T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., 27-10-2011, n. 2594

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato in data 15 novembre 2010 e depositato il 26 novembre successivo, i ricorrenti hanno impugnato il provvedimento del Questore della Provincia di Milano n. 1612/2009 Imm., datato 19 luglio 2010, e il consequenziale provvedimento del Questore della Provincia di Milano n. 1610/2009 Imm., datato 20 luglio 2010, entrambi notificati in data 7 agosto 2010, con i quali è stato decretato il rigetto sia dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro n. P443123C2B relativo al Sig. M. sia, in via consequenziale, dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi familiari della coniuge Sig.ra B..

Avverso i predetti provvedimenti vengono dedotte le censure di eccesso di potere per difetto e carenza della motivazione, con conseguente violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990.

I provvedimenti impugnati non sarebbero sufficientemente motivati in ordine all’effettiva insussistenza di requisiti dei ricorrenti per permanere sul territorio nazionale, tenuto conto del loro stato di incensuratezza e del lungo periodo di permanenza in Italia, cui si è accompagnato sempre lo svolgimento di un’attività lavorativa.

Poi viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1, primo comma, della legge n. 241 del 1990.

I provvedimenti impugnati sarebbero stati assunti in contrasto con il principio di proporzionalità, visto che il diniego del rinnovo del permesso di soggiorno avrebbe influenza anche sull’intero nucleo familiare dei ricorrenti, composta anche dai quattro figli minori.

Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Con ordinanza n. 1386/2010 è stata accolta la domanda di sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti impugnati e fissata l’udienza di trattazione del merito della controversia.

Alla pubblica udienza del 24 maggio 2011, su conforme richiesta dei procuratori delle parti, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato.

2. Con le due censure di ricorso da scrutinare congiuntamente, in quanto strettamente connesse, i ricorrenti assumono l’illegittimità dei provvedimenti impugnati considerato che gli stessi non sarebbero sufficientemente motivati in ordine all’effettiva insussistenza di requisiti per permanere sul territorio nazionale, tenuto conto dello stato di incensuratezza e del lungo periodo di permanenza dei ricorrenti in Italia, cui si è accompagnato sempre lo svolgimento di un’attività lavorativa. Inoltre, sarebbe stato violato anche il principio di proporzionalità, viste le rilevanti conseguenze anche nei confronti dei figli dei ricorrenti.

2.1. Le censure sono fondate.

I provvedimenti impugnati si fondano sull’asserita fittizietà del rapporto di lavoro del ricorrente M., in quanto assunto da una società – La Primula costruzioni s.r.l. – i cui amministratori sono stati indagati per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, attraverso la costituzione di imprese di copertura.

Tuttavia, come già statuito dalla giurisprudenza qualora "ci si trovi di fronte ad una impresa attiva, l’indagine istruttoria dovrà essere più approfondita, giacché potrebbe accadere che la falsità degli atti riguardi solo una parte del personale straniero e che colui il quale richiede il permesso di soggiorno, od il suo rinnovo, presti effettivamente attività lavorativa in favore di essa. E’ appena il caso di aggiungere che, secondo i principi generali, di tali valutazioni l’amministrazione deve dare conto nel provvedimento che dispone l’annullamento; e ciò anche per consentire al giudice di verificare che gli incombenti istruttori siano stati effettivamente espletati" (T.A.R. Lombardia, Milano, IV, 22 aprile 2010, n. 1128; III, 17 giugno 2008, n. 2084).

2.2. Dall’esame del provvedimento impugnato emerge che il mancato rinnovo del permesso di soggiorno dei ricorrenti si è basato soltanto sull’esistenza dell’indagine penale a carico del datore di lavoro, senza procedere alla verifica se lo stesso fosse totalmente inattivo ovvero svolgesse comunque una propria attività. Anzi, dalla documentazione prodotta in giudizio dalle parti ricorrenti, sembrano emergere elementi tali da far ritenere la possibile sussistenza di un rapporto di lavoro, che certamente non potrebbe produrre conseguenze sfavorevoli per gli istanti (all. 912 al ricorso).

3. In conclusione, il ricorso deve essere accolto, con il conseguente annullamento degli atti con lo stesso ricorso impugnati.

4. In relazione all’andamento fattuale della vicenda di causa, le spese possono essere compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso indicato in epigrafe e, per l’effetto, annulla gli atti con lo stesso ricorso impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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