Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 24-02-2012, n. 2891 Divieto di intermediazione e di interposizione nelle assunzioni di lavoratori

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 30.6 – 17.9.2009 la Corte d’Appello di Firenze rigettò il gravame proposto dalla Terme di Montecatini Immobiliare spa e da A.F., G.P.L. e R.L. nei confronti della Direzione Provinciale del Lavoro di Pistoia avverso la pronuncia del primo Giudice reiettiva delle opposizioni svolte avverso le ordinanze ingiunzioni emesse dalla suddetta Direzione Provinciale del Lavoro; tali ordinanze ingiunzioni facevano seguito ad un verbale di accertamento dell’Inps, in forza del quale era stato ritenuto che i dipendenti della Multimedia Montecatini srl dovevano essere considerati dipendenti della Terme di Montecatini Immobiliare spa, in quanto il contratto stipulato fra le Società in data 30.4.1997 era da considerarsi nullo per l’avvenuta interposizione di manodopera. A sostegno del decisum la Corte territoriale ha evidenziato quanto segue:

il primo Giudice, interpretando il ridetto contratto 30.4.1997, aveva considerato che la Terme di Montecatini Immobiliare spa aveva inteso "rendere assorbente il controllo delle Terme sulla gestione dell’istituto (OMISSIS)"; in considerazione della pregressa conflittualità inter partes le espressioni utilizzate in tale atto non potevano "essere lette come approssimative descrizioni del programma contrattuale"; nelle premesse dell’atto era stato precisato come la Terme di Montecatini Immobiliare spa, volendo affidare a terzi la prestazione dei servizi resi nell’istituto (OMISSIS), avesse inteso mantenere il controllo e la gestione della stessa; la circostanza che le gestione e il controllo fossero finalizzati ad un’esigenza di unitarietà funzionale dei servizi forniti dalle terme non incrinava le conclusioni raggiunte, ma le confermava, in quanto dimostrava che tutto ciò che era richiesto alla Multimedia Montecatini srl era di fornire prestazioni di manodopera e di gestire il rapporto di lavoro nei suoi aspetti burocratici, ma senza poter orientare le prestazioni dei propri dipendenti nell’esercizio di quell’attività gestoria che consente di individuare un appalto reale;

– contrariamente a quanto sostenuto dagli appellanti – secondo i quali il Tribunale aveva male interpretato il contratto del 30.4.1997, non aveva percepito che la direzione e la sorveglianza riservatesi dalla Terme di Montecatini Immobiliare spa erano relative ad "elementi organizzativi generali dell’istituto (OMISSIS) al fine di coordinare l’attività in esso svolta con quelle del complesso termale in generale e non aveva rilevato che al direttore sanitario era stata conferita la delega della direzione sanitaria dell’istituto (OMISSIS) e non della Multimedia Montecatini srl -, il primo Giudice aveva ben percepito i motivi per i quali la Terme di Montecatini Immobiliare spa aveva voluto mantenere il controllo della gestione delle attività svolte nell’istituto (OMISSIS), non potendo svilirsi il dato del controllo gestionale riservatosi dalla Terme di Montecatini Immobiliare spa per il solo fatto che essa aveva inteso (anche) armonizzare le attività svolte all’interno dell’istituto (OMISSIS) con le più ampie residue attività svolte nel complesso termale; pertanto la natura dei motivi che avevano determinato la committente a dare una determinata impostazione al rapporto era ininfluente, nella sussistenza degli elementi rivelatori dell’ipotesi vietata dalla L. n. 1369 del 1960, art. 1; inoltre il primo Giudice aveva correttamente rilevato, sulla base del suddetto contratto, che la Terme di Montecatini Immobiliare spa aveva inteso riservarsi la gestione e direzione dei servizi; – per ciò che riguardava le censure relative all’istruttoria, denunciata come carente, doveva rilevarsi che il primo Giudice non aveva tratto elementi decisivi di valutazione dal fatto che gli addetti alla cassa (dipendenti della Terme di Montecatini Immobiliare spa) fissassero visite ed appuntamenti, che la Terme di Montecatini Immobiliare spa desse prescrizioni circa i giorni di apertura e gli orari e che l’assunzione dei dipendenti della Multimedia Montecatini srl fosse condizionata all’assenso della Terme di Montecatini Immobiliare spa, posto che da tali circostanze aveva tratto soltanto una "ulteriore riprova", avendo fondato la propria convinzione soprattutto sul punto 3 del contratto, chiaro nell’indicare, quanto alle prestazioni da svolgere all’interno dell’istituto (OMISSIS), che "….tutto sarà compiuto sotto la direzione, la sorveglianza ed il costante controllo del Direttore Sanitario delle Terme cui è conferita la delega della Direzione sanitaria dell’Istituto Terme (OMISSIS)"; che "la M.M. e GENE 2000 sono tenute ad attenersi a tutte le prescrizioni della S.T.M., anche in funzione della unitarietà dei servizi effettuati dal complesso delle Terme. Analogo diritto di controllo è attribuito all’Ufficio Tecnico della società per quanto attiene alla manutenzione delle apparecchiature, degli impianti e dei locali;

– ulteriori elementi decisivi, nel senso della correttezza della decisione assunta in prime cure, erano desumibili dal punto 11 del contratto, dal quale emergeva come agli incassi provvedesse direttamente la Terme di Montecatini Immobiliare spa per poi versarne una parte alla Multimedia Montecatini srl (da ritenersi circostanza altamente sintomatica della "presenza" della committente nello svolgimento delle prestazioni) e nella previsione secondo cui le parti avevano avvertito l’esigenza di precisare che gli stipendi ed i salari dovuti al dipendenti della Multimedia Montecatini srl erano a carico della stessa, avendo evidentemente percepito che le previsioni contrattuali non erano tali da lasciare una reale autonomia organizzativa all’appaltatrice, con i problemi che ne sarebbero derivati, evidenziati dalla presente controversia;

– vanamente gli appellanti avevano rilevato che la circostanza che la Multimedia Montecatini srl fosse una società di capitali, dotata di un proprio organico e capace di svolgere autonomamente la prestazione pattuita fosse tale da svilire gli altri elementi, poichè la derivazione dell’organico da assunzioni formali non provava nulla alla luce della L. n. 1369 del 1960, art. 1, u.c. e, semmai, al riguardo, era sintomatica la previsione di cui al punto 6 del contratto, prevedente come necessario l’assenso della Terme di Montecatini Immobiliare spa per l’assunzione di personale da parte della Multimedia Montecatini srl;

– la richiesta istruttoria di acquisizione di documenti relativi all’attività della Multimedia Montecatini srl, che secondo gli appellanti avrebbe consentito la valutazione della reale assunzione da parte della stessa del rischio di impresa, appariva del tutto inutile, non essendo in contestazione che la Multimedia Montecatini srl fosse una società realmente operante per il perseguimento di un fine di lucro, posto che il problema atteneva alle modalità seguite per il perseguimento di tale fine, modalità che, nella fattispecie, erano in contrasto con il divieto di cui al ricordato L. n. 1369 del 1960, art. 1; – ai sensi del punto 4 del contratto per la prestazione dei servizi, all’interno dell’istituto (OMISSIS) la Multimedia Montecatini srl utilizzava immobile, piscina, attrezzature e apparecchiature varie datele in comodato dalla Terme di Montecatini Immobiliare spa e di proprietà della stessa ed era stato assunto l’obbligo, da parte della Terme di Montecatini Immobiliare spa, di dotare la struttura di altri macchinari; in base al punto 8 del contratto, rimanevano a carico della Terme di Montecatini Immobiliare spa le spese di riscaldamento, gas, energia elettrica, mentre erano a carico della Multimedia Montecatini srl quelle telefoniche, di pulizia e quelle relative ai materiali di consumo; risultava pertanto confermata la presunzione di cui alla L. n. 1369 del 1960, art. 1, comma 3, non certamente esclusa dal fatto che l’appaltatrice, come evidenziato nel verbale di accertamento, avesse attrezzature del tutto marginali (rispetto al complesso delle attrezzature occorrenti per l’attività di fisioterapia) quali due computer e le relative postazioni.

Avverso la suddetta sentenza della Corte territoriale, la Terme di Montecatini Immobiliare spa, A.F., G.P.L. e R.L. hanno proposto ricorso per cassazione fondato su un unico articolato motivo.

La Direzione Provinciale del Lavoro di Pistoia ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione

1. Con l’unico motivo i ricorrenti lamentano violazione e falsa applicazione della L. n. 1369 del 1960, art. 1 nonchè vizio di motivazione (in relazione art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5), deducendo che nella motivazione della sentenza impugnata non era dato riscontrare alcuna risposta alle censure formulate nell’atto d’appello, con particolare riguardo alla dedotta errata interpretazione del contratto stipulato il 30.4.1997, alla valutazione dell’organizzazione e gestione della Multimedia Montecatini srl e alla mancata valutazione del rischio di impresa.

2. Osserva il Collegio che la Corte territoriale si è attenuta ai principi enunciati in materia dalla giurisprudenza di legittimità, in particolare a quelli secondo cui, al fine di ritenere operante la presunzione di cui alla L. n. 1369 del 1960, art. 1, comma 3 l’utilizzazione da parte dell’appaltatore di mezzi dell’appaltante deve essere significativa e non marginale nell’ambito dell’insieme dei mezzi utilizzati e che è necessario accertare se l’impresa appaltatrice, assumendo su di sè il rischio economico dell’impresa, operi concretamente in condizioni di reale autonomia organizzativa e gestionale rispetto all’impresa committente, se in concreto assuma su di sè l’alea economica insita nell’attività produttiva oggetto dell’appalto e se i lavoratori impiegati per il raggiungimento di tali risultati siano effettivamente diretti dall’appaltatore ed agiscano alle sue dipendenze e nel di lui interesse (cfr, ex plurimis, Cass, nn. 4181/2006; 1676/2005). Deve quindi escludersi la sussistenza del lamentato vizio di violazione di legge.

3. Del resto il motivo di ricorso è essenzialmente incentrato sull’asserita erronea valutazione delle circostanze fattuali che, se rettamente apprezzate, avrebbero dovuto condurre, secondo i ricorrenti, ad escludere la ricorrenza dell’interposizione fittizia.

Al riguardo va rilevato che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, la deduzione con il ricorso per cassazione di un vizio di motivazione non conferisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito della vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, essendo del tutto estranea all’ambito del vizio in parola la possibilità, per la Corte di legittimità, di procedere ad una nuova valutazione di merito attraverso l’autonoma disamina delle emergenze probatorie. Ciò vale anche specificamente in ordine all’accertamento della sussistenza dei presupposti fattuali in tema di interposizione di mano d’opera, che da luogo ad un giudizio di fatto riservato al giudice di merito ed è, perciò, insindacabile in sede di legittimità se sorretto da adeguata motivazione (cfr, ex plurimis, Cass., n. 657/2008).

Per conseguenza il vizio di motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza e contraddittorietà della medesima, può dirsi sussistente solo qualora, nel ragionamento del giudice di merito, siano rinvenibile tracce evidenti del mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d’ufficio, ovvero qualora esista un insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico giuridico posto a base della decisione; per conseguenza le censure concernenti i vizi di motivazione devono indicare quali siano gli elementi di contraddittorietà o illogicità che rendano del tutto irrazionali le argomentazioni del giudice del merito e non possono risolversi nella richiesta di una lettura delle risultanze processuali diversa da quella operata nella sentenza impugnata (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 824/2011; 13783/2006; 11034/2006; 4842/2006; 8718/2005; 15693/2004;

2357/2004; 12467/2003; 16063/2003; 3163/2002). A contempo va considerato che, affinchè la motivazione adottata dal giudice di merito possa essere considerata adeguata e sufficiente, non è necessario che essa prenda in esame, al fine di confutarle o condividerle, tutte le argomentazioni svolte dalle parti, ma è sufficiente che il giudice indichi le ragioni del proprio convincimento, dovendosi in questo caso ritenere implicitamente rigettate tutte le argomentazioni logicamente incompatibili con esse (cfr, ex plurimis, Cass., n. 12121/2004).

Con specifico riguardo poi all’interpretazione degli atti negoziali, al fine di riscontrare l’esistenza dei denunciati errori di diritto o dei vizi di ragionamento, non è sufficiente l’astratto riferimento alle regole dell’art. 1362 c.c. e segg., ma è necessaria invece la specificazione dei canoni in concreto violati e del punto e del modo in cui il giudice del merito si sia da quei canoni discostato, con la conseguenza che la mera critica della ricostruzione della volontà contrattuale, operata dal giudice, e la proposta di una diversa interpretazione costituiscono una censura inammissibile in sede di legittimità (cfr, ex plurimis, Cass., n. 11342/2004).

Nel caso all’esame, come emerge dalla ricognizione delle considerazioni poste a sostegno del decisum diffusamente svolta nello storico di lite, la sentenza impugnata non si è affatto limitata ad un acritico accoglimento delle argomentazioni svolte dal primo Giudice, ma le ha condivise, alla luce degli svolti motivi di gravame, esaminando tutte le circostanze rilevanti ai fini della decisione e svolgendo un iter argomentativo esaustivo, coerente con le emergenze istruttorie acquisite e immune da contraddizioni e vizi logici; le valutazioni svolte e le coerenti conclusioni che ne sono state tratte configurano quindi un’opzione interpretativa del materiale probatorio del tutto ragionevole e che, pur non escludendo la possibilità di altre scelte interpretative anch’esse ragionevoli, è espressione di una potestà propria del giudice del merito che non può essere sindacata nel suo esercizio (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 14212/2010; 14911/2010).

In definitiva, quindi, le doglianze dei ricorrenti si sostanziano nella esposizione di una lettura delle risultanze probatorie diversa da quella data dal giudice del gravame e nella richiesta di un riesame di merito del materiale probatorio, inammissibile in questa sede di legittimità. 4. In base alle considerazioni che precedono il ricorso va pertanto rigettato, con conseguente condanna in solido dei ricorrenti alla rifusione delle spese, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido alla rifusione delle spese, che liquida complessivamente in Euro 50,00 oltre ad Euro 3.000,00 (tremila/00) per onorari ed accessori come per legge.

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