T.A.R. Sicilia Palermo Sez. III, Sent., 27-10-2011, n. 1878

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ricorso notificato il 9 giungo 2011 e depositato il 15 giugno seguente, la ricorrente, dipendente a tempo determinato e parziale del Comune di Alcamo, inquadrata nella categoria "C", ha impugnato il diniego dell’Amministrazione all’accesso e rilascio di copia della documentazione relativa alla struttura organizzativa del medesimo Comune, richiesta dopo il trasferimento della stessa, su sua richiesta, ad altra unità organizzativa del Comune.

2. Il ricorso è affidato ad un unico articolato motivo di censura con cui si deducono i vizi di violazione dei principi di pubblicità, imparzialità e trasparenza dell’azione amministrativa, violazione degli artt. 24 e 113 Cost., violazione degli artt. 3, 22 e 24 della l. n. 241 del 1990, eccesso di potere per illogicità.

3. Si è costituita in giudizio l’Amministrazione comunale di Alcamo la quale, con memoria, ha eccepito la carenza di interesse della ricorrente ed ha concluso, comunque, per l’infondatezza dello stesso nel merito.

4. All’udienza camerale del 21 ottobre 2011, presenti i procuratori delle parti che si sono richiamati alle già rassegnate domande e conclusioni il ricorso, su richiesta degli stessi, è stato trattenuto in decisione.

5. Il ricorso è inammissibile.

6. Ai fini di una migliore intelligenza delle questioni sottoposte alla cognizione del Collegio, va succintamente ricostruita la vicenda nella quale si è innestata l’odierna controversia.

La ricorrente, come detto, è una dipendente a tempo determinato e parziale, assunta in applicazione delle disposizioni di cui alla l.r. n. 85 del 1995, la quale in data 30 settembre 2010 è stata assegnata, con atto del dirigente del Settore affari generali allo sportello decentrato anagrafico di via Balatelle. Successivamente la stessa dipendente ha chiesto di essere trasferita presso l’Ufficio legale dell’Ente. L’istanza di trasferimento è stata accolta dal medesimo dirigente con assegnazione, tuttavia, della stessa non già all’ufficio legale – come richiesto – ma all’ufficio notifiche/albo pretorio (disposizione prot. n. 3058 del 14 aprile 2011).

In prossimità di tale ultimo trasferimento, ossia in data 10 aprile 2011, la ricorrente ha inoltrato istanza di accesso e rilascio copia della seguente documentazione:

a) pianta organica, con specificazione delle categorie e delle mansioni dei dipendenti, dell’ufficio protocollo alla data del 15.09.2010 e del 15.10.2010;

b) pianta organica, con specificazione delle categorie e delle mansioni dei dipendenti dell’Ufficio anagrafe, sede di via Balatelle, alla data del 15.10.2010, del 15.04.2011 e del 20.04.2011;

c) note di richieste di nuovo personale formulate dall’ufficio anagrafe;

d) pianta organica con specificazione delle categorie e delle mansioni dei dipendenti dell’ufficio notificazioni alla data del 20.04.2011;

e) note di richieste di nuovo personale formulate dall’ufficio notificazioni;

f) comunicazione circa eventuali procedimenti o provvedimenti disciplinari emessi in suo danno, dalla data di instaurazione del rapporto lavorativo e sino ad oggi (servizio storico).

7. In via preliminare va delibata l’eccezione dell’Amministrazione resistente tesa a revocare in dubbio la sussistenza dell’interesse a ricorrere.

Sostiene infatti la difesa del Comune di Alcamo che la ricorrente, poiché titolare di un contratto individuale di lavoro a tempo determinato e parziale ai sensi della l.r. n. 85/95, non sarebbe inserita nella pianta organica dell’Ente, di guisa che l’acquisizione dei richiesti documenti sarebbe del tutto inconferente.

L’eccezione, così come esposta, va ritenuta priva di fondamento.

Con l’abrogazione dell’art. 6 e dell’art. 30 del D. Lgs. n. 29/93, l’organizzazione degli enti locali (ma non solo di questi) è stata improntata a criteri di flessibilità e dinamicità: è stata superata la filosofia organizzativa – caratterizzante la previgente legislazione – di tipo statico e legata ad una rappresentazione puntuale non solo delle posizioni lavorative quanto anche dei relativi titolari, per far spazio ad un modello di tipo dinamico, quello della dotazione organica, che involge, nel suo essenziale significato, un impianto strutturale espressione unicamente delle previsioni del programma triennale del fabbisogno di personale, fortemente legato agli obiettivi di amministrazione.

Con il nuovo assetto normativo è la stessa definizione di "dotazione organica" a far sì che non sia ormai ipotizzabile che detto strumento non contempli posizioni lavorative con cui l’Ente ha stipulato un regolare rapporto di lavoro (anche di natura flessibile e non necessariamente a tempo indeterminato): la cd. provvista dotazionale è data dai rapporti di lavoro in essere, frutto delle previsioni del programma triennale del fabbisogno (avente natura finanziaria), che, a differenza della dotazione organica, è sottoposto, per la sua importanza, alla verifica di compatibilità della spesa da parte dell’organo di revisione (art. 19 comma 6, legge n. 448/01).

Da ultimo va ricordato come la L.r n. 30 del 2000 – in modo simmetrico rispetto alla corrispondente legge n. 265/99 le cui disposizioni sono poi confluite nel d. lgs. n. 267/00 – ha, peraltro, riconosciuto l’autonomia organizzativa degli enti, ai quali è oggi consentito di variare la dotazione organica in ogni momento purché in osservanza delle (sole) previsioni del predetto programma triennale del fabbisogno di personale.

Distonica, rispetto a tale impostazione, è la contrattazione collettiva di comparto che, talora, lega alcuni istituti a previsioni organizzative che più si avvicinano al concetto di pianta organica che a quello di dotazione organica: si tratta tuttavia di irrilevanti eccezioni rispetto all’organizzazione per rapporti (cd. provvista dotazionale).

Ciò posto, la disciplina che viene in rilievo (l.r. n. 85/95) costituisce uno dei tanti interventi del legislatore regionale in tema di politiche attive del lavoro (si ricordino, tra le altre, le varie procedure di stabilizzazione dei precari o la vicenda dei catalogatori ovvero ancora quella inerente al cd. personale addetto ai procedimenti di condono edilizio).

E’ pertanto agevole arguire che anche il personale "ex a.s.u." assunto tempo determinato e parziale ai sensi della l.r. n. 85 del 1995 concorre alla formazione della provvista dotazionale, in linea col programma triennale del fabbisogno, di guisa che l’eccezione sollevata dall’Amministrazione si rivela fallace.

A ciò va aggiunto che è financo la disciplina comunitaria dei rapporti di lavoro a tempo parziale e determinato a stabilire che in tutte le ipotesi in cui, per disposizione di legge o di contratto collettivo, si renda necessario l’accertamento della consistenza dell’organico, i lavoratori a tempo parziale sono computati nel complesso del numero dei lavoratori dipendenti in proporzione all’orario svolto (art. 6 d.lgs. n. 61/2000, di attuazione della direttiva 97/81/CE relativa all’accordoquadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall’UNICE, dal CEEP e dalla CES) e che "al prestatore di lavoro con contratto a tempo determinato spettano (…) ogni altro trattamento in atto nell’impresa per i lavoratori con contratto a tempo indeterminato comparabili" (art. 6 d. lgs. n. 368/2001, di attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall’UNICE, dal CEEP e dal CES).

8. Ciò detto in via pregiudiziale, può adesso passarsi al merito della pretesa.

9. La ricorrente lamenta l’illegittimo diniego dell’accesso e rilascio in copia di documenti di tipo organizzativo quali, in sostanza, la dotazione organica di specifiche unità organizzative, le note di richiesta di ulteriori unità di personale da parte di distinte articolazioni organizzative nonché le informazioni circa l’esistenza o meno di procedimenti disciplinari a suo carico.

In particolare l’interesse sotteso alla richiesta di che trattasi si sostanzierebbe nella "verifica di legittimità di atti evidentemente pregiudizievoli per la ricorrente".

Sul punto nessuna difesa dell’Amministrazione è dato registrare.

Osserva il Collegio che l’assegnazione delle unità di personale all’interno di un singolo settore organizzativo appartiene alla sfera di attività del competente dirigente il quale vi provvede secondo le disposizioni di cui all’art. 6, comma 2, della (abrogata) legge 15 maggio 1997, n. 127, siccome richiamata nell’ordinamento regionale con l’art. 2, comma 3 della l.r. 7 settembre 1998, n. 23. Tale disposizione è stata peraltro trasposta nell’omologa disciplina di cui all’art. 107, comma 2, lett. e) del d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267, ai sensi del quale "Sono attribuiti ai dirigenti tutti i compiti di attuazione degli obiettivi e dei programmi definiti con gli atti di indirizzo adottati dai medesimi organi, tra i quali in particolare, secondo le modalità stabilite dallo statuto o dai regolamenti dell’ente: (…)gli atti di amministrazione e gestione del personale".

Orbene, l’assegnazione del personale alle singole unità organizzative avviene da parte del dirigente con i poteri del privato datore di lavoro e disgiuntamente dalla eventuale previsione di posti in "pianta organica".

Le censure di parte ricorrente tese a fondare l’interesse della stessa alla cognizione degli atti che disciplinano l’organizzazione dell’Ente muovono dall’erroneo presupposto che la mobilità interna, all’interno di un settore organizzativo ovvero tra diversi settori, debba essere assistita da specifiche previsioni di pianta organica ovvero da una rigida applicazione del sistema della mansioni. Al contrario, è ormai indubbio che la destinazione del personale deve avvenire unicamente secondo le esigenze organizzative e disgiuntamente da specifiche previsioni in atti di macroorganizzazione quali quelli per cui è causa.

Da ciò è agevole arguire la totale assenza del requisito dell’interesse diretto, concreto ed attuale all’ostensione e rilascio in copia dei documenti di che trattasi, in ragione proprio del fine dichiarato dalla ricorrente di verificare la legittimità della condotta dell’Amministrazione (ciò che peraltro varcherebbe il limite dell’inammissibile controllo generalizzato, escluso dall’art. 24, comma 2, l. n. 241/1990, vigente in Sicilia per effetto del rinvio legislativo contenuto nell’art. 37 della l.r. n.10 del 1991).

10. Quanto alla richiesta di notizie circa la sussistenza di procedimenti disciplinari la stessa è stata ampiamente soddisfatta con l’impugnato provvedimento per cui, sotto tale profilo, l’interesse alla decisione del ricorso va considerato ab origine insussistente.

11. Al lume delle suesposte considerazioni il ricorso va dichiarato inammissibile.

12. Le spese seguono la regola della soccombenza (art. 26 cod. proc. amm.) e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia, Sezione terza, dichiara inammissibile il ricorso in epigrafe.

Condanna la ricorrente alla rifusione, in favore del Comune di Alcamo in persona del Sindaco pro tempore, delle spese processuali e degli onorari di causa che liquida in complessivi Euro 1000,00 (euro mille/00) oltre IVA e CPA come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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