T.R.G.A. Trentino-Alto Adige Trento Sez. Unica, Sent., 27-10-2011, n. 260 Nullità e inesistenza dell’atto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il ricorrente è proprietario della p.f. 842, un terreno di mq. 4.280 situato nel Comune di Bolbeno in una zona urbanisticamente destinata a "aree sciabili e sistema pista impianti". Detto fondo, attualmente, è l’unico della vasta area sciistica di proprietà dell’Amministrazione comunale appartenente ad un privato.

2. Il Comune di Bolbeno, già titolare di concessione di linea funiviaria, con la deliberazione della Giunta provinciale n. 12954 del 20.11.1987 era stato autorizzato, ai sensi dell’art. 35 (concernente l’autorizzazione provinciale per realizzare una pista da sci) della l.p. 21.4.1987, n. 7, ad effettuare i lavori di apprestamento della pista. Il provvedimento, che aveva dichiarato il progetto di pubblica utilità ai sensi dell’art. 53 della stessa legge, aveva stabilito che i lavori dovessero essere completati entro il 30.11.1998.

L’Amministrazione comunale, preso atto della frammentata proprietà della superficie sulla quale insistono l’impianto e le piste, al fine di potenziare il sistema piste – impianti anche introducendo lo strumento dell’innevamento programmato, ha allora deciso non di avviare il procedimento espropriativo bensì di acquistare i terreni ricompresi nell’area sciistica. Con contratti di permuta stipulati con i vari proprietari negli anni dal 1997 al 2008 ha pertanto acquisito la quasi completa disponibilità dell’area.

3. Le negoziazioni con il sig. F., protrattesi per anni – e che da ultimo parevano convergere sulla permuta della nominata p.f. 842 con la p.f. 662 di proprietà dell’Amministrazione – non sono però giunte ad un accordo conclusivo e soddisfacente per entrambe le parti sul valore di stima del terreno di causa.

Nelle more delle trattative, l’Amministrazione comunale afferma di aver utilizzato il terreno "sulla base degli accordi intercorsi", e di aver regolarmente versato all’interessato il corrispettivo; peraltro, il sig. F. asserisce di non aver riscosso la "somma unilateralmente stabilita… al solo fine di riconoscere la sussistenza del diritto di credito".

Con lettera datata 3 giugno 2010 il ricorrente, ribadite le proprie posizioni sul valore del terreno di causa, a suo dire maggiore rispetto alla stima effettuata dal tecnico incaricato dal Comune, ha comunicato all’Amministrazione che avrebbe preservato il suo diritto di proprietà sull’area, soggetta ad utilizzo invernale, "impedendone qualsiasi futuro utilizzo".

4. Il Comune di Bolbeno ha pertanto chiesto alla Provincia l’attivazione della procedura per ottenere in via coattiva la titolarità della servitù di pista, ai sensi dell’art. 43 della citata l.p. n. 7 del 1987.

Il Servizio turismo della Provincia, sentiti gli interessati, ha quindi adottato la determinazione n. 74, del 13.9.2010, con la quale ha dichiarato la pubblica utilità della pista da sci in questione, dando anche atto che la concessione funiviaria andrà a scadenza il 29.4.2022.

Il Comune ha poi chiesto, ai sensi dell’art. 4 della l.p. 19.2.1993, n. 6, l’avvio della procedura espropriativa per l’asservimento dell’individuata particella. Il Servizio espropriazioni della Provincia di Trento ha di seguito rilasciato i seguenti provvedimenti:

– determinazione n. 1064, del 25.11.2010, che autorizza l’Amministrazione a dare esecuzione al piano degli asservimenti, da ultimare entro due anni;

– determinazione n. 1078, del 26.11.2010, che autorizza l’occupazione anticipata del terreno di proprietà del sig. F..

5. L’interessato ha impugnato detti provvedimenti con ricorso straordinario al Capo dello Stato, notificato in data 20.1.2011.

L’Amministrazione provinciale, con atto datato 15.3.2011 e notificato il successivo giorno 21, ha però chiesto la trasposizione del ricorso in sede giurisdizionale.

Il ricorrente si è costituito in giudizio, ai sensi dell’articolo 10 del D.P.R. 24.11.1971, n. 1199, con atto notificato in data 19 aprile 2011 e depositato presso la Segreteria del Tribunale il successivo giorno 20.

6. Il ricorso è affidato ai seguenti motivi di diritto:

I – "quanto alla determinazione del dirigente del Servizio turismo della Provincia n. 74 del 13.9.2010: nullità ai sensi dell’art. 21 septies della l. 7.8.1990, n. 241, e dell’art. 1421 c.c. per violazione e falsa applicazione degli artt. 43 e 53 della l.p. 21.4.1987, n. 7, in relazione all’art. 13 del D.P.R. 8.6.2001, n. 327; carenza di potere per difetto dei presupposti, travisamento dei fatti; eccesso di potere per carenza di motivazione e difetto di istruttoria". L’istante assume che il provvedimento sarebbe nullo perché l’Amministrazione comunale, scaduto il termine assegnato per l’esecuzione dei lavori, non sarebbe più legittimata a chiedere l’avvio del procedimento finalizzato all’asservimento coattivo dei terreni su cui corre la pista da sci; la dichiarazione di pubblica utilità impugnata si tradurrebbe, in tal senso, in una proroga del precedente vincolo, adottata dopo circa vent’anni e in assenza dei requisiti di legge;

II – "quanto alla deliberazione comunale n. 45 del 21.9.2010 e alle determinazioni n. 1064, del 25.11.2010, e n. 1078, del 26.11.2010, del Servizio espropriazioni della Provincia: violazione e falsa applicazione dell’art. 6 della l.p. 19.2.1983, n. 6, e dell’art. 13 del D.P.R. 8.6.2001, n. 327; eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di presupposti, carenza di istruttoria, contraddittorietà, difetto di motivazione, abuso di potere", in quanto la richiesta di asservimento coattivo presentata dal Comune contraddice la dichiarata volontà dello stesso Ente di acquistare la proprietà del ricorrente tramite permuta; il contenuto dell’imposta servitù, inoltre, da un lato svuoterebbe il titolo di proprietà e, per il versante pubblico, non assicurerebbe il godimento delle nuove costruzioni erette sui fondi limitrofi; da ultimo, si denuncia abuso di potere nei confronti del ricorrente che avrebbe accettato la permuta purché definita secondo "corretti valori di mercato".

7. Il Comune di Bolbeno si è costituito in giudizio presentando documentazione e una memoria con la quale ha chiesto la reiezione del ricorso.

8. Anche l’Amministrazione provinciale si è costituita, eccependo in rito e contestato la fondatezza del ricorso per il quale ha invocato la reiezione.

9. In prossimità dell’udienza di discussione le parti hanno presentato memorie illustrative delle rispettive posizioni.

10. Alla pubblica udienza del 13 ottobre 2011, sentiti i procuratori presenti che hanno ribadito le rispettive posizioni, il Collegio ha trattenuto la causa per la decisione.

DIRITTO

1a. Il ricorso, in base a quanto con esso prospettato, è infondato nel merito; ciò consente al Collegio di non esaminare le eccezioni in rito presentate dalla difesa dell’Amministrazione provinciale.

1b. Pregiudizialmente occorre però definire quanto è stato obiettato dalla difesa del ricorrente che, nella memoria depositata in data 30 settembre 2011, ha eccepito la tardività dei documenti e delle memorie avversarie – che per il loro deposito hanno tenuto conto del termine dimidiato di cui al comma 2 dell’art. 119 c.p.a. – sul rilievo che gli atti impugnati non rientrerebbero nella fattispecie prevista dalla lett. f) del comma 1 dello stesso art. 119. L’istante, in altri termini, ritiene che quella contestata non consisterebbe in una procedura espropriativa, sia perché una pista da sci non sarebbe un’opera pubblica bensì "una mera opera di carattere sportivo – commerciale", sia perché la pista è già stata realizzata e, pertanto, non vi sarebbe la necessità di applicare la speciale disciplina accelerata di cui al già citato art. 119 c.p.a.

L’eccezione è espressione di mero tuziorismo difensivo ed è palesemente infondata, essendo stati oggetto di impugnazione sia la dichiarazione del Servizio turismo di pubblica utilità della pista da sci che l’autorizzazione del Servizio espropriazioni ad eseguire la procedura espropriativa per l’ asservimento del fondo del ricorrente. La lettura da dare a questi atti è questione di merito, da risolvere successivamente, ma non si traduce affatto nella possibilità di non applicare all’impugnazione dei suddetti provvedimenti il rito abbreviato previsto per le procedure di espropriazione dal già menzionato art. 119, comma 1, lett. f), del c.p.a.

2a. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la nullità (e comunque chiede l’annullamento) della determinazione del Servizio turismo della Provincia di Trento n. 74, del 13.9.2010, che, sostanzialmente, a suo dire, sarebbe viziata da assoluta carenza di potere perché, in assenza dei requisiti di legge, opererebbe una "proroga" della dichiarazione di pubblica utilità della pista da sci emessa nel 1987 con conseguente illegittimo riavvio della procedura espropriativa.

Il motivo non è fondato.

2b. La deduzione di nullità del citato provvedimento ai sensi dell’art. 21 septies della l. 7.8.1990, n. 241, è infondata in diritto, atteso che consolidata giurisprudenza amministrativa ha da tempo rilevato che la nullità del provvedimento amministrativo per difetto assoluto di attribuzione, come prevista dall’invocato articolo, "va circoscritta ai soli casi di incompetenza assoluta o di cd. carenza di potere in astratto, ossia al caso in cui manchi del tutto una norma che attribuisca all’amministrazione il potere in fatto esercitato": ipotesi certamente non ricorrente nel caso di specie, atteso che il potere di autorizzare una pista da sci e di dichiarare la pubblica utilità della stessa è attribuito alla Giunta provinciale dagli artt. 34, 35 e 53 della l.p. 21.4.1987, n. 7.

All’opposto, non è invocabile la nullità del provvedimento per carenza di potere nei casi "di cd. carenza di potere in concreto, ossia di potere, pur astrattamente sussistente, esercitato in assenza dei presupposti di legge" (cfr., da ultimo, C.d.S., sez. IV, 28.1.2011, n. 676).

Da ciò consegue che la dedotta circostanza per cui la dichiarazione di pubblica utilità impugnata consisterebbe in una proroga di quella del 1987, e quindi del procedimento espropriativo in assenza dei requisiti di legge, non rende nulla la stessa ma solamente annullabile.

3a. Ciò chiarito, il Collegio osserva, in punto di fatto, che nel 1987, a seguito dell’adozione del provvedimento provinciale n. 12954 che aveva autorizzato il Comune di Bolbeno ad apprestare la pista da sci, dichiarato l’opera di pubblica utilità e stabilito la data del 30.11.1998 per completare i lavori, non ha avuto inizio la procedura di esproprio con la formalizzazione della domanda di promozione della stessa e con la successiva emanazione del decreto di esproprio contenente il termine per completare la procedura di espropriazione e/o di asservimento.

In punto di diritto il Collegio ricorda che in materia di espropriazione per pubblica utilità la Provincia di Trento, ai sensi dell’articolo 8, primo comma, n. 22, dello Statuto speciale di autonomia, è titolare di competenza legislativa esclusiva, dovendo rispettare solo la Costituzione ed i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali, come previsto dal comma 1 dell’art. 117 della Costituzione, nel testo sostituito dalla legge costituzionale 18.10.2001, n. 3, che ha previsto limiti identici sia per l’attività legislativa esclusiva dello Stato che per quella delle regioni. L’art. 10 della stessa legge costituzionale n. 3 del 2001 ha poi previsto la cosiddetta clausola di applicazione delle "forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite", che integra l’ordinamento statutario con i contenuti più favorevoli e che impone dunque la rilettura dei limiti della competenza primaria (regionale e provinciale) rispetto a quanto già definito dallo Statuto speciale di autonomia. Detta competenza è stata esercitata adottando dapprima la legge provinciale 30.12.1972, n. 31, e quindi la legge provinciale 19.2.1993, n. 6; il che, dunque, esclude l’applicabilità, nel caso di specie, dell’invocata normativa statale.

La disciplina provinciale, per quanto qui interessa, prevede all’articolo 6 che per potersi procedere all’espropriazione è necessario che il Presidente della Giunta provinciale (ora il dirigente della competente struttura amministrativa) emetta un apposito decreto che autorizzi l’esecuzione dell’espropriazione, previa accertamento della regolarità della procedura e della sussistenza dei presupposti di legge. Il procedimento finalizzato all’emanazione di detto decreto è avviato, ai sensi dell’articolo 4, comma 1, con apposita domanda del soggetto interessato all’espropriazione, che deve essere depositata nella segreteria del Comune nel cui territorio sono compresi gli immobili da espropriare e corredata dai progetti esecutivi o definitivi dell’opera, secondo le indicate modalità. Del deposito di tale documentazione, il Sindaco è tenuto a dare comunicazione al pubblico (mediante avviso da affiggere nell’albo comunale) e ai proprietari affinché gli interessati possano far pervenire, nel termine stabilito, osservazioni e richieste, che il Comune deve poi trasmettere al Servizio provinciale per le espropriazioni, per consentire eventuali modifiche e riconsiderazioni del progetto da parte del soggetto che ha avanzato la domanda di espropriazione. Infine, il decreto che, ai sensi del comma 1 dell’articolo 6 autorizza l’esecuzione dell’espropriazione, deve contenere, oltre alla menzione della legge in forza del quale discende la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza e indifferibilità delle opere e degli interventi (comma 2), anche l’indicazione dei termini entro cui devono essere iniziati e compiuti i lavori e le espropriazioni (comma 3). Infine, è stabilito che detti termini possano essere prorogati per casi di forza maggiore.

3b. Chiarito il quadro normativo di riferimento, le censure come formulate dal ricorrente non possono trovare accoglimento.

Dalla riportata disciplina provinciale si ricava, innanzitutto, che l’avvio della procedura espropriativa non consegue automaticamente alla sola dichiarazione di pubblica utilità, urgenza e indifferibilità effetto dell’approvazione del progetto dei lavori o dell’opera pubblica, ma postula necessariamente l’emanazione da parte del dirigente della competente struttura provinciale di un apposito decreto che autorizzi l’esecuzione delle espropriazioni, previo accertamento della regolarità della procedura e della sussistenza di tutti i presupposti di legge.

Come pure osservato dal Consiglio di Stato "solo per effetto di tale decreto la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dei lavori, che, com’è noto, imprime ai beni privati quella particolare qualità o utilità pubblica che li rendono assoggettabili alla procedura espropriativa, può spiegare i suoi effetti, consentendo il legittimo esercizio del potere ablatorio da parte della Pubblica amministrazione, con la conseguenza che solo per effetto di tale decreto sorge la necessità di limitare il potere dell’Amministrazione, garantendo la proprietà da eventuali abusi di quest’ultima, con l’apposizione dei termini per l’inizio ed il compimento dei lavori e delle espropriazioni".

Nella stessa pronuncia è stato inoltre osservato che "la esaminata normativa provinciale…………, prevedendo che il concreto procedimento ablatorio sia supportato da un apposito controllo sulla regolarità dell’intero procedimento eseguito (di cui fa parte anche il provvedimento di approvazione del progetto dei lavori) e sulla sussistenza di tutti i presupposti di legge, sfociante nel decreto che autorizza l’esecuzione dell’espropriazione, garantisce in maniera molto più completa e puntuale la proprietà privata dall’attività della pubblica amministrazione di quanto non risulti dalla sola indicazione dei termini di cui all’articolo 13 della disciplina nazionale" (cfr., sentenza sez. IV, 4.2.2004, n. 393).

Questo Tribunale, a sua volta, ha ulteriormente precisato che se la dichiarazione di pubblica utilità è recata da un anteriore deliberazione di approvazione del progetto di opera pubblica, anziché essere contenuta nel provvedimento che autorizza l’esecuzione delle espropriazioni (come prevede il comma 2 del citato art. 6), "l’avvio del procedimento di esproprio si configura come bifasico" perché, in tal caso, si compone sia del provvedimento di approvazione del progetto dichiarativo della pubblica utilità (che può contenere anche il termine per l’esecuzione dei lavori) sia del provvedimento dirigenziale di autorizzazione all’esecuzione delle espropriazioni (che, se non altrimenti disposto, riporta il termine per completare i lavori e deve prevedere il termine ultimo per completare la procedura espropriativa) (cfr., sentenze 13.3.2008, n. 64 e 1.3.2002, n. 85).

3c. Tornando al caso in esame, emerge dunque che:

– il solo provvedimento provinciale del 1987 che aveva autorizzato il Comune ad apprestare la pista da sci contestualmente dichiarando la pubblica utilità di essa era necessario ma non sufficiente per integrare l’inizio della procedura espropriativa;

– di conseguenza, in assenza del decreto che autorizzava le espropriazioni e che stabiliva il termine conclusivo per l’esecuzione delle stesse, il procedimento espropriativo non è stato avviato;

– non è oggi, pertanto, invocabile alcuna, asseritamente illegittima, proroga di un procedimento che, in realtà, non ha mai avuto inizio.

Il procedimento espropriativo per l’asservimento della realità del ricorrente, invero, ha avuto un regolare inizio solo nell’anno 2010, con la nuova dichiarazione di pubblica utilità della pista da sci, con la successiva deliberazione della Giunta comunale di Bolbeno n. 45 del 21.9.2010 che ha chiesto la promozione della procedura di asservimento coattivo e con la determinazione provinciale n. 1064 del 25.11.2010 che ha, appunto, autorizzato l’asservimento e stabilito il termine per l’ultimazione della procedura espropriativa.

Risulta di conseguenza del tutto infondato il richiamo all’istituto della proroga previsto art. 13, comma 5, del D.P.R. n. 327 del 2001 (atteso, anche, che il riferimento legislativo corretto è il comma 3 dell’art. 6 della l.p. n. 6 del 1993), posto che non può esservi proroga di un procedimento il cui iter di avvio non è mai stato completato.

La determinazione n. 74 del 2010 del Servizio turismo della Provincia, in altri termini, non ha prorogato il termine per l’esproprio, come erroneamente ritiene il ricorrente, perché quel termine non era mai stato fissato. Né detta determinazione ha prorogato il termine per l’esecuzione dei lavori per l’apprestamento della pista dato che esso era scaduto il 30.11.1998 e che, successivamente, non è stata realizzata alcuna altra opera. La determinazione n. 74, all’opposto, si è limitata a (ri)dichiarare la pubblica utilità della pista da sci e rappresenta il primo atto della procedura espropriativa, poi conclusasi con le impugnate determinazioni provinciali n. 1064 e 1078.

4. Da altro punto di vista, si deve poi osservare che il Comune di Bolbeno ha la titolarità per chiedere l’asservimento dei terreni, tramite procedura ablativa, su cui corre la pista da sci al servizio dell’impianto funiviario correlato, di cui alla concessione rilasciata dalla Provincia allo stesso Comune il 18.1.1977, modificata con la deliberazione della Giunta provinciale n. 11120 del 16.10.1987, e da ultimo rinnovata fino all’anno 2022 con la determinazione del Dirigente il Servizio impianti a fune n. 65 del 29.11.2006.

In tal senso dispone la già citata legge provinciale che disciplina le linee funiviarie e le pista da sci e, segnatamente, agli articoli:

– 33, ove è previsto che il soggetto che ha chiesto la concessione funiviaria, o il soggetto già titolare di concessione, possa ottenere in via coattiva la titolarità dei diritti reali di servitù sulle aree su cui esercita la concessione dell’impianto;

– 43, ove è stato stabilito che il titolare di un’autorizzazione di pista possa ottenere in via coattiva la titolarità della servitù di pista;

– 46, commi 2 e 3, che testualmente recitano: "qualora la pista sia servita da un impianto di risalita la servitù ha durata corrispondente a quella prevista dal terzo comma dell’articolo 33 (durata della concessione più un anno); in caso di rinnovo della concessione della linea funiviaria, il relativo provvedimento costituisce nuova dichiarazione di pubblica utilità anche della pista o delle piste servite dell’impianto stesso";

– 53, ove è previsto che i provvedimenti di concessione di linea funiviaria e di autorizzazione di pista possano anche dichiarare la pubblica utilità delle relative opere, ma che per l’espropriazione e per la costituzione di diritti reali si applichi la procedura di cui alla legge provinciale sugli espropri.

Correttamente, dunque, nel puntuale rispetto della disciplina sopra riportata, solo con la determinazione dirigenziale n. 1064 del 25 novembre 2010, contenente l’autorizzazione all’asservimento coattivo del terreno di cui si discute, è stato indicato il termine per il compimento delle espropriazioni (pari a due anni). A nulla rileva dunque la circostanza che con la precedente determinazione n. 12954 del 1987 fosse già stato approvato il progetto dei lavori per l’apprestamento della pista e che fosse già stata dichiarata la pubblica utilità della stessa perché, come già visto:

– per un verso, quell’unico provvedimento, valido per un solo anno, non ha dato avvio alla procedura di esproprio;

– la dichiarazione di pubblica utilità di una pista da sci può essere rinnovata (finanche, al momento del rinnovo della concessione funiviaria il rinnovo di essa opera ex lege);

– nel caso di specie, la dichiarazione di pubblica utilità della pista da sci che corre sul terreno dell’istante è stata rinnovata con la vista determinazione n. 74 del 2010.

5. Da ultimo, si deve osservare che le affermazioni del ricorrente circa l’uso che dal 1987 il Comune avrebbe comunque fatto del suo fondo, alle quali peraltro l’Amministrazione controbatte asserendo l’esistenza di "accordi intercorsi", non rilevano nel presente giudizio.

In proposito, occorre sottolineare che l’autorizzazione di pista da sci di cui alla deliberazione n. 12954 del 1987 era cessata il 30.11.1988 e che, di conseguenza, i fondi da essa interessati avrebbero dovuto rientrare nella disponibilità dei proprietari, come stabilito dal comma 4 dell’art. 46 della l.p. n. 7 del 1987.

Le deduzioni relative all’uso che il Comune avrebbe comunque fatto del terreno de quo attengono dunque a vicende anteriori ed estranee a quella di causa, le quali avrebbero ben potuto essere oggetto di rituale e tempestiva contestazione avanti al Giudice ordinario con le azioni a difesa della proprietà.

6. Con altra parte dello stesso mezzo l’istante afferma di non aver potuto formulare osservazioni nel procedimento di concessione della dichiarazione di pubblica utilità della pista di cui alla determinazione n. 74 del 2010.

La censura è infondata in fatto.

Dagli atti versati in giudizio emerge che, a seguito della richiesta del Comune formulata in data 7.7.2010, il Servizio turismo della Provincia ha pubblicato all’albo comunale e inviato ai proprietari dei terreni interessati la comunicazione di avvio del procedimento, altresì informando della possibilità di presentare osservazioni entro trenta giorni. Opportunità che l’istante ha coltivato inviando agli enti interessati una nota datata 28.7.2010 e sottoscritta dal suo procuratore. A detta nota ha dato riscontro il 3.9.2010 il Comune di Bolbeno (cfr. documenti nn. 30, 31, 32 e 33 in atti dell’Amministrazione comunale). Del contraddittorio procedimentale è stato dato atto anche nelle motivazioni dell’impugnata determinazione provinciale n. 74 del 2010.

7a. Con il secondo mezzo il ricorrente denuncia l’eccesso e l’abuso di potere in cui sarebbero incorsi gli Enti intimati i quali, invece di coltivare la possibilità di acquisire il terreno di causa mediante un contratto di permuta, hanno scelto la procedura di asservimento coattivo, che sarebbe più svantaggiosa per il proprietario dell’area.

7b. A proposito della questione inerente i diritti e gli obblighi scaturenti dal dialogo endoprocedimentale, il Collegio osserva che la scelta del mezzo pubblicistico o privatistico, per conseguire la disponibilità delle aree occorrenti per l’esecuzione di opere pubbliche è rimessa alla valutazione discrezionale dell’Amministrazione. Il ricorso allo strumento autoritativo dell’espropriazione per pubblica utilità costituisce l’ipotesi normale e spesso, per ovvie ragioni, l’unica percorribile: essa non ha bisogno di particolare motivazione, mentre a dover essere motivata è semmai la scelta, normalmente più onerosa per la P. A. del mezzo privatistico, che deve presentare evidenti requisiti di convenienza e opportunità (cfr., C.d.S., sez. IV, 23.11.1988, n. 886 e T.R.G.A. Trento, 7.7.2009, n. 202). In tale quadro l’art. 28 della l.p. 30.11.1992, n. 23, prevede che l’Amministrazione, in accoglimento di osservazioni e proposte, possa concludere accordi con gli interessati "al fine di determinare il contenuto discrezionale del provvedimento finale ovvero in sostituzione di questo", ma, "in ogni caso, nel perseguimento del pubblico interesse".

Altrettanto pacifico in giurisprudenza è che la presentazione di una proposta di accordo, da un lato, "non fa sorgere in capo al proponente alcuna situazione giuridicamente tutelata" e, da altro lato, poiché essa rappresenta pur sempre una manifestazione delle facoltà partecipative riconosciute al privato, comporta "l’obbligo dell’Amministrazione procedente di prendere in esame la proposta, allo stesso modo di ogni altro possibile contributo reso dall’interessato nella forma della memoria scritta". Da ciò "discende l’illegittimità dell’atto finale non preceduto da alcuna valutazione della proposta proveniente dal privato: il che non equivale, evidentemente, ad obbligo di accettazione, bensì ad onere di motivazione circa le ragioni che rendono la proposta inaccettabile, o comunque rendono preferibile nello specifico l’adozione di atti unilaterali" (cfr., T.A.R. Liguria, sez. I, 25.6.2007, n. 1233). Alla proposta presentata dal privato non consegue dunque, in via automatica, l’obbligo di dar corso alla stipula dell’accordo, ma la sola apertura della fase delle trattative precontrattuali, il cui fallimento, pertanto, non preclude all’Amministrazione il successivo esercizio di poteri autoritativi (in termini, cfr. C.d.S., sez. IV, 10.12.2007, n. 6344).

La Pubblica amministrazione, in altri termini, anche se accede a trattative precontrattuali, non perde il potere autoritativo nella gestione dell’interesse pubblico tenuto conto della doverosità della funzione pubblica (cfr., T.A.R. Piemonte, sez. II, 15.4.2011, n. 380); nel qual caso, deve però motivare circa le ragioni per le quali non ha ritenuto di accedere alla proposta privata.

7c. Nel caso dedotto nel presente giudizio, sia il ricorrente che l’Amministrazione comunale hanno dato conto e versato in giudizio documentazione che dimostra come le due parti abbiano instaurato una lunga trattativa per addivenire ad una permuta del bene di causa con un terreno di proprietà del Comune e con un eventuale conguaglio in denaro.

L’Amministrazione ha affermato che la pista da sci interessa la p.f. 842 da tempo immemorabile, ben prima che ne divenisse proprietario il ricorrente; che il Comune ha concluso contratti di permuta con tutti i proprietari dei terreni inclusi nella zona sciistica sulla base di perizie di stima redatte da un unico tecnico, l’ing. Valter Paoli; che il Consiglio comunale ha adottato tre deliberazioni (n. 34 del 28.4.1992; n. 11 del 12.4.1995; n. 6 del 30.3.2010 – cfr. documenti nn. 19, 22 e 26 in atti del Comune) che autorizzavano l’operazione di permuta con il sig. F. sulla base della perizia di stima predisposta dall’ing. Paoli; che, tuttavia, l’interessato ha sempre contestato le stime allegando che il suo terreno presentava un valore maggiore; che il ricorrente avrebbe voluto concludere la permuta alle proprie condizioni nel momento in cui il Comune aveva realizzato gli investimenti.

Dalla documentazione versata in giudizio emerge poi che, da ultimo, la perizia di stima asseverata, predisposta dal tecnico incaricato dal Comune secondo criteri dichiarati omogenei con quelli utilizzati nelle altre operazioni di permuta, ha attribuito alla particella di causa il valore di Euro 28.637,50 e alla p.f. 662, di proprietà del Comune e oggetto di permuta, il valore di Euro 40.797,50, con conguaglio a favore del Comune (cfr., doc. n. 25). A tale documento, il sig. F. ha opposto una perizia redatta dal proprio tecnico, geom. Mauro Buffi, che alla p.f. 842 ha attribuito il valore di Euro 44.940,00 e alla p.f. 662 il valore di Euro 41.030,00 (cfr., doc. n. 27).

Visto che i due tecnici concordavano solo sulla stima del valore del terreno comunale (le due perizie divergono per poco più di Euro 200), l’Amministrazione ha chiesto al proprio esperto di verificare quanto era stato quotato il terreno del sig. F. stante una differenza tra le due perizie di oltre Euro 16.000,00. L’ing. Paoli, ribadito di aver utilizzato i criteri delle precedenti stime attualizzandoli al momento, ha specificato che il geom. Buffi aveva valutato la particella di causa come confinante con aree edificabili e che non riteneva corretta tale metodologia: infatti, detto terreno era completamente circondato da altre aree sciabili e solo l’intera area sciistica è prospiciente ad una zona edificabile, peraltro da essa separata dalla viabilità comunale (cfr., doc. n. 28 in atti del Comune).

Il Sindaco, con nota datata 24 giugno 2010, ha allora informato il ricorrente di quanto emerso dal confronto fra le due perizie di stima, di non convenire con la metodologia di stima utilizzata dal perito di parte, geom. Buffi e della conseguente impossibilità per l’Amministrazione di concludere l’operazione di permuta applicando i criteri da lui proposti, oltretutto non omogenei con quelli utilizzati nelle operazioni simili che avevano interessato i terreni circostanti a quello del sig. F. (cfr., doc. n. 29 in atti del Comune).

7d. Medio tempore, con nota del 3 giugno 2010 sottoscritta dal proprio procuratore, il ricorrente ha informato l’Amministrazione che avrebbe dato "corso ad un’azione volta a preservare il diritto pieno di proprietà… impedendone qualsiasi ulteriore utilizzo" (cfr., doc. n. 28).

Da ciò, a detta dell’Amministrazione, l’interruzione delle trattative, e la conseguente necessità della scelta pubblica di procedere all’asservimento coattivo dell’area per consentire il regolare avvio della stagione turistica invernale.

7e. Alla luce dei suesposti principi e dei riportati fatti, emerge che la mancata accettazione dell’ultima proposta di permuta avanzata dal sig. F. è stata motivata dall’Amministrazione con la nota del 24.6.2010, che dà adeguatamente conto, anche con argomentazioni tecniche, delle ragioni in base alle quali non è stato possibile concludere l’accordo come proposto dal ricorrente.

D’altro lato, è poi incontroverso che il Comune abbia attivato la procedura di asservimento coattivo a seguito della nota del ricorrente che comunicava che non avrebbe più consentito l’uso invernale dell’area su cui corre la pista da sci. Al chiaro tenore e al puntuale disposto della nota del procuratore dell’istante del 3 giugno 2010 deriva che, se in punto di fatto è corretta l’affermazione del deducente volta ad evidenziare di "non aver mai cercato di limitare l’attività di interesse pubblico che sul proprio fondo la Pro Loco esercitava..", è altrettanto certo che l’interessato ha formalmente comunicato che avrebbe pienamente esercitato il suo diritto di proprietà sull’area di causa, peraltro nella sua disponibilità, come più sopra visto, dal 1988.

L’intesa tra due soggetti si raggiunge con l’incontro delle due diverse volontà ed anche degli opposti interessi; se questi non convergono – e delle attinenti motivazioni il Comune di Bolbeno ha dato puntualmente conto – l’ordinamento riconosce all’Ente pubblico modalità alternative per raggiungere il pubblico interesse. Pertanto, ove il modello contrattuale si dimostri impraticabile, l’Amministrazione non può che avvalersi degli altri strumenti che l’ordinamento gli riconosce per realizzare i fini di interesse collettivo.

In conclusione, appare evidente che l’operato dal Comune è immune dai dedotti:

– vizio di contraddittorietà con la precedente volontà di definire in via transattiva la datata questione, perché la scelta di procedere all’asservimento dell’area è stata determinata dall’accertata impossibilità di concludere un accordo;

– vizio di eccesso di potere, posto che la nota del Sindaco del 24 giugno 2010 assolve appropriatamente all’onere motivazionale circa le ragioni per le quali l’ultima proposta del sig. F. non poteva essere accettata.

Contrariamente a quanto asserisce il ricorrente, non è poi nemmeno ravvisabile alcuna forma di abuso di potere in quanto la servitù di pista è prevista dalla legge provinciale quale strumento ordinario per l’asservimento dei terreni su cui corrono le piste da sci. Con la scelta di ricorrere all’asservimento, in altri termini, l’Amministrazione non ha conseguito alcun vantaggio ulteriore rispetto a quello conseguibile dal diritto presidiato dall’art. 43 della l.p. n. 7 del 1987, né ha determinato nei confronti dell’istante un danno maggiore rispetto a quello strettamente necessario per la realizzazione dell’interesse pubblico.

8. Da altro profilo, il deducente afferma che l’asservimento svuoterebbe il suo diritto di proprietà.

Anche questo mezzo è infondato.

Trattasi, all’evidenza, di una servitù discontinua: il terreno è sottratto dalla disponibilità del proprietario nel periodo di innevamento onde garantire il passaggio degli sciatori e la manutenzione del manto nevoso; gli è invece restituito alla fine del periodo invernale previa pulizia dell’area ed eventuale sistemazione della copertura vegetale. Sul punto, i diritti e gli obblighi delle parti sono dettagliatamente codificati nell’art. 43 della sopra citata l.p. n. 7 del 1987.

È poi di comune sapere l’evidenza che i terreni coltivati a prato sono regolarmente fruibili – sia per l’utilizzo agroforaggero che per il pascolo – dal periodo del disgelo fino a quello del successivo innevamento e che, pertanto, il carico della servitù di causa incide solo nella stagione invernale, quando i fondi coltivati a prato (come lo stesso ricorrente definisce la sua proprietà) non sono comunque utilizzati.

9a. Da ultimo, il ricorrente lamenta che sul fondo limitrofo sarebbero state realizzate dall’Amministrazione comunale costruzioni che, da un lato violerebbero le distanze prescritte dalle norme di attuazione del piano regolatore mentre, sotto diverso profilo, impedirebbero il passaggio per l’accesso alla sua p.f. 842.

Le censure sono inammissibili perché i relativi titoli edilizi non sono stati oggetto di impugnazione. Il sig. F., peraltro, ne conosceva l’esistenza prima dell’introduzione del presente giudizio: l’Amministrazione ha infatti dimostrato che, a seguito di istanza di accesso, il ricorrente ha estratto copia delle relative pratiche edilizie il giorno 4.10.2010 (cfr. documento n. 51 in atti del Comune).

Per questo motivo deve essere disattesa l’istanza istruttoria presentata con l’atto introduttivo del giudizio e volta all’acquisizione dei predetti titoli edilizi.

9b. Sulle contestazioni contenute nella memoria depositata il 28 luglio 2011, riguardanti il comportamento del Comune che avrebbe mancato di osservare la disciplina giuridica delle servitù prediali aggravando l’uso del fondo servente oltre il periodo invernale, è insussistente la giurisdizione del giudice amministrativo spettando essa al giudice ordinario.

9c. Le ultime osservazioni del ricorrente sono dirette ad evidenziare che l’illegittima presenza dell’immobile costruito in adiacenza al terreno di causa – atteso che l’interessato potrebbe agire in via giudiziale al fine di vedere tutelate le distanze e la servitù di passo – determinerebbe la necessità per il Comune di divenire proprietario del terreno di causa in quanto la costituzione di una servitù non sarebbe sufficiente a tutelare l’interesse pubblico.

Anche dette affermazioni apodittiche sono inammissibili poiché consistono in mere illazioni, soggettive e indimostrate, e che nemmeno si traducono, secondo il criterio dell’id quod plerumque accidit, in elementi idonei a divenire fonti di presunzione.

10. In conclusione, sulla base delle argomentazione svolte, il ricorso deve essere respinto.

Le spese e gli onorari del giudizio possono essere compensati tra le parti, in ragione della complessità della questione giuridica oggetto di causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento (Sezione Unica)

definitivamente pronunciando sul ricorso n. 85 del 2011, lo respinge.

Compensa le spese del giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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