Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 23-02-2012, n. 2726 Lavoro subordinato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

A.L., con ricorso al Tribunale di Palermo, sosteneva di aver svolto lavoro giornalistico per il quotidiano Giornale di Sicilia, con carattere di continuità e vincolo di subordinazione, dal mese di settembre 1991 al mese di settembre 1997, e di avere espletato, dal mese di gennaio 1992 al mese di giugno del 1997, mansioni di inviato della cronaca della Provincia di Palermo e di cronista giudiziario, con l’incarico di seguire l’attività della Procura della Repubblica di Temini Imerese, benchè retribuito solo in base al numero degli articoli pubblicati. Chiedeva pertanto l’accertamento del rapporto di lavoro subordinato con qualifica di redattore e la condanna della società Giornale di Sicilia Editoriale Poligrafica s.p.a. al pagamento della somma di L. 293.551.840 per differenze retributive e di L. 20.171.055 per t.f.r..

La società Giornale di Sicilia Editoriale Poligrafica s.p.a. si è opposta alla domanda sostenendo che l’ A., con esclusione di limitati periodi di tempo in cui venne stato assunto con contratto a termine per sostituire lavoratori assenti per ferie, era stato solo un collaboratore esterno che, senza vincolo di subordinazione, e perciò senza obblighi di orario e di rispetto delle disposizioni e delle direttive del direttore del quotidiano, aveva inviato periodicamente articoli di cronaca riguardanti l’attività del palazzo di giustizia di Termini Imerese, percependo il relativo compenso, ove pubblicati.

Con sentenza del 12 maggio 2006 il Tribunale ha accolto la domanda e condannato la società Giornale di Sicilia Editoriale Poligrafica al pagamento della complessiva somma di Euro 181.838,15, con rivalutazione monetaria ed interessi.

Il Tribunale ha ritenuto, in particolare, provato il rapporto di lavoro subordinato con l’ A. e, nonostante la nullità del rapporto in difetto di un requisito essenziale (e cioè l’iscrizione nell’albo dei giornalisti professionisti), ha riconosciuto allo stesso, in applicazione dell’art. 2126 c.c., il diritto ad un compenso, adeguato alla qualità e quantità del lavoro prestato, ai sensi dell’art. 36 Cost..

Il gravame del Giornale di Sicilia è stato respinto dalla Corte di appello di Palermo, con sentenza del 26 ottobre 2009.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso il Giornale di Sicilia, affidato a quattro motivi.

Resiste l’ A. con controricorso, poi illustrato con memoria.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo la società ricorrente denuncia violazione degli artt. 2094, 2222 e 2697 c.c., per avere la corte di merito riconosciuto il carattere subordinato del rapporto di lavoro de quo, prescindendo dalla prova del vincolo di subordinazione, consistente nella persistenza, nell’intervallo tra una prestazione e l’altra, dell’impegno di porre la propria opera a disposizione del datore di lavoro, in modo da essere sempre disponibile per soddisfarne le esigenze ed eseguirne le direttive. Censura inoltre la sentenza impugnata di insufficiente motivazione sul punto. Lamenta al riguardo una erronea valutazione delle risultanze istruttorie e dei testi escussi, nonchè del riferito criterio identificativo della subordinazione, essendo la quotidianità della prestazione, la presenza di un orario di lavoro, il luogo di esecuzione, l’impiego di strumenti del datore di lavoro, solo indizi rilevatori e non sufficienti.

Il motivo risulta in parte inammissibile e per il resto infondato.

La censura, infatti, finisce per chiedere alla Corte un inammissibile riesame delle risultanze istruttorie, e testimoniali in particolare, precluso al giudice di legittimità. loro risultato, mentre hanno carattere sussidiario e funzione meramente indiziaria altri elementi del rapporto di lavoro (quali, ad esempio, la collaborazione, l’osservanza di un determinato orario, la continuità della prestazione lavorativa, l’inserimento della prestazione medesima nell’organizzazione aziendale e il coordinamento con l’attività imprenditoriale, l’assenza di rischio per il lavoratore e la forma della retribuzione), i quali (peraltro) possono, tuttavia, essere valutati globalmente, appunto, come indizi della subordinazione stessa, tutte le volte che non ne sia agevole l’apprezzamento diretto a causa di peculiarità delle mansioni, che incidano sull’atteggiarsi del rapporto".

Va infine rammentato il principio secondo cui "in sede di legittimità è censurabile solo la determinazione dei criteri generali e astratti da applicare al caso concreto, mentre costituisce accertamento di fatto – incensurabile in tale sede, se sorretto da motivazione adeguata e immune da vizi logici e giuridici – la valutazione delle risultanze processuali che hanno indotto il giudice ad includere il rapporto controverso nella subordinazione o nell’autonomia" (ex plurimis, Cass, 12-9-2003 n. 13448; Cass. 6/6/2002 n. 8254; Cass. 21-11-2001 n. 14664; Cass. 4-4-2001 n. 5036;

Cass. 3-4-2000 n. 4036, Cass. 16-1-1996 n. 326).

Nella specie la corte territoriale, sulla base di una ampia, logica e congrua valutazione delle risultanze istruttorie, ha ritenuto provata la subordinazione nel senso riferito, mentre la ricorrente, in contrasto col principio dell’autosufficienza, non chiarisce quali elementi siano stati insufficientemente od erroneamente valutati al riguardo dal giudice di merito.

2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 2729 c.c., nonchè insufficiente motivazione, per avere la corte palermitana utilizzato, nell’accertamento della subordinazione, un solo elemento indiziario (la durata delle prestazioni rese dal ricorrente) privo dei caratteri richiesti dalla richiamata norma codicistica.

Il motivo risulta in parte assorbito dalle considerazioni svolte al superiore punto 1), e per il resto inconferente, non avendo la corte di merito fatto uso di alcun elemento presuntivo, avendo piuttosto accertato, con congrua e logica motivazione basata sulle emergenze istruttorie, come sopra evidenziato, l’esistenza del vincolo di subordinazione giornalistica.

3. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 5 del c.c.n.l.g. 10 gennaio 1959, reso erga omnes dal D.P.R. n. 153 del 1961, e dei successivi contratti collettivi del 30.7.91 e del 16.11.95; degli artt. 115 e 116 c.p.c., oltre ad insufficiente motivazione relativamente alla circostanza che la corte di merito ritenne di ricondurre l’attività dell’ A. nell’ambito della qualifica di redattore e non già in quella del collaboratore fisso, solo a causa della quotidianità della prestazione, distinta dalla mera continuità che, secondo il giudice d’appello, contraddistinguerebbe la figura del collaboratore fisso, laddove l’elemento fondamentale al riguardo è costituito dall’inserimento organico del lavoratore nella redazione, difettando sul punto qualsiasi motivazione della corte territoriale.

Il motivo è inammissibile.

La ricorrente, infatti, non allega, nè indica la sua eventuale ubicazione all’interno dei fascicoli di causa, i c.c.n.l. di diritto comune invocati, in contrasto col principio di cui all’art. 366 c.p.c. (cfr., per tutte, Cass. Sez. un. 3 novembre 2011 n. 22726).

Non indica neppure, quanto al c.c.n.l. reso erga omnes dal D.P.R. citato (comunque derogabile in melius dai successivi contratti di diritto comune della L. 14 luglio 1959, n. 741, ex art. 7), quali norme siano state violate, in contrasto col principio dell’autosufficienza del ricorso, limitandosi per il resto a censurare congrui e logici accertamenti in fatto.

4. Con il quarto motivo la ricorrente denuncia violazione dell’art. 2697 c.c.; artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè insufficiente motivazione, nella parte in cui la sentenza impugnata avrebbe posto a carico del datore di lavoro l’onere di provare la durata della prestazione giornaliera (in tesi inferiore a quella ordinaria).

Il motivo risulta inconferente per le considerazioni in precedenza svolte, avendo la corte territoriale accertato, sulla base delle testimonianze escusse, una prestazione lavorativa quanto meno pari all’orario ordinario contrattuale di lavoro giornalistico (36 ore settimanali), cfr. pag. 6 sentenza impugnata.

Il ricorso deve pertanto rigettarsi.

Le spese, ivi comprese quelle inerenti il procedimento di sospensione dell’esecuzione della sentenza d’appello – richieste nella memoria ex art. 378 c.p.c. – seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di causa, pari ad Euro 200,00 per esborsi, Euro 5.000,00 per onorari, oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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