T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., 27-10-2011, n. 2592 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ricorso – R.G. n. 4566 del 2000 – notificato in data 7 novembre 2000 e depositato il 17 novembre successivo, i ricorrenti C.D. e R.G. hanno impugnato l’autorizzazione prot. n. 27807/2996 con cui il responsabile dell’Area tecnica presso il Comune di Eupilio ha permesso alla ditta Castelnuovo l’installazione di una copertura mobile scorrevole su ruote a protezione del personale addetto al carico e scarico degli automezzi.

Avverso il predetto provvedimento vengono dedotte le censure di violazione di legge con riferimento all’art. 7 della legge n. 1497 del 1939 e all’art. 151 del D. Lgs. n. 490 del 1999.

L’area oggetto di intervento sarebbe assoggettata a vincolo ambientale e pertanto sarebbe stato necessario ottenere l’autorizzazione ambientale nella specie mancante.

Altre doglianze attengono all’eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà e per difetto di istruttoria.

Non sarebbe condivisibile la ritenuta precarietà dell’opera in oggetto, attesa la sua conformazione planovolumetrica e la sua effettiva destinazione.

Altra censura riguarda la violazione di legge con riferimento alle tabelle di sfruttamento edilizio del P.R.G.

Gli indici di edificabilità della zona sarebbero stati ampiamente superati con la predetta realizzazione e l’Amministrazione, qualificando l’opera come precaria, avrebbe omesso la doverosa verifica in ordine a tale aspetto.

Ulteriori censure riguardano la violazione di legge con riferimento agli artt. 90 e ss. delle N.T.A. del P.R.G.

Il manufatto si porrebbe in contrasto anche con le N.T.A., laddove le caratteristiche effettive dello stesso contrasterebbero con le prescrizioni legate alla tipologia e al colore dei materiali da utilizzare nel Comune di Eupilio.

Poi viene dedotta la violazione di legge con riferimento agli artt. 10 della legge n. 47 del 1985, 7 del D.L. n. 9 del 1982, 33 della legge n. 1150 del 1942 e 35 delle N.T.A. del P.R.G.

L’opera avrebbe dovuto essere assoggettata a concessione onerosa e non ad autorizzazione gratuita, sia per la superficie occupata e per la sua posizione esterna al fabbricato cui accederebbe, che per l’irreversibile trasformazione del territorio dalla stessa provocata.

Altre censure riguardano la violazione di legge con riferimento agli artt. 32 e ss. delle N.T.A. del P.R.G.

Illegittimamente non sarebbe stato richiesto il parere della Commissione edilizia.

Infine viene dedotto l’eccesso di potere per sviamento.

L’attestazione finale contenuta nell’atto autorizzativo avrebbe traslato impropriamente la responsabilità del funzionario comunale in capo al privato beneficiario dello stesso.

Si è costituito in giudizio il Comune di Eupilio, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

In data 4 maggio 2009 è stato depositato in giudizio l’atto con cui i ricorrenti hanno nominato un nuovo difensore.

2. Con ricorso – R.G. n. 1166 del 2009 – notificato in data 4 maggio 2009 e depositato il 13 maggio successivo, i ricorrenti C.D. e R.G. hanno impugnato i permessi di costruire in sanatoria, ex lege n. 326 del 2003 e legge regionale n. 31 del 2004, n. 24/C e n. 25/C rilasciati alla ditta Castelnuovo e C. s.n.c. in data 19 dicembre 2007 e del relativo parere ex art. 32 della legge n. 47 del 1985, conosciuti in data 5 marzo 2009.

Avverso i predetti provvedimenti vengono dedotte le censure di violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 41, 97 e 117 della Costituzione, della legge n. 1150 del 1942, della legge n. 241 del 1990, della legge n. 326 del 2003, del D.P.R. n. 380 del 2001 e delle leggi regionali n. 31 del 2004 e n. 12 del 2005.

Innanzitutto ci sarebbe stata una violazione della normativa sul procedimento amministrativo, in quanto i ricorrenti non sarebbero stati informati dal Comune in relazione all’avvenuta presentazione della domanda di condono edilizio da parte dell’Officina Meccanica Castelnuovo.

Il condono sarebbe stato ammesso per le opere realizzate dalla predetta Officina Meccanica, pur in presenza di un fabbricato già in origine abusivo e quindi, secondo la giurisprudenza pacifica, non condonabile.

Infine, il condono sarebbe stato assentito nonostante le opere ricadessero in zona vincolata e comunque non sarebbero conformi allo strumento urbanistico.

Si è costituita in giudizio la controinteressata Officina Meccanica C.G.&.C. s.n.c., che, in via preliminare, ha eccepito la carenza di interesse dei ricorrenti e la tardività del ricorso, mentre, nel merito, ha chiesto il rigetto del ricorso.

3. Con ricorso – R.G. n. 29 del 2010 – notificato in data 17 dicembre 2009 e depositato il 7 gennaio 2010, l’Officina Meccanica C.G.&.C. s.n.c. ha impugnato il provvedimento di annullamento del permesso di costruire in sanatoria (condono edilizio) n. 24/C rilasciato in data 19 dicembre 2007, notificato in data 22 ottobre 2009.

Avverso il predetto provvedimento viene dedotta, sotto differenti profili, la censura di violazione e falsa applicazione dell’art. 21nonies della legge n. 241 del 1990.

L’interesse pubblico necessario per poter esercitare il potere di autotutela non dovrebbe essere soltanto quello al ripristino della legalità, ma dovrebbe essere concreto e ulteriore rispetto a questo, dovendolo poi comparare con quello del privato destinatario dell’atto da ritirare; nel caso di specie nessun confronto tra i diversi interessi in gioco sarebbe stato effettuato. Oltretutto, la semplice segnalazione di un altro soggetto privato non potrebbe da sola essere sufficiente, senza l’indicazione dell’attualità e della concretezza dell’interesse pubblico all’annullamento, in un termine peraltro non ragionevole. Infine, anche se si fosse in presenza di una difforme – non falsa – rappresentazione della realtà, il condono sarebbe comunque stato ugualmente ammissibile, trattandosi di interventi sanabili.

Poi sarebbe stata eccepita la carenza di motivazione, anche in relazione alle affermazioni di falsa rappresentazione.

Il provvedimento di annullamento della sanatoria non sarebbe assolutamente motivato in ordine all’attualità dell’interesse all’annullamento, all’effettivo interesse pubblico comparato con quello dei privati incisi e alla ragionevolezza del termine. Nemmeno sarebbe fondata l’affermazione dell’avvenuta falsificazione della realtà da parte della richiedente, visto che il Comune possedeva tutti gli elementi utili e avrebbe potuto chiedere delle integrazioni documentali; in ogni caso il falso sarebbe irrilevante attesa la sanabilità dell’opera realizzata.

Si è costituito in giudizio il Comune di Eupilio, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Sono intervenuti, ad opponendum, i sigg. C. e R., che hanno chiesto il rigetto del ricorso. Successivamente, con memoria, hanno eccepito l’inammissibilità del ricorso per mancata notifica dello stesso ai controinteressati.

4. Alla pubblica udienza del 3 maggio 2011, su conforme richiesta dei procuratori delle parti, la controversia è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

1. In via preliminare i ricorsi vanno riuniti, attesa la loro connessione oggettiva e, parzialmente, anche soggettiva.

2. L’ordine di esame dei ricorsi deve essere modificato, in quanto è necessario scrutinare prima la fondatezza dell’ultimo (R.G. n. 29/2010), visto che con lo stesso viene impugnato l’annullamento del permesso in sanatoria rilasciato alla Ditta C.G.&.C. s.n.c. Invero se fosse fondata tale impugnativa permarrebbe l’interesse allo scrutinio degli altri ricorsi in precedenza proposti, mentre in caso contrario, questi diverrebbero parzialmente improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse, in considerazione della circostanza che i sigg. C. e R. non subirebbero più una parte del pregiudizio in ordine ai beni di loro proprietà.

3. Passando all’esame del ricorso R.G. n. 29/2010, ossia all’impugnazione da parte dell’Officina Meccanica C.G.&.C. s.n.c. del provvedimento di annullamento del permesso di costruire in sanatoria (condono edilizio) n. 24/C rilasciato in data 19 dicembre 2007, notificato in data 22 ottobre 2009, lo stesso non è fondato; si può, quindi, prescindere dall’esaminare l’eccezione, peraltro infondata (da ultimo, T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, I, 31 agosto 2010, n. 616), di inammissibilità dello stesso per mancata notifica ad almeno un controinteressato.

3.1. Con tutte le doglianze contenute nel ricorso, da scrutinare congiuntamente, essendo strettamente connesse, si sostiene l’illegittimità del provvedimento impugnato in quanto lo stesso, applicando l’istituto dell’autotutela, non avrebbe rispettato l’art. 21nonies della legge n. 241 del 1990, non risultando assolutamente motivato in ordine all’attualità dell’interesse all’annullamento, all’effettivo interesse pubblico, comparato con quello dei privati incisi, e alla ragionevolezza del termine. Nemmeno sarebbe fondata l’affermazione dell’avvenuta falsificazione della realtà da parte della richiedente, visto che il Comune possedeva tutti gli elementi utili e avrebbe potuto chiedere delle integrazioni documentali; in ogni caso, il falso sarebbe irrilevante attesa la sanabilità dell’opera realizzata.

3.2. Le censure non sono fondate.

Dall’esame del provvedimento impugnato, che ha annullato il permesso di costruire in sanatoria n. 24/C del 19 dicembre 2007, emerge che, in seguito al raffronto tra gli allegati grafici acclusi alla richiesta di condono e quelli prodotti unitamente alla concessione edilizia originaria del fabbricato – n. 459 del 25 ottobre 1994, quale variante alla concessione n. 207 del 22 aprile 1994 -, gli uffici comunali hanno riscontrato delle differenti destinazioni d’uso all’interno della superficie del fabbricato che non sarebbero mai state oggetto di sanatoria. Pertanto, la richiesta di condono ha avuto ad oggetto degli interventi su un fabbricato già in origine avente destinazione abusiva, da cui è scaturita la determinazione dell’Amministrazione di annullare il condono rilasciato in precedenza. Tale punto, peraltro, non risulta di fatto contestato dalla stessa parte ricorrente, seppure si tenda a minimizzarlo.

Da quanto evidenziato in precedenza, appare corretto il procedimento seguito dall’Amministrazione comunale che ha posto alla base dell’atto di annullamento l’infedele o inesatta dichiarazione – il cui eventuale carattere doloso non rileva in questa sede – essendo illegittimo un condono richiesto in relazione ad interventi effettuati su un’opera già in origine (parzialmente) abusiva.

Difatti, "la errata o insufficiente (non importa se dolosa o colposa) rappresentazione di circostanze di fatto esposte nella domanda e relativi allegati di concessione edilizia posta alla base del rilascio dell’atto della concessione edilizia che diversamente non sarebbe stata rilasciata, costituisce da sola ragione sufficiente per giustificare un provvedimento di annullamento di ufficio della concessione medesima, tanto che in tale situazione si può prescindere dal contemperamento con un interesse pubblico attuale e concreto" (Consiglio di Stato, IV, 24 dicembre 2008, n. 6554).

Del resto, in materia di autotutela riferibile ad immobili abusivi, va richiamato il principio che ritiene vincolato il potere dell’Amministrazione al ripristino dello status quo ante.

In una fattispecie similare, difatti, la giurisprudenza ha sostenuto che "l’ingiunzione di demolizione è del tutto legittima atteso che in presenza di manufatti abusivi non condonati né sanati, gli interventi ulteriori (sia pure riconducibili, nella loro oggettività, alle categorie della manutenzione straordinaria, del restauro e/o risanamento conservativo, della ristrutturazione, della realizzazione di opere costituenti pertinenze urbanistiche) ripetono le caratteristiche di illegittimità dell’opera principale, alla quale ineriscono strutturalmente, sicché non può ammettersi la prosecuzione dei lavori abusivi a completamento di opere che, fino al momento di eventuali sanatorie, devono ritenersi comunque abusive, con conseguente obbligo del Comune di ordinarne la demolizione. Ciò non significa negare in assoluto la possibilità di intervenire su immobili rispetto ai quali pende istanza di condono, ma solo affermare che, a pena di assoggettamento della medesima sanzione prevista per l’immobile abusivo cui ineriscono, ciò deve avvenire nel rispetto delle procedure di legge" (T.A.R. Campania, Napoli, VII, 8 aprile 2011, n. 1999).

3.3. In conclusione, il ricorso R.G. n. 29/2010 va respinto.

4. La reiezione del ricorso in precedenza menzionato rende improcedibili per sopravenuta carenza di interesse gli altri due ricorsi nella parte in cui si riferiscono al condono n. 24/C, ossia al cambio di destinazione d’uso con finiture difformi del fabbricato di proprietà dell’Officina Meccanica C.G.&.C. s.n.c.

5. A questo punto va scrutinato il ricorso R.G. n. 1166 del 2009, nella parte in cui si rivolge all’annullamento del condono n. 25/C, ossia alla realizzazione di una struttura fissa in ampliamento del fabbricato esistente.

5.1. In via preliminare, va ritenuto tempestivo il ricorso, in quanto "al fine di determinare la tempestività dell’impugnazione da parte di terzi della concessione edilizia, il termine decorre dalla piena conoscenza ovvero dalla consapevolezza del contenuto specifico del progetto edilizio (…) la cui prova rigorosa incombe alla parte che eccepisce la tardività dell’impugnativa" (T.A.R. Campania, Napoli, II, 21 marzo 2011, n. 1582).

Nel caso di specie, la controinteressata Officina Meccanica C.G.&.C. s.n.c. non ha dato prova certa di tale consapevolezza, non rilevando a tale fine la conoscenza dei soli abusi, essendo in questa sede impugnato l’atto di condono, che non risulta comunicato agli odierni ricorrenti.

5.2. Nemmeno l’eccezione di carenza di interesse può essere accolta, atteso che il Tribunale ordinario di Como, prima, e la Corte d’Appello di Milano, poi, hanno condannato la controinteressata a risarcire i danni provocati ai ricorrenti dagli abusi commessi in relazione al predetto immobile (all. del 3 maggio 2010 al ricorso).

6. Passando al merito del ricorso, va esaminata in via prioritaria la seconda censura che assume l’illegittimità dei condoni rilasciati, in virtù di opere realizzate già in origine abusivamente e quindi, secondo la giurisprudenza pacifica, non condonabili.

6.1. La censura è fondata.

Come già evidenziato in precedenza (punto 3.2. del diritto), risulta illegittimo un condono richiesto in relazione ad interventi effettuati su un’opera già in origine (parzialmente) abusiva e a sua volta non condonata.

6.2. Ciò determina, previo assorbimento delle restanti censure, l’accoglimento del ricorso e l’annullamento dell’atto con lo stesso ricorso impugnato.

7. A tal punto va scrutinato, per la restante parte, il ricorso R.G. n. 4566 del 2000 (con cui si chiede l’annullamento dell’autorizzazione alla ditta Castelnuovo per l’installazione di una copertura mobile scorrevole su ruote a protezione del personale addetto al carico e scarico degli automezzi), con riferimento alla seconda e terza censura, da esaminare congiuntamente in quanto connesse. Con le stesse si sostiene che non sarebbe condivisibile la ritenuta precarietà dell’opera in oggetto, attesa la sua conformazione planovolumetrica e la sua effettiva destinazione e ciò avrebbe avuto un diretto riflesso sul rispetto degli indici di edificabilità della zona, che sarebbero stati ampiamente superati con la predetta realizzazione, e l’Amministrazione, qualificando l’opera come precaria, avrebbe omesso la doverosa verifica in ordine a tale aspetto.

7.1. La censura è fondata.

La precarietà dell’opera non può essere desunta soltanto dal non stabile collegamento al suolo, ma devono essere considerati anche il suo concreto utilizzo e la sua funzione. Difatti, secondo consolidata giurisprudenza, "non sono manufatti destinati a soddisfare esigenze meramente temporanee quelli destinati ad un’utilizzazione perdurante nel tempo, di talché l’alterazione del territorio non può essere considerata temporanea, precaria o irrilevante", indipendentemente dalla loro struttura o dal loro posizionamento (Consiglio di Stato, VI, 16 febbraio 2011, n. 986).

Nel caso di specie, l’Amministrazione non ha assolutamente motivato in ordine a tale aspetto, non essendo chiarito nemmeno se la copertura mobile scorrevole sia stabilmente affissa al suolo o meno (all. 5 al ricorso). Del resto, anche dalla documentazione fotografica appare possibile verificare l’imponenza della struttura e la sua non precarietà (all. 6 e 7 al ricorso).

7.2. Ciò determina l’illegittimità dell’autorizzazione rilasciata alla controinteressata.

7.3. Alla fondatezza delle predette doglianze consegue, previo assorbimento delle restanti censure, l’accoglimento del ricorso R.G. n. 4566 del 2000 e l’annullamento dell’atto con lo stesso ricorso impugnato.

8. Le spese seguono la soccombenza nei confronti delle parti private e vengono compensate nei confronti del Comune, come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando, previa riunione dei ricorsi indicati in epigrafe:

– accoglie in parte il ricorso R.G. n. 4566 del 2000 e, per l’effetto, annulla l’atto con lo stesso ricorso impugnato e in parte lo dichiara improcedibile, come specificato in motivazione;

– accoglie in parte il ricorso R.G. n. 1166 del 2009 e, per l’effetto, annulla l’atto di condono n. 25/C e in parte lo dichiara improcedibile, come specificato in motivazione;

– respinge il ricorso R.G. n. 29/2010.

Condanna l’Officina Meccanica C.G.&.C. S.n.c. al pagamento delle spese di giudzio nei confronti dei sigg. C. e R. nella misura di Euro 3.000,00 (tremila/00), oltre I.V.A. e C.P.A., come per legge; le compensa nei confronti del Comune di Eupilio. Dispone altresì la rifusione del contributo unificato nei confronti dei sigg. C. e R. sempre a carico dell’Officina Meccanica C.G.&.C. S.n.c.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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