Cass. civ. Sez. II, Sent., 23-02-2012, n. 2727 Innovazioni e modificazioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1) In Firenze, il condominio (OMISSIS) è proprietario del tratto di strada iniziale di (OMISSIS), che attraversa in galleria l’immobile, passando sotto il primo piano dell’edificio e sopra i locali garage.

Secondo il ricorso, tale tratto di strada era stato assoggettato nel 1964, a seguito di convenzione tra il Comune e il costruttore, a servitù di pubblico transito, mai esercitata per transito veicolare, ma solo pedonale.

Nel 1995 il comune ne disponeva l’apertura al traffico veicolare del primo tratto. Il condominio deliberava di impugnare l’ordinanza e di chiudere anche nelle ore diurne il cancello che da (OMISSIS) conduceva ai garages condominiali ed ai fondi di proprietà esclusiva.

La condòmina SO.Gi.Fin srl insorgeva avverso queste deliberazioni assembleari, deducendo: a) che la chiusura del cancello pregiudicava l’utilizzo dei locali sotterranei locati alla soc. Sforza, utilizzati per esposizione e vendita di prodotti vari; b) che l’impugnazione della ordinanza comunale era contraria alla convenzione del 1964.

Il tribunale nel febbraio 2002 accoglieva la domanda con riguardo a entrambi profili, ritenendo la delibera in contrasto con i principi di cui all’art. 1120 c.c., sulle innovazioni vietate e lesiva dell’utilitas dei fondi dell’attrice destinati ad attività commerciale. Ordinava al Condominio l’immediato ripristino della situazione preesistente.

La Corte d’appello di Firenze il 3 marzo 2005 annullava quest’ultimo capo della decisione di primo grado, perchè viziato da ultrapetizione. Confermava nel resto la prima sentenza.

1.1) Il Condominio ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 4 novembre 2005.

SO.Gi.Fin ha resistito con controricorso.

Fissata la udienza pubblica del 14 aprile 2011, parte ricorrente ha depositato memoria.

La causa è stata però rinviata per consentire il deposito dell’autorizzazione del Condominio all’amministratore per proporre il ricorso. Avvenuto il deposito, è stata rifissata l’odierna udienza.

La nuova memoria del Condominio è stata depositata fuori termine (18 novembre 2011 per l’udienza del 22 novembre).

Motivi della decisione

2) Con il primo motivo il condominio ricorrente lamenta violazione dell’art. 112 epe, del principio iura novit curia, dell’art. 24 Cost., del principio del contraddittorio; vizio di extrapetizione e violazione artt. 1102, 1120 e 1064 c.c..

Sostiene che il tribunale e la Corte sarebbero incorsi in extrapetizione per aver annullato la delibera condominiale per violazione dell’art. 1120 c.c. (divieto di innovazioni che rendano inservibili le parti comuni anche per un solo condomino), mentre era stato invocato solo l’art. 1102, relativo all’alterazione della destinazione del bene e all’ostacolo costituito dalla delibera all’esercizio delle facoltà dei condomini.

Inoltre sarebbe stata prospettata solo in corso di causa l’asserita titolarità di servitù industriale.

Secondo parte ricorrente il principio iura novit curia incontra il limite della domanda e solo in comparsa conclusionale sarebbe stato prospettato il divieto di innovazioni di parti comuni dell’edificio.

2.1) La censura è infondata.

La Corte d’appello ha preso in esame tale doglianza, portata alla sua attenzione con riferimento alla sentenza di primo grado; la ha respinta osservando puntualmente che il giudice ha il potere dovere di qualificare la fattispecie oggetto di causa senza essere vincolato alle indicazioni delle parti, potendo individuare senza limitazioni, fermo il rispetto dei fatti posti a base della domanda, quale sia la norma applicabile.

Nella specie il principio trova piana applicazione, atteso che nella specie era denunciata (questi i fatti esposti in citazione) una limitazione del godimento dei beni condominiali da parte del singolo condomino, attuata dall’assemblea condominiale mediante la chiusura del cancello posto sulla (OMISSIS).

Si era quindi inequivocabilmente nell’ambito della prescrizione di cui all’art. 1120 c.c., che concerne le innovazioni di fonte condominiale (e quindi anche perpetrate con delibere assembleari) lesive dell’uso o del godimento, anche da parte di un solo condomino, di talune delle parti comuni dell’edificio.

Era invece palesemente errato il riferimento, pur presente in citazione, all’art. 1102 c.c., che attiene alle violazioni dell’uso della cosa comune commesse da un altro singolo condomino, che alteri la destinazione della cosa comune o impedisca l’uso fattone dagli altri partecipanti alla comunione.

Il riferimento fattuale alla delibera condominiale e al pregiudizio subito era però inequivocabile e imponeva la qualificazione giuridica data dai giudici di merito, che hanno correttamente trascurato l’errore, invero diffuso, perchè risalente anche a massimazioni imprecise, di inquadramento dell’ipotesi denunciata nel disposto di una norma che disciplina altra fattispecie.

3) Infondato è anche il secondo motivo, che denuncia sotto altri aspetti le medesime violazioni ed espone altresì vizi di motivazione.

Al punto 3a il ricorso deduce che il giudice di appello avrebbe modificato l’oggetto del processo, individuandolo nella lesione della servitù industriale anzichè nella lesione dell’art. 1102 e/o art. 1120 c.c..

Il rilievo è doppiamente infondato: in primo luogo non è stato il giudice d’appello a discutere per primo di servitù a favore del conduttore dell’immobile del condomino opponente: si legge infatti in sentenza (inizio pag. 8, laddove si respinge analogo rilievo in sede di appello) che di servitù di pubblico transito e di tale passaggio vi era menzione già nell’atto introduttivo. Resta ovviamente nel potere del giudice la qualificazione come servitù industriale, peraltro effettuata con il rimando a pertinente giurisprudenza.

In secondo luogo non è vero che sia stata in sentenza abbandonata la qualificazione del fatto in relazione all’art. 1120 c.c.. Non solo vale ricordare la parte della sentenza di cui si è discusso con riguardo al primo motivo, ma anche questa seconda parte chiarissimamente evidenziava che la lesione denunciata dalla società resistente era per essa rilevante nella "duplice qualità" di condomino e titolare del diritto di servitù di passaggio". 3.1) Al punto 3b e 3c parte ricorrente deduce che la modifica deliberata arrecava pregiudizio minimo e tollerabile, come tale da riconoscere legittimo.

Al punto 3d aggiunge che l’innovazione deliberata non avrebbe alterato nè l’entità sostanziale del bene, nè la destinazione originaria, ma avrebbe legittimamente stabilito quanto necessario per far fronte all’esigenza di proteggere i beni condominiali (garage, sede degli impianti) per ragioni di sicurezza. Trattasi di doglianze infondate, posto che, con apprezzamento di fatto incensurabile in questa sede perchè logicamente motivato, la Corte di appello ha osservato che la deliberata chiusura del cancello automatico per le intere 24 ore concreta una innovazione pregiudizievole per la restrizione e gli impedimenti che apporta. Il corredo di specifica giurisprudenza conforme imponeva di criticare questo ineccepibile giudizio facendo valere eventuali risultanze idonee a smentire in punto di fatto la lesività per la società istante e il conduttore del suo immobile. La censura si sostanzia invece in una diversa valutazione della gravità del fatto, che resta priva di rilievo in sede di legittimità. 3.2) Inconferente è anche la doglianza (3e) afferente la mancata prova della sussistenza di contratto di locazione relativo all’immobile della Sogifin. In proposito la Corte d’appello ha ritenuto sussistere non contestazione sin dal primo grado della circostanza che le unità immobiliari Sogifin sono adibite a magazzini aventi contatto diretto con il pubblico; non vale a smentire questo rilievo la circostanza che "la titolarità di servitù industriale" sia stata affacciata successivamente e che a ciò abbia fatto seguito la relativa eccezione.

In relazione al pregiudizio ai diritti della società opponente quale condòmina, la qualificazione ulteriore non era indispensabile;

l’indicazione dell’uso effettivo era più che idonea a consolidare la necessità di contestare tempestivamente che si trattasse di immobile locato per attività destinata a clientela minuta.

Ed è il passaggio seguente della sentenza impugnata (pag. 11) a ribadire che la formale esistenza di un contratto di locazione nulla toglierebbe alla lesività del comportamento deliberato. Rilievo opportuno, giacchè lesione vi sarebbe anche se l’immobile fosse stato temporaneamente sfitto, essendo comunque pregiudizievole del suo normale possibile utilizzo.

Il pregiudizio all’uso dell’ingresso (cancello) e della rampa di accesso, beni comuni, costituisce quindi la lesione opportunamente apprezzata in relazione alle esigenze del singolo, restando così vanificata la capziosa osservazione di cui al punto 3f.

4) Non coglie nel segno neppure il terzo motivo, che denuncia ulteriori profili delle medesime violazioni.

Vi si sostiene che il tratto di strada non era ancora stato assoggettato al traffico veicolare, novità disposta dall’ordinanza comunale e che la Corte avrebbe quindi errato a ritenere che fosse pregiudicato il godimento che la Sogifin ritrae dalla cosa comune secondo l’originaria costituzione del condominio, perchè nè la società nè i suoi clienti avevano mai beneficiato del traffico veicolare. Non vi sarebbe quindi innovazione pregiudizievole.

4.1) La sentenza impugnata ha in proposito ritenuto che la delibera condominiale volta a impugnare l’ordinanza comunale, palesemente connessa a quella di chiusura del cancello automatico, costituiva ulteriore limitazione penalizzante per l’opponente società.

La motivazione non è scalfita dal fatto che si trattasse, come era ben chiaro alla Corte territoriale, di ordinanza ancora da attuare.

Per due ragioni: quella, indicata espressamente in motivazione, secondo cui il Condominio non può assumere iniziative che coinvolgano pregiudizievolmente un singolo condomino. L’altra, implicita ma inequivocabilmente richiamata, relativa al titolo in forza del quale il condomino si doleva dell’intervento assembleare, altrimenti legittimo. Detto titolo era costituito, come la parte narrativa della sentenza ricordava, dalla esistenza di convenzione con il Comune di Firenze, impegnativa per il Condominio, che vincolava la strada, per il futuro, a servitù di pubblico transito, destinazione utile per Sogifin e che essa aveva quindi interesse a difendere.

Da ultimo merita conferma la liquidazione delle spese di lite, disposta a carico del soccombente condominio sul giusto rilievo che la sentenza di appello aveva prevalentemente riguardato il rigetto delle molte questioni relative alla annullabilità della delibera, avendo ben minore rilievo la rimozione del capo di condanna ad eseguire i lavori di ripristino, conseguenza inevitabile della pronuncia principale, ma adottata dal primo giudice senza che vi fosse stata esplicita tempestiva richiesta.

Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna parte ricorrente alla refusione delle spese di lite liquidate in Euro 3.500,00 per onorari, Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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