Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 05-04-2011) 30-09-2011, n. 35590

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La Corte d’Appello di Genova, con sentenza 3/6/2010, riformando, su appello dell’imputato, la decisione di condanna 14/12/2007 emessa dal Tribunale di Massa, assolveva N.L. dal delitto di falsa testimonianza, perchè il fatto non sussiste. L’addebito specifico mosso all’imputato è di avere, deponendo come teste – in data 31/3/2005 – dinanzi al Tribunale di Massa, nell’ambito della controversia civile promossa da M.L. contro l’avv. Ma.Lu. per risarcimento danni da responsabilità professionale, dichiarato falsamente che la proposta di divisione ereditaria tra il M. e i suoi fratelli era stata avanzata dal primo, mentre risultava essere stata effettuata dai secondi.

Il Giudice distrettuale, nel ricostruire la vicenda, evidenziava che M.L., convenuto in giudizio dai propri fratelli per la divisione del patrimonio ereditario materno, era stato assistito e rappresentato in causa dall’avv. Ma., il quale, secondo l’assunto del medesimo M., nonostante le ripetute sollecitazioni, non aveva dato esecuzione, per colpevole inerzia, all’accordo transattivo raggiunto dalle parti con la mediazione del c.t.u. N. e aveva proseguito la causa procurandogli grave nocumento, perchè, nelle more del giudizio, l’immobile, che – secondo la previsione transattiva – doveva a lui essere destinato e per il quale aveva già ricevuto un’allettante proposta di acquisto, era stato oggetto di procedura d’esproprio. L’avv. Ma., invece, contestando le affermazioni dell’ex cliente, aveva sostenuto che la transazione non era andata a buon fine soltanto perchè il proprio assisti avendoci ripensato, si era rifiutato di sottoscriverla. In questo contesto, si era inserita la testimonianza del N., che aveva avallato la posizione difensiva del citato legale.

La Corte territoriale, però, preso atto dell’insanabile contrasto tra le opposte versioni dei fatti fornite dai predetti soggetti e ritenuto di non potere allegare valenza dirimente al contenuto del colloquio intercorso, nel maggio 1999, tra il N. e il M., colloquio sollecitato, diretto e registrato da quest’ultimo all’insaputa del primo, concludeva nel senso che difettava la prova certa della falsità della testimonianza incriminata.

2. Ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte di merito, deducendo l’inosservanza, l’erronea applicazione della legge penale, con riferimento all’art. 372 cod. pen., e il vizio di motivazione, per non essere state correttamente valutate le emergenze processuali nella loro oggettività, che conclamavano la sussistenza dell’ipotizzato reato, la cui esclusione era stata, invece, affidata ad argomenti autoreferenziali.

3. Nell’interesse della parte civile M.L. è stata depositata memoria difensiva, con la quale, dopo la ricostruzione in fatto della vicenda e l’analisi delle varie acquisizioni probatorie, si sono evidenziate asserite incongruenze della motivazione della sentenza d’appello e se ne è sollecitato l’annullamento, in accoglimento dei motivi di ricorso articolati dal P.G..

4. Il ricorso è inammissibile.

Le doglianze in esso articolate, invero, si risolvono in non consentite censure in fatto al percorso argomentativo su cui riposa la pronuncia in verifica, che, interpretando e valutando in maniera non manifestamente illogica il materiale probatorio acquisito ed evidenziando la inconciliabilità dei relativi contenuti, assolutamente in contrasto tra loro, da conto delle ragioni che giustificano la conclusione alla quale perviene, sottolineando, in particolare, il difetto di una certezza processuale in ordine alla corrispondenza o meno al vero della testimonianza resa dal N. nell’ambito della controversia civile tra M.L. e l’avv. Ma..

La scarsa valenza probatoria attribuita dalla sentenza impugnata al colloquio registrato nel maggio 1999 tra il N. e il M. è giustificata dal rilevo, emergente dall’andamento della conversazione, che il primo, in quanto condizionato dalle pressanti e provocatorie domande del secondo, si era limitato a dare risposte lapidarie e incerte, pur di porre fine ad un dialogo evidentemente non gradito. Tale argomento, basato sull’apprezzamento in fatto di quanto emergeva dalla fonoregistrazione, non è certo congetturale ed autoreferenziale, ma espressione di una valutazione di merito, che si sottrae a qualunque censura di legittimità.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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