Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 24-02-2012, n. 2873

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

P.S. stipulava nell’aprile 1999 con la Banca del Salento s.p.a., divenuta poi Banca 121 s.p.a. ed in un secondo momento assorbita dal Monte dei Paschi di Siena s.p.a., un contratto di promotore finanziario. Dopo alterne vicende, il 19.7.2000 il P. rassegnava le proprie dimissioni, imputandone la causa al comportamento della Banca stessa. Si rivolgeva, quindi, al Giudice del Lavoro di Milano chiedendo il pagamento di differenze di provvigioni, di premi raggiunti ma mai corrisposti nonchè il pagamento dell’indennità ex art. 1751 c.c., per avere procurato nuova clientela alla banca, di cui la stessa godeva ancora sostanziali vantaggi da tale acquisizione. L’adito Tribunale accoglieva parte delle domande del ricorrente ed, in particolare, accoglieva integralmente la richiesta del pagamento dell’indennità ex art. 1751 c.c. nella misura di Euro 223.405,60, pari a tre quarti dell’annualità prevista dalla norma come limite massimo. Detta quota veniva calcolata tenendo conto, da una parte, dell’esigua durata del rapporto (solo 18 mesi) e, dall’altra, del valore di portafoglio lasciato dal ricorrente al momento della cessazione del rapporto.

Presentava appello la Banca assumendo, tra l’altro, con riferimento alla sola indennità ex art. 1751 c.c., che in atti non vi era la prova del fatto che la Banca ancora si avvantaggiasse della clientela acquisita dal ricorrente alla Banca stessa. Il P. si costituiva contestando il gravame.

Con sentenza del 21 novembre 2007-8 gennaio 2008, la Corte d’appello di Milano, ritenuta la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento dell’indennità di cui all’art. 1751 c.c. e la correttezza della determinazione operata dal primo Giudice, rigettava l’impugnazione.

Per la cassazione di tale pronuncia, ricorre la Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. con un unico motivo, cui resiste il P. con controricorso, proponendo, a sua volta, ricorso incidentale, affidato a due motivi e depositando anche memoria ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

Va preliminarmente disposta la riunione del ricorso principale e di quello incidentale trattandosi di impugnazioni avverso la medesima sentenza ( art. 335 c.p.c.).

Con il primo motivo di ricorso la Banca Monte dei Paschi di Siena, denunciando omessa motivazione su un fatto decisivo della controversia, ( art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), lamenta che il Giudice d’appello abbia omesso ogni decisione ed ogni motivazione in ordine alla permanenza degli effetti positivi per il preponente dell’acquisizione di nuova clientela da parte dell’agente.

L’omissione – prosegue la Banca- sarebbe rilevante in quanto, ai fini dell’applicazione della norma di cui all’art 1751 c.c., occorrono entrambe le condizioni previste dalla norma e, così, sia l’acquisizione della clientela (o lo sviluppo degli affari) sia che il proponente riceva ancora sostanziali vantaggi da tali affari;

gravando la prova dell’esistenza di tali condizioni a carico di chi vuoi far valere il diritto e, pertanto, dell’agente.

Nella fattispecie il fatto controverso – aggiunge la ricorrente – è rappresentato dalla esistenza oppure no di tale presupposto, esistenza da sempre contestata, avendo essa dichiarato nel ricorso in appello che non vi era prova in atti di tanto e che su tale circostanza il Giudice di primo grado aveva omesso di motivare; ciò nonostante il Giudice d’appello, su questo particolare fatto, nulla aveva affermato nella impugnata sentenza.

Il motivo è infondato perchè la sentenza impugnata è congruamente e sufficientemente motivata anche sul punto oggetto del gravame. La Corte d’appello di Milano ha, infatti, affrontato esplicitamente le critiche mosse dalla Banca in argomento con il proprio atto di appello, specificando il perchè "le critiche dell’appellante alla valutazione del primo Giudice che si era attenuto alla direttiva comunitaria" fossero destinate a cadere.

Il Giudice d’appello, infatti, ha richiamato sia la sentenza della Corte di giustizia Europea del 23 marzo 2006 (causa C-465/4) "secondo cui gli Stati membri godono del potere discrezionale di fissare metodi di calcolo anche diversi da quelli previsti dalla direttiva, di carattere anche sintetico in modo da valorizzare il criterio di equità che tenga conto delle circostanze del caso concreto e in particolare delle provvigioni perse dall’agente", sia la giurisprudenza di questa Corte (con richiamo in particolare alla sentenza 953 8/2007) secondo cui il calcolo della indennità in questione non va operato in modo analitico bensì sintetico e secondo equità.

Si legge, infatti, nella sentenza richiamata dai giudici di merito che " l’art. 1751 c.c. ha inteso condizionare l’attribuzione dell’indennità non soltanto alla permanenza, per il preponente, di sostanziali vantaggi derivanti dall’attività di promozione degli affari compiuta dall’agente, ma anche alla rispondenza ad equità dell’attribuzione, in considerazione delle circostanze del caso concreto ed in particolare delle provvigioni da lui perse".

Così esattamente individuati i criteri da adottare per una adeguata valutazione dell’indennità, la Corte di merito ha poi riconosciuto che essi sono stati proprio quelli correttamente utilizzati, nel caso di specie, dal Tribunale, per avere calcolato l’importo complessivo delle provvigioni percepite e, comunque, dovute all’agente nel corso del rapporto, tenendo conto del numero e dell’importanza dei clienti procurati (e come è indiscusso rimasti alla Banca al momento del recesso), riducendo poi l’ammontare della indennità massima così dovuta in forza della limitata durata del rapporto.

Non vi è allora dubbio che la sentenza sia anche sufficientemente motivata sul punto oggetto di gravame e che la censura si risolve, in realtà, nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove offerto dal Giudice di merito rispetto a quello preteso, ai sensi dell’art. 116 c.p.c., comma 1. Infondato è anche il ricorso incidentale.

Con il primo motivo il P., denunciando nullità della sentenza ( art. 360 c.p.c., n. 4 con riferimento alla violazione dell’art. 112 c.p.c.), lamenta che il Giudice d’appello non abbia esaminato nè motivato sulla domanda risarcitoria connessa agli ostacoli frapposti dal preponente all’acquisizione di nuovi affari procurati dall’agente durante lo svolgimento del rapporto, dando riscontro ad una domanda basata su una diversa causa petendi e con altro petitum ed avente ad oggetto il risarcimento del danno "da perdita del portafoglio".

Con il secondo motivo, proposto in via subordinata, nella ipotesi cioè che si ritenesse l’espressione "perdita di portafoglio" sinonimo di "mancata acquisizione di nuova clientela o di nuovi affari", il ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazionedegli artt. 1375, 1749 c.c. e art. 1751 c.c., commi 1, 2, 3, lamentando che il Giudice d’appello abbia ritenuto che l’indennità ex art. 1571 c.c., liquidata con i criteri dei commi 1, 2 e 3, assorba il risarcimento, a favore dell’agente, di altri danni risarcibili, fondati su un fatto giuridico diverso dalla risoluzione del rapporto di agenzia e, precisamente, sulla violazione, da parte del preponente, delle regole di correttezza e buona fede ex artt. 1375 e 1749 c.c., che questi è tenuto ad osservare durante lo svolgimento del rapporto.

Il ricorso, pur valutato nella sua duplice articolazione, risulta privo di fondamento, in base alle stesse argomentazioni svolte dalla Corte territoriale a sostegno del rigetto dell’appello della Banca.

Infatti, anche con riguardo alle "ulteriori domande dell’appellato", il Giudice d’appello ha fatto riferimento alla sopra richiamata sentenza della Corte di Giustizia Europea del 23 marzo 2006 (causa C- 465/4) ed alla giurisprudenza di legittimità (con richiamo in particolare alla sentenza 953/8/2007), pervenendo alla conclusione del loro assorbimento nell’indennità ex art. 1751 c.c., liquidata secondo il criterio dell’equità, che tenga conto delle circostanze del caso concreto alla stregua di modalità di calcolo non analitico, ma sintetico.

Trattasi di una valutazione di merito, che, in quanto adeguatamente argomentata e non incontraste con le richiamate disposizioni di legge, non è suscettibile di fondata censura in questa sede.

Per quanto precede, entrambi i ricorsi vanno rigettati.

L’esito del presente giudizio, induce a compensare le spese tra le parti.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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