non ostano le obiezioni dei resistenti, relative sia alla sussistenza di elementi di esclusione della buona fede della donataria dell’immobile, ulteriori rispetto a quello valorizzato dalla Corte d’appello, sia a carenze delle richieste istruttorie formulate da R.E., sia alla mancanza di prove in ordine a un effettivo possesso del bene, che si sia protratto per almeno dieci anni dopo il suo acquisto. Si tratta di circostanze che non risultano dalla sentenza impugnata e che non possono essere accertate in questa sede, stanti i limiti propri del giudizio di legittimità, sicchè potranno se del caso essere prese in considerazione nel giudizio di rinvio.

Con il ricorso incidentale si rileva la contraddizione in cui è incorsa la Corte d’appello, per avere nella motivazione escluso la fondatezza della domanda di risarcimento per evizione, proposta da R.E. nei confronti degli eredi di M.S., ma per avere nel dispositivo confermato la condanna di costoro appunto a tale risarcimento, che era stata pronunciata dal Tribunale.

La questione si potrà eventualmente porre consequenzialmente a quella relativa all’usucapione, secondo la soluzione che a questa sarà data dal giudice di rinvio, sicchè il ricorso incidentale deve essere dichiarato assorbito, in seguito all’accoglimento del principale.

I ricorsi per cassazione sono stati notificati anche a quei chiamati alla successione di M.S., che però hanno rinunciato all’eredità, come già il giudice di primo grado ha accertato. Nei loro confronti non sono state avanzate richieste di sorta, sicchè la notificazione dei ricorsi deve intendersi effettuata ai sensi dell’art. 332 c.p.c., e la loro costituzione in questa sede va ritenuta superflua, il che costituisce giusto motivo per compensare le spese del giudizio di cassazione nei loro riguardi.

Accolto dunque il ricorso principale e dichiarato assorbito l’incidentale, la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altro giudice, che si designa in una diversa sezione della Corte d’appello di Firenze, cui viene anche rimessa la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità tra le parti diverse da V. G., P.O., V.R. e V.C..

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi; accoglie il principale e dichiara assorbito l’incidentale; cassa la sentenza impugnata; rinvia la causa ad altra sezione della Corte d’appello di Firenze, cui rimette anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità tra le parti diverse da V.G., P.O., V.R. e V.C.; compensa le stesse spese tra questi ultimi e le altre parti.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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