Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 07-07-2011) 03-10-2011, n. 35844 Sequestro preventivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di M.M. avverso l’ordinanza in data 15.6.2010 del Tribunale del riesame di Palermo che dichiarava inammissibile la richiesta di riesame proposta nell’interesse del M. nei confronti dell’ordinanza in data 27.5.2010 con cui il G.I.P. del Tribunale di Palermo aveva convalidato il sequestro preventivo effettuato dalla P.G. alle ore 00,40 del 25.5.2010 del veicolo Mercedes Smart tg. (OMISSIS) di proprietà dell’indagato (per il reato di guida in stato di ebbrezza alcolica). Contestualmente a tale ordinanza di convalida, il G.I.P. aveva emesso autonomo decreto di sequestro del bene (come previsto dall’art. 321 c.p.p., comma 3 bis).

Deduce la violazione di legge, preliminarmente rilevando che la mancata consegna o notifica del verbale di sequestro costituisce violazione del diritto di difesa e, nel merito, contestando le argomentazioni poste a base della ritenuta inammissibilità della richiesta di riesame, richiamando talune risalenti pronunce della Corte di Cassazione e criticando l’iter argomentativo della sentenza n. 21334 del 2005 delle Sezioni Unite di questa Suprema Corte sulla quale si fonda l’ordinanza impugnata. Il Procuratore generale in sede, all’esito della requisitoria scritta, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Il ricorso è inammissibile essendo la censura mossa manifestamente infondata. La sentenza sopra richiamata delle Sezioni Unite penali di questa Corte (Rv. 231055) ha ben spiegato che la locuzione "le ordinanze in materia di sequestro preventivo", impiegata dall’art. 322 bis c.p.p. indica, sotto un profilo letterale, le ordinanze che negano la misura o decidono sul suo mantenimento e non quelle che hanno ad oggetto l’autonomo problema del corretto uso dell’attribuzione interinale da parte del p.m., che sono perciò propriamente in materia di legittimità dell’intervento del p.m. e da tale sentenza è stato tratto il principio di diritto secondo il quale "L’ordinanza con la quale il giudice, a norma dell’art. 321 c.p.p., comma 3 bis, convalida il sequestro preventivo disposto in via d’urgenza dal P.M. è inoppugnabile". Tale enunciato rappresenta un arresto giurisprudenziale (che ha superato, in ossequio alla specifica funzione demandata alle SS.UU., dirimendoli, tutti i contrasti giurisprudenziali pregressi sul punto e citati dal ricorrente) non seguito da alcun successivo orientamento difforme di questa stessa Corte. Ed anzi, è stato recentemente ribadito che nel giudizio di riesame del sequestro preventivo eseguito d’urgenza dalla polizia giudiziaria non sono proponibili le questioni relative all’avvenuta convalida dato che oggetto esclusivo del riesame è il decreto di sequestro emesso dal giudice, che è l’unico provvedimento che legittima la misura cautelare (Cass. pen. Sez. 3, n. 11671 del 3.2.2011, Rv. 249919).

Nè le argomentazioni addotte dal ricorrente – che nulla rileva in ordine al contestuale decreto di sequestro, onde persino secondo la pregressa giurisprudenza scaturirebbe l’inammissibilità dell’impugnazione dell’ordinanza di convalida per difetto di interesse attuale e concreto – per superare quelle contenute nella richiamata sentenza delle Sezioni Unite sono in alcun modo idonee a disattendere siffatto principio interpretativo. Ed è appena il caso di puntualizzare, atteso il richiamo all’art. 568 c.p.p., comma 5 contenuto in ricorso, che per "inoppugnabilità" s’intende l’improponibilità di qualsiasi mezzo d’impugnazione.

Va rilevato, infine, che il decreto di sequestro contestuale è stato motivato anche ai sensi dell’art. 321 c.p.p., comma 1 e, quindi, nel caso di specie, al di là della riforma operata della L. n. 120 del 2010, il vincolo cautelare reale imposto mantiene anche la sua connotazione prettamente penalistica.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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