Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 26-09-2011) 03-10-2011, n. 35768

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Roma dichiarava sussistere le condizioni per la estradizione verso la Repubblica della Ucraina di B.O., cittadina (OMISSIS), nei cui confronti era stato emesso in data 26 dicembre 2006 mandato di cattura dal Tribunale di Boryspilsky (Ucraina) per il reato previsto dall’art. 322 c.p. ucraino, per avere la stessa (in concorso con P.A.), il giorno (OMISSIS), organizzato il trasferimento illegale della figlia K. dalla (OMISSIS) in Italia utilizzando un passaporto falso.

Osservava la Corte di appello che nella specie sussistevano tutti i presupposti contemplati dalla Convenzione europea di estradizione, i fatti risultavano chiaramente evidenziati nella domanda di estradizione e non risultava che l’ordinamento ucraino prevedesse pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti, e in particolare la pena, cui si era riferita la difesa, dei lavori forzati.

2. Ricorre personalmente per cassazione la B., che denuncia, con un unico motivo, la violazione dell’art. 705 c.p.p., comma 2, lett. a) e c), in relazione all’art. 698 c.p.p., comma 1, osservando che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di appello, l’art. 51 c.p. ucraino prevede la possibilità di infliggere la pena dei lavori forzati e che comunque, stando ai rapporti annuali di Amnesty International, in particolare quello dell’anno 2009, nonchè sulla base di numerosi ricorsi promossi davanti alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, doveva ritenersi che il trattamento punitivo di fatto operato in Ucraina era contrario al rispetto dei diritti umani.

Successivamente il difensore della B., avv. Riccardo Contardi ha depositato copia del Rapporto 2011 di Amnesty International da cui si ricavava il pericolo di trattamenti disumani cui la ricorrente poteva essere sottoposta ove estradata in Ucraina.

Motivi della decisione

1. Osserva la Corte che il ricorso si limita a contestare genericamente le puntuali osservazioni della Corte di appello, pienamente riscontrate dal tenore della documentazione trasmessa dall’Autorità dello Stato richiedente, secondo cui, almeno per il reato per il quale è stata chiesta la estradizione, non è prevista dall’ordinamento ucraino la pena dei lavori forzati, nè alcun altro genere di pena che possa considerarsi crudele, disumano o degradante.

Quanto all’allegazione contenuta nella memoria difensiva circa le critiche condizioni che caratterizzerebbero il trattamento penitenziario in Ucraina, si tratta di rilievi di carattere generale, non sufficientemente specificati in relazione a casi concreti, che non consentono di ritenere che l’estradanda vi sarebbe sicuramente o anche probabilmente sottoposta.

2. Tale deduzione difensiva potrà però essere attentamente verificata e apprezzata dal Ministro della giustizia, in sede di discrezionale valutazione circa l’accoglimento della domanda di estradizione, tenuto conto anche della modestia del fatto posto a base della domanda.

3. Il ricorso va pertanto rigettato con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

La Cancelleria provvedere alle comunicazioni ex art. 203 disp. att. c.p.p..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 203 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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