Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 24-02-2012, n. 2885

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Catania, parzialmente riformando la sentenza di primo grado, accoglieva il solo capo della domanda, proposta da C.M. nei confronti del Consorzio in epigrafe, concernente i compensi, pretesi dal C., per l’attività di responsabile del procedimento relativamente "ai lavori di completamento innesto a dislivello" risultando il conferimento del relativo incarico dal GURS n. 52 del 1998 e dalla Delib. CD n. 80 del 1996.

Respingeva, invece, la predetta Corte, gli altri capi della domanda del C. avanzati sempre nei confronti del nominato Consorzio.

In particolare la Corte del merito rigettava la pretesa concernente le competenze d’ingegnere capo per "i lavori di fornitura di beni e servizi inerenti al centro servizi alle imprese" in quanto la L.R. Sicilia n. 21 del 1985, art. 22 per il caso di opere d’importo inferiore a un milione di ECU, quale era quella di cui si discuteva, non esigeva la nomina di un ingegnere capo, sicchè le relative funzioni andavano ricondotte a quelle del direttore – dei lavori, quale era il C..

Respingeva, altresì, la Corte del merito la pretesa del C. relativa alle competenze per l’attività di responsabile del bando di gara difettando la prova del conferimento di tale incarico, oltre a quello già remunerato d’ingegnere capo.

Disattendeva, infine, la Corte d’appello l’assunto del C. secondo il quale andava applicato, e la L.R. n. 2 del 1962 difettando la prova, che poteva essere fornita solo in primo grado,concernente l’asserzione in base alla quale i dipendenti del Consorzio erano dipendenti regionali, e il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16 non essendo qualificabili i vantati emolumenti come arretrati.

Avverso questa sentenza il C. ricorre in cassazione articolando quattro censure, illustrate da memoria.

Resiste con controricorso il Consorzio in epigrafe che propone impugnazione incidentale assistita da un unico motivo.

Motivi della decisione

I ricorsi vanno preliminarmente riuniti riguardando la impugnazione della stessa sentenza.

Con il primo motivo del ricorso principale il C., deducendo violazione della L.R. Sicilia n. 21 del 1985, art. 22, comma 5, e violazione dell’art. 36 Cost., prospetta che la Corte del merito ha erroneamente affermato che l’attività d’ingegnere capo, sebbene svolta dal direttore dei lavori, non è remunerabile e tanto anche in violazione dell’art. 36 Cost..

Il motivo non è condivisibile.

La Corte del merito, invero, ha ritenuto che per le opere d’importo inferiore a un milione di ECU, quale era quella in esame, non era prevista la nomina di un ingegnere capo,sicchè le relative funzioni erano svolte dal direttore dei lavori, quale era il C..

In tal modo argomentando la Corte territoriale, evidenziando che la legge regionale, per le opere di cui trattasi, non ha previsto la nomina distinta di un’ingegnere capo, ha individuato la ratio legis di tale previsione nella possibilità, in considerazione proprio del valore non elevato delle opere da eseguire,di ricondurre nell’attività del direttore dei lavori anche quella dell’ingegnere capo.

Ritiene questa Corte che l’interpretazione fornita dalla Corte del merito della previsione in esame possa essere senz’altro avallata in questa sede di legittimità essendo conforme alla individuata ratio legis.

Nè vi è spazio per l’applicazione dell’invocato art. 36 Cost. non essendo allegato alcun elemento d’inadeguatezza della remunerazione corrisposta in relazione allo svolgimento delle funzioni di direttore dei lavori con riferimento anche all’attività d’ingegnere capo.

E’ bene sottolineare in proposito, che la Corte del merito non ha affatto asserito che l’attività d’ingegnere capo nella specie era senza remunerazione. Infatti la Corte in parola ha considerato che nell’attività di direttore dei lavori, e, quindi, nel compenso erogato per tale attività, veniva assorbita la funzione, e conseguentemente la relativa remunerazione, d’ingegnere capo e ciò in ragione del limitato valore economico delle opere da eseguire.

Con la seconda censura del ricorso principale il C., denunciando violazione dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 416 e 115 c.p.c., censura la sentenza impugnata in punto di asserita mancanza di prova in ordine allo svolgimento dell’attività di responsabile del bando di gara per la costruzione di un edificio industriale.

Richiama il C., a fondamento della censura, quanto dedotto in appello ed in particolare l’estratto del bando di gara, la delibera del Consorzio Asi e la non contestazione di controparte sull’avvenuto svolgimento della relativa attività.

La censura non risulta fondata.

Invero non è riportato nel ricorso per cassazione, ed in violazione del principio di autosufficienza, il testo dei richiamati documenti (per tutte Cass. 19 maggio 2006 n. 11886) dei quali non si precisa, tra l’altro, quando sono stati prodotti. Rimane, quindi,impedito qualsiasi controllo circa la decisività e la ritualità della produzione dei documenti posti a base della censura.

Del resto, il C., nell’invocare l’applicazione del principio di non contestazione, si limita a fornire una interpretazione soggettiva della posizione assunta al riguardo dalla controparte in sede di costituzione di primo grado non consentendo a questa Corte nessun sindacato in proposito.

Con la terza censura il ricorrente principale, allegando omessa applicazione della L.R. Sicilia n. 2 del 1962, art. 30 violazione dell’art. 2697 c.c. degli artt. 115, 113 e 416 c.p.c., assume che erroneamente la Corte del merito non ha ritenuto, nonostante i documenti prodotti – tra i quali il regolamento del consorzio – e il fatto notorio, di equiparare, ai fini dell’applicazione del denunciato art. 30, i dipendenti del Consorzio ai dipendenti regionali.

La censura non è fondata.

Valgono in proposito analoghe osservazione svolte in occasione dell’esame del secondo motivo del ricorso principale circa la non osservanza del principio di autosufficienza per quanto attiene i documenti posti a base della censura di cui la Corte del merito avrebbe omesso di tenerne conto.

Nè rientra tra i doveri del giudice la conoscenza di fonti non paraprimarie o subprimarie, quale è il regolamento di cui trattasi (Cfr. Cass. 29 agosto 2006, n. 18661 e Cass. 27 gennaio 2009, n. 1893).

D’altro canto il ricorso al notorio è proprio del potere discrezionale del giudice del merito, il cui giudizio, salvo il caso, non ricorrente nella specie, in cui non sia stata posta a base della decisione una inesatta nozione del notorio, è sottratto al sindacato di legittimità (Cass. 25 novembre 2004 n. 22271).

Con l’ultima censura del ricorso principale il C., deducendo violazione dell’art. 92 c.p.c., prospetta che, dovendo la domanda di esso ricorrente essere accolta, le spese di lite dovevano essere poste a carico della parte soccombente ex art. 91 c.p.c..

La censura rimane assorbita non risultando, alla stregua di quanto innanzi esposto, totalmente fondata la domanda del C..

Nè è ultroneo osservare che, comunque, la Corte del merito compensando le spese del giudizio di secondo grado non ha violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa.

Con l’unico motivo del ricorso incidentale il Consorzio, deducendo violazione della L.R. Sicilia n. 23 del 1998, della L. n. 127 del 1997, degli artt. 414-437 c.p.c. ed art. 2697 nonchè omessa motivazione, prospetta che la Corte del merito ha accolto il capo della domanda relativo alla spettanza del compenso per l’attività di responsabile del procedimento relativamente "ai lavori di completamento innesto a dislivello" sulla base di documenti che, con riferimento al GURS n. 52 del 1998, il primo giudice ha erroneamente autorizzato il deposito tardivo e, con riferimento alla Delib. CD n. 80 del 1996, la Corte di appello non ne ha rilevato la tardività della produzione.

Contesta, poi, il Consorzio che tali documenti dimostrino l’affidamento dell’incarico di cui trattasi.

Sostiene infine, il Consorzio che il Regolamento non poteva disporre l’applicazione retroattiva della figura professionale di responsabile del procedimento.

La censura è infondata.

Quanto alla questione della tardività della produzione dei documenti, osserva il Collegio che la critica concernente l’erronea autorizzazione del giudice di primo grado alla tardiva produzione del GURS, risolvendosi nella censura non della sentenza di appello, ma di quella di primo grado, è inammissibile.

Relativamente alla delibera che sarebbe stata erroneamente presa in considerazione della Corte di Appello in quanto tardivamente prodotta, rileva la Corte che non avendo il Consorzio riportato, in violazione del richiamato principio di autosufficienza, il contenuto di tale delibera nonchè di quella del GURS, non è permesso, in questa sede di legittimità, di valutare la decisività di tali atti, ossia se non considerando gli stessi il giudice di appello sarebbe pervenuto a diverse conclusioni.

Analoghe considerazioni valgono relativamente all’assunto del Consorzio secondo il quale i citati documenti non dimostrerebbero l’affidamento dell’incarico di cui trattasi.

Infine la questione relativa all’applicazione retroattiva della figura professionale di responsabile del procedimento, non essendo trattata nella sentenza impugnata e non avendo il Consorzio specificato di averla dedotta in appello, deve considerarsi come proposta per la prima volta in sede di legittimità e come tale va ritenuta inammissibile.

In conclusione i ricorsi vanno rigettati ed in considerazione della reciproca soccombenza le spese del giudizio di legittimità vanno compensate.

P.Q.M.

La Corte riuniti i ricorsi li rigetta e compensa le spese del giudizio di legittimità.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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