T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., 27-10-2011, n. 2578 Amministrazione Pubblica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ricorso depositato il 19 settembre 2008, il ricorrente ha adito il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, al fine di sentire accertato il diritto al risarcimento dei danni subiti in relazione all’infortunio sul lavoro occorsogli il giorno 7 giugno 2006.

All’uopo, ha esposto quanto segue: – di essere agente scelto in servizio presso la Questura di Milano; – che, in data 7 giugno 2006, era stato assegnato ad un servizio di guardia da espletarsi all’esterno del consolato americano ubicato in Milano, alla via Principe Amedeo; – che, durante lo svolgimento del turno di guardia, alle 18,40 circa, nel rientrare all’interno della garitta, era scivolato rovinosamente su un gradino di marmo sul quale era stata montata quest’ultima; – che dopo essere caduto, aveva notato che il gradino di marmo era cosparso di un liquido proveniente dall’impianto di condizionamento della garitta, che lo aveva reso scivoloso; – che l’impianto di condizionamento non era provvisto dell’apposita vaschetta di raccolta del liquido di condensa, che pertanto si era completamente riversato sul gradino; – che gli era stata diagnosticata una distorsione al ginocchio guaribile in quattro giorni; – che, in seguito, sottopostosi a visita specialistica ortopedica, con TAC al ginocchio destro, gli era stata riscontrata una lesione parziale del legamento crociato anteriore e la disinserzione del menisco; – che, successivamente, in data 13 giugno 2006, era stato sottoposto a un intervento chirurgico presso la casa di cura San Camillo di Milano, dove gli era stato completamente ricostruito il legamento crociato lesionato e gli veniva rimesso in asse il menisco interno del ginocchio; – di aver sostenuto le spese relative all’intervento, comprensive di tre controlli post operatori e del tutore al ginocchio destro, per Euro 3.450,00; – di avere inutilmente richiesto alla Questura, con relazione di servizio del 15 giugno 2000, il risarcimento dei danni subiti.

1.1. Si è costituita in giudizio l’amministrazione resistente, chiedendo il rigetto del ricorso.

1.2. Con ordinanza del giorno 11 maggio 2010, il Collegio: "rilevatoche, ai sensi del decreto del Ministero del Tesoro 10 ottobre 1985, recante la regolamentazione della "gestione per conto dello Stato" della assicurazione contro gli infortuni dei dipendenti statali attuata dall’INAIL, i dipendenti delle amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, sono assicurati contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali in base alle disposizioni del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, e successive modifiche ed integrazioni, ed alle norme contenute nel presente decreto; che l’obbligo dell’assicurazione è limitato ai dipendenti statali che vi sono soggetti ai sensi degli articoli 1 e 4 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124; che l’assicurazione del personale sopra menzionato è attuata dall’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro per ciascuna amministrazione dello Stato dalla quale il personale medesimo dipende, col sistema di gestione per conto dello Stato"; tanto premesso, ha ordinato al MINISTERO DELL’INTERNO ed all’INAIL di produrre, nel termine di trenta giorni, chiarimenti relativi al regime assicurativo degli agenti di pubblica sicurezza.

1.3. Con ordinanza 239 del 23 novembre 2010, il Collegio, sulla scorta dei chiarimenti forniti dall’INAIL in ordine alle modalità di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro del personale di Polizia, ha ritenuto necessario al fine del decidere, stante l’apposita richiesta di parte, disporre prova testimoniale scritta ex art. 63, comma 3, c.p.a.

1.4. Con ordinanza 672 del 9 marzo 2011, il Collegio, all’esito della prova testimoniale, ha disposto consulenza tecnica d’ufficio, ponendo i seguenti quesiti: "accerti il consulente tecnico, esaminati gli atti di causa e la documentazione allegata, sentite le parti ed i loro consulenti tecnici eventualmente nominati, visitato il periziando, acquisita dall’interessato ogni eventuale documentazione medica non allegata e pertinente alla causa, esperita ogni opportuna indagine clinica e strumentale, eventualmente avvalendosi – se ritenuta indispensabile, e non compresa nelle sue competenze – della collaborazione di altri specialisti: 1)se sussista nesso causale tra l’evento dannoso e le lesioni lamentate da parte ricorrente; 2) se, in conseguenza dell’evento dannoso e tenuto conto di eventuali precedenti morbosi del soggetto, ovvero della coesistenza o concorrenza di precedenti morbosi, siano derivati al sig. A.B. postumi che abbiano ridotto in modo permanente l’idoneità del soggetto a svolgere le comuni attività e la propria vita di relazione; nell’affermativa, precisi inoltre la misura percentuale della riduzione della integrità psicofisica del soggetto indicando specificamente come sia pervenuto a determinare la misura percentuale suddetta; 3) indichi la durata della inabilità temporanea assoluta e relativa del soggetto esaminato; 4) dica, inoltre, se i postumi individuati possano incidere, in concreto, sull’attività lavorativa del periziato, tenuto conto della natura del lavoro, delle mansioni in concreto esercitate, dell’orario di lavoro e di ogni altra circostanza reputata rilevante, precisando, nell’affermativa, quale aspetto dell’attività lavorativa risulti compromesso; 5) dica, ancora, se i postumi individuati possano incidere, in concreto, su particolari attività non lavorative svolte dal periziato; 6) dica il c.t.u. in quale misura percentuale il danneggiato possa attenuare od eliminare i postumi dannosi con protesi o terapie specifiche, precisando il costo, la durata la difficoltà e le probabilità di successo (alla luce delle attuali conoscenze scientifiche e tecnologiche) di tali interventi; 7) valuti, infine, se le spese mediche sostenute dal periziato debbano considerarsi necessarie o superflue e determini le prevedibili spese mediche da sostenere in futuro".

1.5. Depositata la CTU in data 29 luglio 2011, la causa è stata discussa e decisa con sentenza definitiva all’odierna udienza del 13 ottobre 2011.

Motivi della decisione

I. In via pregiudiziale, la controversia involge posizioni di diritto soggettivo (al risarcimento del danno da infortunio sul lavoro) devolute, pure a seguito della c.d. "privatizzazione" del pubblico impiego, alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in forza della "riserva soggettiva" avente ad oggetto le controversie di lavoro del personale in regime di diritto pubblico tra cui, per l’appunto, il personale di polizia (cfr. art. 3 e 63 testo unico n. 165 del 2001).

II. Occorre premettere alcune notazioni in punto di qualificazione della domanda.

II.1. In termini generali, il risarcimento del danno può essere richiesto nei confronti del datore di lavoro, pur con riferimento alla medesima fattispecie, con due distinte azioni: una proposta a titolo di responsabilità contrattuale e l’altra a titolo di responsabilità extracontrattuale. Il loro esercizio cumulativo nel processo rientra nel potere dispositivo della parte ma l’adozione dell’una o dell’altra non è senza conseguenze: l’azione contrattuale si fonda sulla presunzione di colpa stabilita dall’art. 1218 c.c. e limita il risarcimento ai danni prevedibili al momento della nascita dell’obbligazione, mentre l’azione extracontrattuale pone a carico del danneggiato la prova della colpa o del dolo dell’autore della condotta.

II.2. Con riferimento alla qualificazione giuridica della presente domanda, ritiene il Collegio che la richiesta di risarcimento del danno subito sia prevalentemente di tipo contrattuale ex art. 1218 c.c. dal momento che l’istante fonda (come si vedrà nel dettaglio più avanti) il proprio diritto su di una precisa e preesistente obbligazione contrattuale non rispettata dal datore di lavoro pubblico e non sulla mera violazione del precetto generale del neminem laedere. Alla qualificazione dell’azione in termini di responsabilità contrattuale consegue la giurisdizione del giudice amministrativo (difatti, in tema di azione promossa da un dipendente nei confronti del suo datore di lavoro pubblico per il risarcimento del danno all’integrità psicofisica derivante da condotte antigiuridiche, il riparto di giurisdizione è strettamente subordinato all’accertamento della natura giuridica dell’azione di responsabilità in concreto proposta, in quanto, soltanto se trattasi di azione contrattuale, la cognizione della domanda rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, allorché la controversia abbia per oggetto il personale non contrattualizzato ovvero, per il personale contrattualizzato, una questione relativa a un periodo del rapporto di lavoro antecedente al 30 giugno 1998: cfr., sul punto, Cass. civ., sez. un., 04/05/2004, n. 8438).

III. Ancora, in via preliminare, occorre premettere che, nel caso sottoposto al Collegio, la repressione dell’illecito di danno per violazione dell’obbligo di sicurezza non è impedita dal sistema di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro (il quale, da un lato, esonera il datore di lavoro dalla responsabilità civile, dall’altro, garantisce il lavoratore danneggiato da infortunio o dalla malattia professionale, evitando i problemi del risarcimento civilistico e, in particolare, evitando il rischio di insolvenza e l’ipotesi della assenza di colpa del datore; peraltro, l’esonero del datore di lavoro dalla responsabilità civile non opera nelle ipotesi, ex art. 10, D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, in cui l’infortunio sia da ricondursi ad un fatto reato ed, in tale ipotesi, l’INAIL ha diritto di regresso). Difatti, come risulta dai chiarimenti offerti dall’INAIL (cfr. nota depositata il 27 maggio 2010), la legge 2009 n. 38 (che ha convertito in legge con modificazioni il d.l. 23 febbraio 2009 n. 11) ha espressamente previsto (introducendo nel corpo del decreto l’art. 12bis, norma di interpretazione autentica in materia di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali) che gli articoli 1 e 4 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124 si interpretano nel senso che le disposizioni ivi contenute non si applicano al personale delle Forze di polizia e delle Forze armate, che rimangono disciplinate dai rispettivi ordinamenti, fino al complessivo riordino della materia. Poiché tale disposizione esclude in maniera inequivocabile l’obbligo assicurativo presso l’INAIL del personale della polizia di Stato e delle forze armate, anche nella gestione per conto, l’istituto previdenziale, con nota n. 4081 del 15 maggio 2009, ha diramato istruzioni nel senso che, dalla data di entrata in vigore della legge, le denunce (di infortunio o di malattie professionali) riguardanti il personale delle forze di polizia, sia nuove che in corso di istruttoria (ipotesi quest’ultima nella quale potrebbe, in ipotesi, rientrare la posizione del ricorrente che, alla data del ricorso, non aveva ancora denunciato l’infortunio all’INAIL), dovranno essere definite negativamente per carenza dei requisiti soggettivi assicurabili (in quanto soggetti non tutelati).

IV. Nel merito, il ricorso è fondato. L’accertamento della responsabilità richiede la verifica del danno, della condotta colposa e del nesso causale.

IV.1. I presupposti di fatto allegati dal ricorrente (ovvero gli antecedenti storici dell’infortunio e i singoli accadimenti riportati anche nella anamnesi peritale) non sono specificatamente contestati dall’amministrazione (art. 63, c.p.a.). In ogni caso, ai fini della ricostruzione delle condizioni di lavoro in cui operava il ricorrente, è dirimente la deposizione testimoniale raccolta dal teste ORONZO ALESSANDRO, anch’egli dipendente del Ministero dell’Interno. Le affermazioni di quest’ultimo, della cui attendibilità il Collegio non ha motivo di dubitare, hanno confermato: che, in data 7 giugno 2006, il ricorrente era stato assegnato al servizio di guardia da espletarsi all’esterno del consolato americano ubicato in Milano; che durante lo svolgimento del turno di guardia, alle 18,40 circa, nel rientrare all’interno della garitta, lo stesso era scivolato rovinosamente su un gradino di marmo reso scivoloso dal liquido disperso dall’impianto di condizionamento della garitta; che l’impianto di condizionamento non era provvisto del apposita vaschetta di raccolta del liquido di condensa che pertanto si era completamente riversata sul gradino.

IV.2. La sussistenza della lesione alla integrità psicofisica del ricorrente è stata accertata dalla CTU e comprovata dalla documentazione medica versata in atti. In particolare, il consulente ha appurato un trauma contusivodistorsivo a carico del ginocchio destro, lesione parziale del LCA, meniscopatia, con postumi soggettivi caratterizzati dalla persistenza di riferita gonalgia destra alle variazioni meteorologiche e alla guida protratta; postumi obiettivi caratterizzati dalla presenza di cicatrici chirurgiche di piccole dimensioni lievemente discromiche quali esiti di antroscopia chirurgica; presenza di sfumata ipotonotrofia a carico della sura con minus comparativo di circa 0,5 cm; non evidenza di limitazione funzionale sui vari piani articolari esaminati, non segni di versamento articolare, non instabilità in varo/valgo ed antero/posteriore. In data 14 giugno 2006 il ricorrente è stato sottoposto ad artroscopia chirurgica ed eseguita "trefinazione del corno posteriore del menisco mediale ed HEALING STIMULATION LCA mediante micro fratture".

IV.3. Sul piano eziologico, la consulenza tecnica espletata, con motivazione ampiamente condivisibile in ragione della logicità e compiutezza dell’impianto argomentativo, ha concluso nel senso della piena compatibilità causale tra la dinamica lesiva riferita dal ricorrente (come accertata anche in giudizio) e la traumatologia di tipo contusivo distorsivo riportata.

IV.4. Il consulente, tuttavia, ha anche appurato che il predetto trauma contusivo distorsivo al ginocchio destro ha agito su una condizione patologica preesistente di tipo traumatico degenerativo (gli elementi traumatici pregressi sono analiticamente documentati a pagina 11 della consulenza: si ricorda a tal proposito che il radiologo già in data 15 febbraio 2006 aveva definito la lesione del menisco mediale "meniscosica" e cioè degenerativa). Per tale motivo, il consulente ha ritenuto non dimostrato un aggravamento delle preesistenti lesioni meniscolegamentose al ginocchio destro (il ricorrente, del resto, non ha seguito ulteriori accertamenti strumentali, così come consigliato nel verbale del pronto soccorso del 7 giugno 2006, TAC ginocchio destro; neppure ha eseguito, in sede preoperatoria durante il ricovero presso la casa di cura San Camillo di Milano, accertamenti strumentali atti ad evidenziare una progressione delle lesioni già accertate in precedenza al ginocchio inistro in questione tale da evidenziare il nesso di causalità diretto ed esclusivo con il trattamento chirurgico eseguito a soli sette giorni dall’evento lesivo).

IV.5. L’evento lesivo è imputabile, sul piano soggettivo, alla condotta imprudente dell’amministrazione resistente (sui cui, peraltro, gravava l’onere di provare la causa impediente), per aver violato sia norme scritte (l’art. 32, lett. b, d.lgs. 626/1994, applicabile ratione temporis, secondo cui il datore di lavoro deve provvedere affinché i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare manutenzione tecnica e vengano eliminati, quanto più rapidamente possibile, i difetti rilevati che possano pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori; tale norma prevale sul d.m. 14 giugno 1999 n. 450 richiamato dalla difesa erariale, in disparte ogni considerazione sulla pertinenza del richiamo effettuato); sia regole non scritte di comune prudenza, le quali prescrivevano di valutare i rischi collegati all’assenza della vasca di raccolta del liquido di condensa. Se il comportamento della p.a. (mancata predisposizione della vaschetta) è quello che ha concretamente aggravato il rischio che ha determinato l’evento lesivo, non ha alcun senso il richiamo della difesa erariale ad una causalità alternativa (in quanto, si dice, il liquido di condensa non è altro che normale acqua e la garitta, collocata all’esterno era sottoposta agli eventi atmosferici che si presentano anche nella stessa forma del liquido di condensa) del tutto ipotetica.

V. Non resta che procedere alla quantificazione e liquidazione del danno biologico. Il consulente tecnico ha accertato, anche qui con motivazione chiara e immune da vizi logici che il giudice pienamente condivide e fa propria, come, avuto riguardo alla documentazione clinica in atti oltre che alla comune esperienza clinica, al ricorrente sia derivato un periodo di inabilità temporanea parziale al 75% per quattro giorni; un periodo di inabilità parziale al 50% per sette giorni; un periodo di inabilità temporanea parziale al 25% di sette giorni. Tale periodo è ampiamente congruo con l’evento traumatico e con la diagnosi formulata e riportata nel verbale di pronto soccorso. Quanto ai postumi permanenti, il consulente ha delineato un pregiudizio all’integrità psicofisica nella misura dell’1,5% (ciò in accordo con i parametri valutativi offerti dalla tabella delle menomazioni alla integrità psicofisica compresa fra uno e nove punti di invalidità contenuta nel decreto ministeriale del 3 luglio 2003; oltre che, in letteratura, alla stregua della "Guida alla valutazione medico legale del danno biologico e dell’invalidità permanente" di RANIERI LUVONI nonché della "Guida orientativa per la valutazione medico legale il danno biologico" di BARGAGNA M.).

V.1. Il danno biologico, sia temporaneo che permanente, viene liquidato sulla base dei criteri tabellari per punto di invalidità utilizzati dal Tribunale di Milano 2011 che rapportano l’entità del risarcimento ad un valore progressivo con riferimento all’incremento dei punti di invalidità e con una funzione regressiva di decurtazione con riferimento all’elevarsi dell’età del danneggiato al momento del sinistro.

V.2. Per ciascun giorno di invalidità temporanea assoluta va liquidato (sulla base dei criteri stabiliti uniformemente dalla tabella prescelta) un importo di Euro. 91,00. Per la invalidità temporanea parziale la liquidazione della diaria avviene in misura proporzionale alla percentuale di invalidità riconosciuta per ciascun giorno. Ne consegue che, al danneggiato, in relazione alla invalidità parziale al 75% per quattro giorni, vanno liquidati Euro 273,00; con riguardo alla inabilità parziale al 50% per sette giorni, vanno liquidati in Euro 318,50; per il periodo di sette giorni di inabilità temporanea parziale al 25%, vanno liquidati Euro 159,25. In definitiva, a titolo di danno biologico per invalidità temporanea (I.T.P.), spetta al danneggiato l’importo complessivo di Euro 750,75.

V.3. Con riguardo ai postumi permanenti, tenuto conto dell’età di circa 28 anni del ricorrente al momento dell’evento dannoso e delle valutazioni peritali sopra richiamate, il valore del punto, calcolato all’attualità, è di Euro 1.189,00, che il Giudice ritiene di aumentare del 10% (Euro 118,90), onde tener conto del danno morale in termini di dolore patito (con riferimento a quest’ultima posta risarcitoria, occorre chiarire che le univoche e molteplici indicazioni contenute nella sentenza n. 26972/2008 depongono concordemente per la permanente risarcibilità di tale pregiudizio, avendo la Suprema Corte esclusivamente inteso fare luce su alcuni specifici aspetti praticoapplicativi, le cui molteplici interpretazioni avevano ingenerato delle evidenti duplicazioni risarcitorie; la lettura della pronuncia sopra citata porta a ritenere preclusa l’autonoma risarcibilità del danno morale soltanto quando tale pregiudizio interiore sia degenerato in una sofferenza psichica medicalmente considerata in sede di accertamento e liquidazione del danno biologico, in linea con il risalente insegnamento della Corte Costituzionale espresso nella sentenza del 27 ottobre 1994, n. 372). Alla percentuale di danno biologico pari ad 1,5% corrisponde la somma di Euro 1961,85, la quale va sommata a quanto liquidato a titolo di danno da invalidità temporanea, giungendo a complessivi Euro 2712,60.

V.4. Per quanto, in ipotesi, anche i postumi permanenti di modesta entità, possano menomare la capacità lavorativa specifica, producendo una corrispondente diminuzione della capacità di guadagno e quindi del reddito derivante dall’attività in concreto svolta dal soggetto, nella specie si tratta di postumi che non hanno avuto alcuna incidenza sulla capacità lavorativa specifica (tenuto conto della natura del lavoro, delle mansioni concrete esercitate, dell’orario di lavoro e di ogni altra circostanza).

V.5. Il danno alla vita di relazione non può essere risarcito, non solo per la totale carenza di allegazioni (il ricorrente si limita a dedurre che l’infortunio avrebbe limitato la sua vita di relazione conseguenti al sinistro non potendosi dedicare ad attività sportive e alla vita di relazione sociale), il consulente ha appurato che si tratta di postumi privi di incidenza sull’efficienza psicofisica del soggetto nello svolgimento di qualsiasi attività extra lavorativa della vita quotidiana.

V.6. Quanto al danno patrimoniale, si tratta di postumi non eliminabili mediante l’uso di protesi operative specifiche, in quanto trattasi di patologia stabilizzata. Quanto alle esibite fatture per un importo complessivo di Euro 7.430,134, sulla scorta della relazione peritale, non sono riferibili alla menomazione direttamente derivante dal sinistro in questione in quanto derivanti dalle sopracitate preesistenze patologiche. Non sono, per contro, previste spese sostenute in proprio ovvero spese future mediche e di cura, stante la condizione di stabilizzazione clinica.

V.7. Veniamo agli accessori. Nell’obbligazione risarcitoria (che costituisce debito di valore in quanto diretta alla reintegrazione del danneggiato nella stessa situazione patrimoniale nella quale si sarebbe trovato se il danno non fosse stato prodotto) il principale mezzo di commisurazione attuale del valore perduto dal creditore è fornito dalla rivalutazione monetaria. Nelle obbligazioni di valore, deve precisarsi, la rivalutazione monetaria non rappresenta il possibile strumento di risarcimento dell’eventuale maggior danno da mora indotto dalla svalutazione monetaria rispetto a quello già coperto dagli interessi legali (così come accade nelle obbligazioni pecuniarie ai sensi dell’art. 1224, comma 2, c.c.), ma costituisce il necessario mezzo di commisurazione attuale del valore perduto dal creditore in termini monetari attuali. Valendo la rivalutazione a realizzare il "petitum" originario, per i debiti di valore essa può essere effettuata d’ufficio anche in difetto di esplicita richiesta di rivalutazione (così come è stato fatto sopra), tenendo comunque conto della svalutazione monetaria intervenuta tra la data del fatto e quella della liquidazione se il danno era determinabile in una somma di denaro in relazione all’epoca in cui era stato prodotto, salvo chiaramente che il danneggiato non abbia manifestato un’espressa e inequivoca volontà contraria (cfr. Cass., sez. III, 14 novembre 2000, n. 14743).

V.8. Il riconoscimento degli interessi, invece, rappresenta una modalità di liquidazione del possibile danno ulteriore da lucro cessante, cui è consentito fare ricorso solo nei casi in cui la rivalutazione monetaria dell’importo liquidato in relazione all’epoca dell’illecito, ovvero la liquidazione in valori monetari attuali, non valgano a reintegrare pienamente il creditore. Pertanto, il mero ritardo nella percezione dell’equivalente monetario non dà automaticamente diritto alla corresponsione degli interessi, occorrendo a tal fine l’allegazione e la prova del danno ulteriore subito dal creditore, che si realizza solo se ed in quanto la somma rivalutata (o liquidata in moneta attuale) risulti inferiore a quella di cui il danneggiato avrebbe disposto, alla data della sentenza, se il pagamento della somma originariamente dovuta fosse stato tempestivo (ovvero all’epoca del pregiudizio). L’accertamento di tale danno, secondo la giurisprudenza, può aver luogo anche in base a criteri presuntivi ed equitativi collegati al rapporto tra remuneratività media del denaro e tasso di svalutazione nel periodo in considerazione (criteri quale l’attribuzione degli interessi ad un tasso stabilito valutando tutte le circostanze obiettive e soggettive del caso), essendo ovvio che in tutti i casi in cui il primo sia inferiore al secondo, un danno da ritardo non sarà normalmente configurabile (Cass., sez. III, 28 luglio 2005 n. 15823; Cass., sez. III, 26 febbraio 2004 n. 3871; Cass., sez. III, 18 marzo 2003 n. 3994, secondo cui l’onere di provare che la somma rivalutata, ovvero liquidata in moneta attuale, sia inferiore a quella di cui il creditore avrebbe disposto alla data della sentenza se il pagamento della somma originariamente dovuta fosse stato tempestivo, è posto a carico del creditore stesso, che può adempiervi anche a mezzo di presunzioni). Qualora la prova del danno maggiore venga riconosciuta dal giudice, gli interessi non possono essere calcolati (dalla data dell’illecito) sulla somma liquidata per il capitale, definitivamente rivalutata, mentre è possibile determinarli con riferimento ai singoli momenti (da stabilirsi in concreto, secondo le circostanze del caso) con riguardo ai quali la somma equivalente al bene perduto si incrementa nominalmente, in base ai prescelti indici di rivalutazione monetaria, ovvero in base ad un indice medio (cfr. il noto arresto Cass., sez. un., 17 febbraio 1995, n. 1712).

Tanto premesso, nel caso ci occupa, sulla somma riconosciuta a titolo risarcitorio, valutando tutte le circostanze obiettive e soggettive del caso, il Collegio ritiene dovuto alla parte ricorrente, oltre alla rivalutazione, anche il risarcimento derivante dal maggior danno subito per il ritardato pagamento della somma dovuta a titolo di risarcimento. Presumendo, infatti, un normale utilizzo del danaro da parte del danneggiato (in mancanza di deduzioni specifiche da parte del ricorrente), il pregiudizio economico derivato dal ritardato pagamento (da computarsi a far data dall’evento lesivo) può essere equamente determinato ipotizzando un impiego della somma nelle forme più comuni di risparmio (titoli di Stato) e considerando il rendimento di tali forme di investimento e il tasso medio dell’interesse legale del periodo in oggetto. Si ritiene pertanto conforme ad equità liquidare gli interessi nella misura del 2 % annuo per il periodo sopra indicato. La base del calcolo degli interessi, è costituita dall’importo medio dato dalla media aritmetica (nella specie, pari ad Euro 2580,39) tra la somma liquidata ad oggi (Euro 2712,60), e quella dovuta all’epoca del fatto (ottenuta devalutando il primo importo per il coefficiente dato dall’applicazione dagli indici nazionali dei prezzi al consumo pubblicati annualmente da ISTAT: nella specie, volendo riportare l’importo liquidato in valori monetari alla data di verificazione del fatto dannoso, giugno 2006, la liquidazione va determinata nella misura di Euro 2.448,19, dal momento che la percentuale di devalutazione utilizzando gli indici ISTAT del c.d. costo della vita è pari al 0,903 % ed il totale di devalutazione è Euro 264,41)

V. Le spese di lite seguono la soccombenza, come di norma.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

DICHIARA l’amministrazione resistente responsabile del sinistro de quo;

CONDANNA il MINISTERO DELL’INTERNO al risarcimento in favore del signor B. del danno che si liquida in complessivi Euro 2.712,60, oltre interessi compensativi dal fatto illecito alla liquidazione ed ulteriori interessi dalla presente pronuncia all’effettivo soddisfo, nei termini di cui in motivazione;

CONDANNA il MINISTERO DELL’INTERNO al pagamento delle spese di lite che si liquida in Euro 1.450,00, oltre IVA e CPA come per legge;

LIQUIDA in favore della dottoressa MAZZONE PATRIZIA la somma di Euro 500,00 oltre agli obblighi fiscali di legge (Iva 20%), che pone integralmente a carico dell’amministrazione resistente.

ORDINA che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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